martedì 24 marzo 2020

Great Divide S'mores Yeti


Del birrificio Great Divide di Denver, Colorado, vi avevo già parlato in questa occasione.  Fondato nel 1994 dall’ex-homebrewer Brian Dunn, Great Divide ha festeggiato nel 2019 il proprio venticinquesimo compleanno con una bella festa all’aperto ad Arapahoe Street, strada dove Dunn aveva preso in affitto gli edifici di un vecchio caseificio in disuso. Il birrificio è andato via via ingrandendosi su quel terreno fino a quando è stato possibile: nel 2013 è stato costretto a trasferirsi nel River North Art District (RiNo) di Denver dove è stato inaugurato il nuovo stabilimento da 6000 metri quadri. 
Great Divide produce oggi circa 35.000 barili all’anno, in leggero calo rispetto al picco del 2015: una flessione che ha colpito quasi tutti i grossi birrifici artigianali americani, incalzati da molte nuove realtà locali di dimensioni più contenute e quindi dotati di una maggior flessibilità produttiva, elemento fondamentale per seguire le regole del mercato. Dunn ha comunque già messo in atto i cambiamenti necessari per invertire la rotta: alcune birre sono state mandate in pensione (Nomad Pilsner, Lasso Session IPA e Hoss Rye Lager) e sono state rimpiazzate soprattutto da IPA dal livello di amaro più contenuto. L’etichetta più venduta rimane tuttavia sempre la Titan IPA, seguita da Colette Farmhouse Ale, Denver Pale Ale e dalla Yeti Imperial Stout. Titan e Yeti nacquero nel 2004 in occasione dei festeggiamenti del decimo compleanno: allora si chiamavano Maverick IPA e Maverick Imperial Stout, ma dopo qualche anno furono costrette a cambiare nome in seguito alle minacce di un birrificio californiano che utilizzava già il nome Mavericks. 
Il 22 giugno 2019 Arapahoe Street venne chiusa al traffico e iniziarono i festeggiamenti al ritmo di musica (Wildermiss, The Patient Zeros e Giant Walking Robots), food truck e birra: il biglietto d’ingresso (35 $) vi consentiva di bere senza limiti la maggior parte delle birre.  Furono disponibili anche ben 14 varianti di Yeti Imperial Stout: oltre alle classiche versioni Oatmeal e Chocolate Oak Aged (già disponibili ogni anno come birre stagionali) debuttarono  la Maple Pecan Yeti e la S’mores Yeti affiancate da Chocolate Cherry Yeti, Velvet Yeti (nitro),  Vanilla Oak Aged Yeti e Chai Yeti. La birra dell’anniversario fu invece doppia: una versione potenziata della Yeti  (25th Big Anniversary Yeti 13.5% anziché 9.5%) e della Hazy IPA (Double Hazy, 8%).

La birra.
Terminati i festeggiamenti di giugno 2019 la S'mores Yeti  ha fatto un gradito ritorno in ottobre, questa volta disponibile per tutti in una generosa lattina da 57 centilitri. L’etichetta indica l’aggiunta di cioccolato, marshmallow e delle non precisate spezie.  L’idea è ovviamente quella di replicare uno S’more, dolce americano che consiste in un marshmallow riscaldato e poi posizionato tra due biscotti (graham crackers) e uno o due  strati di cioccolato.

Il suo vestito è completamente nero, la schiuma è cremosa, compatta ed ha ottima persistenza. Al naso emergono profumi di fondi di caffè, cacao, vaniglia, caramella mou, biscotto, qualche accenno di cenere: il bouquet è intenso, mentre l’eleganza è discreta. C’è un leggero sentore d’artificialità che proprio non vuole sparire. Al palato non ci sono particolari viscosità: il mouthfeel è comunque morbido, a tratti leggermente setoso, e la bevibilità è davvero ottima. La bevuta ricalca perfettamente l’aroma: vaniglia, caramello/mou, un tocco di frutta sotto spirito danno il via ad un percorso dolce che viene poi bilanciato da un finale amaro di caffè, cioccolato fondente e torrefatto. Paragonandola alla Yeti “normale”, imperial stout dal carattere forte, torrefatto ed amaro, la sua versione S’mores è ovviamente più mansueta e si congeda con un retrogusto che vede un ritorno dolce di vaniglia/marshmallow.  
Una birra che si beve con piacere, un bel divertissement di una delle imperial stout americane più classiche: la sua componente dessert non brilla per finezza ma riesce comunque a mantenere a debita  distanza l’effetto merendina piena di aromi artificiali. Ne consiglierei l’acquisto anche a chi, come me, non ama particolarmente il genere pastry.

Formato 56,8 cl., alc. 9.5%, IBU 75, imbott. 17/09/2019, prezzo indicativo 20,00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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