martedì 24 novembre 2015

d’Oude Maalderij Qantelaar

Quattro amici di strada (la Lichterveldsestraat a Koolskamp, località nei pressi di Ardooie, Fiandre Occidentali) formano una sorta di “beer club” trovandosi per scambiare impressioni su quello che bevono. Dalle bevute si passa all’homebrewing che, nel 2011, prende il nome “ufficiale” di Brouwfirma D'Oude Maalderij; i protagonisti sono Jef Pirens, Wouter Pollet, Joris Vankeirsbilck e Pieter Deleersnyder. In assenza d’informazioni "ufficiali" in lingue inglese, se ho ben capito traducendo dal fiammingo il nome D'Oude Maalderij si riferisce al “vecchio mulino” un tempo in funzione a Koolskamp. 
Nel autunno del 2012, dopo nove mesi passati ad affinare la ricetta, arriva il debutto con i 6 ettolitri di Qantelaar prodotti presso il birrificio Maenhout; da allora sono passati tre anni e non si può certo dire che i quattro ragazzi siano stati con le mani in mano. Lo scorso settembre hanno infatti inaugurato il “Brouwerij Cafè” dove ogni weekend è possibile assaggiare le birre prodotte, in attesa della messa in funzione degli impianti di proprietà prevista per maggio 2016. Jef Pirens ha infatti preso in affitto i locali di un ex fiorista ad Emelgem dove avrà a disposizione 280 metri quadri di magazzino, 45 di beershop e 65 destinati alla mescita. Dopo la Qantelaar sono arrivate un’altra decina di birre prodotte, a seconda dei volumi richiesti, presso i birrifici ‘t Gaverhopke, De Leite, Gulden Spoor ed Alvinne. 
Ma facciamo un passo indietro tornando al debutto del 28 settembre 2012:  Qantelaar, una belgian dark strong ale prodotta con cinque tipi di malto, due varietà di luppolo e zucchero candito, nessuna spezia, con 8% di ABV. Ne esiste anche una versione "Oak Aged" che è stata affinata per sette mesi in botti ex-whisky Makers Mark e poi altri tre mesi in quelle ex-Wild Turkey.  
Non sono riuscito a risalire al significato del nome scelto, Qantelaar: ci si può forse riuscire traducendo dal fiammingo la lunghissima storia riportata nello splendido "poster" che avvolge la bottiglia. Al momento è disponibile solamente nel formato da 75 cl., in quanto i quattro soci della beerfirm credono che la birra sia soprattutto "condivisione"; è tutta via già previsto l'arrivo delle bottiglie da 33, su esplicita richiesta dei rivenditori, non appena saranno operativi gli impianti operativi.
Una bottiglia così bella rappresenta un importante biglietto da visita che crea aspettative ancor prima di versare la birra nel bicchiere; il gushing che accompagna lo stappo non è certamente un buon inizio, ma fortunatamente la fuoriuscita di liquido si riesce a controllare senza troppe difficoltà. Il colore è quello della tonaca del frate, torbido, con riflessi ambrati e rossastri; la testa di schiuma beige è abbastanza fine e compatta, molto cremosa e ha un'ottima persistenza. L'aroma è piuttosto intenso e ricco, dolce e goloso: caramello, biscotti speculoos, toffee, uvetta e prugna, zucchero candito, pera, frutta secca e una delicatissima speziatura. 
Nessuna sorpresa in bocca, dove c'è una grande corrispondenza con il "naso": anche il gusto è molto ricco e intenso, spiccatamente dolce. Biscotto, ricordi di pan di spagna inzuppato nell'alcool, prugna e uvetta sotto spirito, frutta secca, mou e caramello, zucchero candito, accenni di tostature, caffè e forse di cioccolato amaro nel finale. Qantelaar mostra rispetto alla tradizione delle Strong Ale scure delle Fiandre Occidentali, senza rincorrere le mode; una birra pulitissima, intensa e molto ben fatta la cui marcata dolcezza è ben stemperata dalle vivaci bollicine e da una buona attenuazione. La potete bere senza sforzo ma che dovreste preferibilmente sorseggiarla in tutta tranquillità. L'autunno fa capolino tra i colori del bicchiere e anche al palato: una Strong Ale che scalda senza mai bruciare, un ricco e morbido abbraccio maltato che rinfranca dalle prime serate fredde della stagione. 
Formato: 75  cl., alc. 8%, lotto Q015, imbott. 10/01/2015, scad. 10/01/2020, 6.50 Euro (drink store, Belgio)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

2 commenti:

  1. Leggendo le varie recensioni della grande scorta che ti sei fatto in Belgio giungo ad una semplice conclusione: è ora che queste birre vengano importate in Italia!

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    1. Molte lo sono già, ma questa non l'ho ancora vista.
      Di certo meglio importare dal Belgio che le solite IPA/APA che arrivano dopo sei mesi dagli Stati Uniti in versione cadavere.

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