mercoledì 2 marzo 2016

Rittmayer: Hallerndorfer Bitter 42 & Hallerndorfer Bitter 58

Che la Craft Bier stia prendendo lentamente piede anche in Germania è un dato di fatto inconfutabile; non solo spuntano nuovi microbirrifici o beerfirm, ma anche molti birrifici dalla storia pluricentenaria si stanno muovendo verso un mercato che evidentemente consente di recuperare con prodotti “premium” almeno una parte dei mancati introiti derivanti dal calo del consumo di birra che affligge il mercato tedesco da molti anni.  Sì perché le cosidde craft bier, quasi sempre vendute nel formato 33 centilitri, non costano ancora come in Italia ma hanno spesso prezzi che oscillano tra i 5 e i 9 euro al litro, ovvero tre, quattro, cinque volte tanto quelle di una classica birra tedesca: e non raccontateci che il prezzo più alto sia soltanto motivato dall’aumento del costo di produzione. Si tratta ovviamente di un prodotto premium che dev’essere commercializzato in una certa fascia di prezzo, punto. 
Tra i nomi storici ad avvicinarsi al segmento “craft” c’è stato Rittmayer, il birrificio più antico di tutto il comune di Forchheim; fondato dall’omonima famiglia nel 1422 nel sobborgo di Hallerndorf, venti chilometri a sud di Bamberga; qualche anno fa avevo assaggiato la loro Annual Reserve Edition 2012. Il birrificio oggi guidato da George Rittmayer ha ammodernato i propri impianti nel 2012 con una capacità di circa 25.000 ettolitri l'anno; accanto alle classiche birre tedesche ha lanciato il proprio segmento “kraftbier”  nel formato da 33 centilitri  etichettato in maniera essenziale ma in qualche modo moderna.  Nelle prossime settimane le passeremo in rassegna più o meno tutte. 
Partiamo dalla Bitter 42, il cui nome non fa riferimento alla categoria stilistica ma solamente al numero degli IBU.  Si tratta in realtà di una pils leggermente al di sopra “dei parametri d’amaro” che il BJCP prescrive per lo stile (da 22 a 40); niente di estremo, insomma. Quello che colpisce maggiormente è l’affermazione in etichetta, quel “die endgültige Antwort auf die Frage nach dem wahren Pils”  (più o meno “la risposta definitiva alla domanda su che cosa sia una vera Pils”) che suona ambizioso, se non arrogante. Non sono riuscito a reperire informazioni sui luppoli usati, presumo possa trattarsi del Tettnanger che viene usato dal birrificio nella maggior parte delle proprie ricette. 
Di colore oro antico, perfettamente limpida, viene sormontata da un compatto “cappello” di schiuma bianca, compatta e cremosa, dalla buona persistenza. Il naso è pulito e di discreta intensità, pur avendo perso un po’ di fragranza: profumi floreali e di miele affiancano le note erbacee e delicatamente speziate del luppolo. Al palato mancano un po’ di bollicine a rendere la bevuta vivace: c’è tutta via una buona intensità con crackers, mollica di pane e miele ad introdurre il dolce che progressivamente lascia spazio all’amato erbaceo e speziato della generosa luppolatura.  Complessivamente la bevuta non perde mai l’equilibrio, con le note maltate che ritornano anche nel finale, ma perde un po’ per strada quell’eleganza, quella delicatezza e quella finezza che dovrebbero invece rappresentare il DNA di una Pils, soprattutto se si autoproclama essere “la risposta definitiva al che cosa sia una vera Pils”. Il suo compito di dissetare e rinfrescare con gusto lo svolge ugualmente bene, sicuramente una maggiore fragranza/freschezza le avrebbe fatto guadagnare ulteriori punti. 
Con la Bitter 58 non solo si alza il livello di IBU ma si guarda anche al di fuori dei confini nazionali; oltre al Tettnanger ci sono anche Citra e Cascade. Il birrificio la descrive come un incontro tra un Extra Special Bitter inglese ed una Pils della Franconia (sic); cosa c’entrino Citra e Cascade con questi due stili, rimane un mistero. Dovrebbe tuttavia sempre trattarsi di una Pils, ovvero parliamo di bassa fermentazione. 
Il suo dorato è leggermente velato, mentre la schiuma è esente da pecche: bianca, fine e cremosa, non molto generosa ma ottima persistenza. Sentori floreali, di pompelmo, cedro e lime al naso, con una suggestione di frutta tropicale; l’intensità è discreta, mentre pulizia ed eleganza sono di buon livello. Chiusa la parentesi esotica dell’aroma il gusto si riporta in territori più tradizionali con pane, cereali e miele a formare la base dolce, mentre la frutta tropicale e gli agrumi s’intravedono appena. C’è un pochino di diacetile che lascia il palato un po' imburrato riducendo il potere rinfrescante di questa birra, e anche le bollicine potrebbero essere un po' più in evidenza, negli standard di una pils.  A dispetto di nome (bitter) e di IBU dichiarati l'amaro finale è abbastanza leggero e si sviluppa in territorio erbaceo e terroso, bilanciando di fatto la birra senza darle quella caratterizzazione presente nella Bitter 42. Diacetile a parte la birra si beve comunque senza difficoltà risultando gradevole: aroma esotico, gusto più convenzionale nel quale si sente invece la mancanza di quel carattere esotico necessario per mantenere coerenza con i profumi.
Nel dettaglio:
Bitter 42, formato 33 cl., alc. 5.5%, IBU 42, lotto 06:59 S, scad. 03/05/2016.
Bitter 58, formato 33 cl., alc. 5.8%, IBU 58, lotto 22:08 A, scad. 24/08/2016.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

3 commenti:

  1. concordo, molto più piacevole la 42, soprattutto fresca. Non sarà elegantissima ma con l'arrivo delle giornate calde è adattissima ad aprire una sessione di bevute

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  2. il 58 potrebbe riferirsi alla gradazione alcolica e non agli IBU?secondo me se avessero fatto veramente 58 ibu dovrebbe essere anche più amara, sopratutto usando quei luppoli

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    1. potrebbe essere, certo. Nella Bitter 42 il birrificio parla chiaramente di "42 Bitterinheiten" ovvero IBU... pensavo che così fosse anche per questa ma effettivamente non c'è l'ufficialità del birrificio.
      comunque non mi soffermerei troppo sui numeri, gli IBU sono teorici ma poi la sensazione amara di quello che bevi è influenzata dalla quantità di malto utilizzato. Per intenderci risulta molto più amara una session IPA da 3% e 60 IBU che una Double IPA da 10% e 90 IBU.

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