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lunedì 28 maggio 2018

Harviestoun Old Engine Oil Engineer's Reserve

Inizia nel 1986 l’avventura del birrificio scozzese Harviestoun fondato da Ken Brooker, un ex-homebrewer che coltivava questo sogno da almeno tre anni. Con pochissimi fondi a disposizione Brooker riesce a ristrutturare una vecchia fattoria a Dollarfield e a riciclare/riconvertire attrezzature di seconda (o terza) mano: il tino di ammostamento era stato usato in precedenza da un produttore di marmellate, il bollitore veniva invece utilizzato nella sua vita precedente per la tintura della lana. Un topo, divenuto poi il logo aziendale, sembra essere la sua unica compagnia  nelle giornate passate in sala cottura: il debutto avviene con la Harviestoun Real Ale. 
I primi investimenti per gli indispensabili ammodernamenti iniziano nel 1989, quando il birrificio si dota finalmente di un vero e proprio impianto per la produzione della birra; il successo della Schiehallion Lager, che ottiene numerosi riconoscimenti da parte del CAMRA e della Bitter & Twisted convincono Brooker a fare ulteriori investimenti e a portare in sala cottura il birraio inglese Stuart Cail che ancora oggi riveste il ruolo di Head Brewer. Nel 2000 debutta la porter Old Engine Oil, nata per partecipare al bando organizzato dalla catena di supermercati Tesco: la birra si piazza al primo posto ed inizia così ad essere distribuita in tutti i loro punti venditae.  Sarà lei la base di partenza per altre birre di successo del birrificio scozzese che vengono espressamente richieste dall’importatore americano: la serie delle Ola Dubh, invecchiate in botti di whisky e la Engineers' Reserve, versione potenziata della Old Engine Oil. Nel 2004 debutta la nuova sede operativa di Alva, a poche miglia di distanza da quella originale, dove entra in funzione il nuovo impianto da 60 barili:  dopo neppure due anni Harviestoun viene acquistato dalla Caledonian Brewing Company che a sua volta, nel 2008, viene venduta alla  Scottish & Newcastle da poco divenuta di proprietà Heineken. Nell’accordo commerciale viene tuttavia esclusa la Harviestoun che viene invece rilevata da un gruppo di azionisti che fuoriescono dalla Caledonian:  Stephen Crawley (già vecchio azionista di Harviestoun), Sandy Orr e Donald MacDonald.  Dopo solo due anni Harviestoun ritorna ad essere un birrificio indipendente e continua a crescere: nel 2009 i cask vengono affiancati anche dai fusti in acciaio e  nel 2016 arrivano anche le prime lattine.

La birra.
La Old Engine Oil Engineer's Reserve nasce su specifica richiesta dell’importatore americano  B. United International: il titolare Matthias Neidhart apprezzava molto la Old Engine Oil (6%) ma pensava che fosse un po’ troppo debole per i palati degli americani. A questo scopo fu quindi elaborata una ricetta più robusta (9.5%) che utilizza lo stesso mix di malti e di luppoli (Fuggles, East Kent Goldings  e Galena).
Il liquido non è esattamente denso come l'olio motore ma un po' lo ricorda: prossimo al nero, forma una bella testa di schiuma cremosa e compatta dall'ottima persistenza. Una discreta intensità permette d'apprezzare i profumi delle tostature e del caffè, del pane nero, della liquirizia e del tabacco. Al palato c'è una leggera viscosità ed è una coltre morbida quella che avvolge il palato ad ogni sorso: poche bollicine, sensazione tattile ottima e non particolarmente ingombrante. Nera (o quasi) alla vista, nera al naso e ancora più nera al gusto: la Old Engine Oil Engineer's Reserve è una black ale (o imperial porter) che non fa sconti e prende subito con decisione la strada dell'amaro e del torrefatto, con una generosa luppolatura a incrementare ulteriormente la dose. La componente dolce, che chiama in causa caramello ed esteri fruttati, è solamente a supporto e rimane nelle retrovie. Nel finale emergono ricami di cacao amaro, tabacco e liquirizia: l'alcool riscalda senza eccessi e il sorseggiarla non richiedere particolari sforzi. 
Una birra pensata per il mercato americano e che ricorda per alcuni aspetti proprio interpretazioni americane  "dure e pure" di imperial stout/porter, per palati forti: penso ad esempio alla Yeti di Great Divide o alla Ten Fidy di Oskar Blues. Birre che battono con vigore sul tasto del torrefatto e rincarano la dose con una generosa luppolatura: le manca profondità ma questa Old Engine Oil Engineer's Reserve è intensa e ben fatta, una bevuta di livello anche se avara nel regalare emozioni.
Formato 33 cl., alc. 9.5%, lotto 1902, scad. 01/03/2019, prezzo indicativo 5.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

martedì 13 novembre 2012

Harviestoun Ola Dubh Special Reserve 12

La Harviestoun Brewery viene fondata nel 1984 da Ken Brooker, in un vecchio fienile in una fattoria dell’omonima proprietà, a Dollarfield, Scozia; il piccolo topo che ancora oggi viene raffigurato sul logo del birrificio sta a rappresentare l’unico essere vivente che faceva compagnia al birraio nei primi anni di vita del birrificio. Dal 2004 gli impianti produttivi sono stati ingranditi e spostati ad Alva; nel 2006 la Harviestoun viene acquisita dalla Caledonian Brewery, facente parte del gruppo Scottish & Newcastle. A ottobre del 2007 Heineken e Carlsberg mettono in atto una sinergia e presentano un’offerta d’acquisto formale per l’acquisizione della Scottish & Newcastle; l’accordo viene finalizzato a Marzo del 2008, ma nel frattempo la Harviestoun riesce a garantirsi la “salvezza” grazie a Stephen Crawley, Sandy Orr e Donald MacDonald, da anni direttori di produzione della Harviestoun, che decidono di acquistare il marchio dalla Caledonian evitandone la probabile scomparsa derivante dalle strategie di riduzione costi e di massimizzazione dei profitti messe in atto dalle grandi multinazionali. La produzione attuale della Harviestoun è abbastanza limitata, con solo quattro birre prodotte tutto l’anno; accanto a queste si è però sviluppato il progetto parallelo chiamato “Ola Dubh”, in collaborazione con la distilleria scozzese Highland Park, sulle Orkney Islands. L’idea nasce a seguito di un’esplicita richiesta dell’importatore americano D. United International, alla ricerca di un prodotto che potesse soddisfare il crescente interesse del mercato statunitense per le birre affinate in botte. “Ola Dubh” in scozzese significa "olio nero", e viene prodotta per la prima volta nel 2006; la base di partenza è la Old Engine Oil (birra disponibile in bottiglia tutto l’anno) che avviene affinata in botti di rovere utilizzate per l’invecchiamento di Highland Park whisky. Esistono diverse versioni di Ola Dubh, a seconda del tipo di botte utilizzata: si va parte da botti che hanno ospitato Single Malt Scotch per 12, 16, 18 per arrivare sino ai 3' e 40 anni. Le prime tre sono reperibili abbastanza facilmente anche in Italia grazie all'importazione di Ales & Co. La  Ola Dubh Special Reserve 12 è di colore ebano scurissimo, quasi nero; forma una piccola testa di schiuma color nocciola, cremosa, che svanisce in fretta ma lascia un ampio pizzo all'interno del bicchiere. Al naso troviamo caffè, orzo tostato, cioccolato amaro, sentori di cenere, vaniglia e legno; c’è anche una leggera nota alcolica. Aroma molto pulito, complesso, di discreta intensità. La bottiglia che abbiamo degustato aveva una carbonazione molto bassa, un corpo pieno, ed una consistenza molto viscosa, quasi paragonabile – come il suo nome – all'olio motore; è estremamente morbida al palato, rendendo il sorseggio molto appagante. Il gusto continua nella stessa direzione indicata dall'aroma  caffè, un bell'amaro dato da eleganti tostature, note legnose, una morbida nota alcolica (reminescente di whisky) che riscalda tutta la bevuta. Man mano che la temperatura raggiunge quella dell’ambiente emerge una punta acida di frutti di bosco (mirtillo) che sfocia in un bel finale tannico; ottimo il retrogusto, morbidamente alcolico e tostato, dove fa ritorno una nota di torbatura (affumicato). Birra complessa, molto ben fatta ed equilibrata, con l’affinamento in botte a donarle un delicato ma interessante profilo legnoso. Il birrificio la consiglia in abbinamento con formaggi tipo Stilton o Gruyère. Noi abbiamo invece optato per una degustazione in solitaria, da “poltrona/divano”, e questa Ola Dubh si è rivelata essere un ottimo “winter warmer” che riscalda senza richiedere troppo impegno da chi ha il bicchiere in mano. Formato: 33 cl., alc. 8%, bottiglia numero 03876, luglio 2009, scad, 01/2013, prezzo 6.04 Euro.