lunedì 7 agosto 2017

Grassroots Arctic Saison

L’ultima bevuta prima della pausa estiva del blog avviene in compagnia di due birrifici americani:  Anchorage Brewing, Alaska e Grassroots Brewing,  beerfirm/marchio di proprietà di Hill Farmstead. Riassumo brevemente: Grassroots nasce in Danimarca quando Shaun Hill lavora presso il birrificio Norrebro. Il suo partner d’affari è l’amico e birraio americano Ryan Witter-Merithew, occupato presso il birrificio danese Fanø dove a quel tempo venivano prodotte birre per altre beerfirm famose come Mikkeller, Evil Twin e Stillwater.  Nell’ottobre 2009 lanciano la loro beerfirm chiamandola con il nome che Shaun aveva pensato per il suo primo birrificio: Grassroots Brewing, marchio da lui registrato nel 2001. Un progetto che per Shaun ha fondamentalmente lo scopo di fargli guadagnare i fondi necessari per ritornare in Vermont, nei pressi della casa di famiglia, ed aprire finalmente Hill Farmstead. 
Da allora il marchio Grassroots è stato di tanto in tanto riesumato per occasionali collaborazioni, soprattutto europee: qui una con Mikkeller e una con Amager
Negli Stati Uniti Grassroots debutta nel 2013 quando di Shaun Hill viene invitato in Alaska da Gabe Fletcher, birraio e fondatore di Anchorage, per partecipare al festival Culmination: entrambi condividono lo stesso amore per la tradizione belga, per le saison e per le birre acide prodotte con lieviti selvaggi. Il desiderio di fare assieme una birra va oltre i settemila chilometri che separano i due birrifici; da quel lungo viaggio nasce la Arctic Saison, desiderio di Shaun di portare un pezzo della propria terra  in Alaska. La ricetta si basa infatti a grandi linee sulla saison Arthur di Hill Farmstead che utilizza malti americani, luppoli europei e americani; dopo la fermentazione nei grandi tini di legno di Alaskan, con aggiunta di brettanomiceti, nasce la Arctic Saison. Al primo lotto prodotto a giugno 2013 ne sono seguiti almeno altri quattro, l’ultimo dei quali imbottigliato ad ottobre 2015: andiamo ad assaggiarlo.

La birra.

All’aspetto è velata e di colore dorato e forma un buon cappello di schiuma bianca, cremosa e compatta, dalla buona persistenza. Il naso, molto pulito, è un incontro molto ben riuscito tra note rustiche/funky (cantina, umido), fiori e frutta, legno, una delicata speziatura (pepe): mandarino e arancia, uva, ananas. Al palato le mancano forse un po’ di bollicine ma è un dettaglio abbastanza trascurabile perché il gusto è pulitissimo, elegante e rustico al tempo stesso: al dolce della crosta di pane, dell’ananas, della frutta a pasta gialla e della polpa dell’arancia risponde l’asprezza dell’uvaspina e degli agrumi. L’alcool è ben nascosto e la bevuta procede a velocità sostenuta impreziosita da dettagli che chiamano in causa il legno, il vino bianco; il finale vira con delicatezza in territorio amaro e tra le note terrose mi sembra anche avvertire una leggera nota lattica. Splendida saison, molto fruttata, con un grande potere dissetante e rinfrescante donatole da asprezza e acidità:  una bevuta che regala soddisfazioni ed emozioni, all’altezza della fama dei due birrifici coinvolti.

Formato: 75 cl., alc. 6%, lotto #5, imbottigliata 15/10/2015, prezzo indicativo 15.00-20.00 Euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

mercoledì 2 agosto 2017

Extraomnes Speciaal

La novità Extraomnes dell'estate 2017 è stata presentata a fine maggio con poche parole che non dicono nulla su quello che c'è all'interno del fusto o della bottiglia: "l'estate porta sempre con se grandi aspettative e dolori da lenire. Una birra per chi si strugge ascoltando Bruno Martino di Odio l'estate, per chi vuole staccare il cervello dal resto del corpo per qualche minuto o per una stagione. Ingredienti, stile e tutto il resto sono accessori".  
Qualche indizio lo si può trovare sulla pagina Facebook del birrificio, sulla quale qualche mese prima erano state postate alcune fotografie di cartoni di luppoli appena arrivati dagli Stati Uniti: Nugget, Crystal e Azacca. E proprio quest’ultimo sarebbe stato utilizzato per un abbondante dry-hopping di questa nuova birra chiamata Speciaal che utilizza anche, se non erro, lievito Vermont Ale. 
Azacca, precedentemente conosciuto con il nome sperimentale di  ADHA 483 è un luppolo che è stato commercializzato nel 2013 ad opera della American Dwarf Hop Association; deve il suo nome al dio haitiano dell’agricoltura e discende direttamente dalla varietà di luppolo Toyomidori. Tra i suoi “progenitori” ci sarebbero anche il Summit e il Northern Brewer. E’ noto per le sue ottime qualità aromatiche che richiamano gli agrumi e i frutti tropicali, e quindi particolarmente adatto per l’utilizzo in late e/o dry-hopping.

La birra.
Il suo colore è un bell’arancio pallido, velato, sul quale si genera una generosa testa di schiuma bianca, compatta e cremosa, dall’ottima persistenza. Bottiglia con circa un mese e mezzo di vita sulle spalle e naso molto fresco e molto pulito che regala pompelmo, cedro e mandarino, qualche sensazione tropicale di ananas, una delicata speziatura (zenzero?), erbe officinali e persino suggestioni “dank”. Corpo snello (crackers, pane) e vivaci bollicine a solleticare il palato con una bevuta che ripropone molti agrumi con eleganti orpelli tropicali, uno “schema” Extraomnes ben consolidato e di successo (Blond, Zest); il finale ha invece intensità molto maggiore rispetto alle due birre appena citate, nella quale al pompelmo s’affiancano note terrose e vegetali, di erbe officinali. Secca e molto scorrevole, la Speciaal  è una vigorosa session beer molto ben fatta e un ottimo antidoto al caldo estivo: per il mio gusto personale trovo l’amaro un pelino eccessivo, con il ritmo di sorsata che, benchè sempre elevato, risulta inferiore a quello di Blond e Zest.
Formato 33 cl., alc. 4.5%, lotto 165 17, scad. 12/2018, prezzo indicativo 4.00-4.50 Euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

martedì 1 agosto 2017

The Order of Yoni Bottled Instinct

Yoni, termine sanscrito che indica l’organo genitale femminile ma che simboleggia più genericamente la nascita, l’origine e la creazione.  Che la donna, la sua sensualità e la sua carica erotica siano spesso usate per finalità commerciali non è certo una novità, anche per quel che riguarda la birra. Ma se non erro non era mai successo, sino ad ora, che un “pezzo” di donna finisse realmente in una birra: nello specifico parliamo dei lactobacilli della flora vaginale, microorganismi di origine batterica che popolano le pareti vaginali.  E visto che i lactobacilli sono una delle due famiglie di batteri (assieme ai Pediococcus)  più utilizzate nella fermentazione delle birre acide, i polacchi dell’Ordine di Yoni (nome che sembra quasi riferirsi ad una setta, fondata da Wojciech Mann) hanno avuto l’idea di farli prelevare da un ginecologo con uno stick; successivamente i batteri sono stati isolati in laboratorio e moltiplicati nella quantità sufficiente per far partire la fermentazione della birra. L’Ordine di Yoni assicura che attraverso l’esame del codice DNA e/o RNA sono stati eliminati tutti gli altri batteri e virus presenti e sono stati utilizzati solamente i lactobacilli. 
Questo il modo in cui venne illustrato nel 2016 il progetto Order Of Yoni attraverso una campagna di crowfunding che ha tuttavia racimolato solamente 1.578 euro dei 150.000 richiesti: “immaginate la donna dei vostri sogni, l’oggetto del vostro desiderio. Il suo fascino, la sua sensualità, la sua passione…  Assaggiate il suo gusto, sentite il suo odore e la sua voce… immaginate che vi massaggi con passione e che vi sussurri in un orecchio tutto ciò che volete sentire. Ora liberate le vostre fantasie ed immaginate con una bacchetta magica ci poter racchiudere tutto ciò dentro ad una bottiglia di birra. Una bevanda dorata piena di grazia e istinto; immaginate che ogni sorso sia un incontro con la donna dei vostri sogni, che vi abbraccia e vi bacia con dolcezza, guardandovi negli occhi. Quanto dareste per una birra così?  Noi dell’Ordine di Yoni abbiamo reso possibile la creazione di quella birra, materializzando il carattere e la grazia di quella donna, dandovi la possibilità di trasformare la bevuta di una birra gustosa nell’incontro con una vera dea.  Il segreto di questa birra è nella vagina della donna: i suoi batteri trasferiscono le caratteristiche della donna, la sua grazia, il suo fascino e il suo istinto alla birra, così come i batteri vaginali nel momento della nascita si trasferiscono al bambino appena nato e diventano parte del suo sistema immunitario”. 
Alexandra Brendlova è la (sino ad allora?) sconosciuta ragazza ceca che viene selezionata dopo un lungo e rigoroso casting: “una donna che non fosse solo bella ma anche intelligente e affascinante, una musa ispiratrice, un volto fresco". Nessuna esperienza come modella, nessuna presenza sui social media e, ovviamente, nessuna esperienza come escort o attrice pornografica: l’Ordine assicura di averle fatto firmare un contratto con una penale molto alta da pagare nel caso spuntasse qualche scheletro dall’armadio. La campagna di crowfunding era destinata ad un progetto più ampio che prevedeva la realizzazione di molte altre birre, ognuna delle quali avrebbe avuto come protagonista una nuova ragazza. Tra gli esempi figurano una “BSDM Ale”, ovvero una birra acida prodotta con prugne affumicate e lactobacilli vaginali di una modella bruna o rossa (sic!),  e una Blond Ale con malto di frumento, zafferano e oro edibile, con batteri di una modella bionda o di una celebrità.
Come detto, il crowfunding non è andato a buon fine ma l’Ordine di Yoni ha evidentemente racimolato i fondi per prelevare nel novembre 2015 i lactobacilli e annunciare, nella primavera del 2016, la nascita della prima “Bottled Instinct - Vagina Beer”: la notizia ha ovviamente fatto il giro del mondo trovando però attenzione più sulla stampa generalista che sulle riviste o sui siti degli amanti di birra.
Personalmente sono alquanto perplesso da questa iniziativa commerciale. Il marketing punta sulla banale e abusata associazione donna/sesso/birra e si rivolge evidentemente al grande pubblico; la birra è però acida, caratteristica che risulterà alquanto sgradevole al palato di chi beve solitamente birre industriali.   Per i "birrofili navigati" la sola idea alla base della birra dovrebbe (forse) un buon motivo per starne alla larga.  Ad ogni modo, l’Ordine di Yoni mi ha contatto chiedendomi se ero interessato ad assaggiare la birra, e visto che una birra difficilmente si rifiuta ho accettato specificando – come faccio con chiunque mi mandi delle bottiglie in omaggio -  che ne avrei comunque parlato con onestà, nel bene e nel male.

La birra.
La ricetta, realizzata sugli impianti del birrificio Wasosz, prevede malti Pilsner, Monaco, Caramello e Roasted, luppoli Cascade (USA) e Junga (Polonia), chips di rovere “bagnati” nel cognac e ovviamente lactobacilli vaginali; non è filtrata ma è pastorizzata. 
Nel bicchiere è di un torbido color ambrato sormontato da un cremoso e compatto cappello di schiuma dalla buona persistenza. Al naso spiccano dolci, a tratti stucchevoli profumi di caramello, frutta sciroppata (prugna, uvetta), mosto d'uva cotto, pane nero e biscotto; c'è anche qualche accenno aspro di frutti rossi, sopratutto ribes. Pulizia e intensità ci sarebbero, quello che manca è la finezza. Caratteristiche che si ritrovano anche al palato, in una birra che oscilla tra due estremi che sembrano respingersi piuttosto che incontrarsi: si parte da un imbocco molto dolce ricco di caramello e frutta sciroppata al quale fa seguito l'asprezza dei frutti rossi e del limone, l'acidità lattica. In sottofondo si scorge qualche lieve nota di pane tostato, ma i passaggi dolce-aspro sono abbastanza bruschi e molto poco armoniosi. L'intensità ci sarebbe anche, ma è come se si fosse "esagerato" con il dolce per tenere a bada  parte acida; l'eleganza non è di casa, non c'è molta profondità e non avverto il contributo dei chips di legno. Detto questo, la sua funzione rinfrescante la svolge, ovviamente se vi piacciono le birre acide.  Il risultato è modesto ma bevibile anche se, come detto, mi sfugge il nesso commerciale dell'operazione: chi proviene dalle lager industriali la troverà terribilmente aspra/acida, quindi cattiva, mentre per gli amanti di lambic e sour ales direi che c’è molto altro di meglio da bere.
Formato: 50 cl., alc. 6,1%, scad. 10/05/2018

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.