martedì 12 agosto 2014

Jester King El Cedro

Credo che in un improbabile concorso di etichette di birra i texani di Jester King avrebbero grandi possibilità di arrivare in finale: ve li ho presentati in questa occasione, e dopo la bellissima Black Metal Imperial Stout ecco l'ugualmente splendida etichetta di El Cedro. Avevamo lasciato Jester King ad inizio 2013 impegnato a combattere contro la rigida legge  texana TABC (Texas Alcohol and Beverage Commission); la battaglia è stata vinta a giugno di quello stesso anno. Ai birrifici texani è ora permesso avere una "tasting room" e vendere direttamente ai clienti la birra da bere sul posto (in precedenza potevano solamente offrire assaggi gratuiti abbinati alla visita degli impianti), mentre a chi ottiene la licenza di "brewpub" è consentito vendere la birra non solo per il consumo sul posto ma anche da "asporto" direttamente ai clienti e ai distributori, per la vendita dentro e fuori dal Texas. Sino ad allora, un brewpub poteva esclusivamente vendere la propria birra a chi la beveva all'interno del proprio locale. Per chi vuole approfondire, segnalo questo articolo.
Ma torniamo alla bella etichetta di questa El Cedro, una "hoppy cedar-aged ale with brettanomyces"; più che di una etichetta si tratta quasi di un poster: avvolge tutta la bottiglia, da fronte a retro: liscia, lucida, impreziosita da dettagli "dorati", raffigura il mostruoso volto di un albero (di cedro?). Molto dettagliata la lista degli ingredienti: malti Two Row e Carapils, frumento biologico maltato, un bouquet di luppoli che, a seconda della disponibilità, include Millenium, Cascade, Columbus, Citra (anche in dry-hopping) e Simcoe, lievito di tipo farmhouse. Una volta pronta, la birra viene messa a maturare su delle spirali di legno di cedro spagnolo e quindi imbottigliata con l'aggiunta di brettanomiceti. Tanta roba, insomma, per una di quelle birre che ti fanno sempre dubitare su quale sia il momento giusto per berle: fresche, per godere della freschezza dei luppoli, o dopo qualche mese/anno, per far sì che emerga il lavoro dei brettanomiceti? Considerando che la birra viene dagli Stati Uniti, ho escluso per principio la prima opzione (sarebbe stato comunque troppo tardi) ed ho lasciato la bottiglia, prodotta a novembre 2012, per qualche mese in cantina.
Questa Belgian Strong Ale (o Framhouse Strong Ale) arriva nel bicchiere di colore arancio, opaco; la schiuma è bianca, cremosa e "croccante", dalle dimensioni generose e dalla ottima persistenza.  Il naso è complesso ed interessante, pur non essendo un elogio al pulito: il bouquet di profumi, che forse non vanno molto d'accordo tra loro, comprende acido lattico, vaniglia, limone, pesca, marmellata d'arancio, legno e terra umida, qualche sfumatura di lampone ed erbacea. Al palato rivela un corpo medio, una carbonazione abbastanza sostenuta ed una buona presenza che però non pregiudica la scorrevolezza della bevuta. Troviamo note di crackers, e di vaniglia, marmellata d'agrumi, bilanciate dall'amaro erbaceo e terroso; l'alcool (8%) è ben nascosto, e sono altri gli elementi a rendere questa El Cedro meno fruibile del previsto. Le note di legno e di vaniglia mettono un po' in ombra il resto della birra che, a dispetto del suo colore quasi solare, tende invece ad incupirsi con abbondanza di legnoso e di terroso. Il risultato pende di più verso il "sorseggiare" che il bere a grandi sorsi, e una lieve acidità non aiuta molto a stemperare una birra complessa ma soprattutto complicata da bere. Il prezzo tutt'altro che economico è altra benzina sul fuoco, e alla fine il pensiero va a quelle "farmhouse" belghe che costano un quinto e che non ti rendi nemmeno conto di bere tanto finiscono in fretta. Nei siti di beer-rating prende voti altissimi, e quindi: a) mi prendo umilmente la colpa di non aver capito questa birra; b) mi appello alla famosa "bottiglia sfortunata".
Formato: 75 cl., alc. 8%, lotto #1 nov. 2012, scad. 11/2015, pagata 20.00 Euro (beershop, Italia).

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