mercoledì 8 aprile 2015

Amager Batch 1000

Otto anni sono passati da quell’aprile del 2007 in cui venivano aperte le porte del microbirrificio Amager, fondato sull’omonima isola danese nei pressi dell’aeroporto di Copenhagen da Morten Valentin Lundsbak e Jacob Storm.  Le due birre del debutto, la Christianshavn Pale Ale  e la Sundby Stout, volutamente accessibili a tutti e dalla bassa gradazione alcolica, furono subito seguite dalla più robusta ed impegnativa  “Batch One”, un’American Strong Ale che iniziava a tracciare il territorio sul quale il birrificio avrebbe poi mosso i propri passi futuri. 
Ci vollero cinque anni per arrivare alla cotta numero 500, che nel 2012 fu festeggiata con la realizzazione della “Batch 500”, una IPA ispirata a quelle della costa est statunitense e prodotta con malti Pale Ale e Melanoidin, frumento maltato e luppoli Chinook, Simcoe, Cascade, Centennial, Ahtanum e  Tomahawk. 
Per raddoppiare, ossia per arrivare alla cotta numero 1000, di anni ne sono bastati solamente tre, a testimonianza della rapida crescita di Amager: per la IPA Batch 1000, la cui etichetta ricalca quelle delle due birre celebrative precedenti, l’ispirazione viene invece dalla costa ad ovest. Una base maltata abbastanza semplice (Pilsner, Monaco e Melanoidin) ed un vasto parterre di luppoli, utilizzati anche in doppio dry-hopping: Hercules, Amarillo, Chinook, Simcoe, Citra, Mosaic, Sorachi Ace e Centennial. 
IPA freschissima, imbottigliata lo scorso marzo, che si veste del classico colore West Coast, oro con riflessi arancio, leggermente velata; la schiuma bianca e cremosa, è compatta e molto persistente. L’aroma è forte e pulito, con una golosa macedonia di frutta che predilige il tropicale (ananas, papaya, mango) rispetto agli agrumi (pompelmo, mandarinio, arancio) e si completa con la pesca bianca ed il melone retato; profumi molto eleganti, ruffiani quanto basta, per nulla cafoni pur nella loro esuberanza. In bocca il percorso continua nella stessa direzione, con frutta tropicale appena tagliata che richiama in toto l’aroma, su di una base maltata di pane e di lieve biscotto; l’amaro si fa attendere un po’, lasciando il palato in compagnia della freschissima frutta, del dolce del mango, della pesca, del melone e dell’ananas. Il gusto è leggermente meno pulito dell’aroma, a voler essere pignoli, e chiude con un bell’amaro intenso e pungente, resinoso, vegetale e leggermente pepato, nel quale l’animo “scandinavo” del birrificio prende un po’ il sopravvento rispetto all’ispirazione West Coast. 
IPA freschissima e pulita, con tutto quello che ne deriva; ottimi profumi e grande piacevolezza di bevuta: corpo medio, giusta quantità di bollicine, morbida ma ugualmente scorrevole. S’avvicina molto a una vera IPA Californiana, non fosse per il retrogusto in cui l’amaro va un po’ oltre le righe perdendo un po’ di eleganza per favorire la “potenza” e la sensazione tattile in bocca che potrebbe essere un pelino più leggera.  Si tratta comunque di dettagli: quando capitano nel bicchiere delle IPA così fresche (ripeto nuovamente l’aggettivo FRESCO, ma è fondamentale) e ben fatte, c’è solo da ringraziare e da bere con grande soddisfazione.
In Italia è arrivata adesso, quindi se volete assaggiarla non perdete tempo e fatelo in fretta, questa birra non migliorerà con il passare dei giorni.
Formato: 50 cl., alc. 6.5%, lotto 1000, scad. 03/2016, pagata 7.60  Euro (beershop, Italia).

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

1 commento:

  1. Eh no... l'hanno rifatta altre volte. Anche se bevendo alla spina non sai mai l'età del fusto.
    Io stesso ne ho bevuto un altro lotto dopo quella qui descritta e mi era piaciuta un po' meno della prima cotta, più simile a come la descrivi tu. Molto amaro e poca frutta.

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