sabato 7 settembre 2013

Lervig Aktiebryggeri

Secondo il motto di un patriota norvegese, una città per essere definita tale deve avere “una cattedrale, una squadra di calcio in prima divisione ed un birrificio”.  Possiamo dargli torto? Nel 2003 la Carlsberg, proprietaria del marchio nazionale norvegese Ringnes (acquisito nel 1989) decide di chiudere la “Tou Bryggeri” di Stavanger nella quale veniva prodotta birra dal 1855 privandola così della terza "componente" essenziale per essere considerata città. Stavanger era una tranquilla cittadina sulla costa occidentale della Norvegia, circondata da splendidi fiordi;  per secoli la sua economia si è  basata sul commercio delle aringhe, ma a partire dagli anni ’60 viene completamente rivoluzionata dalla scoperta dei giacimenti petroliferi nel mare del Nord che hanno reso la Norvegia uno dei paesi più benestanti al mondo. A Stavanger trovarono sede quasi tutte le industrie petrolifere, tra le quali la Statoil, azienda controllata dallo stato norvegese che, sino alla fusione del 2007 con la Norsk Hydro, era uno dei maggiori venditori di petrolio grezzo al mondo. Ma visitare Stavanger non significa affatto passeggiare attraverso un noioso polo industriale; il piccolo centro cittadino ha conservato ancora intatta la sua identità peschereccia. Un grazioso porticciolo sul quale si affacciano diversi ristoranti, eleganti casette di legno bianco un tempo abitate dai pescatori; tutt'intorno moderni ed ordinati edifici dove lavorano i dipendenti delle aziende petrolifere ed un traffico sostenuto abbastanza inusuale per le città norvegesi. I cittadini di Stavanger iniziarono una piccola protesta boicottando la Ringnes, ed alcuni di loro formarono la nuova Lervig Aktiebryggeri; nel primo periodo le birre vennero prodotte presso gli impianti della Mack Ølbryggeri a Tromsø, 2000 (!!) chilometri più a nord. Le prime produzioni – leggiamo – furono abbastanza imbarazzanti; nel 2005 finalmente il birrificio ha a disposizione impianti propri, ad Hillevåg, poco fuori Stavanger; sino al 2010 la produzione Lervig non desta molto interesse, essendo caratterizzata da lager molto leggere che (sembra) facevano rimpiangere quelle industriali della Ringnes. Il cambiamento arriva nel 2010, quando via Danimarca (ex Ølfabrikken  / GourmetBryggeriet) sbarca a Stavanger Mike Murphy, birraio americano (che i birrofili italiani  - soprattutto romani - ricorderanno per il suo passato al pub/ristorante Starbees), chiamato a risollevare le sorti di un birrificio che non navigava in buone acque. A soli tre mesi dal suo arrivo, nel Luglio 2010 sono già in vendita le prime bottiglie di Lucky Jack, un’American Pale Ale molto profumata e facile da bere; in Norvegia Mike si porta dietro anche un impianto pilota da 800 litri dove produrre birre in esclusiva per il Cardinal Pub & Bar di Stavanger e che, nel 2011, gli permette di inaugurare la  gamma “Brewers Reserve”, con birre sempre più intense che, secondo Ratebeer, sono anche le produzioni migliori Lervig:  un Barley Wine invecchiato in botti di Bourbon, una Russian Imperial Stout all’avena e le prime IPA.  La sua IPA alla segale, prodotta in origine come one-shot in esclusiva proprio per il Cardinal Pub, è entrata a  furor di popolo in produzione stabilmente.  Doppia paternità quindi per Mike:  non solo “padre delle IPA italiane”  (fu la sua Pioneer Pale Ale, nel non così lontano 2001, a sconvolgere il palato degli ancora ignari bevitori romani), ma anche di quelle di Stavanger. Nel 2012 vennero commercializzate le prime birre in lattina, inclusa la Lucky Jack, e la produzione s'avvicinò al milione di litri (a fronte però di un potenziale di quasi tre milioni); ad agosto 2013 la Lervig ha festeggiato il suo decimo compleanno in un anno in cui la produzione è aumentata del 30% e che ha visto, per la prima volta, il birrificio in attivo di cassa anziché in passivo. Nel corso del nostro breve soggiorno a Stavanger ci è capitato di provare diverse birre, grazie anche ad una distribuzione abbastanza capillare sia nei supermercati che nei bar/ristoranti;  il birrificio privilegia il formato 33 cl., e le birre sono reperibili a dei prezzi ai quali tutto sommato i consumatori italiani sono purtroppo abituati: quelle al di sotto della fatidica soglia del 4.7% sono nei supermercati a 3,50-4,00 Euro, mentre per le Brewers Reserve, acquistabili solo nei monopoli statali, ci vogliono circa 6.50 Euro.  
Ecco una breve panoramica di quanto assaggiato, mentre dedicherò poi un post separato alla Brewers Reserve Rye IPA.
Iniziamo da una poco entusiasmente Pilsner (4,7%), dai leggeri profumi erbacei ma soprattutto con un carattere maltato (crosta di pane, miele) che la rende quasi più simile ad una lager. Poco da segnalare in bocca, un po' di malto, un po' di acqua ed una timida chiusura erbacea amaricante; poco gusto, poco carattere in una birra che sicuramente rassicura il palato dei bevitori di birra industriale ma che delude fortemente gli avvezzi alle birre "artigianali". E' disponibile anche in una generosa lattina da mezzo litro.
Di male in peggio ecco la Lervig Sommerøl (4,7%), commercializzata in una bella lattina che abbiamo sicuramente apprezzato più del suo contenuto; se vi aspettate una profumata e beverina birra estiva (Sommer),  magari ricca di scorza d'agrumi, ne resterete delusi. E' invece una lager molto blanda, della quale è difficile cogliere gli aromi bevendo direttamente dalla lattina, ma è il gusto a calare il verdetto definitivo: metallica, acquosa, amaro poco gradevole tra erbaceo e gomma bruciata. Mi consola solo parzialmente l'averla bevuta per dissetarmi dai quasi dieci chilometri percorsi a piedi per raggiungere e tornare dalla vetta del massiccio roccioso chiamato "il pulpito". C'è dunque una profonda differenza tra una parte della produzione Lervig che non si discosta molto da prodotti industriali privi di gusto a quella delle sue altre linee. Per bere qualcosa di decente dovete passare alla linea "americana", almeno secondo i nomi delle birre. 
Dal basso verso l'alto del nostro indice di gradimento ecco la Johnny Low, una low alcool (2.5%) India Pale Ale che ci ha incuriosito e che abbiamo trovato nel reparto refrigerato di un supermercato. La ricetta prevede malti Pilsner e Crystal, luppoli Cascade, Simcoe e Citra. Di colore dorato pallido, quasi limpido, ha uno spiccato aroma di limone e di lime, pulito ma pericolosamente vicino al confine del "detersivo per piatti" al limone. Priva di una qualsiasi base maltata, molto poco carbonata, passa da un imbocco acquoso alla scorza di limone/lime, per un risultato finale poco apprezzabile che la rende vicina alla limonata. Per dissetarsi, meglio comunque questa della Sommerøl. 
Il livello sale con la Lucky Jack  (4,7%), che come detto in precedenza dovrebbe essere la prima ricetta che Mike Murphy ha realizzato alla Lervig.  Pilsner e Crystal i malti, Amarillo, Chinook e Citra i luppoli. Bel colore oro arancio e naso pulito, ammiccante ed elegante con mandarino, arancio e leggeri sentori di pino ed erbacei. Ottime premesse un po' deluse in bocca, dove manca l'intensità dell'aroma. Pane, cereali, arancio e pesca con un finale che vira verso l'erbaceo; leggera, pulita e poco carbonata, non fa gridare al miracolo ma è senz'altro una di quelle birre che vorresti sempre trovare sulla scaffale di un supermercato.  E' anche di disponibile nell'americanissimo six pack, oltre che in lattina.
Chiudiamo questa rassegna della produzione Lervig "< 4,7%" con quella che ci ha più favorevolmente impressionato, ovvero la Hoppy Joe (4,7%), un'American Red Ale dal bel colore ambrato carico con riflessi rossastri.  Malti Pale, Caramel e Chocolate, luppoli Chinook, Simcoe e Nelson Sauvin. Profuma di pompelmo con leggeri sentori di aghi di pino e di toffee. In bocca ha un bell'equilibrio tra caramello, biscotto e pompelmo e sfocia in un finale "zesty" corto ma abbastanza intenso. Colpisce soprattutto per una gran bella secchezza che allontana qualsiasi timore di una "red ale" sciropposa o troppo caramellosa. Al contrario di molte altre birre norvegesi bevute, qui il gusto supera decisamente le aspettative create dall'aroma. Mediamente carbonata e facilissima da bere, l'abbiamo trovata molto gradevole sia in bottiglia che alla spina.



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