sabato 27 ottobre 2018

DALLA CANTINA: Evil Twin Lil’ B 2015

Grandi novità in casa dell'Evil Twin Jarnit-Bjergso, gemello cattivo di Mikkel Borg Bjergso, Mikkeller. A quasi due anni dall’annuncio e dopo qualche ritardo di troppo, a novembre sarà finalmente inaugurato il suo birrificio a Ridgewood, New York, in quel Queens che si sta velocemente trasformando in un’area ad elevata densità brassicola. Il birrificio (16-16 George Street) si troverà a cinque chilometri di distanza dal ristorante Tørst di proprietà di Jeppe e della moglie Maria: 900 metri quadrati di una ex-sala da ballo ed altri 460 metri di giardino nel quale ci sarà sempre un food truck parcheggiato.
Ma nel Queens ha trovato casa anche il gemello Mikkeller che ha bruciato sul tempo il fratello inaugurando lo scorso marzo il suo secondo birrificio americano. E’ noto che tra i due non corre buon sangue, almeno se ci si attiene alle dichiarazioni pubbliche; la loro potrebbe essere anche una strategia concordata per far parlare continuamente di sé.  Fu proprio “un’eccessiva vicinanza” a rompere i loro rapporti nel 2010; a quel tempo Jeppe gestiva il beershop Ølbutikken dove vendeva anche la birra del fratello, il quale non si fece problemi ad aprire a pochi metri di distanza il suo primo bar che, di fatto, s’accaparrò la maggior parte della clientela. I due non si parlano più ed Evil Twin Jeppe non perde l’occasione di punzecchiare il fratello con messaggi sui social network ai quali Mikkeller non ha mai voluto rispondere: “io abito a due miglia da qui e sarò coinvolto nella realizzazione di tutte le ricette, mio fratello non vive qui e sarà venuto a New York cinque volte in tutto nella sua vita”. 
Evil Twin e Mikkeller Brewing NYC si troveranno a dieci chilometri l’uno dall’altro, una distanza abbastanza breve se si considerano gli standard americani; ma pare che questa volta si tratti davvero solo di una coincidenza.  “Si è presentata un’opportunità e l’abbiamo colta”  dice Mikkeller che ha posizionato il proprio birrificio all’interno del  Citi Field, stadio dei New York Mets: “non conosco bene il baseball ma ho visto delle partite, c’è molta birra sugli spalti e vogliamo portare da noi i bevitori di Budweiser. E’ davvero strano che in una città così grande e internazionale come New York ci siano pochi birrifici, è un’occasione per creare qualcosa di nuovo”. E Jeppe è più o meno d’accordo: “a New York tutto consiste nel trovare il luogo adatto ad un costo d’affitto sostenibile: quando ho visto quella ex-sala da ballo con giardino vicino alla fermata della metropolitana ho capito che era quello che stavamo cercando. Sono arrivato a New York sei anni fa e da allora siamo diventati un marchio newyorkese. Il birrificio era ormai necessario: riceviamo ogni giorno email da persone di tutto il mondo che passano da New York e ci chiedono se possono visitare il birrificio. Qualcuno a volte bussa alla porta del nostro ufficio perché pensa che ci sia un birrificio da vedere”.  
Pace fatta, allora? Neanche a parlarne. Ecco una delle ultime uscite a gamba tesa del Gemello Cattivo: “io sono proprietario al 100% della mia azienda, Mikkel e Mikkeller hanno lo 0% di  Mikkeller NYC; sono fatti pubblici, ho le prove. Mikkeller NYC non è un piccolo birrificio indipendente ma parte di un facoltoso gruppo che, tra le altre cose, possiede anche i New York Mets. La gente mi chiede perché io non riesco a godermi il mio successo e lasciar perdere? La risposta è semplice: sono stanco di essere paragonato da media, clienti e colleghi a qualcuno che si è venduto, che ha concesso ad altri la licenza di usare il suo marchio e che ogni giorno mente su questo. Io non ho mai preso soldi da nessuno, ho solo un grande mutuo con una banca da pagare e quindi controllo tutto quello che Evil Twin fa. Mikkeller ha venduto e tutti quelli che lo supportano (sto parlando di Mikkeller New York, non del resto della sua azienda) devono essere trattati come quelli che hanno venduto ad AB Inbev o ad altre multinazionali”.

La birra.
Per allentare la tensione è meglio stappare una birra. Lil’B è una delle tante (oltre sessanta) Imperial Stout / Porter prodotte da Evil Twin dal 2010 ad oggi. Nata nel 2012 ha visto la sua popolarità declinare a causa del successo di altre due birre, ed infinite varianti, del gemello cattivo: Even More Jesus e Imperial Biscotti Break. E visto che i beergeeks sembrano ormai interessati solo ad Imperial Stout con aggiunta di ingredienti gourmet, il suo futuro potrebbe essere in pericolo. Dalla cantina riesumo una bottiglia del 2015: non ho avuto esperienze molto positive su invecchiamenti di Evil Twin, andrà meglio questa volta?  
Prodotta sugli impianti della Two Roads Brewing Co. in Connecticut questa imperial porter (dedicata all’omonimo rapper statunitense?) si presenta nera come la notte con una piccola testa di schiuma cremosa ma dalla scarsa ritenzione.  Al naso c’è qualche leggerissimo segno d’ossidazione ma l’aroma è intenso e ricco, caldo, avvolgente: prugna disidratata, uvetta, frutti di bosco, vino marsalato, fruit cake, liquirizia, accenni di cioccolato. A tre anni di vita qualche lieve cedimento a livello di corpo è inevitabile ma questa Lil’B si mantiene ancora oleosa e abbastanza morbida. Chi conosce Evil Twin sa cosa aspettarsi in una delle sue tante “scure imperiali”: un bicchiere dolce, ricco di caramello e melassa, fruit cake,  prugna, uvetta e frutti di bosco sotto spirito, liquirizia. L’amaro è quasi assente, se si eccettua una breve nota terrosa a fine corsa: la birra non è comunque mai troppo dolce e l’alcool, presente senza eccessi, contribuisce ad asciugarla un po’. L’ossidazione in questo caso porta più vantaggi che svantaggi: le note di vino marsalato prevaricano di gran lunga i frammenti di cartone bagnato che fanno timidamente capolino. Una birra che non raggiunge grandi profondità ma che si lascia comunque sorseggiare con grande piacere nel corso della serata: e se volete aumentare il conto delle calorie, perché non abbinarci una tavoletta di cioccolato fondente extra? 
Formato 35.5 cl., alc. 11.5%, lotto 142:15, prezzo indicativo 5.00 euro (beershop) 

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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