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mercoledì 7 ottobre 2020

Blech.Brut: Tile 692 IPA & Coat 54 IPA

Per ogni appassionato di birra un viaggio in Franconia è un viaggio nella tradizione: birre immutabili, un patrimonio da preservare e da scoprire per la prima volta o da ritrovare, a seconda della vostra esperienza. Ma chi in Franconia ci è nato e ci vive potrebbe non avere le stesse opinioni positive sulla tradizione. E’ il caso di Benedikt Steger, giovane irrequieto che voleva studiare sociologia, poi Ingegneria dello sport e ha poi finito per scegliere la birra: dopo un periodo di tirocinio presso il birrificio Zehendner a Mönchsambach si reca a Berlino, città in perenne evoluzione e fermento, in cerca di novità. Ma nella Berlino del 2012 il fermento che interessa a Benedikt  - birrifici e birra – è ancora in fase embrionale e offre poche opportunità. Lui vola allora a Londra dove ottiene un lavoro alla London Fields Breweryuna delle prime ad installarsi nell’area di Hackney. Jules Whiteway l’aveva fondata nel 2011 dopo aver finito di scontare una condanna di dodici anni per traffico di cocaina a celebrities e cantanti. La libertà di Whiteway non durò molto: alla fine del 2014 fu nuovamente arrestato per evasione fiscale e il birrificio, dopo anni di agonia ed incertezza, fu rilevato dalla Carlsberg nel 2017. 
Per Benedikt è meglio cambiare aria e nel 2015 alcune conoscenze lo aiutano a trovare lavoro a Parigi dove lavora all’avvio del brewpub Paname: la capacità dell’impiantino è però insufficiente a soddisfare la richiesta dei clienti e Benedikt si mette alla ricerca di un birrificio dove appaltare le sue ricette. La soluzione è tornare a casa in Germania alla Old Factory, neonata costola del birrificio Cambdedicata proprio alla produzione per conto terzi: là Benedikt conosce il birraio Enzo Frauenschuh che è anche titolare della beerfirm FrauGruber  e che lo “sfida” a far qualcosa di simile. 
Benedikt torna a Bamberga e nel 2018, terminato il congedo di paternità, lancia il suo marchio Blech.Brut, nome suggeritogli da un amico a Berlino che voleva realizzare sculture con le lattine usate: il foglio di metallo (Blech) e l’arte (Art Brut). L’idea – non originalissima – è di affiancare l’arte alla birra affidando di volta in le etichette ad un illustratore differente. Le ricette sono realizzate alla Camba Old Factory, nonostante le possibilità sotto casa non manchino:  potrei produrle qui a Bamberga, ma sarebbe difficile usare le lattine. All’inizio non pensavo di usare questo contenitore ma ripensandoci la parte grafica viene maggiormente valorizzata; dopo tutto il mio è una specie di progetto artistico. Non escludo in futuro di estenderlo alle bottiglie e lanciare il marchio Glas.Brut.  Enzo di Camba è diventato un amico; mi fido di lui e anche se faccio io le birre ho bisogno di lui. Gundelfingen è a due ore e mezza da Bamberga e non posso essere là tutti i giorni”.
Il focus è ovviamente sui luppoli: “li amo e mi piace sperimentare con loro. A Bamberga si producono delle lager eccellenti, ma sono tutte molto simili. Non ne voglio parlar male, ma se vai via per un po’da Bamberga e poi torni… ti accorgi che nulla è cambiato e nulla cambierà per il prossimo secolo. Io voglio dimostrare che con le nuove varietà di luppolo tedesche si può far qualcosa di diverso”. Del resto la “mission” che compare sul sito internet di Blech.Brut parla chiaro: “togliere la polvere della tradizione. Ci vogliono volti nuovi per portare la birra alle nuove generazioni. Abbiamo l’ambizione di voler ampliare gli orizzonti dei bevitori della Franconia ed espandere il loro concetto di birra. Vogliamo offrire ai bevitori di Schlenkerla un’alternativa alla moda”.  Un birrificio proprio? “E’ presto, ci vogliono capitali a disposizione. Ma averne uno è lo scopo che dovrebbe avere ogni persona che s’imbarca in un progetto di questo tipo. Io avrei anche lo spazio a disposizione nella casa dei miei genitori, visto che sono nato in una fattoria. Prima o poi avrò il mio birrificio, anche se di piccole dimensioni”.

Le birre.

In quasi due anni d’attività Blech.Brut ha prodotto circa 25 etichette diverse, una al mese. Una Imperial Stout e 24 sfumature di luppolo: Pale Ale, Session IPA, IPA,  Double e Triple IPA, NEIPA. Vediamone un paio partendo dalla Tile 692, NEIPA (7.1%) nella quale sono protagonisti  Citra, Galaxy, El Dorado e gli sperimentali HBC 692 e BRU-1. Visivamente simile ad un succo di frutta presenta una schiuma cremosa, piuttosto compatta e che mostra buona ritenzione. Il naso fa pensare a frutti tropicali molto maturi (mango e papaia) ma c’è una netta sensazione di menta/mentolo a scombinare un po’ le carte in tavola:  intensità e pulizia ci sono ma il mix non è dei più azzeccati, per quel che mi riguarda. Il gusto prosegue il percorso in linea retta:  è una NEIPA piuttosto dolce, ricca di frutta tropicale e albicocca matura che cala il sipario su di un aroma vegetale di discreta intensità e durata che lascia qualche graffio in gola (hop burn). Nel complesso ha buona intensità ma anche al palato c’è qualche sapore insolito e difficile da definire: birra gradevole, se non avete aspettative elevate.

Coat 54  (6.7%) è un’altra NEIPA dal design minimalista e freddo ed un mix di luppoli che include HBC 630, Mosaic e Palisade. Il suo color arancio è torbido ma luminoso, la schiuma è cremosa ed ha una buona persistenza. Dovrebbe aver debuttato alla fine di luglio e dopo due mesi d vita l’aroma offre davvero poco, per quel che riguarda l’intensità: pesca, ananas e altri vaghi ricordi di frutta tropicale. La bevuta è fortunatamente più intensa pur non brillando per pulizia ed eleganza. Il risultato è un succhino di frutta -  un po’ confuso ma gradevole - nel quale mi sembrano spiccare albicocca e papaia. Rispetto alla Tile 692 presenta molti meno spigoli, probabilmente grazie ad un amaro finale molto corto e quasi impercettibile. Buona secchezza, alcool ben nascosto, bevibilità un po’ limitata dalla sua pesantezza tattile al palato: masticabile (chewy) ma poco morbida, come la sorella. Paga il pegno di un aroma sotto tono ma il suo principale problema è la noia: per il resto, si beve con piacere.
Nel dettaglio:
Brut Tile 692,  44 cl., alc. 7,1%, scad. 16/01/2021, prezzo indicativo 7,00 euro (beershop) 
Brut Coat 54, 44 cl., alc. 6.7%, scad. 16/01/2021, prezzo indicativo 7,00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio

giovedì 13 ottobre 2016

Kaiserdom Kellerbier

Con 200.000 ettolitri circa prodotti ogni anno  la Kaiserdom Privatbrauerei è il birrificio più grande di Bamberga, ma non esattamente quello che vi consiglierei di visitare se vi trovate nella splendida cittadina della Franconia; geograficamente nel sobborgo di Gaustadt, il birrificio esiste dal 1718 negli edifici un tempo di proprietà del monastero benedettino di St. Michelsberg, che concesse a Georg Morg il permesso di produrre e vendere birra.  
Agli inizi del 1900 il birrificio prese il nome di Müller’sche Brauerei zu Gaustadt in quanto di proprietà di Anton Müller, una delle cui quattro figlie sposò nel 1910 Georg Wörner, che così diventò co-proprietario del birrificio che più tardi cambiò il proprio nome in Brauerei Wörner e, in seguito, in BürgerBräu Gaustadt; nel 1953 il passaggio del testimone ai figli Theodor and Ludwig che negli anni ’60 iniziarono i lavori di costruzione della nuova sede di un birrificio ormai impossibilitato ad aumentare la propria capacità produttiva nei locali in cui si trovava. L’inaugurazione avvenne nel 1969. In seguito all’annessione di Gaustadt in Bamberga (1972) il birrificio iniziò ad utilizzare i simboli della città per le proprie birre, lanciando nel 1976 la Kaiserdom Pilsener, dedicata al duomo ovvero al Bamberger Kaiserdom Sankt Peter und Sankt. Nel 1978 l’improvvisa morte di Ludwig Wörner costrinse il figlio Georg ad abbandonare i propri studi all’università di Weihenstephan per raccoglierne il testimone; il successo delle birre "dedicate" al duomo di Bamberga convince la proprietà a modificare il nome del birrificio, nel 1983, da BuergerBrau a Kaiserdom, con il fatturato dell'export (Europa ed anche Asia) che inizia ad avere una rilevanza sempre più importante. Kaiserdom, Domfürsten, Alt-Bamberg e Bürgerbräu Bamberg sono i principali marchi prodotti da un birrificio rispettoso della tradizione tedesca che, se non erro, non produce nessuna rauchbier, la tipica "birra affumicata" di Bamberga; in Italia si trova qualcosa nei supermercati. 

La birra.
Kellerbier "unfiltriert", ovvero non filtrata,  recita la generosa latta da un litro: nel bicchiere è in effetti velata, dorata, e forma una compatta e cremosa testa di schiuma bianca che tuttavia svanisce abbastanza rapidamente. Aroma e gusto viaggiano a braccetto disegnando uno scenario composto soprattutto da miele e pane, con qualche lieve accenno biscottato; la pulizia c'è, ma in una birra semplice come questa è la fragranza l'elemento determinante. Purtroppo in questa Kellerbier di Kaiserdom non ce n'è, ed il risultato è  una birra bilanciata ma piatta e monocorde, facile ma altrettanto facilmente dimenticabile; chiude con una leggerissima nota amaricante erbacea, presente anche al naso. Il rapporto qualità prezzo è l'unico aspetto non negativo sul quale mi soffermerei: con poco più di due euro al litro siamo davvero vicini ai prezzi tedeschi. Se volete un litro di birra da bere assieme agli amici senza prestare molta attenzione a quello che c'è nel bicchiere, potete farci un pensiero: per quanto mediocre, il livello di questa Kellerbier di Kaiserdom è senz'altro superiore a quello delle lager industriale che trovate sugli scaffali dei supermercati. Se invece cercate in lei qualche traccia delle splendide birre che la Franconia sa regalare, è meglio che lasciate perdere.
Formato: 100 cl., alc. 4.7%, IBU 13, lotto 124G0302, scad. 03/11/2017, 2,19 Euro (supermercato, Italia).

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

sabato 9 luglio 2016

Aecht Schlenkerla Rauchbier Weizen

Aecht Schlenkerla Rauchbier Weizen, ovvero la birra di frumento prodotta dal birrificio Heller di Bamberga. Da sei generazioni nelle mani della famiglia Trum, ma il proprietario più famoso rimane senza dubbio Andreas Graser (1877-1906): dobbiamo a lui il nome Schlenkerla, indicativo della sua andatura zoppicante a causa di un incidente. Schlenkern è una vecchia parola tedesca che indica una camminata non esattamente diritta, simile a quella di un ubriaco, alla quale si aggiunge il suffisso "-la" del dialetto della Franconia.
Schlenkerla si identifica per tutti (o quasi) con la Rauchbier Märzen che viene prodotta Bamberga tutto l’anno; lo stesso malto affumicato con legno di faggio viene utilizzato anche per produrre la Rauchbier Weizen, al quale si aggiunge ovviamente il frumento, visto che la legge tedesca richiede che qualsiasi birra etichettata Weissbier o Weizenbier debba essere fatta con almeno il 50% di frumento. 
La birra. 

L’aroma  conduce subito nel territorio delle Rauchbier di Bamberga, con un carattere affumicato predominante ed intenso: non solo il classico “speck.” (o Schwarzwälder Schinken, se preferite) ma anche il legno. Oltre al fumo, ci sono (molto) in secondo piano il chiodo di garofano e la banana e, più evidente, il caramello. Intensità e pulizia sono di ottimo livello: personalmente avevo qualche perplessità sull’abbinamento banana/affumicato, ma in questo caso la componente “smoked” è talmente predominante che il problema neppure si pone.
Nel bicchiere non ci sono molte bollicine, ma quella che sarebbe un po’ una “colpa”  in una classica Hefeweizen risulta in questo caso un azzeccato accompagnamento al carattere affumicato e caramellato della bevuta; il corpo è medio, la sensazione palatale è morbida, con la classica scorrevolezza della scuola tedesca. La bevuta parte dal dolce del caramello, con un accenno biscottato e di banana, che liberano per qualche istante l’orizzonte delle nubi dell’affumicatura; una pausa molto breve, poi l’affumicato (di nuovo carne e legno) prende per mano la bevuta portandola al termine. La speziatura (chiodo di garofano) rimane delicatissima in una birra dolce ma sempre bilanciata nella quale chi ama la classica Schlenkerla Marzen ritroverà parecchi elementi familiari.  Nonostante ci sia la lieve acidità del frumento, non mi pare una classica Weizen da bere in piena estate per dissetarsi e rinfrescarsi: potrebbe proprio per questo “piacere” anche a chi non le ama particolarmente. Banana e chiodo di garofano sono davvero un delicato complemento in una birra pulita e molto ben fatta dominata in lungo e in largo dall'affumicato.
Formato: 50 cl., alc. 5.2%, IBU 20, scad. 09/2016, 2.39 Euro (supermercato, Italia)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

martedì 9 febbraio 2016

Keesmann Bock

Fondata nel 1867 dall’ex-macellaio Georg, la Keesmann-Bräu  è oggi ancora nelle mani della famiglia Keesmann, guidata da Sabine e dal nipote Stefan. Inizialmente chiamata “Zum Sternla” (nome oggi affibbiato ad una delle birre prodotte), il birrificio è soprattutto famoso per la Bamberger Herren-Pils, prodotta per la prima volta nel 1979 e divenuta molto popolare a Bamberga e dintorni al punto di impegnare attualmente circa il 90% della capacità produttiva. 
Il birrificio si trova nel sobborgo chiamato Wunderburg, oggi completamente inglobato in Bamberga, a circa un chilometro e mezzo dalla stazione ferroviaria; non è ben chiaro il perché di questo nome (Wunderburg = “castello dei miracoli”), ma se pensate che in una strada lunga circa 50 metri ci sono  Keesmann al civico 5 e Mahr’s al civico 10, direi che il nome è assolutamente appropriato!  
Il “brewpub” di Keesmann è aperto tutti i giorni dalle 9 (potete fare la classica “colazione” con il mezzo litro) alle 23, ma ricordate che il sabato chiude alle 15 e la domenica rimane chiuso. 
Quasi 150 storia e solo sei birre prodotte attualmente: la Hell, la già citata Herren-Pils, la Weissbier, la lager Sternla e due stagionali: Josephi Bock, disponibile nel periodo di Pasqua, e la Keesmann Bock, da ottobre a dicembre.
La stagione è quella giusta proprio per quest'ultima, perfettamente dorata e limpida, sormontata da un perfetto "cappello" di schiuma bianchissima, compatta e cremosa, dall'ottima persistenza. 
Nella sua semplicità e pulizia l'aroma offre un bouquet maltratto di mollica di pane e miele, cereali, sentori floreali e una lievissima punta di diacetile che emerge quando la birra si scalda, senza disturbare affatto. Poche bollicine al palato, corpo medio e presenza morbida caratterizzata dalla tipica scorrevolezza e facilità di bevuta della tradizione tedesca. Il gusto ricalca in fotocopia l'aroma sia nel bene che nella lievissima (e trascurabile) nota di diacetile; miele, pane, un accenno biscottato, un morbido tepore etilico che irrobustisce la (dolce) bevuta accompagnandola sino alla chiusura dove l'amaro (erbaceo) ha esclusivamente la funzione di bilanciare senza quasi farsi sentire. Il retrogusto è di nuovo maltato, dolce di miele e delicatamente etilico. Bock pulita, semplice, essenziale e fedele alla tradizione; chiudete gli occhi e collocatela idealmente in una fredda serata d'inverno in una Bierkeller di Bamberga accanto a rumorosi anziani che giocano a carte: la vita frenetica che spesso conduciamo vi sembrerà improvvisamente inutile e priva di ogni fondamento.
Formato: 50 cl., alc. 6.9%, scad. 04/03/2016.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

lunedì 1 febbraio 2016

Mahrs Bräu Pilsner

Risalgono al 1670 le prime notizie documentate sull’esistenza di un birrificio in quello che allora era Wunderburg, un piccolo subborgo di Bamberga. L’area ad est del fiume Regnitz, che giusto per darvi un punto di riferimento  dista un paio di chilometri dalla centrale Dominikanerstraße dove potete bere la famosa Schlenkerla, è oggi a tutti gli effetti parte di Bamberga; nel 1895 Johann Michel acquista la proprietà che si trova al numero 10 di Wunderburg e la corrispettiva “cantina” scavata nella roccia della vicina collina di Stephansberg. Il birrificio esistente, chiamato “Zum Brenner”, viene demolito nel 1908 per far posto alla costruzione in mattoni che potete vedere ancora oggi;  dopo gli inevitabili disagi provocati dalla seconda guerra mondiale, nel 1949 la produzione riparte. Nel 1957 Albert e William Michel ricevono il testimone da Johann e fondano la Mahr's Brau, che nel 1971 passa nelle mani Ingmar Michel, nipote di Johann e  promotore dell’opera di ammodernamento ed ampliamento del 1985. Se vi capita di visitare Bamberga, opzioni ovviamente consigliata dal sottoscritto, potete bere le Mahr’s direttamente alla Gaststube del birrificio, sempre in  Wunderburg 10, dove ovviamente troverete anche l’immancabile Biergarten ad attendervi, dalle 9 di mattina alle 23.30.  In alternativa, avete la Mahr’s Keller al 36 di Obere Stephansberg, all’interno di una delle caratteristiche case a graticcio.  
E mentre la più nota tra le produzioni di Mahr’s rimane ancora la Ungespundet Hefetrüb, una kellerbier non filtrata, oggi versiamo nel bicchiere la Pils della casa: 100% malto Pilsner, luppolatura di Hallertauer Tradition e Hallertauer Hersbrucker. Il primo è un luppolo creato dall’Hopfenforschungszentrum di Hüll e commercializzato per la prima volta nel 1991; fu ottenuto incrociando  Hallertau Mittelfruh , Saaz ed Hallertauer Gold allo scopo di creare una varietà più resistente ai parassiti e ai funghi (Verticillium) che affliggono i campi di luppolo. Il secondo prende invece il nome dall’omonimo distretto (Hersbruck) dell’Hallertau e si diffuse con successo a partire dagli anni ’70, anch’esso grazie alla sua maggior resistenza alle malattie. 
La German Pilsner di Mahr’s si presenta dorata e perfettamente limpida con un compatto cappello di schiuma bianca, fine e cremosa, dall’ottima persistenza. L’aroma è molto pulito, con una buona finezza che permette d’apprezzare i profumi di camomilla, miele millefiori, mollica di pane ed una delicata presenza erbacea. Parametri stilistici rispettati anche al gusto, che riprende in fotocopia l’aroma:  lo stile  - e lo ricordo per i meno esperti - è di quelli che non permettono distrazioni, non ci sono “smodate” quantità di luppolo a coprire eventuali imperfezioni o errori. Le note maltate (crackers, miele, pane e cereali) sono bilanciate dall’amaro erbaceo e leggermente speziato del luppolo "nobile", in un finale abbastanza secco che rinfresca e disseta. Il corpo leggero e un discreto livello di bollicine la rendono scorrevole senza mai essere sfuggente: non ci vogliono molti minuti a terminare questo mezzo litro di Pilsner che svolge il suo compito (dissetare e rinfrescare) con precisione e pulizia, equilibrio e, soprattutto, con un’ottima intensità di gusto ed una discreta fragranza. Il formato in bottiglia – si sa – non è quello ideale e neppure gli spostamenti giovano a queste delicatissime birre ma, in questo caso, anche accontentandosi si riesce ugualmente a godere. 
Formato: 50 cl., alc. 4.9%, scad. 24/03/2016.

NOTA: la descrizione della birre è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglie, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

mercoledì 3 giugno 2015

Mahrs Bräu Kellerbier Ungespundet Hefetrüb


Risalgono al 1670 le prime notizie documentate sull’esistenza di un birrificio in quello che allora era Wunderburg, un piccolo subborgo di Bamberga. L’area ad est del fiume Regnitz, che giusto per darvi un punto di riferimento  dista un paio di chilometri dalla centrale Dominikanerstraße dove potete bere la famosa Schlenkerla, è oggi a tutti gli effetti parte di Bamberga; nel 1895 Johann Michel acquista la proprietà che si trova al numero 10 di Wunderburg e la corrispettiva “cantina” scavata nella roccia della vicina collina di Stephansberg. Il birrificio esistente, chiamato “Zum Brenner”, viene demolito nel 1908 per far posto alla costruzione in mattoni che potete vedere ancora oggi;  dopo gli inevitabili disagi provocati dalla seconda guerra mondiale, nel 1949 la produzione riparte. Nel 1957 Albert e William Michel ricevono il testimone da Johann e fondano la Mahr's Brau, che nel 1971 passa nelle mani Ingmar Michel, nipote di Johann e  promotore dell’opera di ammodernamento ed ampliamento del 1985. 
Se vi capita di visitare Bamberga, opzione caldamente consigliata dal sottoscritto, potete bere le Mahr’s direttamente alla Gaststube del birrificio, sempre in  Wunderburg 10, dove ovviamente troverete anche l’immancabile Biergarten ad attendervi, dalle 9 di mattina alle 23.30. 
La più nota tra le produzioni di Mahr’s rimane ancora la Ungespundet Hefetrüb, una kellerbier non filtrata e quindi “torbida” (Hefetrüb) meglio nota semplicemente coma  “U”.  La lettera si riferisce al termine tedesco Ungespundet, che sta ad indicare una maturazione avvenuta in un fermentatore non pressurizzato, al fine di ottenere una birra dalla carbonatazione contenuta e dalle bollicine più fini. La ricetta, oltre al lievito della casa, prevede malti Pale, Munich ed una luppolatura di Northern Brewer e  Hallertau Tradition; la maturazione avviene per otto settimane. Per ordinarla in loco, vi basterà pronunciare due lettere: “A” (Ein) e “U” (Ungespundet), e avrete subito tra le mani mezzo litro di questa kellerbier che viene ancora servita dai barili di legno.
Il suo colore è tra l’ambrato ed il ramato opaco, con qualche riflesso dorato e verdognolo: la schiuma, compatta e cremosa, è bianca ed ha una buona persistenza. Naso piuttosto elegante e pulito, nella sua semplicità: camomilla, crosta di pane, sentori erbacei e di miele. In bocca mi sorprende un po' per la quantità un po' alta di bollicine, mentre il corpo è tra il medio ed il leggero, con la scorrevolezza e la facilità di bevuta caratteristica della tradizione tedesca. In una birra così semplice, quasi nuda, non ci sono scappatoie o trucchi a cui ricorrere, come le abbondantissime luppolature: il più piccolo errore viene subito a galla. Pulizia, equilibrio e fragranza devono essere i pilastri fondamentali e questa "U" è un ottimo esempio di tutto ciò: c'è una bella freschezza dei malti con il sapore del pane appena sfornato, dei cereali, dal biscotto e del miele, a comporre una delicata dolcezza che viene poi bilanciata nel finale da una nota amara (pane tostato) appena accennata. La delicata luppolatura pulisce rapidamente il palato che non rimane troppo in compagnia del dolce ed è subito voglioso di un altro sorso: il bilanciamento è praticamente è il DNA di una birra che si rivela essere una silenziosa compagna di lunghe serate. E' sempre lì ad aspettarti, senza richiedere attenzione ma pronta a darti soddisfazione ad ogni sorso, ad ogni boccata, ad ogni bicchiere.
Formato: 50 cl., alc. 5,2%, IBU 36 ?, scad. 17/09/2015.

NOTA: la descrizione della birre è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglie, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale dei birrifici.

martedì 18 febbraio 2014

Aecht Schlenkerla Eiche Doppelbock

Schlenkerla si identifica per tutti (o quasi) i birrofili con la Rauchbier Märzen che viene prodotta dal birrificio Heller di Bamberga tutto l’anno. Diverso il discorso per la “succosa” Doppelbock, per esteso Aecht Schlenkerla Eiche Doppelbock, che viene invece prodotta solamente una volta l’anno e resa disponibile, di solito a metà dicembre, alla taverna nella bella casa a graticcio della centrale Dominikanerstraße di Bamberga. Ai distributori viene chiaramente spedita un po’ prima, in modo da arrivare nei pub e nei negozi nel mese di Dicembre. Come la Märzen, anche la Doppelbock viene prodotta con malti affumicati; la parola  tedesca “Eiche” indica che per questa birra il legno utilizzato per l’affumicatura è di quercia, e non di faggio come per le altre Schlenkerla. Il birrificio spiega come l’utilizzo della quercia, oltre a conferire alla birra ovviamente un differente profilo affumicato, ha anche un significato simbolico: mentre il faggio, ampiamente diffuso nelle foreste tedesche, era solitamente utilizzato come combustibile, il duro legno di quercia veniva invece soprattutto impiegato nelle costruzioni edili e navali. Le ghiande inoltre costituivano un prezioso alimento sia per gli animali che per gli uomini; raramente le querce venivano abbattute per altri scopi e, quando avveniva, era solamente per rare occasioni speciali. Il luppolo utilizzato proviene dalla regione dell’Halleratu (dovrebbe essere Hallertauer Mittelfrüh) e la birra matura per alcuni mesi nelle cantine del birrificio Heller. 
Doppelbock natalizia, quindi, dal limpido color ambrato carico, con riflessi ramati; si formano un paio di dita di schiuma color ocra, fine e cremosa, dalla discreta persistenza. L’affumicatura al naso è netta e dominante: aroma (quasi “grasso”) di pancetta affumicata, legno, carne, caramello. Ottima pulizia, grande intensità, per un naso che supera in ricchezza (ed in “grassezza”) quello della più diffusa Märzen. Se l’aroma è ricco, il gusto non è da meno, anzi: caramello, qualche lieve tostatura, frutta secca, legno, miele, biscotto al burro ma soprattutto tanta carne affumicata; man mano che la birra si scalda emerge anche qualche nota di dattero. E’ una gustosa birra da pasto che tuttavia potrebbe rappresentare essa stessa un gustoso pasto, se non fosse così subdolamente facile da ingurgitare: l’alcool (8%) è mascherato benissimo, il corpo è medio-leggero e la carbonatazione è modesta; un pericoloso mix di elementi che fanno scorrere molto più rapidamente del dovuto questo mezzo litro di Doppelbock.  Chiude ovviamente affumicata, ma c’è di più: mandorla amara e lieve warming etilico, che riscalda, soddisfa e rallegra. Non c’è molto altro da dire, è una splendida birra da bere e ribere senza mai pentirsene; peccato che la festa finisca troppo presto e che, anche facendone scorta, dovrete restarne senza da Agosto (data della scadenza) sino al prossimo Dicembre . 
Formato: 50 cl., alc. 8%, IBU 40, scad. 08/2014

domenica 20 ottobre 2013

Aecht Schlenkerla Rauchbier Märzen

Quasi non ce n'eravamo accorti della sua mancanza su queste pagine: poco male, recuperata una bottiglia ed eccoci a colmare la lacuna di una birra bevuta molte volte ma non ancora "ufficializzata" sul blog. Il birrificio è la Brauerei Heller, nella splendida Bamberga (Franconia), ma per tutti lei è semplicemente Schlenkerla, la birra affumicata per eccellenza o, se preferite, il benchmark per ogni Rauchbier. Tappa obbligatoria, almeno una volta nella vita per qualsiasi birrofilo, è il brewpub nella bella casa a graticcio della centrale Dominikanerstraße 6, un locale molto frequentato nel quale personalmente non sono mai riuscito a mangiare seduto ad un tavolo, nonostante diversi tentativi sia a pranzo che a cena, causa sovraffollamento (mi sono perso qualcosa d'eccellente?). La più nota e la più diffusa è la Märzen che vi presentiamo oggi, ma esiste anche una Weizen ed altre sei versioni (Helles, Urbock, Doppelbock, etc..), tutte affumicate. Numerosi i proprietari che si sono succeduti al timone del birrificio, trovate qui la lista completa. Da sei generazioni nelle mani della famiglia Trum, ma il proprietario più famoso rimane senza dubbio Andreas Graser (1877-1906): dobbiamo a lui il nome Schlenkerla, indicativo della sua andatura zoppicante a causa di un incidente. Schlenkern è una vecchia parola tedesca che indica una camminata non esattamente diritta, simile a quella di un ubriaco, alla quale si aggiunge il suffisso "-la" del dialetto della Franconia. Il tipico affumicato di questa birra viene ottenuto grazie all'affumicatura di malti con legno di faggio.
Il suo colore è un bel mogano con riflessi rosso rubino; la schiuma, di colore beige chiaro, è fine e cremosa, dalla buona persistenza. Il naso è ovviamente il palcoscenico ideale per il trionfo dell'affumicato; restando in Germania, l'impressione è quella di annusare una fetta di Schwarzwaldschincken (il prosciutto affumicato della Foresta Nera). In Italia il paragone, più che con lo speck, è con una più grassa fetta di pancetta affumicata. Più in secondo piano ci sono sentori di tostatura, cenere, terra e pelle, cuoio. Gradevolissima e morbida in bocca, poco carbonata, corpo medio. L'affumicato si fa per un attimo da parte, lasciando la scena al caramello, alle tostature e ad un bel finale amaro dove c'è anche spazio per una nota di caffè e di cioccolato amaro; solo quando il cerchio si chiude, nel retrogusto,  c'è un ritorno di affumicato e di terroso. Un classico senza tempo, birra pulitissima, sempre gustosa, facile da bere e godibilissima. Bottiglia prossima alla scadenza, ma ancora in buona forma. Estremamente versatile, potete fare di lei (quasi) una session beer da conversazione, una birra da tavola o anche gustarvela più lentamente dopocena. 
Formato: 50 cl., alc. 5.1%, IBU 30, scad. 12/2013, pagata 3.29 Euro (supermercato, Italia).