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mercoledì 21 ottobre 2020

Almanac Sunshine and Opportunity - Barrel Aged

Di Almanac Beer Company vi avevo parlato nel 2014:  beerfirm fondata a San Francisco da Jesse Friedman e Damian Fagan, dopo essersi conosciuti nel 2007 ad un club di homebrewing si scoprono appassionati anche di cibo di qualità, di prodotti a Km 0 e di mercati contadini. Abbozzano qualche idea per iniziare assieme una professione:  un bar, un cafè o  un negozio per homebrew?  Meglio ancora un birrificio: in mancanza di capitali per dotarsi d’impianti propri i due optano per la soluzione low cost della beer firm.  
Dopo tre anni passati ad esercitarsi ed affinare le ricette nei rispettivi appartamenti, a cotte da venti litri per volta, nel 2010 i due sarebbero pronti per partire ma scoprono che il nome da loro scelto, Old Oak Beer Co.,  potrebbe infrangere qualche copyright; per evitare qualsiasi noia legale, decidono di cambiarlo in  Almanac Beer Co., corredato dal motto “Farm to Bottle” (dalla fattoria alla bottiglia) mutuato dalla filosofia del “Farm to Table”.   La scelta vuole mettere in risalto il legame con il territorio circostante che i due imprenditori intendono valorizzare: l’Almanacco è quello dell’agricoltore, della stagionalità delle colture: l’idea è di utilizzare frutti o altri ingredienti provenienti dalle fattorie della California settentrionale per produrre birre maturate in legno, destinate alla tavola ed agli abbinamenti gastronomici. A giugno 2011 arrivano le prime bottiglie della Summer 2010 Blackberry Ale, una birra acida realizzata con quattro diverse varietà di more provenienti dalla Sebastopol Berry Farm della contea di Sonoma ed invecchiata per undici mesi in botti di vino rosso.   Viene prodotta presso gli impianti della Drake’s di San Leandro, nella baia di San Francisco, mentre le altre birre saranno principalmente realizzate alla Hermitage Brewing Co. di San Jose. Nelle birre ci finiscono progressivamente moltissimi altri ingredienti provenienti da aziende agricole e da piccoli produttori californiani:  agrumi, uva, prugne, pesche, miele, cacao, vaniglia e finocchio, solo per citarne alcuni.  Almanac si specializza in birre acide affinate in legno e, anziché in un impianto di produzione, Friedman e Fagan preferiscono acquistare  un migliaio di botti e due tini di rovere da 4000 litri. Ma nel 2014 è anche arrivata la prima birra “normale” per Almanac: una India Pale Ale,  nonostante Friedman e Fagan si erano sempre dichiarati contrari a realizzare una birra che avrebbe avuto – a loro dire – troppa concorrenza.
Alla fine del  2016 Almanac inaugura la taproom  
nel Mission District di San Francisco: una dozzina di spine, 75 posti a sedere all’interno, altri 25 nel piccolo beer garden e cucina informale affidata al cuoco Chad Arnold. Ma il vero cambiamento arriva nel 2018 quando viene inaugurata la nuova sede ad Alameda in un ex hangar aeronautico del 1942 fatto ristrutturare dal birrificio ThirstyBear di San Francisco per ospitare il suo progetto Admiral Maltingsl’ultima malteria in California aveva chiuso i battenti un secolo prima. Almanac prende in affitto una parte del fabbricato – 3000  metri quadri – nel quale trovano posto gli impianti di produzione, una taproom e un beergarden. “Il nostro mercato di riferimento è diventato molto affollato - dichiarò Faganimprovvisamente quasi tutti I birrifici si sono messi a fare birre acide e i prezzi sono scesi. Il nostro modello d’impresa non sarebbe stato sostenibile a lungo”.
Almanac non è più una beerfirm, diventa birrificio ma dopo pochi mesi Jesse Friedman se ne va,  mantenendo le proprie quote societarie ma lasciando il ruolo di birraio a Phil Emerson. Le ragioni della separazione non sono mai state rese note. All’inizio del 2019 la taproom di San Francisco viene definitivamente chiusa.  

La birra.

La prima birra in lattina di  Almanac risale alla primavera del 2016, grazie ad una collaborazione con il birrificio collaboration with Speakeasy di San Francisco: pilsner, due saison e una  IPA. Oggi anche le birre acide affinate in botte vengono commercializzate nello stesso formato, come ad esempio la Farmhouse Sour Ale chiamata Sunshine & Opportunity, riferimento alla California: terra “del sole e delle opportunità”. Questa Sour Ale viene prodotta con malti Admiral Pale, Aromatic, frumento, avena e viene poi invecchiata in botti di rovere con aggiunta di succo di pera e con un delicato dry-hopping di Citra, Sabro e Mosaic. Ne sono state realizzate anche una versione Lavender Honey Edition, con aggiunta di lavanda e miele, ed una colorata Rosé Edition con uva Merlot e ibisco.
Restiamo sulla Sunshine & Opportunity originale che si presenta di color dorato, quasi limpido e un generoso cappello di schiuma pannosa dall’ottima persistenza. Agrumi, pera, frutta tropicale, pepe bianco, lime, legno e un lieve carattere funky/rustico: l’interazione tra luppoli, lievito e botte funziona alla perfezione e regala un naso fresco, pulito, elegante e intenso. L’etichetta mette in evidenza lo slogan tart-refreshing-tropical e la birra mantiene le promesse: al palato è piacevolmente acidula, un tappeto dolce di tropicale e pera bilancia la secchezza e l’asprezza  degli agrumi. A fronte di una bella intensità non c’è tuttavia grande profondità e s’avverte qualche accenno legnoso solo nel finale. E’ una Sour Ale ruffiana e piaciona nella quale la frutta eclissa il funky: l’alcool (5.8%) è inesistente e la birra è assolutamente rinfrescante, perfetta per i mesi più caldi dell’anno. Sunshine & Opportunity, ovvero una Gently Sour fatta per piacere che coglie nel segno. 
Formato 47,3 cl., alc. 5.8%, lotto 29/01/2020, prezzo indicativo 9.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio

martedì 25 novembre 2014

Almanac Farmers Reserve Citrus

Jesse Friedman e Damian Fagan s’incontrano ad una riunione di un club di homebrewers di San Francisco nel 2007;  Friedman, proveniente dal mondo dell’informatica, aveva fondato qualche anno prima la SodaCraft ed era un blogger (Beer & Nosh) molto attivo.  Alla riunione rimane impressionato dalla splendida etichetta  di una bottiglia di birra di un birrificio a lui ancora sconosciuto: scopre però che si tratta “solamente” dell’etichetta realizzata da Damian Fagan, titolare di un’agenzia grafica, per la sua produzione casalinga.  Friedman era cresciuto bevendo la birra prodotta in casa da suo padre nel Winsconsin, per poi interessarsi lui stesso all’homebrewing ai tempi del college; Fagan aveva invece iniziato con un homebrew kit nel 1992, quando frequentava l’Università nel Michigan.   
Scoprono di avere in comune non solo la passione per la birra, ma anche per il cibo di qualità, per i Farmers Market, per i prodotti locali: abbozzano qualche idea per iniziare assieme una professione:  forse un un bar, un cafè o  un negozio per homebrew?  Per aprire un birrificio  - il loro sogno - sarebbe  necessario reperire dei finanziamenti molto più onerosi:   optano allora per la soluzione “beer firm” (o “contract brewer”). 
Dopo tre anni passati ad esercitarsi ed affinare le ricette nei rispettivi appartamenti, a cotte da venti litri per volta, nel 2010 i due sarebbero pronti per partire ma scoprono che il nome da loro scelto, Old Oak Beer Co.,  potrebbe infrangere qualche copyright; per evitare qualsiasi noia legale, decidono di cambiarlo in  Almanac Beer Co., corredato dal motto “Farm to Bottle” (dalla fattoria alla bottiglia) mutuato dalla filosofia del “Farm to Table”.   La scelta vuole mettere in risalto il legame con il territorio circostante che i due imprenditori intendono valorizzare: l’Almanacco è quello dell’agricoltore, della stagionalità delle colture: l’idea è di utilizzare frutti o altri ingredienti provenienti dalle fattorie della California settentrionale per produrre birre “costose” ed in quantità limitata, spesso maturate in legno, destinate alla tavola ed agli abbinamenti gastronomici.  
Il debutto (Friedman e Fagan non avevano ancora abbandonato le loro precedenti occupazioni) avviene con un po’ di ritardo rispetto  a quanto previsto, ovvero la San Francisco Beer Week che si tiene di solito a febbraio.  A giugno 2011 arrivano finalmente le bottiglie (75 cl., 20 dollari) della Summer 2010 Blackberry Ale, una birra acida realizzata con quattro diverse varietà di more provenienti dalla Sebastopol Berry Farm della contea di Sonoma ed invecchiata per undici mesi in botti di vino rosso.   Viene prodotta presso gli impianti della Drake’s di San Leandro, nella baia di San Francisco, mentre le altre birre saranno principalmente realizzate alla Hermitage Brewing Co. di San Jose. Nelle birre ci finiscono progressivamente moltissimi altri ingredienti provenienti da aziende agricole e da piccoli produttori californiani:  agrumi, uva, prugne, pesche, miele, cacao, vaniglie e finocchio, solo per citarne alcuni.  
Nel corso del 2012 le costose bottiglie da 75 cl. ,vengono affiancate anche  dalle quotidiane “California Table Beers”, birre dal basso contenuto alcolico proposte in un “four pack” da 11 dollari. Ma il business plan di Almanac prevede soprattutto il concentrarsi sulle birre invecchiate in legno, quelle che il mercato maggiormente richiede: nel 2013 viene lanciata la serie “Farm to Barrel"   (“dalla fattoria alla botte”),  una serie di birre acide invecchiate in legno e vendute nel più pratico formato da 375 ml. Piuttosto che in un impianto di produzione proprio, Friedman e Fagan decidono di investire in legno, acquistando un migliaio di botti e due tini di rovere da 4000 litri; Almanac promette di sfornare per tutto il 2014 una nuova birra barricata ogni mese, partendo con la Brandy Barrel Peche,  una sour ale alla pesca invecchiata in botte di brandy. Ma nel 2014 è anche arrivata la prima birra “normale” per Almanac: una India Pale Ale,  nonostante Friedman e Fagan si erano sempre dichiarati contrari a realizzare una birra che avrebbe avuto – a loro dire – troppa concorrenza.   
E’ arrivato anche il momento di bere: Farmers Reserve Citrus è la birra del mese di giugno 2014. Si tratta di una Blond Ale acida invecchiata in botti di vino e prodotta con i bellissimi cedri Mano di Budda e bergamotto. 
Bottiglia serigrafata che reca le scritte Farm To Barrel - Beer is Agriculture, e birra dorata, quasi limpida, con una testa di bianchissima schiuma cremosa  ed effervescente che scompare abbastanza rapidamente. L'aroma, pulitissimo ed aspro, con punte sia acetiche che lattiche, è vinoso e ricco di frutta acerba: uva, prugna verde, mela, cedro e limone; viene ingentilito solo da qualche sfumatura più dolce di ananas e di vaniglia. La bevuta, molto scorrevole, è tutta giocata su una delicata tensione tra aspro e dolce che si alternano con grande equilibrio regalando grande soddisfazione al palato. L'inizio ripropone la stessa frutta acerba dell'aroma che morde ai lati della lingua, mentre al centro fanno subito capolino le note più dolci e fragranti dei malti, della crosta di pane e dell'ananas. La corsa riprende poi subito in territorio aspro, con qualche nota lattica ed un bel finale ricco di uva e scorza d'agrumi, seguito da una scia (quasi lo strascico di un abito da sposa) di sensazioni legnose ed un delicato tocco di vaniglia.
Birra acida elegantissima e davvero molto ben fatta, dall'elevato potere dissetante e rinfrescante, facilmente accessibile anche a chi non ama particolarmente le "sour", e che fa più di un capolino in territorio vinoso; costa come (se non di più) un buon vino, ma sono quelle bevute che ti puoi regalare ogni tanto senza avere troppi rimpianti. 
Non ci vuole molto a scorgere tra un sorso e l'altro la sua musa ispiratrice, Vinnie Cilurzo: dopo tutto Russian River è ad un oretta di macchina da San Francisco; purtroppo sono birre  prodotte in quantità davvero modeste che non arrivano in Italia.  Per darvi un termine di paragone con qualcosa che da noi è invece arrivato e che potete provare con altrettanta soddisfazione, vi indirizzo sulla Surette di Crooked Stave
Formato: 37.5 cl., alc. 7%, lotto 06/2014, pagata 9.84 Euro (beershop, USA, $ 12.99)