giovedì 20 settembre 2012

Drakes Denogginizer

Viene fondata nel 1989, nella baia di San Francisco, in quella che un tempo era la centrale elettrica di una vasto sito industriale dove fino al 1946 vennero assemblati alcuni modelli di macchine Dodge; successivamente, la fabbrica fu utilizzata per la produzione di trattori e mietitrebbie dalla International Harvester e poi la macchine movimento terra Caterpillar. Alla fine degli anni 70 gli impianti produttivi vengono definitivamente chiusi e l’area viene riconvertita in zona commerciale; l’edificio che ospitava la centrale elettrica viene acquistato da Roger Lind che nel 1989 fonda da solo la Lind Brewing Company, occupandosi nei primi anni da solo di tutto, dalla birrificazione alla consegna dei fusti. Nel 1998 Lind vende alla famiglia Rogers, già proprietaria di una torrefazione di caffè adiacente al birrificio, che cambia il nome in Drake’s. Nel 2008 l’ultimo cambio di proprietà, con l’acquisizione da parte di Drakes da parte di John Martin e Roy Kirkorian; un cambiamento che in un certo senso riporta alla origini, visto che Roger Lind aveva iniziato la sua carriera di mastro birraio professionista nel 1987 alla Triple Rock Brewery di Johan Martin. Dal 2008 ad oggi, il birrificio ha visto aumentare del 50% all’anno i volumi di produzione. Denogginizer è l’Imperial IPA della casa, nata nel 2004 dalla mano di Rodger Davis e Josh Miner, due ex-birrai alla Drakes. Il nome della birra si riferisce ad un incidente avvenuto durante la fermentazione della prima cotta; l’enorme quantità di luppoli gettati nel fermentatore (in dry-hopping) aveva otturato la valvola di sfiato del fermentatore causando un terribile aumento della pressione. Josh salì immediatamente su una scala per raggiungere la cima del fermentatore ed azionare manualmente il morsetto di sicurezza per lo sfogo della pressione. Improponibile tentarne la traduzione in italiano di Denogginizer, si può solamente tentare un abbozzo con “lo scavicchiatore”, ovvero colui che toglie (un perno, un cuneo, un piolo) da un luogo in cui era rimasto incastrato. La ricetta pare aver subito numerose modifiche nel corso degli anni; attualmente l’etichetta recita malti Munich e Crystal, Simcoe, Columbus ed un “tocco” di Cascade ed Amarillo come luppoli. Leggermente più scura di una classica IPA West Coast, è di colore ramato velato; la schiuma, bianca, è fine e cremosa ed ha una buona persistenza. Naso carico di frutta tropicale, papaya, mango, passion fruit, davvero molto dolce, sembra a tratti quasi frutta candita; aroma molto forte, ma un po’ grossolano; c’è anche qualche sentore di caramello. In bocca risulta davvero molto appagante sin dal primo sorso: corpo pieno, carbonazione media e soprattutto una grande morbidezza, quasi cremosa che avvolge tutto il palato. Inutile cercare qualche traccia di malto, la partenza è già carica di frutta tropicale sciroppata e pompelmo, con una discreta presenza etilica che però non intacca più di tanto la bevibilità. Gusto davvero molto intenso, prorompente, che trova come contraltare un amaro molto intenso, resinoso e vegetale, molto persistente. Il retrogusto che lascia, poi, sembra quasi non aver fine. Una Double IPA davvero massiccia, sciropposa prima e molto amara poi, che riesce tuttavia a mantenere sempre un buon livello di bevibilità senza arrivare ad azzerare le papille gustative. Formato: 65 cl., alc. 9.75%, 90 IBU, lotto e scadenza non riportati, 6.66 Euro ($ 7.99).

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