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martedì 17 gennaio 2017

Karl Strauss Wreck Alley Imperial Stout (2014)

Karl Strauss Brewing Company, ovvero uno dei pionieri di un movimento che in una ventina d’anni ha reso San Diego una delle capitali mondiali della craft beer. L’avevo già incontrato in California nel 2012: lo fondarono Chris Cramer e Matt Rattner, che dopo il college rimasero affascinati dalla visita di un brewpub durante un viaggio in Australia. 
Di ritorno a San Diego, Cramer si ricordò di avere un cugino che lavorava come birraio: era Karl Strauss, classe 1912 e diplomato a Weihenstephan ma costretto ad emigrare negli Stati Uniti nel 1939, anno in cui iniziò a lavorare sulla linea d’imbottigliamento alla  Pabst Brewing Company di Milwaukee, Wisconsin. Nel 1960 Strauss venne nominato vice presidente degli stabilimenti produttivi, ruolo che manterrà sino al pensionamento avvenuto nel 1983; tre anni dopo si spostò al caldo di San Diego per aiutare il cugino Chris ad aprire un brewpub al quale acconsente di dare il proprio nome. Dal 1989 al 2006, anno della sua morte, vi resterà a lavorare nel ruolo di birraio. 
L’apertura della Karl Strauss Brewing Company è un evento storico per San Diego: al proibizionismo, terminato nel 1933, non era sopravvissuto nessun birrificio da cinquant'anni non veniva prodotta birra. Dal 2 febbraio 1986, giorno dell'inaugurazione ad oggi, Karl Strauss ha vissuto una lenta ma constante crescita che ha visto l’inaugurazione di una nuova e più ampia sede nel 1996 e la successiva nascita di numerose succursali in tutta la California. Supervisionati dai birrai  Paul Segura e Matt Johnson, oltre alle location della conta di San Diego (Downtown, La Jolla, Sorrento Mesa, Carlsbad e 45 Ranch) sono operativi i brewpub di Temecula, Anaheim, Costa Mesa e le due filiali di Los Angeles: Downtown e Universal CityWalk, quest'ultima un’interessante opzione se andate a visitare gli Universal Studios.

La birra.
Nel 2012 Karl Strauss inaugura una serie di “Big Beers” dall’elevato contenuto alcolico e disponibili inizialmente solo nel formato “bomber” da 65 centilitri; tra queste appare anche una muscolosa imperial stout chiamata Wreck Alley. Il nome fa riferimento a quel tratto di mare, a poche miglia da Mission Beach (San Diego) nel quale sono state fatte affondare sei imbarcazioni in modo da creare una sorta di scogliera artificiale ed un suggestivo luogo per le immersioni subacquee all’interno di enormi scafi;  i relitti sono anche divenuti la casa di diverse specie marine come pesci, anemoni, molluschi e crostacei. 
La ricetta prevede malti  e 2 Row, Chocolate, Caramel 80, Black e fiocchi d’orzo, mentre i luppoli utilizzati sono Bravo e Willamette;  in aggiunta vengono utilizzati granella di face di cacao e chicchi di caffè etiope provenienti dalla Bird Rock Coffee Roasters di La Jolla. Difficile risalire alla data di nascita di questa bottiglia, ma una stampigliatura al laser sul fondo oltre ad una serie di numeri e lettere riporta anche la cifra 2014. 
Si presenta nera o quasi, mentre la cremosa schiuma che si forma non è particolarmente generosa e collassa nel bicchiere abbastanza rapidamente. Purtroppo l’aroma non il biglietto da visita che vorresti ricevere da una muscolosa imperial stout  (9.5% ABV): intensità davvero a livelli minimi, lieve orzo tostato, carne, qualche estero fruttato. Le cose vanno un po' meglio in bocca, ma non si fanno salti di gioia: un delicato tostato di pane e orzo, caramello bruciato, qualche accenno di cioccolato e liquirizia. La bevuta continua in linea retta, quasi piatta, senza sussulti o accelerazioni, arrivando quasi a spegnersi leggermente in un finale debole nel quale al posto del caffè e di intense tostature convivono un po' di orzo tostato e un lieve alcool warming. Il corpo è medio e per il mio gusto troppo leggero per una birra di questa gradazione alcolica che scorre benissimo senza concedere carezze o morbidezza. Imperial Stout bilanciata che non eccelle per intensità, pulizia o eleganza: indubbiamente i due anni di vita non aiutano a percepire i due ingredienti aggiunti (cacao e caffè), rapidi a svanire. Ma anche con le attenuanti del caso quel che resta è, benché bevibile, piuttosto deludente. 
Formato: 65 cl., alc. 9.5%, IBU 45, lotto 321 G 0853 2014, prezzo indicativo 13.00/15.00 Euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

mercoledì 26 settembre 2012

Karl Strauss Tower 10 IPA

La notorietà non è certamente il loro punto di forza, e se pensate alla contea di San Diego, vi verranno prima di tutto in mente nomi come Ballast Point, Stone e Port Brewing/Lost Abbey. Ma prima ancora che questi birrifici esistessero, nel 1989 la Karl Strauss Brewing Company produceva già birra in una città che non aveva un birrificio "locale" da più di cinquant'anni, ovvero dalla fine del proibizionismo. I fondatori furono Chris Cramer e Matt Rattner. Chris era rimasto affascinato da un brewpub che aveva visitato durante un viaggio in Australia; tornato a San Diego, si ricorda di avere un cugino mastro birraio, che di nome faceva appunto Karl Strauss e che da 44 anni lavorava alla Pabst Brewing Co, di Milwaukee. Karl decide di lasciare il lavoro ed il freddo del Wisconsin per aiutare il cugino sotto il caldo sole della California. Il birrificio apre nel febbraio del 1989, con una folla di avventori che per la prima volta nella loro vita si trovavano a bere una birra appena fatta, fresca, non industriale. Il successo è quasi immediato, e già nel 1996 Chris e Matt sono costretti a spostarsi in una location più grande (quella attuale, in Santa Fe Street) per soddisfare tutta la domanda. Nel tempo si sono aggiunti anche sei brewpub/ristoranti nella contea di San Diego ed uno a Los Angeles. Nel 2006, Karl Strauss muore all’età di 94 anni. Sull’etichetta della loro Tower 10 IPA c’è una delle tante torrette che trovate sulle spiagge di San Diego, dalle quali i bagnini monitorano la sicurezza della spiaggia e dei bagnanti; la ricetta è quella classica dei “tre luppoli C americani”: Chinook per l’amaro, un blend di Cascade e Centennial in dry hopping per l’aroma.  E’ dorata, con riflessi arancio; la schiuma, leggermente “sporca” è poco generosa ed ha una persistenza discreta. Il naso non brilla purtroppo di freschezza: marmellata di agrumi (pompelmo ed arancio), caramello, poco altro. C’è pulizia ma poca vitalità. Molto meglio in bocca, con un imbocco molto pulito di biscotto seguito dalla polpa di pompelmo, dolce, subito bilanciata dall’amaro della scorza dello stesso agrume, e del limone. Grande secchezza, ottima pulizia, e buona morbidezza in bocca con un corpo medio ed una consistenza oleosa. Finisce con un bel retrogusto amaro, intenso, ricco di pompelmo con qualche note resinosa. Una IPA penalizzata da un’aroma non al meglio, si riscatta in bocca, risultando una discreta bevuta che però risulta molto lontana dalle migliori “sorelle” brassate nella contea di San Diego. Sarebbe da riprovare in condizioni migliori. Formato: 35.5 cl., alc. 7%, 70 IBU, lotto e scadenza non riportati, prezzo 1,66 Euro ($ 1.99).