Del birrificio Alefarm, uno degli astri nascenti della scena danese, vi avevo già parlato nel 2017: da allora sono già avvenuti grossi cambiamenti, a partire dall’addio del co-fondatore (e birraio) Andreas Skytt Larsen che qualche mese fa ha lasciato il comando all’amico e co-fondatore Kasper Tidemann, ora aiutato dalla moglie Britt van Slyck. E nel 2018 è avvenuto anche il trasferimento da Køge a Greve, trenta chilometri a sud di Copenhagen, dove a maggio è entrato in funzione il nuovo impianto da 20 ettolitri che ha permesso di produrre circa 1400 ettolitri all’anno, buona parte dei quali destinati all’export. Un bel salto in avanti per un birrificio che aveva chiuso il 2017 a quota 120 distribuendo le proprie birre quasi solo in Danimarca. Il nuovo corso inaugurato da Tidemann ha dato priorità alle lattine e ha spostato momentaneamente il focus su IPA e DIPA, realizzate quasi ogni volta con un diverso mix di luppoli: in sei mesi sono già arrivate una cinquantina di diverse etichette (tutte ideate da Dan Johnstone, Brand Manager) per soddisfare la voglia di novità di beergeeks ed appassionati. Andreas Skytt Larsen aveva aperto Alefarm per produrre quasi esclusivamente piccoli lotti di saison/farmhouse ale con lieviti selvaggi e batteri: Tidemann promette che a breve il nuovo birrificio sarà operativo anche in questo ambito. A questo scopo è arrivato il birraio Joseph Freund che vanta esperienze presso Jolly Pumpkin e Monkish Brewing negli USA e Beavertown in Inghilterra. Sempre da Beavertown è arrivato in agosto Mark Walewski: a lui il compito di sfornare continuamente variazioni sul tema APA, IPA, DIPA e dintorni, ovviamente torbide come vuole la moda. Nei progetti futuri di Tidemann c’è l’apertura di una vera e propria taproom nel birrificio e il sogno di un Alefarm Bar in centro a Copenhagen.
Alefarm non è molto prolifico per quel che riguarda le birre scure. In tre anni ne sono state prodotte solamente una manciata ma, assicura Tidemann, le cose stanno per cambiare; alla fine di ottobre 2018 è arrivata la prima stout dai nuovi impianti di Greve, chiamata Solemn Cycle (7.8%). La ricetta prevede aggiunta di lattosio, fiocchi d’avena e caffè brasiliano; nelle intenzioni questa sarà la prima di una serie di varianti con differenti ingredienti e futuri invecchiamenti in botte.
Si presenta vestita di nero, la schiuma è cremosa e piuttosto persistente ma un po’ scomposta. Il caffè macinato, elegante e pulito, è indiscusso protagonista dell’aroma: in sottofondo c’è qualche nota di tabacco, orzo tostato, accenni di frutta sotto spirito. Ottime promesse che non vengono tuttavia mantenute al palato, a partire da un mouthfeel un po’ insoddisfacente, addirittura sfuggente in alcuni passaggi nonostante l’utilizzo di avena e lattosio. Il gusto è meno pulito e preciso: il dolce di caramello e lattosio/cioccolatte preparano il terreno per l’arrivo delle tostature e del caffè, quest’ultimo meno evidente e definito rispetto all’aroma. I sapori sono un po’ slegati tra di loro e il finale, nel quale t’aspetteresti un bel carico di caffelatte, è addirittura calante. C’è anche spazio per qualche nota terrosa e di tabacco, mentre l’alcool è ben nascosto facilitando la velocità di bevuta: il risultato è godibile ma lascia parecchi rimpianti per quello che avrebbe potuto essere, partendo dall’aroma. La prima Milk Stout di Alefarm è discreta ma necessita di migliorare per quel che riguarda pulizia, rotondità e precisione.
Formato 50 cl., alc. 7.8%, scad. 23/10/2019, prezzo indicativo 7.00-8.00 euro (beershop) NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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