domenica 7 giugno 2015

Brick by Brick Bosun's Moustache IPA & Cerveza de Garage +56 Pale Ale


Expo 2015: anche la birra si è ritagliata il suo spazio con ben due mini-padiglioni italiani ovviamente monopolizzati dalle grandi multinazionali Moretti (Heineken) e Poretti (Carlsberg). Avviso subito chi non ci è ancora stato: l'Expo non è una sorta di Salone del Gusto, ma piuttosto una specie di luna park o, se volete, una "strip" che ricorda con le dovute proporzioni quella di Las Vegas. Architetture interessanti, ardite, a volte un po' kitsch e contenuti che spaziano dall'interessante, all'artistico, al superfluo. Non andate assolutamente all'Expo per la birra, perché non c'è nulla, o quasi, che non abbiate già visto; tralasciando il dominio delle multinazionali, le poche occasioni che avrete di dissetarvi con un po' di gusto vi vengono offerte dal padiglione della Repubblica Ceca, che offre la Pilsner Urquell non pastorizzata e non filtrata, anche se sempre "industriale". Ogni paese o quasi al bar del proprio padiglione offre l'industriale di casa (Messico e Corona, Russia e Baltika, Germania e HB, Olanda e Heineken), e non fatevi illusioni neppure su USA e Belgio. 
Detto questo, se anche voi siete un po' "malati" e ogni volta che passate davanti ad un bar non potete far a meno di dar un'occhiata alle birre che vengono vendute, sappiate che qualche remota alternativa ai soliti nomi noti c'è.
Il bar del padiglione della Lituania, nazione dove esiste un sottobosco artigianale (vi segnalo qui il breve report di Cronache di Birra), offre una serie di bottiglie della Brick By Brick Beer Workshop, nome a noi più comprensibile di quello che sarebbe l'originale, ovvero Raudonų Plytų (che in realtà significa "mattone rosso"): quattro o cinque le birre proposte, con stili che attraversano la tradizione anglosassone e quella belga. Ma quello che sembrerebbe un microbirrificio è, da quanto ho capito, un marchio della  Švyturys (Baltic Beverages Holding) di proprietà del gruppo Carlsberg; l'etichetta fa molto "craft" elencando i luppoli usati, inganna un po' perché parla di "microbrewery" ma in fondo in fondo ammette che si tratta di una birra pastorizzata.
Bosun's Moustache (il nome originale sarebbe Bocmano Ūsai) è un'American IPA prodotta con Cascade, Citra, Centennial e Chinook. Nonostante si dichiari "non filtrata" in etichetta, nel bicchiere è perfettamente limpida nel suo color oro antico tendente al rame; la schiuma biancastra ha una buona persistenza, è compatta e cremosa. Nonostante la batteria di luppoli impiegata, l'aroma è piuttosto dimesso e poco attraente: sentori che richiamano le erbe officinali, marmellata d'agrumi, qualche richiamo di caramello e leggero diacetile. Le cose non migliorano di molto in bocca, con una IPA abbastanza sgraziata e poco gradevole, sebbene bevibile. Ingresso di pane e caramello e poi virata amara erbacea e resinosa, con qualche sconfinamento nel saponoso; praticamente priva di una qualsiasi componente fruttata o "succosa", poco carbonata. Una birra che pur presentandosi come "craft" non riesce a nascondere il suo DNA industriale.
Per dimenticarla ci spostiamo di qualche migliaio di chilometri in Cile. Nel piccolo negozio del padiglione cileno trovate infatti un paio di "birre artigianali": ammetto la mia completa ignoranza per quel che riguarda la scena brassicola cilena, ma da quanto ho rapidamente letto in rete mi sembra di capire che anche là stanno aprendo molti microbirrifici e c'è fermento. La distanza del continente sudamericano non è ovviamente a favore dell'importazione in Europa di prodotti che andrebbero per la maggior parte consumati il più in fretta possibile.
La mia scelta è caduta su una beerfirm che si chiama "Cerveza +56", con il numero che sta ovviamente ad indicare il prefisso telefonico internazionale del Cile.  Il progetto è stato lanciato nel 2013 da due ragazze, l'enologa  ed agronoma Maria Cecilia Zuñiga Morales e la commerciale Francisca Pacheco; due le birre prodotte, un'American Pale Ale ed una Oatmeal Stout, entrambe prodotte presso gli impianti del microbirrificio Casa Cervecera Quinta Normal di Santiago.
Bottiglia di dicembre 2014: la freschezza è quella che è, con il viaggio oceanico e il caldo dell'Expo a fare il resto. Comunque: si presenta dorata e velata, con una testa di schiuma bianca molto persistente, fine e cremosa. Al naso c'è soprattutto miele d'arancio, con crosta di pane e agrumi (mandarino) in sottofondo assieme a qualche suggestione di menta e di marmellata d'agrumi. La pulizia è discreta, l'intensità piuttosto scarsa e anche qui mi sembra di avvertire un leggerissimo e perdonabile diacetile. Il gusto segue fedelmente l'aroma, riproponendo pane, miele e una leggera nota di agrumi; l'intensità porta a casa la sufficienza, mentre la sensazione palatale di una birra che si dovrebbe bere facilmente e anche velocemente è un po' troppo pesante. Finisce un po' corta, con una nota amaricante erbacea che si dilegua molto rapidamente. La sufficienza la porta comunque a casa, con l'attenuante dei sei mesi in bottiglia e del viaggio oceanico: alleggerendola e profumandola un po' potrebbe diventare un'onesta (American) Pale Ale da bere per dissetarsi e rinfrescarsi. Bene indicare la data di messa in bottiglia, e plauso al Cile per aver portato all'Expo almeno un paio di vere birre artigianali, con i loro pregi e difetti.
Nel dettaglio:
Brick by Brick Bosun's Moustache (Raudonų Plytų Bocmano Ūsai), formato 33 cl., alc. 6%, 60 IBU, lotto BU 003, scad. 19/03/2016, pagata 4.00 Euro.
Cerveza de Garage +56 Pale Ale, formato 33 cl., alc. 5%, lotto 16/12/2014, scad. 16/12/2015, pagata 4.40 Euro.

NOTA: la descrizione della birre è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglie, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale dei birrifici.

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