venerdì 30 agosto 2019

De Dolle Boskeun

Pasqua è già un lontano ricordo ma questo non può essere una scusa per rinunciare a stappare una bottiglia di Boskeun, Belgian Strong Ale del birrificio belga De Dolle (qui la storia) che arriva ogni anno in occasione della solennità del cristianesimo. Boskeun è il soprannome di Jo, fratello di Kris Herteleer e co-fondatore del birrificio, ma Boskeun è soprattutto quel coniglietto dei boschi (Bos-Keun) che viene raffigurato in etichetta intento a sorseggiare la birra. Una delle prime birre pasquali belghe, afferma orgogliosamente Kris, una tradizione inaugurata che sembra essere stata inaugurata dalla Paasbier di Slaghmuylder. Malti chiari, zucchero di canna e luppoli Goldings sono gli ingredienti utilizzati per una robusta Belgian Strong Ale la cui magia viene tuttavia sprigionata dal lievito di casa De Dolle. Come le sorelle “chiare” Lichtervelds e Dulle Teve anche la Boskeun non è una birra da far invecchiare: Herteleer consiglia di berla subito: lasciate posto libero in cantina per la Stille Nacht.

La birra.
La percentuale alcolica della Boskeun ha subito diverse modifiche nel corso degli anni: nata al 7% è poi salita quasi stabilmente a quota 10.  L’edizione 2019 riporta invece in etichetta 9%.  Il marchio De Dolle è evidente non appena si cerca di versare la birra nel bicchiere che viene subito riempito da un’esuberante coltra di schiuma fine e compatta, pannosa, quasi incontenibile e indissolubile. Ci vuole un po’ di pazienza per vedere splendere il suo color oro antico, leggermente velato. Fiori bianchi, pepe, marzapane, frutta sciroppata e candita (arancia, albicocca e pesca), accenni di cassata siciliana: questo il piccolo miracolo del lievito di casa De Dolle che dà origine ad un naso pulitissimo, intenso, al  tempo stesso fresco e caldo (solare). 
Le vivaci bollicine non impediscono comunque alla Boskeun di essere quasi morbida al palato, priva di spigoli: miele, pane, suggestioni di canditi, crostata alla frutta e, in generale, di pasticceria, pepe. La bevuta è dolce ma ben bilanciata da un lieve acidità quasi rinfrescante e da un finale amaro terroso che per non essendo protagonista svolge un ruolo fondamentale. L’alcool? E’ presente “alla belga”: si nasconde per rivelarsi a fine corsa con un abbraccio che riscalda corpo e spirito e invita – quasi ironicamente -  alla moderazione. Pulitissima, ricca, precisa ma non fredda: per chi ama la scuola belga la Boskeun di De Dolle è ormai un classico che emoziona ogni volta, come quei film che non vi stanchereste mai di rivedere. Verrebbe da dire Buona Pasqua, ma perché limitarsi a goderne solo in quel periodo dell’anno? Ogni giorno è adatto ad una Boskeun.
Formato 33 cl., alc. 9%, scad.03/2021, prezzo indicativo 4.50/5.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia/lattina e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

mercoledì 28 agosto 2019

Pelicon Coffee Stout

Ammetto la mia ignoranza sulla birra artigianale Slovena. Mi affido al beer-rating che mi propone questi nomi in cima alle classifiche locali: Reservoir Dogs, Lobik, HumanFish, Hopsbrew, Pelicon. Quest’ultimo, occasionalmente distribuito anche sul nostro territorio, viene fondato da Matthew Pelicon e Anita Lozar ad Aidussina, valle del Vipacco, a soli venti chilometri dal confine italiano. I due hanno vissuto per qualche anno a Londra dove sono venuti a contatto con la Craft Beer Revolution britannica e, tornati in Slovenia, hanno cercato di “replicare quelle birre che amavano bere”. 
Dopo aver tentato con poca fortuna la strada del crowfunding Matthew e Anita hanno comunque reperito le risorse necessarie per acquistare un impianto che inizialmente si è assestato su una produzione di circa 1200 ettolitri l’anno. Il  birrificio ha debuttato con la Pally Pale Ale alla fine del 2013 seguita dalla IPA 3rd Pill: nel 2014 il popolo di Ratebeer ha eletto Pelicon come miglior birrificio sloveno dell’anno. Piano piano sono arrivate anche la Double IPA Quantum, la Hoppy Red Ale Out of China, la Dark Ale Black Aurora e un’imperial stout al caffè. Il database di Untappd annovera al momento una ventina d’etichette.  Matthew, una decina d’anni di homebrewing alle spallle, è oggi aiutato in sala cottura dall’assistente Sebastian; Anita si occupa invece di design, marketing e degli aspetti commerciali. Di recente Pelicon ha inaugurato un punto vendita che si trova ad una cinquantina di metri dal birrificio: qui potete acquistare birre e merchandising nei pomeriggi di giovedì, venerdì e sabato.

La birra.
Color ebano scuro, scura generosa e molto persistente: la robusta (8%) Coffee Stout di Pelican. L’aspetto è bello, goloso e l’aroma mantiene le promesse di quanto scritto in etichetta: il caffè è protagonista assoluto e lascia poco spazio alle tostature e a qualche accenno di tabacco. La sensazione palatale è poco ingombrante e non regala particolari carezze: c’è qualche bollicina in eccesso. La bevuta è abbastanza facile e l’alcool ben nascosto ma, benché gradevole, questa stout risulta piuttosto monotematica. Oltre al caffè non c’è molto altro e la pulizia, solamente discreta, non favorisce il compito di scavare oltre la superficie alla ricerca di dettagli. Annoto un po’ di caramello, di orzo tostato e qualche suggestione di liquirizia prima di un finale amaro nel quale l’acidità del caffè, piuttosto pronunciata, accompagna le tostature. Il tepore etilico che permane in gola è paragonabile al ricordo di questa birra: non particolarmente lungo. Discreta (imperial) stout, un po’ noiosa e ben lontana dall’olimpo dello stile.
Formato 50 cl., alc. 8%, lotto e scadenza non riportati.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia/lattina e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

martedì 27 agosto 2019

Ca' del Brado Piè Veloce Lambicus 2016

Della “Cantina brassicola Ca’ del Brado” vi avevo parlato un paio di anni fa, a pochi mesi dall’inaugurazione avvenuta alla fine del 2016 a Pianoro (Bologna). In questi due anni i fondatori Mario Di Bacco, Luca Sartorelli, Andrea Marzocchi e Matteo d’Ulisse hanno fatto un bel percorso che ha portato visibilità e riconoscimenti da molti appassionati, non solo italiani. Le loro birre sono distribuite anche all’estero e chi segue i gruppi di scambio avrà notato qualche timido interesse da parte degli appassionati stranieri: evento più unico che raro quando si parla di birra italiana.   Dal concorso Birra dell’Anno sono arrivate le prime medaglie, ovviamente nella categoria delle Sour Ales: argento nel 2018 per Piè Veloce Brux Cascade, argento nel 2019 per Anniversario 2018 e bronzo per Nessun Dorma.
Ricordo brevemente che Ca’ del Brado non dispone d’impianto produttivo ma si occupa della trasformazione del mosto di malto a birra: il primo viene prodotto su impianti terzi e viene poi fermentato e affinato/invecchiato all’interno delle varie botti posizionate nella cantina il cui numero è andato via via aumentando: ad oggi vi sono due foeders da 1000 litri, 23 tonneaux da 500 litri e 18 barriques da circa 225 litri.  Alle birre acide prodotte con lieviti tradizionali, selvaggi e batteri si sono poi aggiunte le birre stagionali alla frutta Cuvée de Mugnega (albicocche), Cuvée de Zrisa (ciliegie), Cuvée de Pesga (pesche) e due interpretazioni di Italian Grape Ale, Û baccarossa e Û baccabianca.
Cà del Brado ha poi festeggiato il proprio primo compleanno con la Pu’er, Sour Ale prodotta con aggiunta di tè cinese Pu’er e ha spento la seconda candelina con la Anniversario 2018 Dal Bosco, birra acida con infusione di strobili di cipresso e foglie di noce. 
 
La birra.
Facciamo un passo indietro e vediamo com’è invecchiata una delle due birre con le quali Cà del Brado ha debuttato alla fine del 2016. Parliamo della Piè Veloce Lambicus lotto 16004, imbottigliata il 10 dicembre di quell’anno. Si tratta di una Sour Ale il cui mosto è “realizzato con un’importante percentuale di cereali succedanei (frumento e segale) e mediante una luppolatura oculata di stampo inglese sia in amaro che in aroma. La fermentazione (effettuata fin dalla primaria con brettanomiceti Lambicus) e la maturazione (circa due mesi) avvengono direttamente in legno: prevalentemente all’interno di grandi botti che in passato ospitavano vino”.
Dorata, leggermente velata, forma un’esuberante testa di schiuma che sembra quasi indissolubile. L’aroma è un’intrigante mix di profumi floreali e spezie, note funky e selvagge di cuoio e pellame, sudore e cantina, terrose. C’è qualche accenno fenolico e un bel carattere fruttato che richiama pompelmo, ananas, frutta a pasta gialla ma anche pesca bianca: per un attimo avverto anche qualche suggestione di fragolina. Un biglietto da visita stupefacente. Le vivaci bollicine la rendono ruspante e rustica senza tuttavia farla risultare ruvida al palato. La bevuta è però meno interessante rispetto all’aroma: per aprirsi questa Piè Veloce Lambicus ha bisogna di scaldarsi un po’ ma così facendo perde gran parte del suo potere rinfrescante. I brettanomiceti apportano un carattere terroso dominante che viene parzialmente mitigato dall’acidità lattica e dall’asprezza degli agrumi. In sottofondo resta una patina dolce che richiama la frutta a pasta gialla e il miele. Il percorso si chiude con un finale legnoso e abbastanza secco nel quale tuttavia rimane sempre presente una patina dolce ed emerge un discreto tepore etilico a mettere in guardia chi ha il bicchiere in mano: dopotutto il contenuto alcolico in percentuale tocca quota 7.4.
In tre anni ha avuto una bella evoluzione questa bottiglia di Piè Veloce Lambicus: il naso è un piccolo capolavoro che non trova purtroppo esatta corrispondenza al palato, ma il livello complessivo rimane indiscutibilmente elevato. I ragazzi di Cà del Brado dimostrano di meritare il successo che stanno riscuotendo.
Formato 37,5 cl., alc. 7.4%, lotto 16004, scad. 10/12/2021, prezzo indicativo 7,00 euro (beershop)
 
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia/lattina e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.