L'avevamo assaggiata per la prima volta due anni fa, ma purtroppo si trattò di un'occasione poco piacevole in quanto la bottiglia era palesemente infetta e la nostra curiosità di provare questa (quasi american) pale ale del birrificio friulano Foglie d'Erba, era rimasta insoddisfatta. Bottiglie non molto facili da reperire (almeno da queste parti) e così solo adesso ci è capitata finalmente l'opportunità di riassaggiarla e chiudere un "conto in sospeso" da lungo tempo. Occasione ghiottissima, una bottiglia "nata" a metà Febbraio e quindi ancora molto fresca, con solo due mesi di "scaffale" sulle spalle; l'etichetta annuncia la batteria di luppoli impiegati, quasi equamente suddivisi tra Europa e Stati Uniti: tettnanger, northern brewer, spalter, cascade e citra. E da subito questa Babél ci delizia con i suoi eleganti e raffinati profumi di pesca e mango, arancio e pompelmo. Freschezza e pulizia, ovvero quello che vorresti sempre trovare in una (interpretazione di) american pale ale. Lo scenario rimane sugli stessi alti livelli anche al palato: leggerissimo imbocco di biscotto, poi è di nuovo una piccola festa della frutta, con predominanza di pompelmo con note di frutta tropicale a portare un po' di movimento. Anche qui esemplare livello di pulizia, buona intensità, per una bevuta (purtroppo e per fortuna) che procede velocissima verso il finale amaro, ricco di note erbacee e (in quantità minore) di scorza di pompelmo. Leggera e dalla carbonazione contenuta, è una (quasi) session beer (4.8%) da bere direttamente dal fusto perché una bottiglia, soprattutto nei mesi più caldi, vi sembrerà troppo poco. Fragrante e profumata, bel colore che ricorda la West Coast (dorato con riflessi arancio), canonico "cappello" di schiuma bianca, cremosa, persistente. Le danze sono aperte, impossibile non ballare. Formato: 75 cl., alc. 4.8%, IBU 42, lotto 05/13, imbott. 10/02/2013, scad. 10/03/2014, prezzo 8.50 Euro (gastronomia, Italia).
lunedì 29 aprile 2013
mercoledì 24 aprile 2013
Laboratorio Piccolo Birrificio Steamer
Poco più di un anno fa Lorenzo Bottoni annunciava prendendo un po' tutti di sorpresa la sua fuoriuscita dal marchio Bad Attitude, da lui creato. Eccolo ora ritornare in pista con un nuovo progetto, il cui nome rimanda alla prima esperienza di Bottoni come birraio presso il poi defunto Piccolo Birrificio di Apricale. Ecco allora il Laboratorio - Piccolo Birrificio, che debutta alla fiera di Rimini qualche mese fa per poi arrivare sul mercato qualche mese dopo. Un progetto che sta ancora muovendo i primi passi, con un sito internet solo recentemente aggiornato che è - al momento - ancora abbastanza povero di contenuti, se lo paragoniamo alla massiccia presenza in internet che aveva (ed ancora ha) Bad Attitude; per il momento vi sono solamente alcune informazioni essenziali, soprattutto sulle birre. Ma il Laboratorio si propone di andare oltre il semplice "essere un birrificio", per puntare soprattutto sulle collaborazioni. Non (citiamo dal "Manifesto" del sito internet) in una pura ottica di marketing, ma puntando "alla condivisione di pensieri, progetti, obiettivi, energie (...), un progetto che fa della collaborazione tra Artigiani Sapienti il suo modo di essere". Non solo birre, dunque (attualmente prodotte presso impianti altrui) ma anche distillati (prodotti in Svizzera). Cinque al momento le birre in produzione, che in parte riprendono (e rivisitano ?) le ricette del passato, come una saison al chinotto, la Chiostro, o anche questa Steamer, una Hopped Amber Ale, come viene descritta in etichetta, prodotta con una buona percentuale di segale. La memoria in questo caso ci porta alla Hobo di Bad Attitude, anch'essa brassata con il 27% di malto di segale e caratterizzata da una luppolatura di Nelson Sauvin, Amarillo e Cascade, gli stessi luppoli usati anche per la Steamer. Nel bicchiere si presenta di un bell'ambrato intenso, velato, dai riflessi rossastri; inizialmente il bicchiere si riempie di schiuma leggermente ocra, che obbliga ad una lunga attesa prima di permettere un adeguato "rabbocco" di liquido. Aroma molto forte, marcatamente dolce, quasi balsamico, carico di frutta tropicale come mango, maracuja, melone, passion fruit, ananas maturo. Qualche leggero sentore di caramello in secondo piano. Il percorso prosegue in linea retta in bocca: dopo l'attacco di biscotto e di caramello ecco il ritorno di frutta tropicale; i due elementi sono sapientemente bilanciati sino all'arrivo dell'amaro (vegetale e leggermente resinoso) che chiude la bevuta ripulendo bene il palato, asciugandolo. Il retrogusto è lineare, di amaro vegetale con quache nota di resina. Birra più pulita al naso ma più equilibrata in bocca, dove il dolce del tropicale e del caramello viene meglio amalgamato assieme agli altri elementi. L'alcool (7.6%) è molto ben nascosto, per una amber ale dal corpo medio, vivacemente carbonata, che si lascia bere con buona facilità risultando molto godibile. Ben tornato, Lorenzo. Formato: 33 cl., alc. 7.6%, scad. 01/02/2014.
domenica 21 aprile 2013
Duvel
All'incirca negli anni '20 del secolo scorso, tra le due guerre mondiali, Jan Moortgat, proprietario dell'omonimo birrificio commissiona all'esperto Jean de Clerck di Leuven (ricordate? l'avevamo già incontrato qui) l'analisi di una bottiglia di Mc Ewans Export, ovviamente "bottle conditioned"; l'idea era di replicare le scotch ales inglesi che a quel periodo stavano spopolando in Belgio. De Clerck riesce ad isolare il ceppo di lievito (che pare fosse formato dal mix di una dozzina di diversi ceppi di lievito) che Moortgat poi (ri)coltiva in proprio; dopo numerosi esperimenti, nasce una nuova birra, ambrata, che viene inizialmente chiamata Victory Ale, ovviamente per celebrare la recente vittoria sui tedeschi. Nel 1923 la birra viene rinominata Duvel (demonio, in fiammingo); verità o leggenda, il nome deriva dall'esclamazione fatta dal calzolaio Van de Wouwer nel corso di una degustazione a scopo promozionale. Favorevolmente impressionato da quello che stava bevendo, il calzolaio si lasciò sfuggire un "Dit is een echte Duvel!" ("questa è un vero demonio!"). Per lungo tempo questa birra rimane la "bandiera" della Moortgat, ma negli anni '70 il mercato vede il declino delle birre "ambrate" alle quali il pubblico preferisce le "dorate". Di nuovo viene chiamato De Clerck per elaborare la ricetta di una birra che andasse incontro ai nuovi gusti dei consumatori belgi ed olandesi; sino al 1980 la Moortgat aveva all'interno una propria malteria, ed ecco che dopo numerosi tentativi la nuova Duvel riesce ad essere "dorata" come richiesto dal mercato. L'orzo (two row) viene oggi maltato in Francia ed in Belgio (tra 2.5 e 3.5 EBC); al mosto vengono poi aggiunti luppoli Saaz e Styrian Goldings. La fermentazione primaria (tra i 16 ed i 28 gradi) dura 5-6 giorni, dopo di che la birra viene trasferita nei maturatori per tre giorni, dove la temperatura viene abbattuta ad un grado sotto zero. Questa seconda fermentazione dura tre settimane, quindi la temperatura viene ulteriormente abbassata a -3 gradi per far precipitare e compattare il lievito. La Duvel viene quindi filtrata ed imbottigliata con inoculazione di lievito, e messa a riposare a 22 gradi per altre due-tre settimane, nel corso delle quali avviene la terza ed ultima fermentazione. E' di quel periodo (fine anni '60) anche la nascita del classico bicchiere a "tulipano" disegnato appositamente per contenere tutti i trentatré centilitri della bottiglietta; il sito della Duvel riporta che sino a quel periodo non era mai esistito un bicchiere da birra così capiente, in Belgio. Purtroppo il "nostro" tulipano Duvel è andato in frantumi qualche anno fa, e quindi ripieghiamo su un bicchiere leggermente più affusolato, che si riempie di colore oro pallido, solo leggermente velato; immancabile la generosissima e solidissima "testa" di schiuma bianca, molto persistente. L'aroma è pulito e fruttato: apre leggermente "aspro" con note di scorza di limone e di banana acerba, poi emerge qualche sentore floreale, zucchero candito, lievito e, una volta svanita la schiuma, scorza d'arancia ed albicocca sciroppata. In bocca la carbonazione è sostenuta ma molto meno invadente di quanto ci saremmo attesi; il corpo è medio, per una birra vivace che si lascia bere con grande facilità. Il gusto è coerente con l'aroma: agrumi canditi, scorza d'arancio, albicocca, con una dolcezza molto pronunciata che viene però sapientemente bilanciata dalle vivaci bollicine e da un finale abbastanza secco ed amaricante (erbaceo e scorza d'arancio) che ripulisce bene il palato. Chiude lasciando una leggero retrogusto etilico fruttato, ma la presenza dell'alcool (8.5%), nel corso di tutta la bevuta, è sempre (diabolicamente) molto ben nascosta. Formato: 33 cl., alc. 8.5%, IBU circa 30, lotto 1272 1226, scad. 02/2015, prezzo 1.24 Euro (supermercato, Belgio).
sabato 20 aprile 2013
Nøgne Ø Porter
La solita irresistibile e minimale etichetta del birrificio norvegese Nøgne Ø ci annuncia senza fronzoli cosa ci aspetta; una porter, la cui ricetta elaborata da Kjetil Jikiun prevede malti Maris Otter, Caramel, Munich, Chocolate e Black. I luppoli sono Centennial e Northern Brewer. All'aspetto è di color ebano scurissimo, quasi nero, sul quale si forma una bella testa di schiuma cremosa e a trama fine, di colore beige. Il naso è inizialmente un po' chiuso, ma dopo diversi minuti offre finalmente sentori di cenere e di legno, polvere di cacao e liquirizia. Decisamente meglio in bocca, dove questa Porter si riscatta prontamente da un'aroma un po' sottotono, ed arriva con un corpo medio ed una carbonazione bassa. Ottima la sensazione palatale; una birra morbida, oleosa, che dà una buona impressione di rotondità. Lo scenario gustativo è diviso quasi equamente tra tostature (orzo), cioccolato e caffè; più in secondo piano troviamo note di liquirizia, prugna e, ci sembra, vaniglia. Il livello di pulizia è davvero alto, con grande equilibrio tra le varie componenti; l'alcool (7%) è praticamente impercettibile, regalando una grande facilità di bevuta che non sacrifica mai, neppure per un instante, l'intensità del gusto. Chiude secca, lasciando un lungo retrogusto amaro di tostature, liquirizia, caffè e leggermente terroso. Eccellente porter, molto soddisfacente, che dà il meglio di sé quasi a temperatura ambiente (intorno ai 20 gradi) rispetto ai 12 consigliati in etichetta. Formato: 50 cl., alc. 7%, IBU 30, lotto 648, imbottigliata il 26/06/2011, scad. 26/06/2016, prezzo 5.20 Euro (beershop, Italia).
venerdì 19 aprile 2013
Birrificio Italiano Bibock
Dopo Tipopils ed Amber Shock, incontriamo oggi la Bibock del Birrificio Italiano; in produzione da novembre 1997, prodotta con malti Pilsner, Caramel e Monaco, luppoli Hallertauer Magnum ed Hallertauer Hersbrücker. E’ un’interpretazione delle classiche “bock” di tradizione tedesca, anche se si fa un po’ notare in etichetta l’assenza dell’immancabile “caprone” che invece troneggia su quasi tutte le bock prodotte in Germania. Nel bicchiere è di un bel colore ambrato carico, velato, e forma un bel “cappello” di schiuma “croccante”, color ocra, cremosa e molto persistente. L’aroma è un po’ “sporcato” dal lievito, ma emergono un po' in secondo piano, sentori di miele, agrumi (chinotto e scorza e frutta secca. Molto meglio in bocca, dove il percorso inizia con note di toffee, seguite da frutta (albicocca e chinotto); c’è anche qualche nota di burro. Anche questa, come le altre produzioni assaggiati del Birrificio Italiano, è caratterizzata da una grande facilità di bevuta che però non penalizza mai l’intensità del gusto. Bel finale secco, con una chiusura amaricante di mandorla amara e di chinotto ed un debole ma avvertibile calore etilico. Corpo medio, carbonazione bassa, in un’interpretazione di bock che ci ha soddisfatti. Formato: 33 cl., alc. 6.2%, lotto 149, scad. 13/06/2013, prezzo 4.50 Euro (food store, Italia)
mercoledì 17 aprile 2013
BrewDog Trashy Blonde
Dopo la poco entusiasmante bottiglia di Chaos Theory bevuta qualche settimana fa, ci accingiamo con stappare una bottiglia di BrewDog Trashy Blonde. Nel 2011 faceva parte del nucleo "stabile" di 5 birre che ogni anno gli scozzesi decidono di produrre, mentre attualmente non compare neppure sul sito Brewdog. Già nel 2010 questa birra era stata oggetto di un cambio di ricetta; il suo prototipo, chiamato Eurotrash, vedeva l'utilizzo di un ceppo di lievito belga al posto di quello americano. Come al solito veniva chiesto ai fans di esprimere la propria opinione, acquistando per 3 sterline tre bottiglie di Eurotrash. Ratebeer cita Maris Otter, Caramalt e Monaco tra i malti utilizzati, mentre i luppoli sarebbero Motueka ed Amarillo. Quello che ci ha sorpreso è leggere in rete dei commenti completamente contrastanti rispetto al colore: si va dal dorato pallido all'ambrato carico. La nostra è tutt'altro che "blonde": il colore è un bell'ambrato con riflessi color bronzo, limpido. La schiuma è molto persistente, fine e cremosa, leggermente ocra. L'aroma è praticamente inesistente; avvertiamo sentori di cereali e, con grande fatica, riusciamo a riesumare il remoto cadavere di una marmellata d'arance. Un pochino meglio in bocca: attacco di caramello, seguito da marmellata d'arance e mango; l'inizio "dolce", abbastanza delicato, è subito bilanciato da un "colpo" d'amaro vegetale, non esattamente elegante, che sbilancia un po' tutta la bevuta. Dovrebbe essere una session beer (ABV 4.1%) ma la bevuta è alquanto limitata dal "calcio" d'amaro che arriva improvviso, quasi raschiante; dovrebbe essere una birra leggera e fruttata, rinfrescante ed invece risulta essere stanca, quasi completamente priva di profumo, senza freschezza o fragranza. E' la seconda bottiglia consecutiva di BrewDog che acquistiamo in condizioni veramente disgraziate, e ci risulta quindi impossibile darne un giudizio veritiero o affidabile. Tentate voi la sorte, e fateci sapere. Formato: 33 cl., alc. 4.1%, IBU 40, lotto 2299 09:55, scad. 25/10/2013, prezzo 3.50 Euro (food store, Italia).
martedì 16 aprile 2013
Foglie d’Erba Haraban
Era da un paio d'anni che non incontravamo le birre del birrificio friulano Foglie d'Erba; era il 2011, proprio l'anno in cui il birraio Gino Perissutti ricevette il premio di "birraio dell'anno", meritato riconoscimento a coronamento di un anno in cui (quasi) tutta la nostra penisola appassionata di birra "artigianale" scopre finalmente questo interessante birrificio. Torniamo dunque a Foglie d'Erba, che oggi produce su di un impianto più grande da 2.000 litri (prima erano 180). Haraban è una golden ale brassata con malti Maris Otter, Carapils, Pilsner, frumento; i luppoli sono tutti europei: Tettnanger, Northern Brewer, Saphir e Styrian Goldings. Nella pinta è di colore dorato, opaco, con una generosa testa di schiuma bianca, molto persistente. La nostra bottiglia ha all'incirca solo un mese di vita, e l'aroma è una piccola festa: freschissimo, pungente, netti profumi di agrumi appena sbucciati come pompelmo, arancio e mandarino. In secondo piano qualche sentore floreale. Dispiace dover distogliere le narici dal bicchiere per portarci la bocca, ma è un dispiacere che si tramuta subito in piacere: anche in bocca grande pulizia e freschezza, nella stessa direzione dell'aroma. Velocissimo attacco di malto, e poi arancio e pompelmo, prima polpa dolce e poi scorza amara; grande equilibrio, bel taglio finale secco a ripulire ed assetare il palato che nel frattempo si gode il retrogusto erbaceo e zesty, moderatamente amaro e non molto lungo. Profumatissima session beer da bere ad oltranza, snella e mediamente carbonata, pulita, profumata e fruttata; pochi elementi, ognuno al posto giusto, prenotatene qualche cartone per l'estate. Formato: 75 cl., alc. 4.5%, lotto 07/13, imbottigliata il 15/03/2013, scad. 15/04/2014, prezzo 8.50 Euro (gastronomia, Italia).
lunedì 15 aprile 2013
Okult No.1 Blanche
Della Brasserie Simon, Lussemburgo, abbiamo già brevemente parlato in questo post; oltre alle classiche lager che popolano di scaffali i supermercati, il birrificio ha da poco commercializzato una linea di birre "artigianali" (come specificato in etichetta), con il nome di Okult. Ci sembra di ricordare di averne avvistate almeno tre, e la nostra scelta è caduta su questa No.1 Blanche; approfittiamo di questi caldi giorni di metà Aprile per stappare una blanche rinfrescante. Tipico colore giallo paglierino, torbido, con una generosa testa di schiuma bianca, cremosa, dalla buona persistenza. Anche l'aroma, leggermente acidulo, rimane perfettamente nei parametri dello stile: bouquet di spezie, soprattutto pepe e coriandolo, scorza d'arancia, leggera banana, con una buona pulizia. Si continua in linea retta al palato: imbocco di cereali, arancio, coriandolo, con un gusto leggero tanto quanto il corpo di questa birra. C'è una sostenuta carbonazione che la mantiene vivace, ed una lieve acidità rinfrescante. Chiude leggermente amara di scorza d'arancia con qualche nota erbacea, svolgendo in modo discreto la sua funzione dissetante e rinfrescante. Bevuta tutto sommato soddisfacente, con l'unico appunto per la mancanza di una maggiore secchezza in bocca, lasciata alla fine di ogni sorso un po' troppo "appiccicosa". Formato: 33 cl., alc. 5,4%, lotto 12:38S76, scad. 03/06/2013, prezzo 1.28 Euro (supermercato, Lussemburgo).
domenica 14 aprile 2013
Revelation Cat - California Moonset
Con la California Moonset concludiamo il nostro personale “trittico” delle nuove produzioni Revelation Cat, dopo la Bombay Cat e la Double Dealer. Ed il nostro punto di partenza è proprio la Double Dealer, la Double IPA della quale questa California Moonset ci sembra in qualche modo la sorella minore. Un pelino in meno di alcool (7 vs. 8%), colore tipicamente da IPA West Coast (oro con riflessi arancio) e un bel cappello di schiuma color ocra, fine e cremosa. Il naso, pronunciato ed elegante, è dominato dal pompelmo (appena tagliato !), mandarino; più in sottofondo sentori più leggeri di ago di pino e, dolci, di frutta tropicale. L’aroma crea quasi dipendenza, difficile staccare le narici dal bicchiere non fosse che i profumi stimolano la sete e la voglia di bere. Anche in bocca grande eleganza e tanto pompelmo, con qualche leggero accenno di tropicale. L’amaro parte in progressione, prima a bilanciare il dolce (scorza di pompelmo) e poi a prendere il controllo della bevuta; s’affacciano intense note vegetali e resinose, molto ben dosate, senza mai risultare aggressive o “raschianti”. Lunghissimo il retrogusto, amaro e luppolato, che ci accompagna per una buona mezz’ora (!) dopo la bevuta. IPA molto pulita e ben profumata, si beve con buona facilità ma ha un discreta presenza alcolica che (come nel caso della Double Dealer) ne rallenta un po’ la scorrevolezza. E’ quindi un’ottima birra da bere, non da trangugiare. Bella etichetta “notturna” che però, più dell’assolata West Coast americana piena di surfisti, noi ha ricordato piuttosto qualche paesaggio lunare dipinto da Edvard Munch. In ogni caso, un altro pezzo di California è arrivato in Italia. Formato: 33 cl., alc- 7%, scad. 09/2014, prezzo 4.40 Euro (beershop, Italia).
sabato 13 aprile 2013
Birra Olmo Amber Owl
Ritorniamo a parlare di Birra Olmo, dopo la White Rabbit assaggiata in questa occasione. Oggi è la volta della Amber Owl, che la (solita) bella etichetta ci annuncia essere una Amber Strong Ale; il colore è effettivamente ambrato, velato, e forma una bel cappello di schiuma fine e cremosa, leggermente ocra e molto persistente. Il naso non è molto pulito; ci accoglie una presenza un po’ troppo invadente di lievito, che mette in secondo piano sentori di marmellata d’arancia e frutta/esteri. Le cose vanno meglio in bocca, dove c’è più pulizia ed una progressione ben identificabile: si parte con leggere note di biscotto e caramello, per poi passare subito alla frutta, con un po’ di tropicale e soprattutto polpa di pompelmo. Fin qui il gusto rimane abbastanza dolce, ma ecco una ondata luppolata amara, intensa, che porta note terrose e di scorza di pompelmo. Il finale lascia al centro della lingua un retrogusto dolce di agrumi, leggermente sciropposo, mentre ai lati un amaro molto persistente e abbastanza intenso. L’alcool (8.2%) è nascosto molto bene e questa Amber Owl si beve con buona facilità. Non brilla però per armonia, equilibrio e “rotondità”, come amber ale ci aspettavamo un profilo di malto un po’ più in evidenza ma la bevuta, che parte abbastanza tranquilla (e fruttata) viene invasa da un’ondata amara un po’ fuori controllo, che sembra un po’ patire (o voler seguire) la moda delle luppolature “pesanti”. Nel complesso ci ha convinto meno della precedente White Rabbit; ma se siete affetti da dipendenza da luppolo, forse questa birra potrebbe fare per voi. Formato: 33 cl., alc. 8.2%, lotto 55, scad. 11/2013, prezzo 2.50 Euro (stand birrificio).
venerdì 12 aprile 2013
Les Bières Des Hauts Brune
Non siamo riusciti a reperire praticamente nessuna informazione sulla birrificio francese Les Bières Des Hauts, tranne il fatto che è stato aperto a Marzo del 2007 da Benoit Box, a Le Valtin, un piccolo e sperduto paese sulla catena dei monti Vosgi. Per scendere "a valle" ed arrivare a Munster, vi aspettano una dozzina di tornanti ed una trentina di chilometri. Ratebeer elenca sette birre in produzione, tra le quali questa Brune dalla minimale etichetta nera con qualche abete color oro stilizzato. Molto bello l'aspetto: sontuoso marrone con riflessi color rubino, leggermente velato; la schiuma, ocra, è cremosa e fine. Il naso non è particolarmente invitante: lievito in evidenza a sporcare un po' tutto, sentori floreali (rosa), frutti rossi di bosco. In bocca troviamo invece note di tabacco, frutta secca, leggero caramello; l'intensità latita, ed il corpo è molto, troppo leggero per una birra dal contenuto alcolico del 7.2%. La carbonazione è medio-bassa; chiude molto secca, leggermente astringente, con un retrogusto un po' amaro di (bustina di) tè e di tabacco. Bevuta che non ci ha lasciato molto soddisfatti; birra un po' esile, a tratti troppo acquosa, molto poco profumata. Sicuramente sui Vosgi non riscalderanno con questa le loro fredde serate d'inverno. Formato: 33 cl., alc. 7,2%, scad. 15/09/2013, prezzo 3.20 Euro (gastronomia, Francia).
giovedì 11 aprile 2013
Montelupo Statale 67
L’avventura del Birrificio Montelupo inizia nel 2008, a Montelupo Fiorentino. Titolare e birraio è Fabrizio Fornai; gli impianti vengono installati nei locali della già esistente Birreria Bruegel. L’idea sembra essere buona, con la possibilità di rifornire direttamente la mescita del locale con birra fresca e prodotta in loco; la birreria purtroppo è vittima della crisi economica e chiude i battenti a Novembre 2011. A maggio 2010 riesce a ripartire solamente la produzione della birra, senza più il locale per la somministrazione. Al momento la gamma comprende circa sei birre, tutte ad alta fermentazione, che hanno una distribuzione soprattutto locale; e proprio in un supermercato di Firenze abbiamo trovato una bottiglia di Statale 67, una golden ale dalla divertente etichette che siamo riusciti però a rimuovere con grande fatica. Nel bicchiere appare di colore oro carico/arancio, velato; la schiuma che si forma è molto modesta ed abbastanza grossolana, e scompare dopo poco tempo. Impressionante la completa assenza di aroma; solo agitando il bicchiere, a temperatura ambiente, ci arriva qualche sentore poco piacevole di cerotto. Purtroppo anche in bocca la birra non è assolutamente a posto: praticamente piatta, senza carbonazione, corpo quasi assente. C’è una “sensazione” generale di agrumi, ma il gusto è molto poco pulito e confuso , difficile andare oltre; molto astringente, chiude con una nota leggermente amaricante che (immaginiamo) dovrebbe essere di scorza d’agrume ma che si rivela essere molto poco piacevole. Bottiglia davvero disgraziata, che lavandiniamo in fretta. Ci spiace davvero parlare negativamente di un prodotto (che tuttavia abbiamo pagato con soldi “buoni”), e speriamo di avere l’occasione di tornare ad incontrare in una forma decisamente migliore qualche altra birra di questo birrificio. Formato: 50 cl., alc. 5%, lotto 0513, scad. 01/2014, prezzo 3.70 Euro (supermercato, Italia)
mercoledì 10 aprile 2013
Rochefort Trappistes 6
L'abbazia di Notre-Dame de Saint-Remy si trova poco distante dal paese di Rochefort, provincia di Namur, Ardenne. Le prime tracce storiche risalgono almeno al 1230, quando sul luogo era edificato un convento, divenuto poi monastero nel 1464 e, data che interessa maggiormente a noi birrofili, nel 1595 inizia la produzione di birra, utilizzando l'orzo ed il luppolo che erano coltivati nei propri terreni. Le scorribande Napoleoniche portarono l'edificio in rovina; il terreno con i ruderi datati 1600 del monastero vennero ceduti da un laico alla comunità cistercense di Achel; sono i monaci ad iniziare la ricostruzione, terminata nel 1887; due anni dopo padre Zozime Jensen installa quello che ancora oggi è l'impianto produttivo utilizzato per birrificare. L'ultimo restauro, che porta l'edificio allo stato attuale, è del 1919, a risanare le ferite della prima guerra mondiale; la seconda guerra lascia ulteriori danni che, per quel che riguarda l'impianto di produzione della birra, vengono riparati grazie all'aiuto dei mastri birrari dell'abbazia di Notre-Dame de Scourmont (Chimay) e al professor De Clerck dell'università di Leuven. E' proprio in questo periodo, nei primi anni '50, che nascono le tre Rochefort che beviamo oggi. Nel suo Great Beers of Belgium, Michael Jackson descrive nei dettagli e con emozione la sua (lungamente attesa) visita privata all'abbazia. Solo tre le birre prodotte, semplicemente denominate utilizzando la scala Baumè: 6, 8 e 10; al tempo stesso i numeri indicano le settimane necessarie per completare la maturazione in bottiglia. Le ricette, secondo quanto racconta Micheal Jackson, seguono la semplice regola del due: due tipi di malto, due tipi di luppolo, due zuccheri, due ceppi di lievito. Sino al 1998 nessuna delle tre birre aveva un'etichetta; la ventina di monaci che oggi risiedono a Rochefort hanno ancora il "privilegio" di poter bere una birra al giorno, ma a quanto sembra sono in pochissimi a farlo, preferendo bere solamente durante le celebrazioni pasquali o natalizie. Nel dicembre del 2010 un impressionante e spettacolare incendio distrusse completamente il tetto della parte più antica del complesso, ma fortunatamente non vi furono danni né alle persone né alla struttura o al birrificio. La Rochefort 6 è di colore marrone/ambrato, versandola si formano due dita di schiuma ocra, molto bella, fine e cremosa, ma che si dissolve abbastanza rapidamente. L'aroma si apre sorprendentemente con leggeri sentori aspri, quasi di uva, seguiti da mela verde, spezie (pepe), toffee, miele d'acacia, frutta secca; naso abbastanza pronunciato e complesso, con una nota di alcool che emerge quando la birra si scalda. Il corpo è medio, con una carbonazione vivace ed una consistenza oleosa; al gusto predomina il dolce: biscotto al burro, caramello, zucchero candito, toffee, miele, leggere note di uvetta. A bilanciare c'è una leggerissima asprezza finale, che ripulisce bene il palato ed è seguita da un retrogusto appena amaro di frutta secca con qualche nota terrosa, che lascia un gradevole morbido tepore etilico. Molto pulita e molto facile da bere, è la Rochefort meno alcolica ma potremmo considerarla come la più antica delle tre, visto che deriva direttamente da una ricetta già prodotta negli anni '30; viene brassata solamente due volte all'anno, e rappresenta all'incirca il 5% della produzione trappista di Rochefort. Stimando in circa 18.000 ettolitri la produzione annua, in questa bottiglia rappresenta una piccola goccia dei circa 1000 ettolitri di Rochefort 6 prodotti nel 2011. Ratebeer la classifica come belgian strong ale, mentre per Beer Advocate è una dubbel. Noi ci accontentiamo di definirla un'ottima birra trappista. Formato: 33 cl., alc. 7.5%, lotto 08:02 (2011), scad. 26/10/2016, prezzo 2.62 Euro (supermercato, Italia).
martedì 9 aprile 2013
Birranova Linfa
Prima nostra esperienza con un birrificio pugliese, una regione che secondo Microbirrifici.org annovera una ventina di produttori, le cui birre - tutte o quasi - sono purtroppo difficilmente reperibili "qui al nord". Birranova ha sede a Triggianello di Conversano, provincia di Bari, e viene fondata nel 2007 da Donato Di Palma, con una passione decennale da homebrewer alle spalle, sviluppata nella regione italiana dalla più alta produzione vitivinicola. La formazione di Donato si è svolta principalmente con le basse fermentazioni tedesche, ma in sei anni di vita il birrificio ha ormai prodotto una gamma di birre che coprono quasi tutti gli stili. Le birre possono essere degustate nel locale adiacente al birrificio, sempre di proprità di Donato, chiamato La Cantina della Birra; spesso troverete disponibili alla spina delle birre "speciali", prodotte esclusivamente per la mescita nel locale, o alcune produzioni "one shot". Una delle ultime nate in casa Birranova è Linfa, una American pale ale che ha già riscosso diversi riconoscimenti: 2° posto al CIBA 2010, 3° posto nella sua categoria a Birra dell'Anno 2012, di nuovo 3° posto a Birra dell'Anno 2013, tra le "birre chiare, alta fermentazione, basso grado alcolico, italian golden ale", appena dietro alla Moa 12 da noi assaggiata poco tempo fa. Si presenta di colore dorato, leggermente velato; la schiuma ha buona persistenza, è bianca, a trama fine e cremosa. Naso molto raffinato e pulitissimo, con pesca sciroppata, ananas e pompelmo; più in secondo piano note di frutti di bosco rossi (fragola). Davvero un ottimo inizio. Anche in bocca il livello rimane alto: timido ingresso di caramello, poi il "cuore" della bevuta è tutto fruttato, con una corrispondenza quasi uniforme con l'aroma: pesca e pompelmo, soprattutto. E' forse un pelino meno pulito dell'aroma, se vogliamo proprio essere puntigliosi; ma i 33 cl. della bottiglia evaporano troppo rapidamente per accompagnarci i pensieri; è una birra "della spensieratezza", da bere per dissetarsi e rinfrescarsi, quasi senza sosta, grazie al bel taglio finale secco che pulisce e ri-asseta il palato. Chiude con un elegante e pulito finale amaro con note erbacee e di scorza d'agrumi, non molto lungo. American Pale Ale profumata e godibilissima, dal corpo leggero, mediamente carbonata, watery quanto basta senza mai risultare sfuggente. L'unico rimpianto è di non aver preso la più generosa bottiglia da 75 cl. Formato: 33 cl., alc. 5%, IBU 20, lotto 12 71, scad. 20/03/2014, prezzo 3.00 Euro (stand birrificio)
lunedì 8 aprile 2013
Le '22 Foglie del Conte
Per comprendere l'insolito nome di questa birra bisogna "risolvere" l'enigma del suo stesso nome, se non volete leggere o guardare subito l'etichetta. Per le prime due parole il riferimento è quasi immediato per chiunque sia appassionato di birra "artigianale" italiana. "'22" ci porta immediatamente a Juri Ferri ed al birrificio abruzzese Almond '22; ci trasferiamo in Friuli ed ecco le "Foglie d'Erba" di Gino Perissutti. Più difficile invece indovinare chi è il "conte", visto che non c'è un riferimento diretto a nessun birrificio; ci arrendiamo e leggiamo l'etichetta: si tratta di Severino Garlatti Costa, del birrificio Garlatti Costa, operativo dal 2012 e ancora a noi sconosciuto. Una collaborazione a tre mani per una keller pils brassata esclusivamente con malto pilsner, luppoli Northern Brewer, Saphir, Saaz e lievito liquido Munich Lager e prodotta sugli impianti di Foglie d'Erba. Nel bicchiere è di colore oro pallido, quasi paglierino, opaco; la schiuma è bianchissima, cremosa, a trama fine e dalla buona persistenza. Al naso sentori erbacei, una leggera pepatura, cereali, fiori (camomilla), leggeri agrumi (lime) ma anche un lieve sentore di zolfo. Nessuna sorpresa invece in bocca; birra dal corpo leggero, con una carbonazione contenuta, che "evapora" molto rapidamente. L'imbocco è di cereali, seguito da note di agrumi (arancio e lime); c'è qualche traccia di miele, un bel taglio secco ed un finale amaricante erbaceo ma soprattutto ricco di agrumi (lime e limone). Una birra molto beverina, dissetante e rinfrescante, da bere in grande quantità, con un buon livello di pulizia. Sorprende (in positivo) la scelta di collaborare in tre per realizzare una birra "semplice" (da bere, non da fare) e tradizionale, invece delle solite collaborazioni mirate a stupire con effetti speciali, ingredienti strani e fuochi d'artificio. Formato: 75 cl., alc. 4.8%, lotto 10/2012, scad. 30/11/2013, prezzo 8.50 Euro (gastronomia, Italia).
domenica 7 aprile 2013
Forst Sixtus Doppelbock
La Birra Forst nasce nel 1857 nella omonima località poco fuori Merano; a fondarla sono due imprenditori locali, Johann Wallnöfer e Franz Tappeiner, nello stesso sito produttivo che ancora oggi ospita gli impianti. Nel 1863 viene acquistata da Josef Fuchs, la cui famiglia e discendenti ne detengono ancora oggi la proprietà; nel 1892, sotto la guida di Hans Fuchs, la produzione era già passata dai 230 ettolitri degli inizi a 22.500 ettolitri. Ad Hans succede nel 1917 la moglie Fanny, che guida l'azienda sino al 1933, quando il testimone passa al figlio Luis. Alla sua scomparsa, nel 1989, la moglie Margarethe Fuchs von Mannstein assume la presidenza. Sette birre, tutte ispirate dal vicino confine con l'Austria, compongono la gamma fissa del birrificio, alle quali si aggiunge una birra natalizia. La Sixtus venne prodotta per la prima vola nel 1901, esplicitamente dedicata a San Sisto (lo sappiamo che St. Sixtus ai birrofili fa però venire subito in mente qualcos'altro...) al quale la madre di Hans Fuchs era devota. Dopo qualche anno il nome viene accorciato da Sankt Sixtus in Sixtus, e la gradazione alcolica in volume ridotta dall'8 al 6.5% attuale. La miscela di malti utilizzata vede il Monaco come protagonista principale, mentre il luppolo utilizzato è il Northern Brewer dell'Hallertau. Splendido l’aspetto: bell’ambrato, molto carico con intensi e limpidi riflessi rossastri; la schiuma, color ocra, è fine e cremosa ed ha una buona persistenza. Al naso emergono sentori di pane di segale (pumpernickel), ciliegia matura, banana, caramello; aroma forte e pulito. Ottima anche la sensazione palatale: corpo medio, bassa carbonazione ed una grande morbidezza, quasi cremosa. Il gusto ha buona corrispondenza con l’aroma: caramello, leggere tostature, burro, tracce di frutta (ciliegia matura, dattero) fino al finale leggermente amaro di mandorla. Nel retrogusto, corto, emerge anche una leggera ma piacevole calda nota etilica. Doppelbock rotonda e pulita, facile da bere e molto soddisfacente; ottimo rapporto qualità prezzo, e quindi da mettere subito nel carrello se la vedete in qualche supermercato. Formato: 33 cl., alc. 6.5%, IBU 25, lotto 910, scad. 25/09/2013, prezzo 1.05 Euro (Supermercato, Italia).
sabato 6 aprile 2013
Schneider Weisse Tap 4 Mein Grünes
Stappiamo sempre con piacere una bottiglia di quello che abbiamo dichiarato il nostro birrificio bavarese preferito, ovvero la Weissbierbrauerei G. Schneider und Sohn. Questa è la volta della Tap 4 Mein Grünes, che secondo Ratebeer è un alias della Schneider Wiesen Edel-Weisse, che ora effettivamente non compare più sul sito ufficiale del birrificio. Fatto questo breve preambolo, passiamo alla sostanza. Impeccabile l'aspetto: oro leggermente velato, con una generosissima testa di schiuma bianca, molto compatta, pannosa e molto persistente, che affonda nel bicchiere lasciando una "palla" bianca al centro. Aroma pulito e ancora fresco: classici sentori di banana e chiodi di garofano, in secondo piano agrumi (arancio e lime), sentori erbacei. C'è anche un sottile ma diffuso bouquet speziato, dal quale ci sembra quasi di percepire una nota di cannella. Più che soddisfatti, passiamo all'assaggio: la prima parte della bevuta è caratterizzata cereali e banana, dolce; la seconda parte è lì a bilanciare, con una leggera acidità rinfrescante ed un bell'amaro equamente suddiviso tra note erbacee e di scorza di lime/agrumi. Il palato è sempre fresco, e la generosa (per lo stile) luppolatura lo mantiene sempre pulito e desideroso di un altro sorso. Il finale, non molto lungo, prosegue in linea retta senza ulteriori deviazioni. Eccellente Birra profumata e pulita, che coniuga quasi alla perfezione facilità di bevuta ed intensità di gusto; decisamente la hefeweizen più luppolata (ed amara) che abbiamo mai bevuto nella nostra vita. Chiariamoci subito, a scanso di equivoci: siamo pur sempre nella tradizionale Baviera; nonostante i fiori di luppoli in bella mostra sull'etichetta, non stiamo parlando di una "Wheat IPA". Formato: 50 cl., alc. 6.2%, lotto 1666 3, scad. 10/10/2013, prezzo 3.79 Euro (supermercato, Italia).
venerdì 5 aprile 2013
Fuller's India Pale Ale
Indubbiamente lo stile delle India Pale Ale è da considerarsi il protagonista della "rivoluzione mondiale della birra artigianale"; i principali attori che sono saliti sul palcoscenico sono stati i birrifici degli Stati Uniti, rinnovando questo stile grazie alle diverse proprietà aromatiche dei luppoli americani, spesso utilizzati in quantità molto elevate. Abbiamo volutamente detto "rinnovando" e non "innovando", in quanto i luppoli americani erano in passato già utilizzati anche dai birrifici inglesi; tuttavia è un dato di fatto che questo stile, nato in Inghilterra, è diventato il campo da gioco preferito dei birrai vogliosi di sperimentare con luppoli americani, oceanici, asiatici e ibridi appositamente creati dai coltivatori. La recente "craft beer revolution" che sta rivitalizzando il Regno Unito non è immune da questo fenomeno; i birrai britannici hanno da subito immesso sul mercato birre (IPA, Golden Ales e Pale Ales) molto poco "rispettose" della tradizione inglese, preferendo piuttosto rompere con il passato ed utilizzare luppoli americani o extraeuropei per caratterizzare i propri prodotti. Paradossalmente è oggi molto più difficile reperire in Inghilterra una IPA "tradizionale" (passateci l'utilizzo del termine, anche se criticabile) piuttosto che una IPA ispirata a quelle della West Coast USA. Tra le eccezioni c'è la Fuller's, storico birrificio londinese che ha saputo resistere alle intemperie economiche del passato e che oggi è ancora in piedi, ad osservare come un simbolico "padre" la new wave brassicola che sta attualmente rivitalizzando la capitale inglese. Ma Fuller's mantiene un profilo produttivo abbastanza tradizionale, con pochissime concessioni alla modernità, preferendo piuttosto attingere al suo archivio storico del passato e riportare in vita vecchie ricette (Past Masters Series); così la loro India Pale Ale, creata in origine dal birraio Reg Drury, vede l'utilizzo esclusivo del luppolo E.K. Goldings. La birra, come racconta Zak Avery in questo interessante articolo, va ad ampliare l'offerta del birrificio ma non ottiene un grosso successo di vendite. La svolta avviene nel 2009 quando il Systembolaget svedese (il monopolio di stato unico rivenditore autorizzato di prodotti con volume alcolico superiore al 3.5%) organizza uno dei tanti "concorsi" per selezionare nuove IPA da offrire ai consumatori svedesi. Il "panel" d'assaggio, rigorosamente alla cieca, sceglie come vincitrice una versione leggermente diversa (per i luppoli utilizzati) della Fuller's IPA, chiamata Bengal Lancer ed ideata dal birraio John Keeling. La commessa che il Systembolaget offre è abbastanza interessante (l'acquisto di una produzione di 600 barili l'anno) ed ecco che la Fuller's accetta di metterla in produzione, offrendola anche sul mercato domestico, con grande successo. Sul sito ufficiale della Fuller's non figura attualmente questa India Pale Ale (destinata evidentemente solamente ad alcuni mercati esteri) mentre c'è soltanto la Bengal Lancer. All'aspetto è di colore arancio/rame, velato; la schiuma è poco generosa, cremosa e dalla trama fine. L'aroma non è molto pronunciato: agrumi (arancio e pompelmo), qualche sentore metallico e terroso; domina la frutta ma è un profumo che ricorda più uno sciroppo che un frutto appena tagliato. La sensazione palatale è invece splendida: corpo medio, bassa carbonazione, texture molto morbida, quasi cremosa. Il percorso in bocca inizia con leggere note di biscotto, poi caramello e sopratutto gli stessi agrumi trovati al naso (arancio, pompelmo); deviazione finale in territorio amaro, prevalentemente terroso, con qualche leggera nota erbacea. IPA molto bilanciata e pulita, facilissima da bere, ben fatta e godibile, sicuramente meglio al palato che al naso, anche a causa di un aroma non più freschissimo. Formato: 50 cl., alc. 5.3%, LOTTO 017 11:37, scad. 17/01/2014, prezzo 3.80 Euro (supermercato, Italia).
mercoledì 3 aprile 2013
MOA 12 Plato
Restiamo a Borgorose, dopo la birra bevuta ieri, perchè è ancora su questi impianti che viene prodotta la 12 Plato, di MOA - My Own Ale. I due "birrai senza birrificio" sono i fiorentini Andrea e Riccardo, che nel 2011 hanno fatto il grande salto nel mondo dei professionisti., realizzando le proprie ricette su impianti di altri produttori. Le birre attualmente in gamma sono quattro (blanche, american pale ale, india pale ale e stout) identificate semplicemente dal grado zuccherino del mosto di birra; una scelta che, secondo noi, non aiuta molto a ricordare il prodotto. Molto curate dal punto di vista grafico sia le etichette che il sito internet della beer firm. Ci è capitata tra le mani una bottiglia di 12 Plato, una birra "ispirata" alle American Pale Ales che ha ottenuto la medaglia d'argento all'ultimo concorso di Birra dell'Anno nella categoria 2, "birre chiare, alta fermentazione, basso grado alcolico, italian golden ale". Si presenta di colore oro carico, velato; la schiuma è leggermente ocra, a trama fine, cremosa, ha buona persistenza. Ci accoglie un bel naso fruttato, tropicale, ricco di mango, passion fruit, pompelmo; in secondo piano troviamo leggeri sentori di aghi di pino di frutti di bosco rossi. Man mano che la birra raggiunge la temperatura ambiente c'è anche qualche traccia di caramello. Un bouquet aromatico pulito ed abbastanza elegante, anche se il fruttato tende leggermente al dolce sciropposo, senza dare quell'impressione di frutta "appena tagliata". La bevuta segue quasi in fotocopia il percorso aromatico: veloce imbocco di caramello, seguito da un bel fruttato, intenso, che richiama il naso: mango e polpa di pompelmo, con una chiusura amara vegetale a bilanciare. Il corpo è medio-leggero, la carbonazione contenuta, la birra è abbastanza rotonda e morbida in bocca; nel retrogusto, amaro di discreta intensità, convivono note vegetali e di scorza di agrumi. Una bella (buona) American Pale Ale, pulita e profumata, molto facile da bere; l'avventura di Andrea e Riccardo è iniziata da poco, ma ci sembra che i primi passi siano stati fatti nella giusta direzione. Formato: 75 cl., alc. 5%, IBU 27, lotto ICR 60, scad. 09/2014, prezzo 8.50 Euro (food store, Italia).
martedì 2 aprile 2013
Birra del Borgo ImperiAle
Ha subito da poco un completo restyling, in etichetta e in formato (solo 33 cl.) la Imperial Stout di Birra del Borgo, ed anche di ricetta, visto che sembrano essere scomparsi tra gli ingredienti le fave e la polvere di cacao a favore di un affinamento in botte per tre mesi. Avevamo ancora in cantina una bottiglia della precedente ImperiAle, dal generoso formato da 75 cl. e dal contenuto alcolico (9.8%) quasi analogo a quella attuale. E' splendidamente nera, con una bella testa di schiuma beige, fine e cremosa, molto persistente. Il naso è poco pronunciato e anche poco pulito; emergono sentori di frutti di bosco, soprattutto mirtilli, leggero tabacco e cacao in polvere, quasi nessuna traccia di caffè o di torrefatto. Purtroppo anche in bocca la situazione non migliora di molto; poca pulizia, gusto difficile da decifrare: appaiono finalmente note di caffè, di orzo tostato, cacao amaro, liquirizia, ma c'è poca amalgama e molta confusione. C'è una discreta astringenza con un'inattesa nota salmastra che arriva proprio a fine corsa; leggermente acidula, si congeda con un retrogusto poco persistente e molto poco appagante di salsa di soia con qualche vago ricordo di caffè. Una bottiglia poco entusiasmante, ci rimane un buon ricordo solo dell'ottima sensazione palatale: corpo medio, carbonazione scarsa, morbida ed oleosa, alcool molto ben nascosto. Ma non è abbastanza. Speriamo di riuscire ad assaggiare presto la nuova Imperiale anche per dimenticare quella appena bevuta. Formato: 75 cl., alc. 9.8%, lotto LCR 78/11, scad. 01/2014, prezzo 7.80 Euro.
lunedì 1 aprile 2013
Birrificio Italiano Amber Shock
Seconda “bevuta” del Birrificio Italiano, del quale abbiamo parlato dettagliatamente in questa occasione. Dopo la Tipopils, è la volta della Amber Shock, una birra che Agostino Arioli definisce come “la birra della festa, una festa della birra, la birra in festa”; il sito del birrificio riporta anche l’entusiastico commento di Kuaska (il fiore all'occhiello del Birrificio Italiano) mente altri riconoscimenti le arrivano dalla Guida alle birre d’Italia di Slow Food 2011 le assegna il premio delle "5 stelle con etichetta" tra le eccellenze lombarde. Disponibile da Ottobre 1996 e solamente in bottiglia, dove avviene il suo processo di maturazione di circa 4 settimane, la ricetta prevede l’utilizzo di malti Pilsener, Monaco e Caramello, luppoli Hallertauer Magnum e Hallertauer Perle, un ceppo di lievito proveniente dai laboratori di Weihenstephan. E’ di uno splendido color ambrato carico, con riflessi rossastri, solo leggermente velato. La schiuma, color ocra, è molto cremosa e compatta, ed ha buona persistenza; il birrificio la presenta in un bella coppa che ricorda le birre di abbazia ma per coglierne davvero l’aroma siamo costretti a versarne un po’ in un più pratico teku. Ci sono sentori di caramello, banana matura e, in secondo piano, agrumi e frutta secca; il naso non è molto pronunciato e non brilla di pulito. Assolutamente meglio in bocca, con una sensazione palatale molto morbida, quasi “pastosa”, ed una carbonazione bassa; il corpo è medio. L’imbocco è di caramello, seguito da una parte centrale ricca di frutta dolce (polpa di agrumi, banana matura, leggere note di amarena) e di burro, bilanciate da un finale amaricante di frutta secca (mandorla). Facilissima da bere ma al tempo stesso ben strutturata e complessa (stiamo sempre parlando di una bassa fermentazione), pulita, si congeda in modo appagante con un retrogusto morbido e leggermente amaro di mandorla. Formato: 33 cl., alc. 7%, lotto 148, scad. 14/06/2013, prezzo 5.00 Euro (food store, Italia).