In Danimarca continuano a nascere interessanti nuovi birrifici ed Alefarm Brewing è uno di questi. Andreas Skytt Larsen ammette di dover essere riconoscente a Mikkeller, le cui birre gli fecero scoprire un mondo diverso dalle anonime lager industriali: le imparò a conoscere all’Ørsted Ølbar di Copenhagen, nel 2010, e da quel momento tutto cambiò. Da avido consumatore Andreas iniziò a lavorare dietro ad un bancone ed a cimentarsi con l’homebrewing e nel 2014 vinse un concorso al Mikkeller Bar Viktoriagade che si tenne durante la Copenhagen Beer Celebration. Le sue IPA racimolarono premi in altre competizioni e a febbraio 2015, ormai fiducioso delle proprie possibilità, fondò la beerfirm Alefarm appoggiandosi agli impianti del birrificio Det Våde Får di Helsinge.
Nonostante le medaglie ai concorsi siano arrivate grazie alla IPA, Andreas confessa che l’Orval è la birra che si porterebbe su di un’isola deserta e la sua più grande influenza brassicola è Shaun Hill del birrificio Hill Farmstead. Alefarm non ha infatti ambizioni di diventare “grande” ma di concentrarsi nella produzione di piccoli lotti di saison/farmhouse ale l'utilizo di lieviti selvaggi e batteri, aggiungendo frutta, invecchiandole in botte, realizzando blend. Il debutto come beerfirm avviene a giugno 2015 con Favorite Pastime, una American Pale Ale “rustica” prodotta con avena, frumento e un generoso dry-hopping di luppoli americani. A gennaio 2016 Alefarm diventa un birrificio vero e proprio con la messa in funzione di un piccolo impianto a Køge, un comune che si trova quaranta chilometri a sud di Copenhagen: si parte con una capacità iniziale di ducento litri a cotta che, se non erro, è stata poi successivamente incrementata a 1500.
La birra.
Funk Orchard è un’altra delle prime birre prodotte da Alefarm: fermentata con due diversi ceppi di lievito saison, brettanomiceti e batteri, dry-hopping di Citra.
Si presenta di colore dorato leggermente velato ed una cremosa testa di bianca schiuma che tuttavia scompare abbastanza velocemente; funky e frutta convivono in un aroma molto pulito nel quale alla fine sembra predominare il carattere elegante su quello rustico. Sudore e cuoio, granaio, ananas e mango, qualche ricordo di agrumi. Al palato si sente molto la mancanza di bollicine, davvero troppo poche: la birra scorre bene ma le manca quella vitalità, quel carattere ruspante che una carbonazione più elevata avrebbe senz’altro fatto risaltare maggiormente. C’è molta frutta, al dolce del tropicale s’aggiunge l’asprezza della mela e dell’uva acerba, del limone, confinando però la componente rustica un po’ troppo in sottofondo mentre una moderata acidità rende la bevuta molto rinfrescante e dissetante. Il risultato è assolutamente godibile e l’alcool (7%) è molto ben nascosto anche se non c’è molta profondità in una birra che sbandiera l’utilizzo di diversi ceppi di lievito e batteri: alla fine questa Funk Orchard risulta più piaciona e “patinata” che autenticamente funky/farmhouse/rustica. Una birra sicuramente interessante ma ancora un po’ incompiuta, comunque promettente.
Formato: 75 cl., alc. 7%, lotto 52, scad. 01/05/2021, prezzo indiativo 17.00 Euro (beershop).NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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