mercoledì 11 marzo 2020

DALLA CANTINA: Deschutes The Abyss 2016

Nel 2005 il fondatore di Deschutes (Oregon, USA) Gary Fish sfidava i propri birrai a creare una birra estrema e potente, quella che ancora mancava ad un birrificio che faceva già fatica a soddisfare le richieste dei clienti per le birre in produzione regolare. Da un concorso interno vari birrai ne uscirono vincitrici due Imperial Stout: una prodotta con l'aggiunta di liquirizia, l'altra con melassa nera. Dal blend di queste due birre nasceva la base per quella che diventerà poi The Abyss: oltre a melassa e liquirizia, vengono aggiunti corteccia di ciliegio e baccelli di vaniglia. La sua preparazione è abbastanza laboriosa in quanto è necessario realizzare due mash separati che vengono poi portati nello stesso bollitore; ci sono poi 360 bastoncini di liquirizia da scartare a mano, uno ad uno.  Nel 2006 alla Deschutes il marketing non era certamente una delle priorità è l'uscita del primo lotto di Abyss avvenne in sordina; il passaparola tra gli appassionati fu però velocissimo e già l'anno successivo le richieste superarono di gran lunga la disponibilità. Entrata nel circolo delle cosiddette "birre culto" americane, ogni anno viene commercializzata a novembre e spariva rapidamente dagli scaffali dei negozi. 
Il mercato è da allora profondamente cambiato e quasi nessun beergeeks metterebbe oggi Deschutes sulla sua wishlist: il risultato è che le bottiglie di Abyss vengono distribuite anche al di fuori dell’Oregon e rimangono sugli scaffali per molto più tempo del previsto. Per portare nuova linfa al prodotto The Abyss, nel 2015 Deschutes ha allora iniziato a produrne diverse varianti caratterizzate principalmente dalle uso di botti per l’invecchiamento. 
Qui trovate le mie impressioni su una bottiglia di The Abyss 2013 bevuta nel 2016. A quel tempo sia Ratebeer che Beer Advocate la elencavano tra le 50 migliori birre al mondo: trentanovesima per il primo (e ventisettesima miglior Imperial Stout), quarantaseiesima per il secondo (ventesima miglior Imperial Stout). Oggi solo il Beer Advocate (di recente acquisito da Untappd) annovera The Abyss nella Top 50 (numero 37) delle Imperial Stout.

La birra.
Nel 2016 The Abyss  fu commercializzata in tre versioni: oltre a quella standard ci furono le edizioni Scotch e Brandy, ovvero la birra base invecchiata al 100% in botti degli omonimi distillati.  La Abyss normale (11.1%) nasce invece da un blend di birra fresca (50%) e invecchiata in botti ex-bourbon (21%), ex-Pinot Nero dell’Oregon (21%) e nuove (8%); la ricetta della imperial stout base dovrebbe includere malti Pale, Black, Chocolate, Black Barley, Roasted Barley e frumento; luppoli Millennium, Nugget, Styrian e Northern Brewer; melassa nera, liquirizia, baccelli di vaniglia e corteccia di ciliegio tardivo. 
Nel bicchiere è perfetta: un nero abisso sul quale si staglia una sontuosa e minacciosa testa di schiuma, cremosa e compatta. Il naso è piuttosto pulito ed elegante e permette di cogliere tutte le diverse sfumature derivanti dai passaggi in botte: bourbon, vino, melassa, legno, accenni di vaniglia. Ma non è finita qui: fruit cake, caffè,  cioccolato, tabacco, una punta d’affumicato. E’ un percorso molto complesso ed intrigante. Al palato è morbida, dal corpo medio-pieno, ma non particolarmente viscosa: non ci sono molte “coccole” per il palato.  Melassa, fruit cake, liquirizia e bourbon iniziano un percorso dolce arricchito da note vinose, frutti di bosco. Inizialmente la controparte amara, ricca di caffè e torrefatto, sembra viaggiare in sordina ed in parallelo, ma il finale è tutto suo. L’ottimo livello di pulizia permette di cogliere con grande definizione le due anime di questa birra che non riescono però mai a fondersi completamente tra loro. La chiusura è calda, ricca di bourbon e da un intenso torrefatto che viene ammorbidito da qualche tocco di vaniglia e da una piacevole nota fumé.  
La ritrovo come l’avevo lasciata nel 2016: rileggendo i miei appunti di bevuta sull’Abyss 2013 trovo una corrispondenza pressoché perfetta, nonostante il miei gusti e il mio palato sia inevitabilmente cambiati in tutti questi anni. La ritrovo e la bevo con grande soddisfazione: è una birra che non suscita più l’interesse dei beergeeks e che sono riuscito a trovare in un negozio negli Stati Uniti dieci mesi dopo la sua uscita commerciale. Speriamo che qualche bottiglia arrivi un giorno anche in Europa, sarebbe bello poterla bere con frequenza quasi annuale.
Formato 65 cl., alc. 11.1%, IBU 86, lotto 11/2016, pagata 17,00 dollari

NOTA: Prezzi indicativi (beershop). La descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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