giovedì 8 giugno 2017

Fierce Beer: Café Racer & Peanut Riot

Apre le porte a maggio 2016 il primo microbirrificio di Aberdeen, Scozia: lo fondano Dave Grant e David McHardy due ex-homebrewers che si conoscono ad un corso di Brewing Technology a Sunderland. Per venticinque anni Grant ha lavorato nel settore petrolifero girando il mondo, mentre McHardy  vanta un’esperienza decennale in un’azienda di sistemi di navigazione marittimi: con le rispettive liquidazioni e l’aiuto di altri investitori i due soci raccolgono 250.000 sterline per acquistare un impianto che viene sistemato nel Kirkhill Industrial Estate di Aberdeen. 
Nell’anno che precede l’apertura McHardy fa esperienza presso la WooHa Brewing Company mentre Grant continua a produrre la birra sul piccolo impianto di casa distribuendo i primi fusti a ristoranti e pub, tra i quali anche il BrewDog di Aberdeen. Con l’aiuto di Louise Grant nel ruolo di commerciale, la neonata Fierce Beer produce nei primi mesi di vita 500 ettolitri e imbottiglia (a mano) 80.000 bottiglie: a novembre l’ingresso in società di altri soci operanti nel settore delle bevande e della ristorazione consentono di acquistare nuovi fermentatori, un'imbottigliatrice ed  un'etichettatrice. La Lidl ordina per il mercato del Regno Unito 2500 bottiglie della Ginga Ninja, una Pale Ale aromatizzata allo zenzero: oltre che nei pub e nei beershop, le Fierce arrivano anche sugli scaffali dei supermercati Aldi e Tesco. 
In poco un anno di vita sono quasi già cinquanta le etichette prodotte, molte delle quali “one shot” mai più ripetute. Il birrificio le suddivide in quattro categorie: Hoppy (APA, IPA e altre birre luppolate), Fruity (birre con aggiunta di frutta e birre acide), Dark  (stout e porter)  e stagionali. Le singolari etichette, i cui soggetti a bocca aperta mi ricordano alcuni dipinti di Francis Bacon, sono opera dello studio Hampton Associates di Aberdeen.

Le birre.
Dal già ampio portfolio di Fierce ecco due porter che credo rappresentino due varianti della stessa ricetta base. Partiamo dalla Café Racer, una porter prodotta con luppolo Chinook, vaniglia, caffè, malto, frumento, avena e lattosio: nera, genera una bella testa di schiuma cremosa e compatta dall’ottima persistenza. Al naso la vaniglia ruba la scena al caffelatte, mentre in sottofondo s’avvertono note di cioccolato al latte: l’aroma è pulito e intenso ma il “dessert” che si forma ricorda più uno snack industriale che la raffinata pasticceria. C’è un leggero eccesso di bollicine che disturba un po’ quella sensazione palatale molto morbida e cremosa creata dall’utilizzo di avena e lattosio;  il caffè e le tostature rimangono nelle retrovie anche nel gusto, rapido ad incamminarsi sulla strada dolce di caramello, vaniglia e cioccolato al latte:  quel poco di caffelatte che si avverte non basta a portare equilibrio in una birra che fa emergere deboli tostature solamente nel retrogusto e che secondo me ne meriterebbe invece qualcuna di più. L’alcool (6.5%) è molto ben nascosto e complessivamente questa porter è pulita, intensa e si beve con grande facilità e buona soddisfazione, se vi piacciono i dolci: in questo senso è allora un po’ fuorviante il nome Café Racer, visto che sono vaniglia e lattosio a guidare le danze. 

Nella Peanut Riot arachidi tostate e sale rimpiazzano vaniglia, caffè e lattosio: è tra le birre preferite dei proprietari di Fierce. Anche lei è nera mente dimensioni, compattezza e persistenza della schiuma sono leggermente penalizzati dall'olio delle arachidi. Arachidi che danno il benvenuto al naso in maniera piuttosto elegante: sono affiancate da caramello brunito, orzo tostato, un tocco di caffè e da una lieve nota salina. L'intensità è discreta, pulizia e finezza ci sono. Al palato risulta meno cremosa della sorella al caffè ma beneficia di una carbonazione molto contenuta che riesce a renderla ugualmente morbida e scorrevole. Il gusto è un po' meno pulito dell'aroma, le arachidi scompaiono per lasciare le redini in mano a caramello e tostature, accenni di caffè e cioccolato, un tocco di sale nel finale. Anche qui l'alcool è ben nascosto, la bevuta è molto bilanciata e sarebbe senz'altro valorizzata da un maggior pulizia; le tostature finali sono ben dosate e nel complesso mi sembra una buona porter, leggermente inferiore alla Café Racer ma ugualmente godibile e senza nessun impressione d'artificiosità per quel che riguarda gli ingredienti aggiunti.

Nel dettaglio:
Cafe Racer, 33 cl., alc. 6.5%, IBU 20, scad. 30/12/2015, prezzo indicativo 4.00-5.00 Euro (beershop)
Peanut Riot, 33 cl., alc. 6.5%, IBU 94, scad. 28/02/2018, prezzo indicativo 4.00-5.00 Euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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