Epic Brewing Company debutta nell’aprile del 2010 a Salt Lake City, Utah: a fondarla Dave Cole e Peter Erickson, due biologi californiani che si sono conosciuti a San Diego alla metà degli anni ’80 quando lavoravano per un’azienda che produceva cibo per animali. All’inizio degli anni ’90 si spostano a San Francisco e si appassionano a quella Craft Beer Revolution che in quegli anni sta prendendo piede. Vorrebbero aprire un microbirrificio ma, in assenza di fondi, accettano la proposta dello stato dello Utah che offre buone opportunità ai giovani imprenditori e nel 2002 si trasferiscono a Salt Lake City per avviare un’azienda di acquacultura. Fare la birra è un sogno che rimane sempre vivo e che si concretizza nel 2008, quando lo Utah modifica la propria restrittiva legislazione sugli alcolici e permette ai birrifici di servire direttamente ai propri clienti anche birre gradazione alcolica superiore al 3.2%. Sino ad allora, potevano essere vendute solamente dai negozi statali.
Viene reclutato il birraio Kevin Crompton, vent’anni d’esperienza in diversi birrifici delle Hawaii e dello Utah: a lui il compito di elaborare le ricette delle prime nove birre di Epic Brewing. Il successo è inaspettato: Cole e Erickson si erano dati l’obiettivo di arrivare a circa 950 ettolitri all’anno entro cinque anni dal debutto ma dopo solo otto mesi di vita Epic aveva già raggiunto i 1500 e nel 2012 avevano superato quota 10.000 diventando il terzo maggior produttore di birra nello Utah. Nel 2013 Epic si espande aprendo un secondo sito produttivo a Denver, in Colorado: impianto da 24 ettolitri e focus su birre stagionali, occasionali e invecchiamenti in botte, per il cui scopo vengono acquistate un migliaio di botti. Epic al momento produce circa 20.000 ettolitri all’anno nello Utah e 27.000 ettolitri in Colorado; nel dicembre del 2017 ha acquisito il birrificio californiano Telegraph di Santa Barbara. Entrambe le sedi di Epic sono dotate di taproom: a Salt Lake City (vietato l’ingresso ai minori) è obbligatorio ordinare assieme alle birre anche del cibo (panini, sandwiches e zuppe). A Denver potete invece bere liberamente dalle 25 spine attive, ma per mangiare dovete rivolgervi a dei food truck esterni o portarvi qualcosa da casa.
La imperial stout Big Bad Baptist (11.8%), disponibile dal 2011 anche in diverse versioni barricate, è la birra che ha contribuito a rendere famoso Epic, anche se il “moderato hype” che un tempo aleggiava attorno a questa birra è drasticamente scemato. Nel 2015 Epic ha iniziato a produrre la “figlia” Son of a Baptist, una imperial stout dal contenuto alcolico più moderato (8% e dintorni) con aggiunta di caffè; nel 2017 il birrificio ha deciso di metterla in lattina e di utilizzare diverse varietà di caffè nel corso dell’anno. Sul fondo della lattina viene stampato il nome della tipologia di caffè utilizzato. Al di là delle variazioni la ricetta della Son of A Baptist prevede di solito malti Ultra-Premium Muntons Marris Otter, 2-Row Brewers, Black, Crystal, Chocolate, Roasted Barley, Cara-Aroma e zucchero Demerara; i luppoli utilizzati sono Nugget, Chinook e Cascade.
Nei mesi scorsi qualche lattina è pervenuta anche sul continente europeo; si tratta della versione che utilizza caffè della torrefazione Corvus di Denver, in Colorado. Il suo colore è un ebano piuttosto scuro sul quale si forma un piccola e poco persistente testa di schiuma. Il caffè domina un aroma nel quale trovano posto anche note terrose, di cuoio, polvere di cacao e torrefatto; il buon livello di pulizia ed eleganza sopperisce ad un’intensità un po’ dimessa sicuramente dovuta al fatto che la birra dovrebbe essere stata messa in lattina a dicembre del 2017. E’ una imperial stout dalla gradazione alcolica contenuta, per gli standard americani, e la sensazione palatale si adegua: ottima scorrevolezza, corpo medio e nessuna velleità edonistica, ovvero cremosità o morbidezza. La bevuta è molto ben bilanciata tra il dolce del caramello e l’amaro del caffè e delle tostature; c’è anche spazio per qualche nota di frutta sotto spirito e di cacao. L’alcool si fa sentire con delicatezza solo nel finale, l’acidità donata da caffè e malti scuri è piuttosto contenuta e la chiusura è amara di torrefatto, terroso e caffè quanto basta per essere “smaltita” dal palato in pochi secondi. Pulita, precisa, semplice ma molto ben fatta: un po’ avara di emozioni, ma ci si può accontentare.
Formato 35.5 cl., alc. 8%, lotto 5472, prezzo indicativo 5.50-6.00 euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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