Nel 2015 Mike e Luci Clayton-Jones, due homebrewers e beer geeks inglesi, stanno per sposarsi: qualche mese prima dell’evento la location da loro scelta subisce un incendio e i due promessi sposi sono costretti a trovare una soluzione alternativa. Con la sfortuna arriva però anche un’opportunità: il nuovo locale permette a loro di comporre liberamente la lista delle bevande. Per scegliere le dodici birre che saranno servite alla festa vanno a visitare diversi birrifici inglesi, Kernel e Siren per primi. E, da bravi homebrewers, decidono anche di produrre la birra del proprio matrimonio, chiamandola Double Barrelled: le bottiglie etichettate sono il regalo agli invitati che apprezzano soprattutto il contenuto.
Terminati i festeggiamenti è il momento di decidere: continuare con le rispettive occupazioni (lui consulente nel campo della logistica, lei marketing nel settore alimenti e bevande) o trasformare questa loro passione per il beer-hunting in una professione? I neosposi non ci pensano troppo: si licenziano, fanno le valigie e partono per un giro formativo intorno al mondo. Stati Uniti, Australia, Europa, Giappone e Sud America per visitare birrifici e bar dedicati al craft, prendendo nota di utili consigli. Al ritorno è pronto il business plan di un birrificio che vogliono chiamare come la birra del matrimonio: Double-Barrelled Brewery.
Mike inizia a produrre in garage con il proprio kit da 100 litri e i primi fusti arrivano in qualche pub; in parallelo i coniugi Clayton-Jones prendono in affitto un magazzino a Reading (UK), cinquecento metri quadrati dove verrà installato il nuovo impianto da 24 ettolitri prodotto dagli inglesi della Malrex. I permessi e le autorizzazioni ritardano un po’ l’inaugurazione del birrificio che avviene solo nel novembre del 2018. Le prime tre birre disponibili sono Parka Pale Ale, Red Jungle Fowl (Gose con lamponi e barbabietola), Seven Dollar Saturday Sweet Stout. Qualche settimana dopo viene anche aperta la Tap Room, dodici spine che ospitano anche birrifici “amici”, una piccola selezione di vini e cocktails: al momento è aperta solamente venerdì e sabato pomeriggio. A qualche food truck il compito di offrirvi qualcosa da mettere sotto i denti. Ad aiutare Mike in sala cottura è stato recentemente reclutato il birraio Dan Wye: nel suo curriculum un apprendistato presso Wild Beer e Prescott Ales, due anni nella distilleria Brennen & Brown e diciotto mesi come birraio alla Mad Squirrel Brewery.
Double-Barrelled voleva inizialmente concentrarsi su birre scure, acide e (ovviamente) invecchiate in botte ma le richieste provenienti dal mercato hanno (momentaneamente?) modificato i piani: luppolo, lattine, poche etichette prodotte stabilmente e una rotazione costante di novità. Una delle poche birre che troverete quasi sempre disponibili è la Pale Ale chiamata Parka, prodotta con Cascade, Centennial e un generoso dry hopping di Citra (12 grammi al litro). Trattasi dell’evoluzione di una delle prime birre prodotte da Mike Clayton-Jones nel suo garage, la India Pale Lager chiamata Cagoule: “era più forte (6.7%) e piaceva moltissimo ai nostri clienti, ma alcuni dei nostri amici birrai ci consigliarono di farne una versione dal contenuto alcolico più basso, quindi più facile da bere, e ad alta fermentazione, più rapida da produrre”.
Etichetta minimalista con il logo disegnato dallo studio Kingdom & Sparrow ben evidenza: nel bicchiere la Pale Ale Parka si presenta di color arancio pallido e velato; la schiuma è scomposta, grossolana e poco persistente. L’aroma è pulito e ancora abbastanza fresco, solare: arancio, mandarino, lemon grass, qualche nota tropicale. Al palato una leggera base maltata (crackers) sostiene un percorso pressoché analogo che si svolge idealmente in un agrumeto, eccezion fatta per qualche intermezzo dolce di frutta a pasta gialla. Nonostante siano utilizzati luppoli statunitensi, il risultato finale è per me piacevolmente reminiscente di certe Golden Ale inglesi moderne , tra le quali cito sempre con grande piacere la Summer Lightning di Hop Back (che non riesco mai a trovare in condizioni decenti, ma questo è un altro discorso). Questa Parka sembra esserne un’ulteriore evoluzione, ovvero dal profilo più fruttato ma ben lontano da quegli estremi “juicy” contemporanei. Buona secchezza, bell’equilibrio, finale amaro “ma non troppo” nel quale dominano le note zesty e terrose. Birra profumata, sbarazzina, leggera e sessionabile, intelligente, capace di evaporare come acqua. Promossa a pieni voti.
Formato 44 cl., alc. 4.5%, lotto G012, scad. 18/08/2019NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia/lattina e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio
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