lunedì 10 settembre 2012

Stillwater Existent

Lo ammettiamo, per questa volta siamo stati vittima del fascino dell'etichetta. Ma ad una birra che si chiama "Existent" e con un  Friedrich Nietzsche "seppiato all'infrarosso" proprio non siamo riusciti a resistere. Il produttore è Stillwater Artisanal Ale, ovvero Brian Strumke, l'ennesimo birraio zingaro che, senza impianti, dice di passare la vita perennemente in viaggio a produrre birre in giro per il mondo. Ex musicista e produttore di musica elettronica, nel 2004 cambia lavoro ed entra nell'ambito dell'Information Technology. Ben presto la noia s'affaccia, e Brian decide di mettere il suo estro creativo al servizio della birra. In poco tempo il "portfolio" di Stillwater s'arricchisce di numerose produzioni, che purtroppo hanno esattamente quelle caratteristiche che tutti i detrattori dei "birrai zingari" additano un po' come il "male assoluto": birre occasionali, quasi mai ripetute, piccoli lotti e quindi l'impossibilità di valutare l'effettiva capacità (leggasi "costanza") del birraio stesso. Il culmine lo raggiunge la sua birra chiamata Requisite, produzione da un paio di fusti che hanno potuto bere solamente gli avventori di una serata allo Baltimore Beer Week. Tornando a questa birra, le note in etichetta sono a tema con il nome (Existent): "questa birra rappresenta la nostra filosofia. Cerchiamo con tutte le nostre forze di definirci attraverso la passione e la sincerità, accettando il fatto che non tutti gli aspetti della vita siano spiegabili immediatamente. Per manifestare questa nostra ideologia presentiamo una birra intrigante. Questa è una birra che voi stessi dovete definire. '..e se tenete lo sguardo fisso nell'abisso per molto tempo, l'abisso finirà per guardare voi. (Nietzche)".  Questa Existent viene prodotta presso gli impianti della Dog Brewing Company, nel Maryland. Brian ama definire tutte le sue birre delle "farmhouse ales”, ovvero saison. Definizione che può essere più o meno azzeccata, resta il fatto che questa Existent non è effettivamente una birra facile da catalogare. All’aspetto sembrerebbe un stout, praticamente nera, con un enorme cappello di schiuma pannosa, beige, molto persistente.  Il naso regala sentori di pompelmo, soprattutto dalla schiuma, che si accompagnano ad note affumicate e di cenere, di tostatura e terrose. E’ molto elegante, anche se le diverse componenti del mix tendono a starsene per conto loro, piuttosto che amalgamarsi in un insieme armonico. In bocca c’è una buona corrispondenza con l’aroma, anche se il gusto non è molto pulito ed i primi sorsi ci lasciano perplessi; le cose migliorano un po’ lasciando riposare la birra nel bicchiere per un po’ di tempo. C’è un imbocco fruttato di pompelmo, seguono malto tostato, caffè e leggero cacao per un bel finale amaro che vira verso il terroso ed ha un tocco “rustico”; nel retrogusto spunta una gradevole nota affumicata.  Una birra non facile, abbastanza complessa che si dibatte un po’ tra il ben riuscito e il confusionario. Interessante bevuta, ma alla domanda fondamentale che ogni birrofilo dovrebbe sempre porsi (“la ricomprerei ?”) la risposta sarebbe probabilmente “no”.  Formato 75 cl., alc. 7.4%, lotto e scadenza sconosciuti, prezzo 9.16 Euro ($ 10.99).

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