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lunedì 9 marzo 2015

Malarazza Nura

Secondo appuntamento con Birra Malarazza, la beerfirm siciliana che vi presentato qualche settimana fa, due al momento le birre disponibili in bottiglia, più una terza che potete trovare alla spine del Queen Makeda di Roma. Dopo la Nanai, ed in attesa di alcune novità che dovrebbero arrivare nel corso del 2105, ecco la Nura,  una blonde/golden ale dall’etichetta molto curata ed illustrata da Federico Tramonte; anche per questa birra c’è un ingrediente a creare un legame diretto con il territorio, ovvero la scorza di limone di Siracusa IGP:  i suoi mille coltivatori e 5.300 ettari di terreno costituiscono circa il 34% del raccolto italiano totale. Il limone di Siracusa IGP appartiene alla cultivar  “Femminello siracusano” ed è così chiamato per via della notevole fertilità della pianta, che fiorisce tre volte l’anno, producendo tre frutti con diverse caratteristiche: il “primofiore” (matura da ottobre a marzo), il “bianchetto” (aprile-giugno) ed  il “verdello” (luglio-settembre). L’agrume, che proviene dall’Azienda Agricola Biologica Jancarossa di Siracusa, viene lavorato completamente a freddo e pelato a mano prima di essere infuso a fine bollitura. 
Ecco “Nura”, una birra “nuda” (in siciliano) ovvero elaborata per valorizzare il più possibile il limone di Siracusa: si spiega la scelta di una delicata luppolatura (cascade, amarillo e willamette)  e soprattutto di un lievito “neutro” e non caratterizzante.  
Nel bicchiere è di color oro, tendente all’antico, leggermente velato; il cappello di schiuma che si forma è fine e compatto, cremosa, ed ha un’ottima persistenza. Il naso è pulito e ancora molto fresco, tutto sommato semplice ma intenso: protagonista il limone, sia fresco (immaginate di tagliarne uno a metà) che candito, affiancato dai profumi di altri agrumi; cedro, mandarino e, man mano che la birra si scalda, arancia.
In bocca c’è una base di pane e leggero biscotto, un accenno di miele, veloce preludio ad un gusto ovviamente caratterizzato dagli agrumi gialli:  l’amaro e l’aspro della scorza sono bilanciati da lievi note quasi sciroppose di limone e di canditi. La bevuta procede molto ben equilibrata, con una discreta secchezza finale e un amaro spiccatamente “zesty” (limone e pompelmo giallo); in bocca è un pelino meno pulita che al naso, ma Nura mantiene comunque un ottimo potere rinfrescante e dissetante, che potrebbe diventare ancora più elevato se ci fosse un’attenuazione ancora maggiore.
Con un facilità di bevuta paragonabile a quella di una session beer, Nura è una golden ale ben fatta, intensa, e ruffiana quanto basta per desiderarne molto più di un solo bicchiere, soprattutto nei giorni più caldi dell’anno.
Ringrazio Birra Malarazza per avermi inviato la bottiglia da assaggiare.
Formato: 33 cl., alc. 5.1%, IBU 38, lotto 43/14, scad. 10/2015

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

giovedì 12 febbraio 2015

Malarazza Nanai

Potrei iniziare il post di oggi con il classico e banale “c’è fermento in Sicilia”, una frase scontata che tuttavia rispecchia la realtà. Lentamente, con qualche anno di ritardo anche in questa regione, come nel resto del sud Italia, la cosiddetta "birra artigianale" ha finalmente iniziato a diffondersi.
Nel 2012 andai nella splendida Siracusa per una breve vacanza e fui tristemente costretto a cenare con un’indecente birra industriale che non voglio nemmeno ricordare: una sorta di deserto birrario nel quale di recente è finalmente spuntato qualche fiore. Ha aperto un beershop, nei dintorni di Siracusa c’è un brewbpub e, da luglio 2014, anche una beerfirm;  Birra Malarazza
Nasce dall’idea di Andrea Camuto e Noemi Bianca: è stata Roma, dove i due hanno lavorato per diversi anni (Andrea era responsabile marketing per un'azienda digitale), a contagiarli con l’amore e la passione per la birra artigianale: principale "colpevole" Mirko Caretta e svariati pomeriggi dopo il lavoro passati al Bir&Fud.
Decidono allora di ritornare in Sicilia, a Siracusa, per buttarsi in questa nuova avventura, scegliendo il nome di una canzone che Domenico Modugno scrisse nel 1976, partendo dalla poesia di un anonimo siciliano, pubblicata nel 1857 da Lionardo Vigo Calanna, marchese di Gallodoro. Il testo racconta di un servo che, picchiato e maltrattato da un prepotente, chiede giustizia a Gesù il quale gli risponde: “Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!”. L’invito è quindi all’azione, al rimboccarsi le maniche per realizzare i propri progetti e lottare affinché le cose succedano. 
La beerfirm attualmente produce presso i distanti impianti del birrificio Arribal di Poggibonsi (SI), ma l’idea è di portare nel 2015 almeno una parte della produzione in Sicilia per realizzare alcune birre stagionali. Le ricette sono frutto di continui esperimenti casalinghi e, in un futuro forse non così lontano, c'è la voglia di avere un impianto  di proprietà. 
Due al momento le birre prodotte, entrambe caratterizzate da un ingrediente “speciale” che vuole sottolineare il legame con il territorio siciliano. Nanai, una double IPA con fiori d’arancio,  e Nura, una golden ale con scorza di Limone di Siracusa IGP. Per il locale Queen Makeda di Roma viene invece realizzata la Makeda, birra aromatizzata con scorza di bergamotto. 
Molto curata e bella la parte grafica, a partire dal logo stesso della beerfirm per arrivare alle etichette illustrate realizzate da Federico Tramonte.
Ecco dunque la Nanai (ovvero Leonardo, in palermitano) una Double IPA “mansueta” dal tenore alcolico non eccessivamente elevato (7%); oltre ai già citati fiori d’arancio, prevede una luppolatura di Centennial e Simcoe. 
E’ ambrata e velata, con qualche riflesso ramato e una bella testa di schiuma ocra, cremosa, fine e dalla buona persistenza. Non mi stancherò mai di ripeterlo, ma il fattore chiave che determina la gradevolezza di una IPA (o DIPA) è la freschezza, e in questa bottiglia di Nanai c’è: aroma pungente e pulito, un elegante bouquet di pompelmo, mango, passion fruit, melone retato, arancia rossa. In secondo piano lievi sentori di aghi di pino, di fiori e di frutti di bosco rossi (lampone, fragola). Al palato c’è una robusta  base di malto, con caramello, biscotto e un lievissimo carattere “nutty”,  oltre che di pane tostato; ritornano la frutta tropicale dell’aroma e l’arancia rossa, con il dolce che è però ben bilanciato dall’amaro amaro resinoso, vegetale, leggermente terroso. Gli IBU dichiarati sono 65, ma la generosa struttura maltata fa sì che non sia affatto una birra troppo amara, anzi; il gusto è fresco e pulito, con una predominanza dolce che è ben bilanciata, oltre che dall’amaro, da un finale discretamente secco. La sensazione palatale non è delle più scorrevoli, ma dopotutto non si tratta di una session beer da bere ad oltranza: il corpo è medio, con una carbonatazione contenuta. E’ una Double IPA ben fatta, godibile, ruffiana quanto basta e molto bilanciata, sebbene lontana da quelle della West Coast nell’impalcatura della ricetta:  superfluo dirvi di cercarla in fretta, se la volete provare, finché è ancora fresca.   
Ringrazio Birra Malarazza per avermi inviato la bottiglia da assaggiare. 
Formato 33 cl., alc. 7%, IBU 65, lotto 42/14, scad. 10/2015.     

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.