domenica 21 aprile 2013

Duvel

All'incirca negli anni '20 del secolo scorso, tra le due guerre mondiali, Jan Moortgat, proprietario dell'omonimo birrificio commissiona all'esperto Jean de Clerck di Leuven (ricordate? l'avevamo già incontrato qui) l'analisi di una bottiglia di Mc Ewans Export, ovviamente "bottle conditioned"; l'idea era di replicare le scotch ales inglesi che a quel periodo stavano spopolando in Belgio. De Clerck riesce ad isolare il ceppo di lievito (che pare fosse formato dal mix di una dozzina di diversi ceppi di lievito) che Moortgat poi (ri)coltiva in proprio; dopo numerosi esperimenti, nasce una nuova birra, ambrata, che viene inizialmente chiamata Victory Ale, ovviamente per celebrare la recente vittoria sui tedeschi. Nel 1923 la birra viene rinominata Duvel (demonio, in fiammingo); verità o leggenda, il nome deriva dall'esclamazione fatta dal calzolaio Van de Wouwer nel corso di una degustazione a scopo promozionale. Favorevolmente impressionato da quello che stava bevendo, il calzolaio si lasciò sfuggire un "Dit is een echte Duvel!" ("questa è un vero demonio!").  Per lungo tempo questa birra rimane la "bandiera" della Moortgat, ma negli anni '70 il mercato vede il declino delle birre "ambrate" alle quali il pubblico preferisce le "dorate". Di nuovo viene chiamato De Clerck per elaborare la ricetta di una birra che andasse incontro ai nuovi gusti dei consumatori belgi ed olandesi; sino al 1980 la Moortgat aveva all'interno una propria malteria, ed ecco che dopo numerosi tentativi la nuova Duvel riesce ad essere "dorata" come richiesto dal mercato. L'orzo (two row) viene oggi maltato in Francia ed in Belgio (tra 2.5 e 3.5 EBC); al mosto vengono poi aggiunti luppoli Saaz e Styrian Goldings. La fermentazione primaria (tra i 16 ed i 28 gradi) dura 5-6 giorni, dopo di che la birra viene trasferita nei maturatori per tre giorni, dove la temperatura viene abbattuta ad un grado sotto zero. Questa seconda fermentazione dura tre settimane, quindi la temperatura viene ulteriormente abbassata a -3 gradi per far precipitare e compattare il lievito. La Duvel viene quindi filtrata ed imbottigliata con inoculazione di lievito, e messa a riposare a 22 gradi per altre due-tre settimane, nel corso delle quali avviene la terza ed ultima fermentazione. E' di quel periodo (fine anni '60) anche la nascita del classico bicchiere a "tulipano" disegnato appositamente per contenere tutti i trentatré centilitri della bottiglietta; il sito della Duvel riporta che sino a quel periodo non era mai esistito un bicchiere da birra così capiente, in Belgio. Purtroppo il "nostro" tulipano Duvel è andato in frantumi qualche anno fa, e quindi ripieghiamo su un bicchiere leggermente più affusolato, che si riempie di colore oro pallido, solo leggermente velato; immancabile la generosissima e solidissima "testa" di schiuma bianca, molto persistente. L'aroma è pulito e fruttato: apre leggermente "aspro" con note di scorza di limone e di banana acerba, poi emerge qualche sentore floreale, zucchero candito, lievito e, una volta svanita la schiuma, scorza d'arancia ed albicocca sciroppata. In bocca la carbonazione è sostenuta ma molto meno invadente di quanto ci saremmo attesi; il corpo è medio, per una birra vivace che si lascia bere con grande facilità. Il gusto è coerente con l'aroma: agrumi canditi, scorza d'arancio, albicocca, con una dolcezza molto pronunciata che viene però sapientemente bilanciata dalle vivaci bollicine e da un finale abbastanza secco ed amaricante (erbaceo e scorza d'arancio) che ripulisce bene il palato. Chiude lasciando una leggero retrogusto etilico fruttato, ma la presenza dell'alcool (8.5%), nel corso di tutta la bevuta, è sempre (diabolicamente) molto ben nascosta. Formato: 33 cl., alc. 8.5%, IBU circa 30, lotto 1272 1226, scad. 02/2015, prezzo 1.24 Euro (supermercato, Belgio).

5 commenti:

  1. Un grandissimo supremo bicchiere di Birra. Duvel !

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  2. Sai, adoro il tuo blog. Dopo che bevo qualcosa, se sono sufficientemente lucido, mi piace leggere le tue ( o vostre?) recensioni. Splendide. Con la duvel, non so che dire. Erano due anni che non la bevevo, e stasera ne ho approfittato per provarla nuovamente, insieme alla triple hop di quest'anno ( meravigliosa). Che dire ? Ieri sera ho bevuto una 7 hop della rogue che non era freschissima, e da semplice ignorante a cui piace sentire il sapore della birra, continuo a pensare che la rivoluzione americana sia tanto splendida quanto sbilanciata. Cioè, birra pulita, equilibrata wuasi e tecnicamente impeccabile. Ma l'anima delle birre belga, per me, rimane insuperabile. E quando penso ad una birra con anima pensò alla duvel. Ne berrei un altra or ora, e credo chen questo sia un punto fondamentale. Poi, la pulizia finale dopo tanta dolcezza secondo me è esemplare. Non ho abbastanza esperienza per dire come era prima, ma posso dire che ancora oggi rientra tra le mie venti birre preferite. E dopo diversi ettolitri, è abbastanza lusinghiero per loro.

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    1. Ciao, ti ringrazio… i
      Per le americane il discorso è complesso, viaggiano tanto, il rischio di bere male è sempre elevato e cerco di evitarle, se non sono sicuro di quello che compro. Qui da noi arrivano quasi sempre le solite IPA/APA, ma c'è molto altro (fatto molto bene) che da noi nessuno importa. Il Belgio, è sempre il Belgio. E' un paradosso, perché noi (Europa) guardiamo agli USA, importiamo e "copiamo" quello che fanno loro e invece i birrai americani viaggiano sempre di più in Europa, e si appassionano del Belgio, vengono a studiare, ad imparare...

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    2. No, su questo concordo. Pensa che ho iniziato a bere birra diversa, guardando una partita dei Boston Celtica ( sono tifosissimo), e c'era la pubblicità all'epoca della Samuel Adams choccolate bock ( era il 2006). Non sapevo cose fosse ma il marchio mi piacque tanto che la cercai in rete e trovai la famosa Lager. Iniziai da lì. E apprezzo tantissimo la tradizione brassicola americana, per la varietà. Ad esempio, amo la Tripel del birrificio Aviator che è chiaramente ispirata a quelle belghe, ma quel tocco particolare me la fa amare. Le mie birre preferite generalmente sono le stout o le imperiale stout. Adoro le loro ( come le danesi), ma a volte mi accorgo che il loro concetto di estremo si spinge entro i limiti fella consuetudine. Birre amaricanti, a volte squilibrate. E talvolta birre che hanno come concetto base solo quello o una gradazione alcolica straordinaria. Questo un po' mi confonde. Ed hai ragione sul discorso locale, anche se credo che la birra in parte rifletta l'anima della propria nazione. Ed in Italia è così. Abbiamo cercato scorciatoie e guardiamo tantissimo l'oltreoceano, ma una piccola rivoluzione c'è stata ed il fatto che la crescita dei birrifici italiani sia stata costante anche se poco omogenea, è una gran cosa. l'America non viene fuori dal nulla poi, è da inizio anni ottanta credo che ci sia stata un'importante rivoluzione. Il mercato oggi però è strano con la "globalizzazione" totale, e talvolta gli stessi belgi si rifanno alle amarissima IPA o simili. Però, a livello di eleganza e fruizione generale, continuo a pensare che siano modelli unici quelli del Belgio ad esempio, o dell'Inghilterra piuttosto che della Germania. Il blog comunque è splendido, vedo che c'è passione ed hai provato birre che sogno da tempo. Con competenza e passione, che sono le cose principali.

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