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lunedì 22 febbraio 2016

Cinque sorelle e un’intrusa: Augustiner Weissbier, Hacker-Pschorr Hefe Weisse, Paulaner Hefe-Weissbier, Hofbräu Münchner Weisse, Franziskaner Weissbier Naturtrub, Giesinger Weissbier

Monaco di Baviera è il regno delle “sei sorelle”, unici produttori di birra ai quali è permesso partecipare all’Oktoberfest: Augustiner, Hacker Pschorr, Hofbräu, Lowenbräu, Paulaner e Spaten-Franziskaner non sono monopolizzano la  manifestazione monacense ma controllano anche la maggior parte delle spine nei bar, nei Biergarten e nei ristoranti. Uno scenario che  è rimasto immutato per oltre un secolo: dal 1889 in città non sono più stati aperti birrifici sino all’arrivo nel 2007 del micro Giesinger, inaugurato in un garage da  Steffen Marx, al quale hanno poi fatto seguito solo alcune beerfirm come Tilmans Biere e Crew Republic
Mi sono divertito a mettere a confronto le grandi produzioni industriali con quelle del minuscolo microbirrificio di Monaco: lo stile scelto è quello delle Weissbier/Hefeweizen da sempre in competizione con le Helles per lo scettro di birra più venduta in Baviera; al momento entrambe si dividono equamente il 50% del mercato.  Purtroppo non sono riuscito a reperire la Hefeweizen prodotta da Löwenbräu, e così il numero delle sorelle partecipanti alla "sfida" si è ridotto a cinque. 
Il microbirrificio Giesinger è una minuscola realtà che con i suoi 5.000 hl prodotti all’anno non può chiaramente impensierire i 300.000 hl di Hofbräuhaus  (dato del 2014), i 1.230.000 hl di  Spaten-Franziskaner-Bräu (2015, gruppo InBev), i 1.590.000 hl di Augustiner (2015) e i 2.420.000 hl di Paulaner e  Hacker-Pschorr (2015, gruppo Schörghuber); ma al di là dei freddi numeri,  in una birra “craft/artigianale” mi aspetterei di trovare una qualità ed un “carattere” che dovrebbe permetterla di riconoscerla immediatamente da quelle industriali.   E’ davvero così? Per evitare di farmi influenzare ho assaggiato queste sei birre alla cieca, senza sapere quello che c’era nel bicchiere. Premetto di non essere un gran appassionato di Hefeweizen o Weissbier, come vengono abitualmente chiamate a Monaco; non le vado volontariamente a cercare, le bevo quasi solo quando mi trovo in Germania, magari in un Biergarten all’aperto nei mesi estivi, sfruttando al massimo le loro caratteristiche di birre leggere, rinfrescanti e dissetanti. 
Una volta versate nel bicchiere cinque birre su sei appaiono abbastanza simili tra di loro per quel che riguarda il colore, con minime differenze che riguardano soprattutto la limpidezza: solo una appare completamente fuori dal coro,  spostandosi dal dorato ad un sorprendente ambrato che esce palesemente dai confini stilistici. Terminati gli assaggi e svelato il legame tra birra e bicchiere, ecco le conclusioni nella sequenza con cui sono state bevute. 

A - Augustiner Weissbier (5.4%) 
Dorata e leggermente velata, al naso presenta i classici profumi di banana matura e di chiodi di garofano, cereali; tra esteri fruttati e fenoli c’è un buon equilibrio, senza che né uno né l’altro risultino troppo invadenti. La sensazione palatale è quella classica di una Weizen: leggera, bollicine vivaci, consistenza acquosa senza risultare sfuggente. Il gusto ripropone il buon equilibrio banana/chiodi di garofano/cereali dell’aroma, aggiungendo qualche suggestione d’agrume; il dolce è ben bilanciato dall’acidità del frumento. L’intensità è discreta, non c’è traccia d’amaro e la bevuta risulta gradevolmente rinfrescante e dissetante.

B - Hacker-Pschorr Hefe Weisse (5.5%)
Il nome “Hefe” fa riferimento alla presenza in bottiglia di lievito; il colore è effettivamente opalescente, tra l’arancio ed il dorato. L’aroma offre una buona intensità, maggiore dell’Augustiner, anch’essa rispettoso del canovaccio banana, chiodi di garofano, cereale; la banana  è abbastanza in secondo piano da risultare tollerabile anche a chi non la ama. Avverto anche una leggerissima presenza d’arancia.  Leggera, ben carbonata e scorrevole, evidenzia al palato un’intensità minore della Weizen appena bevuta: stessi elementi in gioco (banana, cereali, arancia e garofano) ma questa volta la componente acidula non riesce a bilanciare del tutto il dolce. Il palato rimane un po’ troppo appiccicoso alla fine di ogni sorso, perdendo un po’ il potere rinfrescante. Amaro assente. 

C - Franziskaner  Weissbier Naturtrub (5%)
La meno alcolica delle cinque sorelle è all’aspetto identica all’Hacker-Pschorr; arancio-dorato opalescente. L’aroma è pulito ma non regala molta intensità: si dividono quasi equamente la scena banana, chiodi di garofano, cereale con l’arancia in sottofondo. In bocca risulta meno carbonata delle altre due birre, perdendo un po’ di vitalità nonostante il suo corpo leggero; al gusto la Franziskaner finirà per risultare la più “bananosa” di tutte le sei birre, portandosi dietro anche una nota acidula del frumento più marcata. L’intensità è buona, ma nonostante nel finale si percepisca anche un accenno d’amaro le manca un po’ di secchezza per risultare davvero rinfrescante. Per il mio gusto personale, troppa banana.

D - Giesinger Weissbier (5.5%)
L’assaggio numero quattro è quello che m’incuriosisce di più, con un colore ambrato fuori stile che la fa somigliare ad una Weizenbock o ad una Dunkelweizen; la schiuma fa un po’ di fatica a formarsi e, al di là del colore, l’aspetto non preannuncia quel nulla di buono che viene poi confermato al naso: l’odore è di cereali/muesli andati a male (se mi passate il descrittore), trebbie, cartone bagnato. Al palato risulta quasi piatta, con un gusto equamente diviso tra banana, acido lattico e plastica/gomma; la birra è imbevibile, e considerando la perfezione della macchina industriale tedesca non mi resta che puntare sicuro (vincendo!) sul fatto che si tratti della birra del microbirrificio Giesinger.

E - Paulaner Hefe-Weissbier (5.5%)
Opalescente e dorata con riflessi arancio, la Weiss non filtrata (naturtrübe) di Paulaner sarà quella con l'aroma più interessante; la speziatura è delicata (chiodo di garofano ma anche tracce di pepe e coriandolo) e affianca le note di cereali, banana e la suggestione d'arancia in un bouquet abbastanza intenso. Gli stessi elementi ritornano in bocca con un percorso pulito e dolce ma bilanciato dalla nota acidula del frumento; non c'è amaro, la birra rimane forse un pelino troppo dolce e le bollicine non sono particolarmente vivaci. L'intensità non è al massimo ma banana, chiodi di garofano e cereali si controllano a vicenda per una bevuta d'una precisione quasi chirurgica che non presenta né imprevisti né emozioni.

F - Hofbräu Münchner Weisse (5.1%)
Il birrificio più rumoroso di Monaco e più amato/frequentato dagli italiani realizza una Hefeweissbier dal colore dorato più pallido delle concorrenti  e solo leggermente velato. La presenza di banana al naso è molto leggera, quasi si nasconde dietro ai sentori di cereali, chiodi di garofano, arancia, pepe e forse coriandolo. Al palato è predominante la frutta (banana e arancia) con fragranti note di cereali e crackers; la speziatura (chiodo di garofano) fa da collante e la chiusura è abbastanza secca e persino leggermente amara. Molto leggera, non lascia troppi residui dolci e svolge alla perfezione la sua funzione rinfrescante. L'intensità è delicata ma la birra non dà mai l'impressione di essere scarica o acquosa: banana molto ben nascosta, per la gioia di chi non la ama. Alla fine - mai avrei scommesso sulla HB - risulta essere quella che mi è piaciuta di più.

Sono un po' dispiaciuto per la pessima bottiglia di Giesinger, un microbirrificio che lavora di solito bene ma che in questo caso è risultato pessimo; il recente cambio d'impianto produttivo ha forse portato qualche problema nella costanza produttiva che va risolto subito. La costanza qualitativa è fondamentale: pensate ad un curioso che s'avvicina per la prima volta alla cosiddetta birra artigianale e si trova nel bicchiere una birra imbevibile: ritornerà subito verso il mondo industriale senza mai più voltarsi indietro. Le sorelle industriali giocano la loro partita sui dettagli: in uno stile piuttosto semplice si tratta di equilibrare esteri e fenoli cercando di realizzare una birra profumata, bilanciata e dolce che dev'essere anche facilissima da bere, rinfrescante e dissetante.  Più o meno banana, più o meno spezie, più o meno dolce: sono tutte birre pulite e sempre uguali a se stesse, al bevitore il compito di scegliere secondo il proprio gusto o di ordinare semplicemente una Weizen senza preoccuparsi di quello che gli verrà versato nel bicchiere.
Nel dettaglio, e per una volta metto anche il voto:
Augustiner Weissbier, formato 50 cl., alc. 5.4%, lotto L0614361 T, scad. 01/05/2016, 0.97 Euro (supermercato, Germania). Voto 34/50.
Hacker-Pschorr Hefe Weisse, formato 50 cl., alc. 5.5%, lotto L 35651 W, scad. 01/09/2016,  1.04 Euro (supermercato, Germania). Voto 33/50
Paulaner Hefe-Weissbier, formato 50 cl., alc. 5.5%, lotto L 34455, scad. 01/09/2016,  0.97 Euro (supermercato, Germania). Voto 35/50.
Hofbräu Münchner Weisse, formato 50 cl., alc. 5.1%, lotto 11:51, scad. 23/11/2016,  0.93 Euro (supermercato, Germania). Voto 36/50.
Franziskaner  Weissbier Naturtrub, formato 50 cl., alc. 5.0%, lotto L342526 04:45, scad. 01/12/2016,  0.97 Euro (supermercato, Germania). Voto 29/50.
Giesinger Weissbier, formato 50 cl., alc. 5.0%, lotto A, scad. 01/04/2016,  2.50 Euro (drinkstore, Germania). Voto 11/50.

venerdì 5 ottobre 2012

Paulaner Salvator

Oggi ospitiamo un pezzo di storia, una birra che ha dato vita ad uno stile brassicolo, quello chiamato doppelbock, la cui origine risale alla fine del diciottesimo secolo. Facciamo però un ulteriore salto indietro, quando tra il 1630 ed il 1670 viene fondato il monastero di Neudeck ob der Au, nei pressi di Monaco di Baviera da parte dei monaci Paulaner. Come in ogni monastero, per affrontare il periodo più duro dell'anno, ossia il digiuno imposto dalla Quaresima, si preparava una birra molto più forte di quelle prodotte abitualmente che veniva consumata in grande abbondanza in sostituzione del cibo, ma non solo: siccome vigeva la credenza che i liquidi avevano la funzione di ripulire sia il corpo che l'anima, una birra particolarmente forte avrebbe avuto un potere "purificante" ancora più grande. I monaci Paulaner avevano tuttavia il timore che il bere in grandi quantità un liquido così buono fosse un atto molto edonistico e poco rispettoso della Quaresima; decisero quindi di chiedere direttamente il parere del Papa, e inviarono un barile di birra al suo giudizio. La (s)fortuna volle che il barile, nel suo lungo viaggio dalla Baviera a Roma, subì notevoli maltrattamenti e fu esposto a delle temperature non esattamente ottimali per la sua conservazione. Quello che giunse a Roma fu un liquido completamente acidulo ed assolutamente imbevibile, ed il Papa pensò che una bevanda così cattiva doveva certamente avere degli effetti positivi e purificatori su chi la beveva. Diede la sua benedizione e acconsentì che i monaci di Paulaner continuassero a produrre la loro birra con la coscienza pulita. Sebbene fosse inizialmente prodotta solamente per il consumo interno, i monaci iniziarono anche ad offrire ed a vendere la birra al popolo anche in assenza del necessario "permesso" che doveva essere concesso dall'autorità che in quel periodo coincideva con il Conte Karl-Theodor. Tale permesso arrivò solamente nel 1780, ma già nel 1799 la produzione s'interruppe definitivamente in quanto il nuovo impero Napoleonico e la successiva secolarizzazione vietarono alla Chiesa qualsiasi attività  commerciale portando alla dissoluzione del convento. Il birrificio fu abbandonato sino al 1813, quando Franz Xaver Zacherl riuscì ad acquistarlo; gli inizi non furono molto facili, in quanto l'amministrazione territoriale non vedeva di buon occhio il nuovo birrificio, imputandogli la responsabilità di tutte quelle persone ubriache che turbavano la quiete pubblica. Erano molto frequenti le citazioni in giudizio, ed è proprio nella trascrizione di un'udienza del 10 Novembre 1835 che per la prima volta viene riportata, in un documento scritto, l'esistenza di una birra chiamata Salvator. Zacherl ottenne finalmente il permesso definitivo di birrificare da parte dell'Imperatore Ludovico I nel 1837, e continuò ogni anno sino alla sua morte, nel 1846, a servire una doppelbock nel periodo di Quaresima. L'amore che Ludovico aveva per questa birra spinse pian piano altri birrifici di Monaco a produrne una simile, e così spuntarono decide di doppelbock tutte chiamate Salvator. Bene dunque fecero, i fratelli Schmederer che succedettero a Zacherl alla guida di Paulaner, a brevettare il nome nel 1894. Gli altri birrifici furono quindi costretti a cambiare il nome alla propria birra, e ne scelsero uno che terminasse con il suffisso -ator, a richiamare la famosa Salvator. Oggi si calcola che in Germania ci siano circa duecento nomi di birra registrati che terminano in "ator". Se quindi acquistate una bottiglia sulla cui etichetta compare questo suffisso, potete essere al 99% certi che si tratta di una doppelbock.  La Paulaner odierna vanta di produrre una doppelbock assolutamente fedele a quella chiamata Sankt Vaters Bier che fu elaborata dal frate Barnaba nel 1773. Difficile comunque credere che oltre due secoli fa la Salvator avesse questo bel color ambra con sfumature ramate, velato; il cappello di schiuma che forma è beige chiaro, ha buona persistenza e cremosità. L'aroma ha caramello, sentori di pane nero, frutta secca, amaretto, una lieve speziatura dei lieviti e anche una tenue nota alcolica. C'è un buon livello di complessità, anche se la pulizia non è impeccabile. Meglio in bocca, dove la Salvator ha una consistenza quasi cremosa che la rende molto morbida e gradevole. Il corpo è medio, e la carbonazione moderata.  Il bel profilo di malto porta frutta secca, note di biscotto, toffee, frutta sotto spirito (uvetta ed albicocca), spezie da lievito; l'alcool riscalda sempre la bevuta, senza mai comprometterne minimamente la facilità di bevuta. Il percorso continua in linea retta, senza nessuna deviazione, terminando in un finale molto caldo ed abboccato, ricco di frutta sotto spirito. Birra convincente, senza dubbio la migliore Paulaner, intensa ed abbastanza pulita, si presta sia ad abbinamenti con pietanze sostanziose come vuole la gastronomia tedesca ma può essere anche un'ottima compagna da dopocena. Rapporto qualità prezzo disarmante. Formato: 50 cl., alc. 7.9%, lotto 29314Z, scad. 10/2012, prezzo 1.08 Euro.