martedì 3 dicembre 2019

Founders Barrel Runner

Ecco l’ultimo tassello della Barrel Aged Series 2018 del birrificio Founders di Grand Rapids, Michigan. Sei birre barricate provenienti da un’enorme “cantina” (virgolette d’obbligo), ovvero una vecchia cava di gesso ora in disuso che si trova a 5 chilometri di distanza dal birrificio. E’ qui dove oggi riposano circa 20.000  barili a 25 metri di profondità e ad una temperatura costante di 3-4 gradi centigradi. Al termine dell’invecchiamento i barili vengono riportati in superficie con un montacarichi, caricati su di un camion e consegnati al birrificio; dalle botti la birra viene trasferita in serbatoi d’acciaio e centrifugata per rimuovere i sedimenti prima del confezionamento. La Barrel Aged Series 2018 è stata inaugurata come al solito dalla imperial stout KBS (marzo) seguita da Backwoods Bastard (aprile),  Dankwood (maggio), Barrel Runner (giugno), Curmudgeon’s Better Half (agosto) e CBS (novembre).  Le trovate tutte sul blog. 
Mancava Barrel Runner, una Imperial Red IPA (11.1%)  luppolata con abbondanti quantità di Mosaic e poi invecchiata in botti che avevano ospitato in precedenza rum: ha debuttato a giugno 2018, dapprima alla spina delle due taproom di Founders e in seguito è stata distribuita in bottiglia. I prezzi americani? Quindici dollari per il 4 pack e 12 dollari per la bottiglia da 75 centilitri, tasse escluse ovviamente. Il birraio Jeremy Kosmicki dichiara di essersi ispirato ai cosiddetti tiki cocktails: “ne bevo più di quanto dovrei e hanno ispirato questa birra. Il carattere tropicale donato dal Mosaic, il rum e il legno: aggiungete un ombrellino nel bicchiere ed avrete la birra perfetta da bere a bordo piscina”.  Barrel Runner è anche la prima esperienza di Founders con botti di rum. 
E i Tiki cocktails? Pare siano stati inventati da Ernest Gantt che negli anni ’30 possedeva in California il bar Don the Beachcomber. Gnatt era arrivato dal Texas e il suo amore per le spiagge era così forte che qualche anno dopo cambiò legalmente il proprio nome in Donn Beach; qui ideò alcuni cocktail esotici a base di rum, miele e sciroppi e il suo locale era adornato di souvenir provenienti dai suoi frequenti viaggi nei tropici. Al ritorno dalla seconda guerra mondiale Gnatt si trasferì alle isole Hawaii per aprire quello che viene considerato l’archetipo del Tiki Bar, chiamato Waikiki Beach: palme, maschere hawaiane, una pioggerella artificiale perenne sul tetto e uno storno addestrato a ripetere la frase “dammi una birra, stupido!”. 
Don era solito servire i propri cocktail in classici bicchieri di vetro; i Tiki Bar utilizzano invece  oggi le tazze Tiki in ceramica che rappresentano i volti di alcune divinità; la leggenda vuole che dento ogni tazza si celi uno spirito. I tiki cocktails originali erano realizzati blendando diverse varietà di rum con liquori all’arancia (Triple sec, Grand Marnier, Cointreau), sciroppi (Falernum, Fassionola, orzata) e bitter: oggi gli stessi locali servono dei cocktails molto più docili e fruttati che cercano invece di nascondere il sapore dei distillati. La quintessenza del tiki cocktails è probabilmente il Mai Tai: rum chiaro e scuro, Curaçao, sciroppo d'orzata e succo di lime. Si dice sia stato inventato nel 1944  da Victor Bergeron al Trader Vic’s bar di Oakland, California, ma i rivali del Don the Beachcomber ne rivendicano la creazione – con una ricetta differente -  facendola risalire al 1933.

La birra.
Arancio, ambrato carico, piuttosto velato: nel bicchiere si forma anche una buona testa di schiuma cremosa e compatta. La componente etilica è subito evidente al naso: il rum è assoluto protagonista e i profumi di frutta tropicale e agrumi della Imperial Red Ale rimangono confinati nelle retrovie. L’intensità è notevole ma lo spettro aromatico risulta abbastanza ridotto e monocorde. La bevuta si muove sugli stessi binari senza deviazioni: la Barrel Runner di Founders picchia duro e forse vuole volutamente replicare i tiki cockatils originali, quelli “per uomini veri”. Il distillato la segna da capo a coda e il sorseggiare è un lento percorso che richiede frequenti pause defaticanti: lentamente il palato s’abitua e le cose vanno un po’ meglio, ma ad oltre un anno dalla messa in bottiglia la componente etilica è ancora prevaricante. L’accompagna una generale sensazione tropicale: per ovvi motivi (Barrel Aged) non è frutta fresca. E’ una il cui dolce viene perfettamente asciugato dall’alcool e da una nota amara resinosa-vegetale conclusiva che, benché funzionale allo scopo, personalmente mi sembra un po’ fuori contesto: quasi per miracolo il palato si trova comunque pulito e pronto a ricominciare. Per il mio gusto non è sicuramente la miglior Barrel Aged di Founders: molto segnata dalla botte, dimostra molto più alcool di quello che dichiara. Buona ma -riprendendo le parole del birraio - non è esattamente la birra che vorrei bere a bordo di una piscina.
Formato 35.5 cl., alc. 11.1%, IBU 55, imbott. 05/2018, scad. 26/05/2019.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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