domenica 15 febbraio 2015

Buxton / To Øl Collateral Carnage

La prima collaborazione tra Buxton Brewery e la beerfirm danese To Øl risale a maggio 2013; Tobias Emil Jensen si reca una settimana in Inghilterra per alcune collaborazioni. Il punto di ritrovo è il pub Marble Arch di Manchester dove i birrai accettano l'ospitalità di Marble, birrificio inglese, per discutere davanti a qualche pinta di birra. Tobias è appena tornato da Magic Rock, dove ha realizzato una saison collaborativa chiamata The Juggler. 
Nel caso di Buxton, la collaborazione con To Øl porta un duplice risultato:  nascono la Collaboration Carnage (o Samarbejds Ødelæggelse, in danese) un'American IPA, e la Sky Mountain, una Berliner Weisse. 
Nel 2014 viene realizzata una nuova birra collaborativa o, per dirla con le parole dei birrai, un "effetto collaterale della Collaboration Carnage": nasce la muscolosa American Strong Ale chiamata Collateral Carnage.
All'aspetto è di un bell'ambrato carico, con riflessi ramati, leggermente velato; la schiuma color avorio è fine, cremosa e molto persistente. I tre mesi di vita della bottiglia si riflettono sull'aroma: ancora pungente e ben fresco, con una notevole intensità composta da aghi di pino ma soprattutto frutta: tropicale (mango, ananas, passion fruit), melone retato, pompelmo e pesca. In sottofondo ci sono anche lievi sentori di Big Babol, floreali e di marmellata d'agrumi.
Ottima la sensazione palatale: è una birra dal corpo pieno, con poche bollicine e molto morbida, forse un po' "ingombrante" in bocca ma stiamo comunque parlando di una birra muscolosa e parecchio alcolica (9.1%), che va sorseggiata. Gusto pulito e ben bilanciato, a partire dalla base maltata di biscotto e caramello molto ben integrata con il dolce della frutta  tropicale (mango e ananas) e, in maniera minore, dei canditi. La bevuta è però subito equilibrata da un amaro resinoso, "pizzichino", quasi balsamico, che morde subito ai lati della lingua; il livello di percezione dell'alcool è quello giusto: né troppo, né troppo poco, riscaldando quando serve, senza mai andare oltre le righe. Chiude discretamente secca, lasciando una lunga scia amara resinosa, intensa e elegante, ben spalleggiata da un discreto warming etilico di frutta sotto spirito.
Niente da eccepire su quanto c'è nel bicchiere: birra solida e pulita, molto ben fatta, che si sorseggia con buona soddisfazione e senza nessuna difficoltà. Non mi ha però trasmesso particolari emozioni, e non so che cosa aggiunga di nuovo al già ampio portfolio di Buxton e a quello, ancora più vasto, di To Øl: bevendola ho consapevolmente assecondato quella che sta diventano ormai la regola numero uno del marketing del mondo della "craft beer".  Far uscire sempre qualcosa di nuovo, one-shot, esperimenti, collaborazioni… perché sono ormai più quelli che corrono dietro alla novità di quelli che ritornano a bere regolarmente la stessa ottima birra. Io stesso mi rendo conto di essere dentro a questo circolo vizioso, in parte per via del blog: per lo meno questa è stata una buona bevuta.
Formato: 33 cl., alc. 9.1%, imbott. 18/11/2014, scad. 18/11/2015.

1 commento:

  1. E' che mi ritrovo delle volte a cercare "cosa c'è di nuovo" anzichè "cosa c'è di buono". Finchè le due cose coincidono, va ancora tutto bene.

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