Nel 2014 festeggiavo il ritorno della Orval con un’ottima bottiglia di sette mesi. L’età non è un elemento da trascurare per questa birra trappista, in quanto al momento della messa in bottiglia vengono inoculati quei lieviti selvaggi chiamati brettanomiceti che col passare del tempo riescono ad apportarne importanti cambiamenti al profilo aromatico e gustativo. Ne festeggiavo il ritorno perché, come riportavo già nel 2011, la birra prodotta all’interno della Abbazia di Notre-Dame d’Orval aveva vissuto un periodo un po’ buio e a molti appassionati, belgi e non, la cosa non era affatto sfuggita: bottiglie fiacche, un lontano ricordo della splendida birra che era un tempo.
Ad Ottobre 2013 lo storico birraio Jean-Marie Rock era andato in pensione dopo ventotto anni di servizio passando il testimone ad Anne-Françoise Pypaert; era la prima donna a produrre birra all’interno di un monastero trappista; non so se sia giusto incolpare il birraio Jean-Marie Rock del declino di questa birra durante gli ultimi anni della sua attività, fatto sta che tutte le “nuove” Orval da me bevute nel 2014 e nel 2015 furono davvero eccellenti. Ricordo ancora una grandissima Orval "neonata", due mesi scarsi di vita, bevuta in Belgio con infinita soddisfazione.
Le bottiglie del 2016 - devo ammetterlo – sono state un po’ meno entusiasmanti rispetto a quelle miracolose della “rinascita” del 2014 ma il livello è comunque rimasto elevato: su quello che arriva in Italia pesa sempre la spada di Damocle della Grande Distribuzione che non usa di certo i guanti.
Ma ritorniamo al fattore anagrafico: anche se ci sono moltissime persone che si dimenticano le Orval in cantina e preferiscono berle dopo alcuni o molti anni, chi segue il blog ricorderà forse la mia preferenza per le bottiglie giovani, nelle quali i brettanomiceti sono poco evidenti. Di recente sugli scaffali dei supermercati è arrivato un lotto di Orval piuttosto fresco, risalente allo scorso marzo; occasione ghiotta da cogliere al volo per chi ama la Orval giovane, visto che di solito sugli scaffali trovo bottiglie con almeno sei-sette mesi sulle spalle.
Il suo colore è arancio con sfumature che richiamano l’oro e il rame: l’esuberante schiuma ocra è pannosa, compatta ed ha un’ottima persistenza. Al naso fiori e una delicata speziatura, profumi di arancia e zucchero candito, con qualche delicata nota erbacea; i “giovani” brettanomiceti si fanno comunque già sentire, anche se molto in sottofondo, con quel carattere funky che ricorda alla lontana cuoio e il terriccio. Assolutamente perfetta la sensazione palatale: vivaci bollicine, grande scorrevolezza, corpo medio ed alcool (6.2%) nascosto in modo magistrale. Il caratteristico "goût d'Orval", quello donato dai brettanomiceti, è ovviamente ancora in fasce: a quattro mesi l'Orval è una birra fresca che richiama la crosta del pane, la polpa dell'arancia e, in maniera minore, la frutta a pasta gialla. A contrastare il dolce c'è una gradevole acidità che attraversa tutta la beuta, rendendola dissetante e rinfrscante. La chiusura è secca, con un amaro di modesta intensità (considerata la gioventù e il livello di altre Orval bevute in passato) che richiama la terra, l'erba e la scorza del mandarino. Non è un epifania ma è comunque una bottiglia di buon livello: al vostro gusto ovviamente la scelta di berla giovane e fresca o di attendere qualche mese/anno per meglio apprezzare le goût d'Orval.
Formato: formato 33 cl., alc. 6.2%, imbott. 07/03/2017, scad. 07/03/2022, pagata 2.69 Euro (supermercato, Italia)
Io la Orval non l'ho mai "dimenticata" in cantina, sempre bevuta piuttosto fresca. Dalla prima di una quindicina di anni fa a oggi l'ho sempre trovata una gran bevuta, senza conoscere la "storica" quindi senza rendermi conto del "declino". Ora però mi hai fatto venire voglia di lasciarla a invecchiare un po'... ne dovrei avere una da qualche mese ma credo che ne prenderò altre per differenziare un po' i mesi di invecchiamento, anche se mi sa che farò rifornimento alla GDO per risparmiare un po' di soldi su questo esperimento :D
RispondiEliminadecisamente meglio giovane, con il dryhopping ancora in evidenza e la freschezza che la contraddistingue
RispondiEliminaio la considero un po' la zia di tutte le saison moderne.
2 anni fa mio figlio me ne portò una scatola presa lassù in birrificio, avevano circa due mesi, che finì in pochissimo tempo.
Io non sono mai intervenuto ma alla tua frase non è un epifania, ma con una bottiglia di buon livello, cambierei il buon con ottimo suona meglio :) La tua recensione come per altro anche le altre che ho letto sono frutto di un indubbia passione del mondo della birra che tu hai senza ombra di dubbio. Ritornando alla Orval non è mai una birra qualsiasi. PUNTO
RispondiElimina.. e dimenticavo i gradi non sono la parte fondamentale in una birra
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