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giovedì 31 maggio 2018

Northern Monk / Other Half / Equilibrium Patrons Project 13.01 Infinity Vortex

Una parte della craft beer vive di facili entusiasmi e di mode che consumano una novità dietro l’altra a ritmo sempre più veloce. La domanda alla quale i birrifici di tendenza sono chiamati a rispondere non è “che cosa c’è di buono?” ma  “che cosa c’è di nuovo?”. Leggere varianti della stessa ricetta, limited edition e collaborazioni con altri birrifici sono lo strumento ideale per soddisfare le richieste del mercato e, contemporaneamente, guidarne le tendenze: nuove belle etichette, meglio se appiccicate su di una lattina, ed il prodotto è servito. 
Fortunatamente non tutta la birra è questo, ma è innegabile che questo muova una buona parte di business: i social network sono  lo strumento ideale per propagare rapidamente le nuove birre generando subito la corsa all’acquisto da parte di chi vuole seguire la moda. In Europa ancora non abbiamo raggiunto alcuni eccessi della scena craft statunitense, nella quale centinaia di persone si mettono in coda davanti ad un birrificio la notte prima della release di una nuova birra. O pagano persone (i “muli”) per farlo. Spesso acquistano birre che neppure berranno solamente per venderle a prezzi maggiorati sul mercato secondario. 
Non è dunque questo quello che è accaduto all’uscita di una delle ultime birre del birrificio inglese Northern Monk: l’entusiasmo dei beergeeks sui social network ha tuttavia contribuito a farne esaurire rapidamente le scorte in tutta Europa e anche l’Italia, nel suo piccolo, ha in parte contribuito. Del progetto Patrons Project di Northern Monk avevamo già parlato in questa occasione, così come del festival Hop City che il birrificio di Leeds organizza ogni anno. 
Ed è proprio all’ultima edizione di questo festival che si è materializzata questa collaborazione a sei mani chiamata  Infinity Vortex: tra gli invitati alla Hop City 2018 vi erano infatti i birrifici americani Other Half ed Equilibrium. Northern Monk ed Other Half avevano già collaborato nel 2017 realizzando con ciliegie e caffè l’imperial porter Leeds Lurking ma questa volta vogliono produrre qualcosa di luppolato. Nasce così la una DDH IPA (ovviamente New England style) nella quale sono protagonisti luppoli Citra (30 g/l), El Dorado e Cashmere. La splendida etichetta è realizzata dall’artista di strada polacco Tankpetrol che aveva già lavorato alla grafica della IPA Projects 2.03 City of Industry.

La birra.
Protocollo New England / Juicy rispettato: nel bicchiere ricorda un torbido succo e di frutta e la schiuma, un po’ scomposta, è rapida a dissolversi. L’aroma è fresco ed esplosivo ma come spesso accade con queste birre l’eleganza lascia un po’ a desiderare: c’è comunque quanto basta per restare piacevolmente sorpresi. Tanto ananas, un po’ di mango, forse passion fruit, pompelmo zuccherato. Al palato c’è quella sensazione chewy (masticabile) tipica delle NEIPA: morbida al palato, poche bollicine, gradevole ma ovviamente un po’ penalizzata per quel che riguarda la scorrevolezza.  La bevuta è perfettamente coerente con l’aroma, un succo di frutta all’ananas nel quale fa capolino un po’ di mango e di pompelmo; nel finale c’è un amaro resinoso di breve durata, ma dall’intensità un po’ superiore a quello solitamente riscontrato nelle NEIPA. E’ qui che viene a galla qualche problemino, con qualche nota vegetale che “raschia” un pochino in gola mescolandosi al lieve tepore etilico (7.4%). Niente di drammatico, sia chiaro, ma impossibile negarne la presenza. 
Questa Infinity Vortex  anglo-americana non suscita in me grandi entusiasmi ma è indubbiamente un’ottima bevuta se siete amanti dello stile: pulizia ed eleganza non sono encomiabili ma ho sinceramente visto molto di peggio in questo tipo di birre. Facile da bere, o meglio da sorseggiare, ma non al livello di alcune NEIPA americane che mi è capitato di bere recentemente: quelle di Old Nation e proprio quelle di Equilibrium coinvolto anche in questa ricetta.
Formato 44 cl., alc. 7.4%, lotto SYD 116/117, scad. 01/08/2018, prezzo indicativo 8.00-9.00 euro (beershop).

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

venerdì 18 maggio 2018

Northern Monk / Alefarm Patrons Project 7.01 DDH Saison

Rieccoci a parlare di Northern Monk, birrificio di Leeds fondato  da Russell Bisset, guidato dal birraio Brian Dickinson e diventato rapidamente una delle realtà più apprezzate del Regno Unito, ovviamente tra coloro che seguono le tendenze birrarie.  Tra queste vi è senz’altro il Patrons Project inaugurato a luglio 2016: un progetto che chiama a collaborare non solo altri birrifici ma anche artisti, grafici, fotografi e che riguarda non solo quello che c’è dentro alle lattine ma anche quello che viene incollato su di esse.  Il contenitore di latta è un vero e proprio supporto fisico per l’esposizione dei lavori artistici e Northern Monk annuncia orgoglioso di essere il primo birrificio ad utilizzare etichette del tipo “peel and reveal” realizzate dalla CS Labels. In pratica sulla lattina vi sono due etichette incollate l’una sull’altra: su quella esterna viene dato il massimo spazio possibile alla grafica e sul suo retro vengono fornite informazioni sull’artista che ha partecipato alla collaborazione. Dopo aver rimosso questa prima etichetta ne viene rivelata un’altra con il logo del birrificio e informazioni “tecniche” sulla birra. 
Tra i birrifici coinvolti ci sono anche i danesi di Alefarm che avevamo incontrato in questa occasione. Alefarm fu invitato da Northern Monk a partecipare al festival Hop City 2017 di Leeds e quella fu l’occasione per discutere i dettagli di una collaborazione che si è poi concretizzata qualche mese dopo. Le Saison/Farmhouse Ales sono tra le produzioni più apprezzate di Alefarm e i due birrifici hanno scelto di proseguire in questa direzione con alcune libere interpretazioni dello stile.  Il Patrons Project 7.01, disponibile da marzo 2017, è una DDH Saison seguita a breve distanza dal 7.02 Peach Vanilla Saison e dal 7.03 Blueberry Wild Ale.

La birra.
Qualche anno fa spopolavano le IPA “normali” e il concetto di IPA iniziò ad essere rielaborato in (quasi) ogni possibile declinazione; se ricordate, ci furono molti esempi di “India Saison”, birre dove si cercava di far convivere una generosa luppolatura (e un generoso amaro) con il carattere rustico e belga di una saison. Ora l’amaro non va molto più di moda e le parole di tendenza sono “haze”, “juicy”, “DDH-Double Dry Hopping” e “New England”: parole che anche questa volta si cercano di applicare ad ogni altro stile. 
Il Patrons Project 7.01 consiste proprio nella realizzazione di una DDH Saison o, come scritto sulla seconda etichetta della lattina, in una New England Saison: in concreto significa utilizzare 6 diverse varietà di malto, abbondanti quantità di frumento, avena e farro, lievito WLP565 e ovviamente una generosa quantità di Galaxy, Citra e Mosaic. La parte grafica è invece stata affidata al fotografo Esben Bøg Jensen: a lui il compito di interpretare visivamente il concetto di New England Saison...  fotografando un gruppo di felci. 
Il suo colore torbido e arancio pallido potrebbe effettivamente rappresentare il punto d’incontro tra il New England e una saison “vecchio stile”, di quelle prodotte nelle fattorie della Vallonia nel diciannovesimo secolo per dissetare i braccianti agricoli: la schiuma generosa e compatta ha un’ottima persistenza. Nonostante la definizione di New England Saison mi faccia venire la pelle d’oca devo dire che l’aroma è interessante e tutto sommato centrato:  si avverte l’effetto del Double Dry Hopping con una macedonia composta da soprattutto da agrumi (lime, limone, arancia) e qualche accenno di frutta tropicale. Al suo fianco profumi di paglia, crackers e pane, fiori bianchi, una delicata speziatura e tutto sommato un discreto carattere rustico. L’inizio è promettente ma la bevuta non mantiene purtroppo le aspettative, a partire da una sensazione palatale leggermente cremosa (NEIPA style) che si scontra un po’ con le vivaci bollicine di una saison: la scorrevolezza è un po’ penalizzata. E’ una saison alla quale manca secchezza e che mostra un residuo zuccherino un po’ troppo ingombrante con il risultato di essere meno dissetante e rinfrescante del dovuto: pane e crackers, un po’ di agrumi e una delicata nota di pepe formano una bevuta leggermente rustica ma completamente priva di quel succo di frutta che il riferimento al New England farebbe supporre. Il percorso termina con un finale terroso, delicatamente amaro ma è un esperimento riuscito solo a metà. Bene l’aroma, dove effettivamente s’avvertono le due componenti dichiarate in etichette, un po’ deludente il gusto, poco incisivo, meno definito: la birra non è affatto male ed è tutto sommato gradevole, ma l’obiettivo dichiarato non mi pare sia stato raggiunto. 
Al di là dell’utilizzo dell’acronimo DDH, tanto di moda oggi, ci sono esempi molto più godibili di saison “moderne”, abbondantemente luppolate e fruttate, nonché molto più secche di questa, che non hanno bisogno di scomodare il New England e che si trovano anche vicino a casa nostra. Su queste vado a memoria: Strelka di Muttnik, Abiura di Bruton e ovviamente le Extraomnes Hond.erd e Wallonië.
Formato 44 cl., alc. 7%, IBU 20, lotto SYD0105 (?), scad. 22/06/2018, prezzo indicativo 6.00-7.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

mercoledì 21 marzo 2018

Northern Monk / Verdant / Deya / YCH Hops Hop City DIPA

Per il secondo anno consecutivo nei giorni che precedono il weekend di Pasqua, a Leeds si tiene il festival Hop City organizzato dal birrificio Northern Monk ed ospitato nei propri locali. Da giovedì 29 a sabato 31 marzo trenta birrifici provenienti da tutto il mondo faranno felici appassionati beergeeks e semplici bevitori. Il biglietto d’ingresso, che vi dà diritto solamente ad un bicchiere per la degustazione, è fissato a 16.79 sterline: due le sessioni previste per ogni giornata del festival, una mattiniera  (11:30-16) e una serale (18-22:30). Il festival è ovviamente dedicato al luppolo: se volete bere altro è meglio che attendiate l'evento Dark City che si tiene in autunno.
Duemilacinquecento i tagliandi disponibili per poter accedere ad un’offerta di 88 birre prodotte trentatré birrifici dislocati in tutto il mondo: oltre alle birre di casa di Northern Monk saranno presenti  Foam Brewers, Other Half, Bissell Brothers, Fuerst Wiacek, Mikkeller, Stigbergets, Dry & Bitter, Omnipollo, Seven Island Brewery, Equilibrium, Zapato, Burning Sky,  Brew By Numbers, Cloudwater, Magic Rock, Siren, Verdant, Track, Wylam, Beavertown, Buxton, Stone, Five Points, Fourpure, Burn Mill, Whiplash, Left Handed Giant, DEYA, Legitimate Industries, Wilde Child, Ridgeside  e Saltaire.  L’Italia è ancora una volta assente. 
Anche nel 2018 Northern Monk ha prodotto la birra “ufficiale” del festival, ovviamente chiamata Hop City; non sono riuscito a capire se si tratti di una riedizione di quella fatta per l’edizione 2017 o se i tratti di una nuova ricetta. La lattina è rivestita dalla bella “doppia etichetta apribile” realizzata dalla Jon Simmons Design & Illustration: sul lato esterno un enorme sole a forma di cono di luppolo irradia Leeds, sollevandolo troverete una seconda etichetta che riporta tutte le informazioni sul festival:  birrifici presente, mappa e date.

La birra.
I birrifici Northern Monk, Verdant, Deya e la Yakima Chief – Hopunion, noto fornitore amercano di luppolo, hanno collaborato per realizzare una Double IPA (8.4%) prodotta con Citra, Amarillo, Mosaic (cryo pellets) e una varietà sperimentale nominata HBC 438; oltre al malto sono stati utilizzati frumento maltato e avena. Ha iniziato ad essere distribuita alla metà di febbraio.  
Il suo colore è arancio pallido, opaco: la schiuma biancastra è cremosa e compatta ed ha un’ottima persistenza. L’aroma, valorizzato dalla gioventù anagrafica della lattina, è intenso e pulito: ananas, mango, cedro, pompelmo e mandarino sono accompagnati da quel “dank” che ricorda tanto la cannabis.  Sebbene molto gradevole, il bouquet non è tuttavia un manifesto d’eleganza e i vari elementi potrebbero essere più definiti. La sensazione palatale è ottima e molto gradevole: c’è una leggera cremosità che non sconfina in quegli eccessi  che riducono la velocità di bevuta. Aspetto e mouthfeel guardano al New England ma nel bicchiere io ci trovo un bel pezzo di West Coast: un tocco maltato in sottofondo (pane, biscotto)  e un bel profilo fruttato nel quale trovano posto ananas, pompelmo, mandarino, forse mango. L’alcool è piuttosto ben nascosto e questa Double IPA scorre con pericolosa facilità; chiude con una bella secchezza e un amaro resinoso/dank abbastanza intenso ma di breve durata, pronto a lasciare subito spazio ad un retrogusto “piacione” di frutta tropicale e  ad un lieve alcool warming. Non è esplosiva e potrebbe essere più definita in alcuni passaggi ma questa Hop City viaggia su alti livelli: pulita e fresca, intensa ma ben equilibrata, non scade in inutili manierismi ed estremismi privilegiando la facilità di bevuta.
Che l’Hop City 2018 abbia inizio, per chi ha la fortuna d’andarci.
Formato 44 cl., alc. 8.4%, IBU 25, lotto SYD090/091, scad. 30/06/2018

NOTA:  la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio della bottiglia in questione e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

martedì 30 gennaio 2018

Northern Monk / De Molen Dark City

Lo scorso novembre 2017 il birrificio inglese Northern Monk ha organizzato presso i propri locali di Leeds l’evento “Dark City” dedicato ovviamente a birre di colore “scuro” come stout, porter e black IPA. Questo mini festival è stato il seguito di Hop City, dedicato alle birre luppolate, che il birrificio aveva messo in piedi in aprile. 
Nel corso di due giornate è stato possibile assaggiare oltre 80 birre prodotte da diversi birrifici di tutto il mondo, accompagnati da musica heavy metal, DJ set e alcuni concerti. Due le sessioni disponibili nelle giornate di venerdì e sabato, da mezzogiorno alle 16.30 e dalle 18 alle 23.30. Quindici sterline il costo del biglietto (diciotto per la sessione del sabato sera)  al quale dovevate poi aggiungere 2,80 sterline per l’acquisto di ogni gettone. Non sono riuscito a recuperare la lista ufficiale delle birre disponibili ma potete farvene un’idea utilizzando la pagina dell’evento creata su Untappd. Oltre ai padroni di casa di Northern Monk erano presenti birre di Cloudwater, Siren, Wylam, Magic Rock, Brew By Numbers, Marble, Mikkeller, Lervig, Dry & Bitter, Kernel, Left Handed Giant, Anspach & Hobday, Dugges, Kirkstall, Hawkshead, Old Chimney, De Molen, Amundsen, Omnipollo e 18th Street. La media della gradazione alcolica delle birre servite? 9%| 
Per l’occasione Northern Monk ha realizzato assieme agli olandesi De Molen la birra ufficiale del festival, ovviamente una (robust milk) stout, chiamata Dark City: lattosio ed avena hanno il compito di donare un mouthfeel denso e cremoso ad una ricetta che si basa su malto inglese Maris Otter al quale sono affiancati Chocolate, Monaco e tre varietà di Crystal. Molto bella la doppia etichetta, apribile come le ante di un armadietto, attaccata sulla lattina: al di sotto della prima troverete tutte le informazioni sul festival e una piccola mappa con le indicazioni stradali per raggiungerlo.

La birra. 
Nel bicchiere non è completamente nera, ma poco ci manca: la schiuma è cremosa, abbastanza compatta e mostra una buona persistenza. Nonostante la ricetta non preveda l’utilizzo di caffè, l’aroma è dominato da eleganti profumi di caffè macinato. Ad affiancarlo non c’è però molto altro: orzo tostato, qualche ricordo di tabacco e di esteri fruttati che suggeriscono i frutti di bosco “scuri”, ma la loro presenza è molto debole.  Il mouthfeel è effettivamente abbastanza morbido e cremoso, ma il gusto non lo valorizza risultando un po’ legato tra le sue componenti: c’è una parte densa e dolce in sottofondo (caramello, cioccolato al latte) sulla cui superficie viaggia - quasi su di un binario parallelo -  l’amaro del caffè e delle tostature. L’intensità dei sapori è buona ma manca un po’ di amalgama: l’amaro è praticamente assente e a fine corsa c’è un piccolo vuoto che andrebbe riempito con qualcosa, magari con un po’ di quel calore etilico (7.4%) che è invece molto, troppo nascosto. Una milk stout robusta e nel complesso discreta, ma un po’ irrisolta: il gusto è meno pulito e definito dell’aroma, l’aroma è meno ricco e intenso del gusto. Se si riuscisse a raggiungere uniformità, questa Dark City farebbe un indiscutibile salto di qualità.
Formato: 44 cl., alc. 7.4%, IBU 15, lotto 523, scad. 20/04/2018, prezzo indicativo  6.50 Euro  (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

mercoledì 17 gennaio 2018

Northern Monk Heathen IPA

Tra le più belle sorprese del 2017 c’è stata senz’altro Northern Monk, birrificio attivo a Leeds dal 2013 e, dal 2016, importato anche in Italia almeno per quel che riguarda le birre “basiche”, quelle prodotte tutto l’anno. Nel periodo 2014-2016 la produzione Northern Monk è aumentata dal 750%, grazie all’aggiunta di nuovi fermentatori e un bollitore da 11 ettolitri in funzione sei giorni su sette: è già operativo un piano di espansione che prevede la messa in funzione di un nuovo impianto da 35 ettolitri ed altri fermentatori da posizionare in un secondo magazzino a pochi metri di distanza dallo splendido edificio in mattoni chiamato The Old Flax Store dove attualmente si trovano birrificio, taproom e spazio eventi. 
Le quattro lattine prodotte regolarmente (Eternal Session IPA,  New World IPA, Mocha Porter, Bombay Dazzler Indian Wit) sono affiancate da altrettante produzioni stagionali (Heathen IPA, Neopolitan Ice Cream Pale Ale, 822™ Double IPA, Strannik™ Russian Imperial Stout) e da varianti sul genere (Double Heathen IPA, Mango Lassi Heathen IPA, Black Forest Strannik Imperial Stout, Festive Star Christmas Mocha Porter). La gamma si completa poi con le molte collaborazioni realizzate sotto il nome di Patrons Project.

La birra.
Il sito internet di Northern Monk la include tra le produzioni stagionali ma sulla lattina viene riportata la scritta “core”, ossia prodotta tutto l’anno. E’ probabile che il suo successo abbia convinto il birrificio a produrla non soltanto nei mesi estivi: ha debuttato nel giugno 2016. Parliamo della Heathen IPA, definita una “Citra India Pale Ale” ma questo luppolo americano è utilizzato solamente in dry-hopping (16 kg utilizzati in tre diversi momenti); in verità nella fase di bollitura vengono anche impiegate piccole quantità di altre varietà non specificate di luppoli inglesi e americani. 
Il risultato non è dichiaratamente New England ma la birra si presenta nel bicchiere di un color oro/arancio piuttosto opalescente; la schiuma biancastra è cremosa e abbastanza compatta, con una buona persistenza. Al naso c’è una bella macedonia tropicale composta dai soliti elementi: pompelmo e arancia, mango e ananas, un po’ di passion fruit. L’intensità è buona,  il bouquet è gradevole ma pulizia e finezza potrebbero essere migliori.  Ottima invece la sensazione palatale, morbidissima, vellutata, a tratti quasi impalpabile, senz’altro memorabile: merito dell’avena. La bevuta è ovviamente dominata dal dolce della frutta tropicale che quasi eclissa la componente maltata (pane): mango e ananas guidano le danze, in sottofondo c’è una ulteriore patina dolce che alla cieca mi farebbe scommettere sull’utilizzo di lattosio che non è tuttavia specificato tra gli ingredienti.  La chiusura amara, resinosa, è di modesta intensità e breve durata, l’alcool (7.2%) è abbastanza ben nascosto e scorrevolezza è piuttosto buona. 
La Heathen di Northern Monk è una IPA che guarda da vicino la tendenza del “juicy” senza tuttavia restarne schiava: il succo di frutta c’è ma è accompagnato anche da un po’ d’amaro. La bevuta è intensa e piuttosto godibile ma non troppo pulita e definita, con ampi margini di miglioramento per quel che riguarda finezza ed eleganza. Anche sul versante della freschezza c’è già qualche segno di cedimento, non credo che la lattina possa arrivare alla data di scadenza indicata di agosto 2018.  
Formato 44 cl., alc. 7.2%, IBU 30, lotto SYD046, scad. 25/08/2018.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

lunedì 11 dicembre 2017

Northern Monk: Patrons Projects 6.03 Slamdank & Patrons Projects 2.03 City of Industry

Torno con piacere a parlare di Northern Monk, birrificio di Leeds che avevamo incontrato per la prima volta un anno fa. Russell Bisset ne è il fondatore e Brian Dickinson il birraio alla guida di una delle realtà più interessanti della scena brassicola inglese “moderna”:  quattro lattine prodotte regolarmente (Eternal Session IPA,  New World IPA, Mocha Porter, Bombay Dazzler Indian Wit) sono affiancate da un numero sempre più crescente di produzioni occasionali, speciali e collaborazioni, per offrire agli appassionati sempre qualcosa di nuovo da bere.  Nel periodo 2014-2016 la produzione Northern Monk è aumentata dal 750%, grazie all’aggiunta di nuovi fermentatori e un bollitore da 11 ettolitri in funzione sei giorni su sette: è già operativo un piano di espansione che prevede la messa in funzione di un impianto da 35 ettolitri ed altri fermentatori da posizionare in un nuovo magazzino a pochi metri di distanza dallo splendido edificio in mattoni chiamato The Old Flax Store dove attualmente si trovano birrificio, taproom e spazio eventi di Northern Monk. 
A luglio 2016 il birrificio ha inaugurato il Patrons Project, ovvero una serie di collaborazioni con artisti, atleti e talenti creativi di Leeds: un progetto che non coinvolge quello che c’è dentro alle lattine ma quello che viene incollato su di esse fuori. In questo caso il contenitore di latta è un vero e proprio supporto fisico per l’esposizione dei lavori artistici; a questo proposito Northern Monk annuncia orgoglioso di essere il primo birrificio ad utilizzare etichette del tipo “peel and reveal” realizzate dalla CS Labels. In pratica sulla lattina vi sono due etichette incollate l’una sull’altra: su quella esterna viene dato il massimo spazio possibile alla grafica e sul suo retro vengono fornite informazioni sull’artista che ha partecipato alla collaborazione. Dopo aver rimosso questa prima etichetta ne viene rivelata un’altra con il logo del birrificio e informazioni “tecniche” sulla birra.

l Patrons Project è stato inaugurato nel 2016 con la Raw Emotions Coffee Porter realizzata in collaborazione con il fotografo di Leeds Tom Joy: tre birre diverse le cui lattine hanno ospitato una sorta di mini “mostra” personale dell’artista.

Le birre.
Vediamo due delle più recenti collaborazioni; partiamo dalla Patrons Projects 6.03 Slamdank, uscita all’inizio di ottobre e realizzata assieme al designer Jon Simmons. L’artista è in realtà un collaboratore di Northern Monk da lunga data, avendo già curato alcune etichette, il merchandising e tutte le grafiche per il festival The Hop City organizzato ad aprile 2017 nel quale si potevano assaggiare, oltre alle birre di numerosi birrifici inglesi (Cloudwater, Deya, Verdant, Kernel, Siren..)  anche quelle di The Alchemist e Other Half. 
La birra Slamdank fa il verso al famoso manga giapponese ambientato nel mondo della pallacanestro liceale con una splendida etichetta nella quale due cestisti si contendono un pallone/cono di luppolo. Si tratta di una West Coast IPA reinterpretata in un’ottica New England: i luppoli vengono quindi utilizzati in bollitura per regalare un po’ di amaro a bilanciare il solito succo di frutta. Nello specifico parliamo di Simcoe, Amarillo, Citra, Mosaic e Columbus. 
Nel bicchiere è di un bel dorato opalescente e forma una cremosa testa di schiuma biancastra, abbastanza compatta. Nonostante siano passati poco più di due mesi dalla messa in lattina l’aroma non mi sembra all’apice della fragranza, ma c’è comunque un soddisfacente bouquet di pino e resina, pompelmo e frutta tropicale in sottofondo, qualche accenno “dank”. La sensazione palatale è ottima: birra che scorre senza intoppi con una leggera cremosità che non arriva agli eccessi di una NEIPA. Al palato è di fatto una West Coast IPA con la sua base maltata leggera (pane e miele), il suo tocco di frutta tropicale, il pompelmo un amaro di buona intensità (solo 20 le IBU dichiarate?) resinoso e pungente, nel quale il "dank/cannabis" era forse più evidente qualche settimana fa. Una IPA pulita, davvero ben fatta, intensa ma facile da bere: un palato "allenato" (o rompiscatole) non può non notare il precoce calo di fragranza a soli due mesi dalla nascita, ma è un dettaglio sul quale si può tranquillamente soprassedere. In gola l'amaro lascia un altrettanto piccolo "raschietto vegetale": è lieve, ma c'è. Trattandosi di una West Coast IPA, mi chiedo se non era possibile proprio eliminarlo anche a costo di sacrificare l'aspetto "hazy/opalescente": alla moda forse no, ma alla birra avrebbe sicuramente giovato.

City of Industry è una delle ultima Patrons Project realizzata da Northern Monk alla metà di ottobre; una sorta di tributo al passato di Leeds, un tempo nota come "la città delle mille aziende. L'edificio in qui si trova il birrificio, nella zona di Holbeck, era utilizzato nel diciannovesimo secolo come un deposito di lino. Alle grafiche hanno collaborato  gli artisti di strada Nomad Clan e Tank Petrol; il primo è divenuto famoso per aver dipinto a Leeds il più grande murale di tutto il Regno Unito. Quello che vedete in etichetta non è altro che la riproduzione fotografica di un grande murale che i due artisti hanno dipinto su di un muro adiacente al birrificio. I luppoli utilizzati per questa Double Dry Hopped IPA sono stati Amarillo, Citra, Mosaic e Simcoe; al frumento e ai fiocchi d'avena il compito di rendere il mouthfeel cremoso. 
Si presenta molto torbida, di colore arancio pallido e con una testa di schiuma cremosa e abbastanza compatta, dalla buona persistenza. Nessuna sorpresa al naso; succo di frutta doveva essere e succo di frutta è. Ananas, mango e papaia, pompelmo e mandarino sono i frutti scelti: pulizia, intensità e finezza sono soddisfacenti. Il gusto ripropone lo stesso scenario con una pulizia leggermente minore ma amplificandone l'intensità. E' un succo di frutta tropicale con qualche incursione agrumata e un finale amaro molto corto e delicato che riduce "l'effetto pellet" davvero ai minimi termini. C'è una bella secchezza, una sensazione palatale davvero cremosa enfatizzata da poche bollicine: il retrogusto è di nuovo un tuffo dolce ai tropici, l'alcool (6.6%) è molto ben nascosto e la bevuta risulta perfettamente rinfrescante e dissetante, anche se procede ad un ritmo compassato. Livello davvero alto, NEIPA molto ben fatta che tiene assolutamente il passo di quelle realizzate da altri birrifici inglese molto più alimentati dall'hype, Cloudwater in primis. Inlattinata solo pochi giorni dopo la Slamdank, risulta sorprendentemente più fragrante senza dare ancora nessun segno di cedimento.
Northern Monk, birrificio in grande crescita: segnarsi il nome sul taccuino e non farsi scappare l'occasione di provarlo. 
Nel dettaglio:
Patrons Projects 6.03 Slamdank, 44 cl., alc. 7,4%, IBU 20, lotto SYD047, scad. 01/2018.
Patrons Projects 2.03 City of Industry, 44 cl., alc. 6.6%, IBU 18, lotto 51, scad. 04/04/2018

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

giovedì 20 ottobre 2016

Northern Monk Northern Star Mocha Porter

Northern Monk Brew Company viene fondata da Russell Bisset nel 2013 a Leeds a coronamento di un percorso iniziato nel 2008 con la scoperta - da bevitore - delle birre della craft beer revolution americana. Insoddisfatto del suo ruolo di Global  Product Manager per una multinazionale nel 2013 lascia il lavoro per mettersi in proprio: Northern Monk debutta come beerfirm a luglio 2013 con una IPA realizzata presso il birrificio The Sparrow di Bradford e continua per sei mesi a produrre presso  terzi. I risultati non soddisfano però completamente Bisset che punta ad avere un birrificio suo; a ottobre del 2013 chiama ad aiutarlo il birraio “part-time” Brian Dickinson (esperienze presso Brodies, Quantum, Blackjack, Redwillow, Thwaites e Darkstar) che entra poi definitivamente in Northern Monk ad ottobre dello stesso anno. 
A marzo del 2014 Bissett annuncia di aver finalmente trovato la location giusta per il proprio birrificio:  è un caratteristico edificio in mattoni rossi e colonne di ferro a Marshall Mill, nella periferia sud di Leeds.  La cittadina dello Yorkshire vede così ricominciare la propria storia brassicola che si era interrotta nel 2011 con la chiusura e la demolizione del birrificio Tetley, acquistato nel 1998 dal gruppo Carlsberg. Al piano terra ci sono gli impianti, al primo piano viene inaugurata dopo qualche mese (novembre 2014) The Refectory ovvero la taproom (aperta dalle  10 alle 23) nella quale viene attivata una cucina gestita dal Grub and Grog Shop di Leeds; al terzo e ultimo piano sarà in futuro inaugurata la Chapter Hall, uno spazio destinato ad ospitare eventi come concerti, sfilate di moda, matrimoni, feste di compleanno e mostre. 
Il  (secondo) debutto di Northern Monk, quello da birrificio, avviene al North Bar di Leeds il 28 agosto 2014; a settembre del 2015 vengono lanciate le prime lattine grazie all’impianto proveniente dalla Wild Goose Canning (Colorado, USA). Riguardo al nome scelto, Bissett dice di riferirsi alla tradizione brassicola monastica inglese, della quale si parla troppo poco: "il Belgio è riconosciuto come la patria dei monaci birrai, ma noi vogliamo omaggiare la nostra tradizione che per migliaia di anni è stata al centro delle nostre comunità". 
Una settantina le birre già prodotte in tre anni scarsi di attività, incluse una quindicina di collaborazioni con birrifici inglese e stranieri: tra i più noi BrewDog ed Against the Grain.

La birra.
Il "monaco del nord" incontra la "stella del nord": ne nasce una "Mocha Porter", ovvero una porter prodotta con chicchi di caffè della torrefazione di Leeds North Star Coffee; la ricetta prevede anche avena, lattosio e cacao in polvere. Si presenta quasi nera e forma un cremoso ma un po' scomposto cappello di schiuma nocciola che mostra un'ottima persistenza. Il naso è pulito, non c'è un'esplosione di profumi ma una bella eleganza nella quale domina il caffè, in chicchi e macinato, accompagnato da cioccolato al latte e lievi tostature; in secondo piano note di cuoio e tabacco, vaniglia. L'ottimo aroma trova corrispondenza al palato con una sensazione palatale molto morbida, a tratti cremosa, che non ostacola affatto la scorrevolezza di una birra dal modesto contenuto alcolico (5.9%) e con pochissime bollicine. Al gusto domina il caffè, ma non è un monologo: dialogano con lui tostature, liquirizia e cacao in polvere, bilanciati dal dolce del caramello e del lattosio che suggerisce panna, forse vaniglia. Molto pulita e bilanciata, chiude con un giusto tributo al caffè in un retrogusto dove una carezza etilica avvolge cioccolato fondente e tabacco; ottima intensità in una porter di livello, molto ben fatta ed elegantemente "decadente". All'interno del bicchiere trovate il dessert ed il caffè che lo segue, per concludere la serata sorridenti e soddisfatti.
Formato: 33 cl., alc. 5.9%, IBU 24, lotto 262, scad. 01/01/2017, prezzo indicativo 4.00/4.50 Euro (beershop).

 NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.