giovedì 13 luglio 2017

Beavertown: Lupuloid & Humuloid

Il Lupuloide è la creatura immmaginaria scelta dal birrificio londinese Beavertown per impersonificare la prima IPA ad entrare in produzione continuativa tutto l’anno. Il nome deriva ovviamente dal latino Humulus Lupulus e la birra è – dicono – il risultato di una ricerca durata quattro anni.  In passato c’erano state alcune IPA prodotte occasionalmente solo in fusto, come ad esempio la Fifth Element (2014)  e la Dishoom,  prodotta per l’omonimo ristorante a Covent Garden, e c’era la 8 Ball, una IPA alla segale che viene ancora prodotta regolarmente. 
Ma secondo Logan Plant l’input più significativo per arrivare alla realizzazione della Lupuloid è arrivato dalle collaborazioni con altri birrifici americani, tra le quali Founders, Other Half, Firestone Walker, Stone, Dogfish Head. Alla fine del 2015 Beavertown inizia a produrre una decina di prototipi con il nome di “Lupuloid IPA Series”: Declaration #1 e #2, Test Pilot Anser, Test Pilot Mavericus, Dr. Enigmatus, Sgt. O Mors, Cpt. Hasta, Armillaria Mater, Delta Unda e Uy Scuti “Queste birre – racconta Plant - furono accompagnate in etichetta da tutti i dettagli: tipologie di malti e luppoli, quantità utilizzate, ceppo di lievito, densità iniziale e finale. Abbiamo dato alla gente tutte quelle informazioni per ascoltare la loro opinione sulla birra e apportare le necessarie modifche nel lotto successivo”.  A inizio settembre 2016 debutta la Lupuloid definitiva: è disponibile nella taproom del birrificio ma il suo vernissage avviene all’End of Road Music Festival di Salisbury dove il furgone di Beavertown presenta i primi fusti e le prime lattine.  Il lancio commerciale della birra viene accompagnato da un filmato d’animazione realizzato da Nick Dwyer assieme allo Studio Yuzu; il gruppo The BcBs si è invece occupato della colonna sonora, cantata da Logan Plant. 

Le birre.
“Il pensiero che ha guidato la realizzazione di questa birra è che per troppo tempo i nostri cugini americani hanno avuto lo scettro delle migliori IPA. Era arrivato il momento di riportarlo in Inghilterra”. Per farlo, Beavertown realizza una ricetta con malti Extra Pale e Acidulated, frumento, fiocchi d’avena e una generosa luppolatura a base di Citra, Mosaic ed Equinox. 
Il suo colore è un dorato leggermente velato e sormontato da una testa di schiuma bianca, cremosa e compatta, dalla buona persistenza.  Al naso non c’è esattamente un’esplosione di aromi ma il bouquet è comunque pulito e abbastanza fresco:  guidano gli agrumi (lime, limone, pompelmo e cedro) con qualche sconfinamento verso la dolcezza del candito. In sottofondo affiorano profumi di ananas e qualche nota dank. La bevuta è abbastanza morbida, soprattutto grazie alla bassa carbonazione, ma mi sembra un pelino troppo pesante dal punto di tattile: i malti (pane e miele) lasciano subito il palcoscenico agli agrumi mostrando una coerenza pressoché completa con l’aroma. Il finale è caratterizzato da una buona secchezza e da un amaro resinoso che non ha velleità estreme o asfalta-palato: il risultato è una IPA piuttosto bilanciata, moderatamente fruttata e piuttosto facile da bere in quanto la componente etilica è (6.7%) è ben nascosta. Non so se la lattina abbia nel trasporto subito un po’ il caldo di queste settimane, in quanto  nonostante la giovane età la birra non brilla d’intensità e di fragranza. Si beve comunque con buona soddisfazione.   

Lo scorso 27 maggio 2017 è invece arrivata quella che Beavertown considera “l’estensione naturale” della Lupuloid, ovvvero la sorella maggiore Humuloid. Una Double IPA (8%) che abbraccia il filone del New England / Juicy e che viene prodotta con malti Golden Promise e Acidulated, destrine e soprattutto un’elevata percentuale di frumento e avena (Golden Naked e fiocchi) per creare un corpo ricco e morbido; il lievito è il Vermont WLP4000, i luppoli  Columbus, Citra e Azacca, questi due utilizzati anche in un massiccio dry-hopping (18 grammi per litro).
All'aspetto è torbida, simile ad un vero succo di frutta color arancio: la schiuma, biancastra e grossolana, si dissipa molto velocemente. Purtroppo il naso è piuttosto deludente: il succo di frutta tropicale non c'è, l'intensità è molto dimessa. Si sente l'alcool e bisogna impegnarsi un po' per scovare in sottofondo un ricordo di ananas. La bevuta mostra qualche debole segno di miglioramento ma non c'è nulla di cui esaltarsi: anche qui l'alcool non si nasconde, in sottofondo si percepisce ancora un po' ananas e mango ad anticipare la chiusura amara e resinosa che, nonostante sia corta e di bassa intensità, riesce ugualmente a "raschiare" un pochino il palato con quell'effetto-pellett che è un po' la croce di molte delle New England IPA europee che ho assaggiato. E' una birra bevibile ma, venendo a mancare la sua principale raison d'être, ovvero il carattere juicy/succoso, la bevuta non può altro che essere definita deludente se consideriamo che ha poco più di un mese di vita. In giro ne parlano bene: lattina sfortunata, colpa del trasporto o colpa del caldo... sarà il caso di riprovarla se il birrificio deciderà di continuare a produrla.
Nel dettaglio: Lupuloid, 33 cl., alc. 6.7%, IBU 55, lotto 1553, scad. 06/09/2017, prezzo indicativo 4.00 – 5.00 Euro (beershop)         Humuloid, 33 cl., alc. 8.0%, IBU 81,7, lotto 1455, scad. 24/08/2017, prezzo indicativo 5.00 – 6.00 Euro (beershop)          

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

5 commenti:

  1. Complimenti per il tuo Blog che seguo sempre nella pubblicazione di nuove birre. Siccome sono un Homebrewers prima o poi deciderò di inviarti qualche bottiglia per avere un tuo parere. Ad ogni modo secondo me Beavertown è un ottimo birrificio e le birre che ho assaggiato io fino adesso sono sempre state delle ottime birre, cosa che invece a mio parere non posso dire delle NEIPA in generale, non le capisco non le trovo molto sensate e vederle nel bicchiere non mi fà nessuna voglia di berle, non mi stupisco più di troppo della tua valutazione, ma se la troverò l'assaggerò comunque per vedere se confermare il mio giudizio o meno. Tu cosa ne pensi?

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    1. Grazie per i complimenti! Sulle Neipa non posso esprimermi più di tanto perché quelle "originali" Americane non le ho ancora bevute. Detto questo, sì sono bruttine! questa di bevertown era abbastanza spenta, ma ne ho bevute altre europee che erano buone. Sono un piacevole divertimento, personalmente non ne berrei più di un bicchiere alla volta.. tendono a stancarmi in fretta... difficile trovarle eleganti e c'è sempre il rischio di quel grattino di pellet dietro l'angolo. Non so che futuro avranno, birre delicatissime e dalla shelf life molto corta. Oltre a saperle fare bisogna anche disporre di adeguati canali distributivi.

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  2. La humoloid devo ancora assaggiarla detto cioè invece delle neipa posso dirmi soddisfatto anche se condivido la tua idea sull'incerto futuro. per chi come me ha avuto fatica (iniziando a bere artigianale da poco per la giovane età) a mandar giù spesso ipa e double ipa con un amaro asfaltante ha trovato in questo piacevole esperimento un modo di apprezzare i luppoli. Non ho ancora assaggiato le americane ma alcune europee sono già di buon livello credo.

    Ovviamente il costo spesso più elevato e uno shelf life pari a zero o quasi non aiuteranno questo genere che non so quanto riuscirà ad assestarsi...in sostanza tra una buona ipa e una buona neipa posso essere indeciso...tra tante ipa inutilmente amare e spesso sciape non posso non optare per delle neipa, per altro spesso prodotte da birrifici di alto livello. é tutta questione di capacità del birrario e della singola birra, non credo che nessuno sarebbe infelice di una cloudwater per quanto juicy, magari non fai serata tra amici ma da bersela in tranquillità è comunque una bella soddisfazione.

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    1. secondo me una West Coast IPA fatta bene rimane ancora la miglior interpretazione possibile dello stile. Parlo ovviamente di birre calforniane e bevute in loco; su quelle che arrivano qua purtroppo ci sono sempre troppe variabili che incidono su quello che poi bevi.
      E mi riferisco alle interpretazioni più "bilanciate" dello stile, dove l'amaro c'è ma non asfalta il palato.

      Buone e divertenti le NEIPA, ma mi riesce difficile andare oltre il primo bicchiere. Almeno per quelle che ho assaggiato sino ad ora.

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  3. Concordo su tutto e come detto sopra io stesso tra una ipa ben fatta e una neipa sarei indeciso, soprattutto se ne volessi bere più di una e non solamente un assaggio. Dico solo che tra i molti divertissement degli ultimi anni nel campo delle ipa ho trovato di gran lunga più piacevole quello delle neipa che non la scalata all'ibu ecco. Anche per me chiaramente una west coast perfetta sarà sempre e comunque difficilmente sostituibile. Insomma aldilà dell'aspetto ho trovato questo esperimento utile per potersi godere il luppolo in altra maniera.

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