martedì 21 marzo 2017

Lervig / Hoppin' Frog Sippin Into Darkness

Il 2016 si è rivelato ricco di collaborazioni per il birrificio dell’Ohio Hoppin' Frog,  fondato nel 2006 dal birraio  Fred Karm ad Akron; il birrificio esporta in Europa dal 2008 e ha voluto nuovamente collaborare, ripetendo l’esperienza del 2012, con alcuni birrifici del nostro continente.  L’Hoppin Frog 2016 European Collaboration Tour ha coinvolto i danesi della Dry &  Bitter per una Baltic Porter, la beerfirm To Øl (SS Stout),  gli inglesi di Siren (la piccante 5 Alarm) e i norvegesi di Lervig con la massiccia Sippin Into Darkness Imperial Stout. 
Secondo il libro di Tony Abou-Ganim “Vodka Distilled: The Modern Mixologist on Vodka and Vodka Cocktails”, il cocktail chiamato Chocolate Martini fu inventato da Rock Hudson ed Elizabeth Taylor quando si trovavano a Marfa (Texas) per le riprese del film “Il Gigante”: i due attori vivevano in due villette adiacenti, diventarono amici e si ritrovavano spesso la sera a far tardi con un bicchiere in mano. “Eravamo così giovani – ricordava Hudson – potevamo mangiare e bere tutto quello che volevamo e non sentivamo mai il bisogno di dormire. Una sera inventammo il miglior drink che mi sia mai capitato di bere, un Martini al cioccolato fatto con vodka, sciroppo di cioccolato Hershey's e Kahlúa (un liquore messicano al gusto di caffè). Non so come siamo riusciti a sopravvivere.”  Anche se tecnicamente non era un Martini, la bevanda inventata quella sera divenne molto popolare a Hollywood ispirando poi la nascita di una serie di miscelati al cioccolato: moltissime le varianti che vengono oggi chiamate Chocolate Martini, quasi tutte basate su vodka e un liquore al cioccolato ai quali vengono poi aggiunti ingredienti a fantasia, come ad esempio vaniglia, menta, lamponi, panna. 

La birra.
Questo cocktail è anche l’ispirazione presa dai birrifici Lervig (Norvegia) ed Hoppin Frog (USA) per una massiccia (12%) imperial stout collaborativa chiamata Sippin Into Darkness:  come mostra questo breve video-documentario, i due birrai Mike Meyers e Fred Karm si ritrovano a Stavanger, Norvegia per realizzare una ricetta che prevede anche avena, zucchero candito, lattosio, fave di cacao e vaniglia. La versione europea inizia a circolare a luglio 2016, in fusti ed in bottiglia da 33 centilitri; la ricetta viene poi replicata sugli impianti di Hoppin Frog e debutta sul mercato americano (fusti e bottiglia da 65 cl.) il 15 ottobre 2106 con una gradazione alcolica leggermente inferiore (10%). Alla taproom del birrificio dell’Ohio potevate acquistare le prime bottiglie al prezzo di 10.99 dollari più tasse, ovviamente. 
Nera, davvero impenetrabile, riempie il bicchiere con un denso liquido sormontato da un discreto cappello di schiuma, cremosa, compatta e dalla buona persistenza. Al naso cioccolato al latte, frutta secca, melassa e gianduia ma soprattutto tanta vaniglia: il dolce è davvero notevole, l’eleganza non è la caratteristica principale di un aroma che tuttavia riesce a non scivolare nell’artificiosità. In bocca è piena e poco carbonata, avvolgendo completamente il palato con una viscosità morbida che non sconfina nel catramoso o nel masticabile: sorseggiarla non è così complicato anche perché l’alcool (12%) è stato ben addomesticato. Il “problema” di questa birra – almeno per me – è che s’addentra troppo nell’amato/odiato territorio delle “birre-dessert”, se mi passate il termine. Hoppin Frog e Lervig producono entrambi ottime imperial stout, robuste, massiccie, dure, intense: B.O.R.I.S., D.O.R.I.S. e Konrad’s Stout sono davvero notevoli.  Sippin Into Darkness è ovviamente una birra che non vuole andare in quella direzione, ma perché non mantenere una di quelle basi ed aggiungere solo una leggera caratterizzazione? Qui la componente dessert (vaniglia, cioccolato al latte, caramello, biscotto) domina nettamente la birra con un risultato che s’avvicina pericolosamente allo stile Omnipollo.  Per fortuna non c’è quella sensazione di artificiosità così marcata ma è la classica birra che, dopo la “meraviglia” dei primi sorsi, inizia a stancarmi; l’amaro è quasi assente, caffè e tostature hanno solo il compito di bilanciare il dolce, aiutati dal luppolo che a fine corsa contribuisce a ripulire un po’ il palato. Il finale è piuttosto lungo, con il calore della frutta sotto spirito che avvolge vaniglia e caramello. 
Livello sicuramente alto se applicato al concetto di “birra-dessert”: se invece non amate particolarmente questo tipo di birre, pensateci bere prima di decidervi ad un acquisto che non è esattamente tra i più economici. Per me è un "ni".
Formato: 33 cl., alc. 12%, IBU 50, lotto e scadenza non riportati, prezzo indicativo 6.00/7.00 Euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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