La Torre di Babele, ovvero Migdal Bavel in ebraico, leggendaria costruzione in mattoni progettata dagli uomini in una pianura del fiume Eufrate con l’intenzione di abbellire la città ed arrivare sino al cielo, (e quindi a Dio) ed acquisire fama. Narra la Bibbia (Genesi 11, 1-9) che a quel tempo gli uomini parlavano tutti lo stesso linguaggio, ma quando il Signore vide quello che gli uomini stavano costruendo, per punire la loro presunzione, li afflisse con la confusione delle lingue. Incapaci di comunicare tra di loro, gli uomini non riuscirono più a continuare i lavori di costruzione e la torre fu abbandonata. Una metafora sull’importanza cruciale della comunicazione che è anche alla base di una birra; un’idea nata durante la crociera un Mare di Birra 2012, dove a bordo s’incontrano Luigi “Schigi” D’Amelio di Extraomnes e l’americano Brian Strumke, birraio gipsy titolare del marchio Stillwater, da noi già incontrato in questa occasione. La comunicazione tra i due non è stata forse semplicissima per via delle “lingue diverse”ma, complice il “mare di birra,” ecco che la torre di Babele inizia a prendere forma su fondamenta solide: l’amore reciproco per il Belgio e per le Saison. Pinta dopo pinta i due abbozzano l'idea di una collaborazione; Brian, che negli Stati Uniti si è ormai specializzato in birre ispirate al Belgio (o Farmhouse Ales, che dir si voglia), si reca a Marnate, l’avamposto belga in provincia di Varese, dove ha sede Extraomnes, per brassare una “Italian Saison Ale”, come recita la splendida etichetta ispirata al dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio. Una Saison caratterizzata dall’utilizzo di spezie come mirra e pepe di Sichuan che non sono state gettate direttamente nella birra, ma con le quali è stata preparata una specie di “tisana” che è stata poi aggiunta nel whirpool; i luppoli usati sono invece E.K. Goldings (amaro) e Super Styrian (Aurora). Dalla diabolica gradazione alcolica del 6.66%, è di colore oro velato, con una bella “testa” di schiuma bianca, compatta, cremosa, molto persistente. Apre in bellezza con un naso elegante e molto pronunciato: evidente la pepatura, ma c’è anche una diffusa speziatura che fa da contorno a spiccati sentori di agrumi (limone, lime) e floreali. Gradevole il tocco rustico (“funky”, direbbero dall’altra parte dell’oceano) , un po’ leggermente polveroso, leggermente acidulo. Caratteristica di tutte le Extraomnes che abbiamo assaggiato sino ad ora è quella di essere birre molto facili da bere, e Migdal Bavel non fa eccezione: corpo medio-leggero, carbonazione vivace, consistenza watery per permetterle di passare con grande rapidità dal bicchiere allo stomaco. Leggerissima la base maltata (cereali, pane), con un gusto che vira subito verso il pompelmo ed il lime, con un carattere “rustico” e poco accomodante molto più evidente che nell’aroma. Il finale leggermente acidulo la rende molto rinfrescante e dissetante, con un bel taglio secco che pulisce il palato lasciando un retrogusto amaro, un po’ pepato e molto “zesty” (scorza di agrumi). Birra pulita e ben fatta, bilanciata ma vivace, dal gusto intenso e molto facile da bere; siamo ancora in inverno, ma se non volete che l’estate vi colga impreparati ed assetati, iniziate a valutare l'opportunità di rimpinzare il frigo di Migdal Bavel. Formato: 33 cl., alc. 6.66%, lotto 191 12, scad. 01/2014, prezzo 3.80 Euro.
mercoledì 27 febbraio 2013
martedì 26 febbraio 2013
Thornbridge Saint Petersburg
Ritorniamo dopo oltre un anno a stappare una bottiglia di Thornbridge, l'interessante birrificio inglese del quale abbiamo parlato più approfonditamente in questa occasione. Dopo tre birre dove era il luppolo in evidenza, è la volta della Saint Petersburg, la Russian Imperial Stout della casa. Una birra dedicata a John Morewood, uno dei proprietari della Thornbridge Hall, lo storico stabile dove il birrificio ha sede. John, che lo acquistò nel 1790, fece infatti la sua fortuna commerciando lino con clienti di San Pietroburgo. Padri della ricetta sono due birrai che oggi lavorano altrove: Stefano Cossi (alla Worthington) e Martin Dickie (BrewDog); i curiosi, o i volenterosi homebrewers, possono trovare la ricetta qui. All'aspetto è di uno splendido ebano scuro, con una generosa "testa" di schiuma beige, molto persistente, fine e cremosa. Al naso non c'è esattamente un'esplosione di profumi, ma c'è comunque pulizia e finezza. Caffè in primo piano, torrefatto, sentori di cenere/fumo, leggera polvere di cacao. L'aroma è un po' sottotono ma c'è subito un grande riscatto al palato: gusto intenso e molto pulito, ricco di eleganti tostature, caffè, cioccolato amaro, cenere e mirtilli. E' una birra assolutamente rotonda e morbida, molto gradevole, dal corpo medio e poco carbonata che si beve e si ribeve senza indugiare un attimo. Si congeda con un finale amaro, summa di quanto precedentemente incontrato, ed un lungo retrogusto torrefatto con una punta di torbato ed un leggero calore etilico. Imperial Stout molto ben fatta ed appagante, molto facile da bere; se (come noi) non l'avevate ancora provata, non è più il caso di aspettare a farlo. Formato: 50 cl., alc. 7.7%, scad. 28/10/2013.
domenica 24 febbraio 2013
Barley BB9 2011
La passione per la birra contagia Nicola Perra a soli diciotto anni, a cominciare dalle bevute di quelle birre "strane" o inusuali che a quel tempo offriva la birreria "Il Merlo" di Cagliari. Lentamente, la passione si trasforma in un percorso di sei anni di homebrewing che sfocia nell'apertura, nel 2006, del Birrificio Barley a Maracalagonis, ad una ventina di chilometri dal capoluogo sardo. Isidoro Mascia affianca Nicola nell'avventura che parte riscuotendo grandi successi di pubblico e di critica, culminati con il titolo di "Birraio dell'anno 2009". Non è un segreto che il birrificio abbia come target la ristorazione (di fascia medio-alta), proponendosi rigorosamente in bottiglia da 75 cl. come alternativa al vino. Ma il vino è anche il protagonista di tre birre disegnate da Nicola Perra che vedono l'utilizzo della sapa; di Cannonau (BB10), di Nasco (BB Evò) e di uva Malvasia (2%) per l'ultima nata di casa Barley, la BB9. Nel bicchiere arriva di color arancio opaco; la schiuma, fine e cremosa, è leggermente "sporca" ed ha una buona persistenza. L'aroma è elegantissimo e molto pulito: c'è una diffusa speziatura da lievito, con pepe in evidenza, polpa d'arancio, pesca, frutti tropicali, uva bianca matura. Un'ottimo bouquet olfattivo che continua sugli stessi binari in bocca: c'è moltissima frutta a pasta gialla, uva, con una prima parte dolce che viene bilanciata da un seconda parte leggermente aspra e vinosa, molto rinfrescante e molto ripulente. Il finale è caratterizzato da una chiusura leggermente amara erbacea e di nocciolo di pesca, con un retrogusto pulitissimo vinoso, lievemente aspro. Molto morbida in bocca, ha un corpo medio ed una discreta carbonazione, ma soprattutto l'alcool (9%) nascosto in maniera superlativa. Questa BB9 si beve con grandissima pericolosità, è profumata, bilanciata e pulitissima sia al naso che al palato. Spettacolare birra da pasto o da bevuta in solitudine, con l'unico neo del prezzo un po' salato. Formato: 75 cl., alc. 9%, lotto 52-11, scad. 11/2014, prezzo 17.00 Euro (beershop, Italia).
sabato 23 febbraio 2013
Stone 15th Anniversary Escondidian Imperial Black IPA (Highland Scotch)
Per parlare di questa Stone 15th Anniversary Escondidian Imperial Black IPA (Highland Scotch Barrel Aged), uscita sul mercato ad agosto 2012, dobbiamo fare un passo indietro, allo stesso mese dell'anno antecedente. La birra che la Stone Brewing Co. ha deciso di realizzare per il suo quindicesimo anniversario è una massiccia Imperial Black IPA da 100 IBU e da 10.8% ABV. La lista dei malti utilizzati include Pale Malt, Cara-Bohemian, Carafa III Special, e Chocolate; per i luppoli, come al solito utilizzati in (grande) quantità, Greg Cock, Steve Wagner ed il birrario Mitch Steele hanno scelto Columbus per (amaro), Citra (aroma e gusto), dry hopping di Pacific Jade e Nelson Sauvin. Non tutta la birra prodotta per il compleanno è stata però messa in vendita; una parte venne invece destinata alla botte. Due versioni: botti di Whisky provenienti dalle Lowland e dalle Highland scozzesi. Un anno dopo, mentre si svolgono le celebrazioni del sedicesimo anniversario, vengono anche messe in vendita le bottiglie del compleanno precedente che hanno maturato in botte per svariati mesi, andando a rimpolpare la (esosa!) serie di birre della Stone chiamata "Quingenti Millilitre". Il nostro esemplare è invecchiato in quelle di Highland Scotch. Dalla bella bottiglia (nera) con etichetta serigrafata esce un densissimo liquido assolutamente nero; la schiuma non è molto ampia ma è molto fine e cremosa, color nocciola, ed ha una buona persistenza. Dopo i mesi di botte al naso non c'è ovviamente grande traccia di luppolo; c'è subito un generoso benvenuto etilico, a ricordare dove questa birra ha passato l'ultima parte della sua "vita", seguito da qualche sentore di caffè, di legno bagnato e una remota nota di resina. Il gusto non offre particolari sorprese: anche qui l'attacco è di whisky, rilegando in secondo piano le note di torrefazione e la resina. L'omnipresenza dell'alcool è comunque molto morbida, per una birra dall'ABV 11.5% che mantiene però una buona bevibilità. E' anche molto morbida in bocca, con una carbonazione bassa ed un corpo massiccio. A fine corsa emerge un po' di caffè e di cioccolato amaro, preludio ad un retrogusto etilico molto caldo (e morbido) che ci dà definitivamente di colpo di grazia. Una birra massiccia, pulita, molto intensa, molto ben fatta ma anche molto marcata dal passaggio in botte; esperienza piacevole, ma da ripetersi con molta parsimonia. Formato: 50 cl., alc. 11.5%, lotto e scadenza non riportati, prezzo 15.00 Euro (birrificio).
venerdì 22 febbraio 2013
Saison de Mai
Ritorniamo dopo un mesetto circa alla Brasserie Saint-Monon per assaggiare questa Saison de Mai, una birra la cui ricetta prevede l'utilizzo di asperula odorata, un'erba molto comune che cresce nel sottobosco (400-1600 metri d'altitudine). Nel bicchiere è di colore arancio opaco con venatura ramate; la schiuma è un po' grossolana, ma è cremosa ed ha una discreta persistenza. Il naso, abbastanza semplice e pulito, si presenta con sentori di spezie, soprattutto pepe, arancio, con un leggero tocco rustico lievemente acidulo. Lo scenario non muta di molto al palato; l'imbocco è dolce e maltato (biscotto), seguono note di polpa d'arancio, ed un finale amaricante erbaceo e di scorza di agrumi. L'alcool (8.3%) è nascosto in maniera sontuosa, ed una leggera acidità la rende una birra facilissima da bere, dissetante e quasi rinfrescante. Molto pulita anche in bocca, accenna un velo di timidezza nel finale dove lascia un ricordo/retrogusto abbastanza corto, leggermente erbaceo, poco intenso. Di una secchezza non esemplare, il palato rimane a fine corsa leggermente appiccicoso ma rimane comunque una buona saison molto facile da bere e senza fronzoli che rispetta i dettami dello stile nato in Vallonia: una meritata pausa dissetante e corroborante dopo ore di lavoro nei campi, con quel leggero tocco "rustico" che non dovrebbe mai mancare. Formato: 75 cl., alc. 8.3%, scad. 29/11/2013, prezzo 3.87 Euro (supermercato, Belgio).
giovedì 21 febbraio 2013
Alta Quota Giovio
Il birrificio (o laboratorio sperimentale di birra artigianale, secondo la propria definizione) Alta Quota viene fondato nel febbraio del 2011 dai fratelli Andrea (il birraio) e Claudio Lorenzini; ci troviamo in provincia di Rieti, a Cittareale, a 1600 metri d'altudine, alle pendici del Monte San Venanzio, secondo polo sciistico della provincia laziale. Sei le birre al momento in produzione (più qualche stagionale), tutte ad alta fermentazione, con un occhio di riguardo ai prodotti locali: oltre all'acqua della Valle del Velino, la metà delle birre vede l'utilizzo di farro prodotto localmente. Giovio è l'American Pale Ale del birrificio; è di colore ambrato, opalescente. La schiuma, ocra, è fine e cremosa ed ha una buona persistenza. L'aroma è pulito, apre con qualche sentore floreale ma poi è soprattutto polpa di agrumi (mandarino e pompelmo) e pesca bianca. In bocca l'attacco è malnato (biscotto e caramello) seguito da un richiamo netto all'aroma, con agrumi e pesca, bilanciato da un amaro vegetale abbastanza contenuto. Ha un corpo leggero, con una carbonazione abbastanza contenuta; il gusto non ha la stessa pulizia dell'aroma, ma chiude con un finale secco lasciando un retrogusto amaricante di scorza di pompelmo. Facile da bere, è una APA che ha un'intensità già soddisfacente ma che abbisogna ancora di qualche aggiustamento (pulizia) al palato. Gradevole, ma un po' timida e priva di quella personalità (o esperienza, visto la giovane età del birrificio) necessaria a farsi ricordare tra i prodotti dei circa 500 produttori di birra "artigianale" ormai presenti in Italia. Formato: 33 cl., alc. 6.5%, lotto 34/12, scad. 09/2013, prezzo 3.00 Euro (stand birrificio).
martedì 19 febbraio 2013
Haandbryggeriet Dark Force
Secondo assaggio della norvegese Haandbryggeriet; dopo la massiccia Dobbel Dose, è la volta di Dark Force, ovvero una imperial stout prodotta con percentuale (sconosciuta, ma immaginiamo considerevole) di frumento maltato. Non sono molte le imperial wheat stout esistenti, ma di certo non è più l'unica "nell'universo" come dichiara il sito della Haandbryggeriet. Splendidamente densa e nera, simile all'olio per motori, forma un generoso "cappello" di schiuma color caffè, abbastanza fine, e molto persistente. L'aroma è forte e pulito, e non riserva grosse sorprese: caffè, cioccolato amaro, tostature, mirtilli, liquirizia, sentori di affumicatura. In bocca accanto ad elementi noti come caffè e torrefatto, c'è un'inusuale nota di crosta di pane abbrustolito; in secondo piano anche frutti di bosco; ha un corpo medio ed una carbonazione degna di nota, per una imperial stout dall'ABV 9%. La chiusura è secca, con una leggera acidità ripulente ed un retrogusto molto amaro ricco di caffè e di tostature. Ben costruita e pulita, è un'interessante variazione stilistica che mantiene una buona facilità di bevuta, elemento da non dare per scontato quando parliamo di imperial stout scandinave; l'alcool è molto ben rilegato in secondo piano, lasciando solo un morbido calore a fine bevuta. Formato: 50 cl., alc. 9%, IBU 65, lotto 383, imbottigliata il 13/07/2011, scad. 13/07/2014, prezzo 7.60 Euro (beershop, Italia).
lunedì 18 febbraio 2013
Montegioco Tibir 2011
Seconda "birra di confine" di Montegioco, dopo la Open Mind che abbiamo assaggiato in questa occasione, prodotta con il 20% di mosto di Barbera; questa volta dal "rosso" passiamo al "bianco", ed ecco la Tibir, prodotta con il 20% di mosto di Timorasso di Stefano Daffonchio (Azienda Terralba). L'incontro tra i due mondi si esplicita nel nome (TImorassoBIRra) e nell'etcihetta, dove un vegetale rampicante (luppolo) si attorciglia ad un ramo di vite formando di nuovo le lettere T e B; a destra, prendono forma alcuni coni di luppolo, a sinistra un grappolo d'uva. Nel bicchiere è di color arancio pallido, con piccole particelle di lievito in sospensione; la schiuma, un po' grossolana, si dissolve abbastanza in fretta. L'inizio è splendido, un naso molto pronunciato, fresco e molto elegante: dalla schiuma emerge una leggera speziatura un po' pepata, seguita da netti sentori di uva bianca, fiori, frutta (pesca bianca, pera) ed una discreta mineralità. Al palato è snella e leggera, con una carbonazione molto vivace: il gusto è dominato dalla frutta, con un imbocco dolce ben bilanciato da una marcata asprezza di uva bianca a seguire. Grande pulizia, ottima secchezza, ma soprattutto una facilità di bevuta (ABV 7.5%) mostruosa. La chiusura trova una lieve nota amaricante erbacea, prima di un finale aspro e vinoso, ricco di uva e frutta a pasta bianca con un lieve tepore etilico. Una splendida creazione di Riccardo Franzosi, birra che rinfresca e disseta per poi ri-assetare; profumata ed intensa, vivace, il birrificio la consiglia in abbinamento con formaggi stagionati (anche erborinati), lardo, salame cotto, fritto misto e costolette di agnello, ma a noi pare perfetto anche come aperitivo o bevuta in splendida solitudine. Formato: 75 cl., alc. 7.5%, lotto 23/11, scad. 31/12/2013, prezzo 9.90 Euro (gastronomia, Italia).
domenica 17 febbraio 2013
De Molen 1914 Triple Stout SSS
SSS Stout nasce nel 2008 da una collaborazione tra il "signor" De Molen (alias Menno Olivier) e lo storico e blogger Ron Pattinson, prolifico ricercatore di ricette storiche, come abbiamo già visto in questa occasione. Questa volta Ron ha ricreato la ricetta di una birra che fu brassata a Londra l'8 Luglio del 1914 dal birrificio Whitbread; la tripla "S" sta ad indicare che si trattava di un "tripla stout", dal contenuto alcolico quindi molto elevato. L'unico luppolo utilizzato è il Kent Golding, per una birra robusta (9.99% ABV) che oggi incaselliamo nella categoria delle imperial stout. La bottiglia che abbiamo recuperato in cantina è una leggera viariante della SSS Stout; si tratta di un lotto di 624 bottiglie realizzato appositamente per il locale Ottavonano di Atripalda (Av). Vezzosamente più alcolica (10.12 %) di quella "standard", si presenta (male) con una bella fontanella (gushing) di liquido marrone scurissimo; recuperato nel bicchiere buona parte del (prezioso) contenuto, si forma una solida testa di schiuma color beige, fine e cremosa, persistente. Aroma pulito ma "basico": orzo tostato, caffè, mirtilli. Nonostante la gradazione alcolica importante ha un corpo medio, con una consistenza oleosa che la rende molto scorrevole in bocca, allontanando da subito la paura di trovarsi nel bicchiere una delle tante imperial stout catramose asfalta-palato. Mediamente carbonata, in bocca si mostra altrettanto "basica": molto torrefatto e caffè, con quest'ultimo che s'intensifica nel finale dove appare anche qualche nota di cacao amaro. L'alcool è nascosto in maniera impressionante, ed il bicchiere si svuota abbastanza in fretta, grazie anche ad una leggera acidità e ad una bella chiusura secca e ripulente. E' una birra molto poco ammiccante, che non cerca di sedurti con nessuna cremosità o morbidezza, trasportandoti piuttosto con la sua "rozzezza" (e pulizia non esemplare) nella Londra sporca e fumosa di inizio Novecento dove, dopo qualche pinta di questa SSS Stout, andavano sicuramente a riposare stanchi ma felici e contenti. Formato: 75 cl., alc. 10.12%, IBU 84,5, bottiglia n. 62, imbottigliata 17/02/2010, scad. 17/02/2015, prezzo 11.36 Euro (beershop, Italia).
sabato 16 febbraio 2013
Opperbacco Tripping Flowers
Dopo l'invernale 10 e lode, degustata qualche settimana fa, tentiamo un anticipo di primavera con una bottiglia di Tripping Flowers del Birrificio Opperbacco. E' una birra che Luigi Ricchiuti "dedica" all'omonimo gruppo musicale abruzzese, il cui logo ispira anche l'etichetta della bottiglia. Viene presentata ad Aprile 2010 e la ricetta prevede frumento, malti pilsner ed aromatic, luppoli tettnanger, saaz, saphir, spalter select, perle e styrian goldings; durante la bollitura al mosto vengono anche aggiunti fiori di mandorlo e di rosa raccolti nei dintorni del birrificio. La fermentazione avviene a bassa temperatura (15.5°). Colore oro carico, velato, e schiuma bianca, fine e cremosa, dalla buona persistenza. Al naso non c'è quell'esplosione di profumi che ci si potrebbe aspettare da una birra che "inneggia" ai campi primaverili; il profilo è comunque floreale, ma ci sono anche sentori di agrumi (mandarino), pera e mela rossa. Più convincente in bocca, dove c'è una leggera base di pane e molti agrumi (arancia e pompelmo), frutti a pasta gialla. L'imbocco dolce è bilanciato da un amaro "zesty" (scorza di pompelmo, lime) che conduce ad un bel finale secco e ripulente, seguito da un retrogusto amaricante di scorza di lime con un ritorno di note d'albicocca. Birra molto leggera e "sbarazzina", molto pulita, facilissima da bere e dissetante, un po' penalizzata da una bottiglia poco carbonata che la spegne un po'. Ci piacerebbe riprovarla più "giovane", più fresca e con qualche bollicina in più. Formato: 33 cl., alc. 6.3%, lotto 6512, scad. 10/2013, prezzo 4.00 Euro (stand birrificio).
venerdì 15 febbraio 2013
Teignworthy Russian Imperial Porter
La Teignworthy Brewery viene fondata a Newton Abbot (Devon, UK) nel 1994 da John Lawton, un passato da birraio presso la Ringwood e la Oakhill. Il birrificio si trova in una porzione dello stabile vittoriano dove ha sede la Tucker's Maltings, storica malteria inglese in attività dal 1900. E' una della quattro malterie ancora operative in Inghilterra ed è l'unica che offre visite guidate; all'interno dello stabile vi trovano anche spazio uno spaccio di prodotti agricoli e di sementi, uno di prodotti per l'homebrewing ed un beer-shop dove potete acquistare le birre (Edwin Tucker's) che vengono prodotte proprio dalla Teignworthy. Il nome del birrificio si ispira al vicino fiume Teign. Una decina sono le birre che vengono prodotte regolarmente, alle quali si aggiunge qualche stagionale più una serie di produzioni speciali ed occasionali. Di questo ultimo gruppo fa parte la Russian Imperial Porter oggetto di questo post; prodotta nel 2011 con l'utilizzo di malti e di luppoli inglesi, dopo la fermentazione viene messa a maturare per almeno 4 mesi in botti di quercia della distilleria scozzese Bruichladdich Distillary, botti che hanno contenuto per almeno otto anni whisky. Contenuta in un'infelice bottiglia trasparente, la birra è abbastanza densa e quasi nera; più che una schiuma si forma una serie di grosse bolle color caffè che rimangono per qualche minuto nel bicchiere. L'aroma è molto forte, ed apre con una "botta" alcolica di whisky con in secondo piano sentori di caffè, tostatura, legno umido; l'affumicato è abbastanza debole all'inizio ma tende a divenire il profumo principale man mano che la birra raggiunge la temperatura ambiente. In bocca rivela un corpo medio, una viscosità oleosa ed una carbonazione quasi assente. Anche al palato è l'alcool a presentarsi in prima fila; l'impressione, per i primi sorsi, è quella di bere un whisky, con tanto, troppo alcool in evidenza. Di contorno ci sono liquirizia, caffè, tostature e salsa di soia, assieme e più nascoste note di legno e di carbone, cenere; il (lento) sorseggiare porta anche un'evidente salinità a fine corsa, con un retrogusto affumicato e salato, leggermente legnoso. Birra molto segnata dal passaggio in botte, molto impegnativa; l'alcool quasi "brucia" anziché scaldare, e la bevibilità è molto, molto, molto, molto limitata. L'etichetta si chiude con l'acronimo R.I.P.; se prima di berla gli avevate probabilmente attribuito il significato di "Russian Imperial Porter", dopo mezzo bicchiere non avrete più dubbi: significa "Riposa In Pace". Qui trovate un video di degustazione di un altro (s)fortunato. Formato: 33 cl., alc. 13%, lotto e scadenza non riportati, prezzo 3.51 Euro (beershop, Inghilterra).
giovedì 14 febbraio 2013
Baladin Birra Lurisia Dodici
La passione di Teo Musso per i vini passiti/maderizzati lo ha portato a spingersi ai “confini” (e forse oltre) della parola “birra". Un percorso che è iniziato nel lontano 1997, usando come base di partenza la prima birra Baladin, la “Super”, che viene lasciata per due anni in cortile dentro un fusto d’acciaio, coperto ma non sigillato. Il lungo percorso che ha portato alla nascita di queste birre ossidate, poi nominate Xyauyù è splendidamente descritto in questo articolo di Alberto Laschi. Un percorso analogo vede la nascita della Birra Lurisia 12, la più alcolica e “preziosa” (in tutti i sensi), della linea di birre che vengono prodotte utilizzando l’acqua della omonima sorgente. Mentre Teo definisce le Xyauyù “birre da divano”, alla Lurisia 12 riserva il termine di “birra da relax”. Oltre al lungo e lento processo di ossidazione, nella birra viene infuso il tè cinese lapsang souchong. La bottiglia è quella "classica" della linea Lurisia, serigrafata, con il tappo in sughero nascosto sotto una copertura di ceralacca. Nel bicchiere è di color rame scuro, con venature rossastre, completamente priva di schiuma. Il naso è forte e complesso, molto elegante: alcool, uvetta, prugna, frutta candita, leggeri sentori di formaggio, canditi, caramello, qualche sentore legnoso ed una netta affumicatura che fa capolino ogni tanto. Il gusto non è meno sorprendente: bevendola "alla cieca", l'impressione è davvero di avere in mano un bicchiere di Passito di Pantelleria. La birra ha un corpo medio, è completamente priva di carbonazione, ed è molto morbida; all'imbocco c'è l'affumicatura, che poi scompare per lasciare posto all'uva passa, ai canditi, al caramello. L'alcool è sontuosamente nascosto, anche se rimane una birra che va ovviamente sorseggiata lentamente e che riscalda senza assolutamente "bruciare". Il finale vede un ritorno dell'affumicato, con una chiusura che arriva a ripulire tutto il dolce per lasciare un caldo retrogusto etilico e fruttato, morbido e molto persistente. Birra da divano o da relax che dir si voglia, che potete tranquillamente bere anche a distanza di giorni, visto che già ossidata e priva di carbonazione. Ma è anche un perfetto abbinamento a dessert; il prezzo è proibitivo (siamo intorno ai 60 € al litro), ma è un'esperienza gustativa che vale senz'altro la pena di fare, almeno una volta nella vita. Cogliete l'occasione e fatevela regalare, o fatevi un regalo. Formato: 33 cl., alc. 12%, lotto 31/100, scad. 12/2013, prezzo 19.80 Euro (Eataly).
mercoledì 13 febbraio 2013
Forestinne Gothika
Forestinne è tecnicamente una beer firm fondata da Philippe Golinvaux e Michaël Vermeren due compagni di scuola con la passione per la birra coltivata al piccolo negozio La Cave de Wallonie, gestito un tempo da François Tonglet, attuale proprietario del birrificio La Caracole. Il passo successivo è quello della sperimentazione di ricette nel proprio garage, i primi kit per homebrewing, fino all'idea di produrre delle birre proprie a nome Forestinne, utilizzando gli impianti della Caracole. Per l'operazione sale a bordo un terzo socio, Jean-Marc Boumal, e nel 2005 viene fondata la società BGV. Il responso dei clienti è positivo, la nuova gamma Forestinne ha un discreto successo ed alla prima birra se ne aggiungono altre. Jean-Marc esce però per impegni professionali dalla società e viene rimpiazzato da Mireille Vandenhautte, seguita poco da un quarto socio, Laurent Galas. Attualmente ci sono in produzione cinque birre più una natalizia, tutte corredate da belle etichette ispirate all'immaginario mondo degli elfi. Gothika è una dark strong ale di uno splendido color marrone scuro con riflessi rubino; la schiuma, di media persistenza, è beige chiaro, fine e cremosa. Aroma di buona intensità e pulizia, con toffee, banana matura, caramella mou, liquirizia, tortino di frutta, prugne. Le premesse sono molto positive ma purtroppo in bocca ci delude un po'; il gusto è meno intenso, tutto giocato su liquirizia e toffee/caramello. La prima parte, dolce, viene ben bilanciata da una seconda parte più aspra e fruttata che ricorda la prugna acerba e la marasca. Leggera astringenza finale, retrogusto un po' tostato con accenno di caffè e ritorno di frutta aspra. Corpo medio-leggero, discreta carbonazione, birra facile da bere, tutto sommato abbastanza gustosa e ben fatta, con il gusto che però rimane un gradino sotto l'aroma. Formato: 33 cl., alc. 7.5%, lotto F, scad. 06/2013, prezzo 2.20 Euro (beershop, Belgio).
martedì 12 febbraio 2013
Vedett Extra Blond
Duvel e Maredsous sono probabilmente i due marchi più "nobili" commercializzati dal birrificio Duvel Moortgat, ai quali vanno aggiunte le due acquisizioni più recenti, ovvero Achouffe e De Koninck. Oggi ospitiamo invece la Vedett, una lager immessa sul mercato nel 1945 da Albert Moortgat, figlio del fondatore (1871) Jan. Un prodotto - vedremo a breve - che non offre molto dal punto di vista qualitativo ma che viene sostenuto da un buon marketing: sul sito ufficiale, potete inviare la vostra "storia" o le vostre fotografie e, se siete fortunati, le ritroverete su mille etichette di bottiglia Vedett. Così avrete un buon motivo per ordinare, al bar, una bottiglia di Vedett e cercare di ritrovare la vostra creazione. Allo stesso modo sul sito internet potete ordinare una cassa di birra con una vostra fotografia in etichetta. Presente praticamente in ogni supermercato belga, in bottiglia o in lattina, la Vedett Extra Blond è di un limpido color oro; la schiuma è un po' grossolana, bianca, poco persistente. L'aroma è abbastanza scarso: cereali, note di miele, leggero diacetile. Stessi elementi (inclusa la mancanza d'intensità) che si ritrovano anche in bocca: pane, cereali, diacetile, con una chiusura amaricante erbacea. Non è molto secca, ed a fine bevuta il palato risulta un po' "legato" ed appiccicoso. Lascia un retrogusto corto, erbaceo, leggermente metallico; vivacemente carbonata, ovviamente watery, dissetante ed innocua. Formato: 33 cl., alc. 5.2%, scad. 14/08/2013, prezzo 1.06 Euro (supermercato, Belgio).
lunedì 11 febbraio 2013
32 Via dei Birrai Atra
32 Via dei Birrai nasce nel 2006 a Pederobba (Tv), al confine con la provincia di Belluno ed ai piedi della catena del Monte Grappa; i fondatori sono il birraio Fabiano Tofoli, aiutato da Alessandro Zilli e dal commerciale Loreno Michielin. Il birrificio inizia con una identità visiva molto ben studiata, tutta costruita attorno al "32" che, oltre ad essere il numero che corrisponde "alla classe birra", secondo la classificazione internazionale di Nizza che indica e categorizza prodotti e servizi, rappresenta anche il prefisso telefonico internazionale del Belgio. Una nazione che ha legami molto stretti con il birrificio: il birraio Toffoli ha vissuto in Belgio sino all'età di sedici anni, ed il luppolo viene acquistato direttamente dai produttori a Poperinge. A luglio del 2012 l'associazione Belga H.O.P. che riunisce i produttori di luppolo ha conferito al birrificio l'utilizzo del logo "luppolo Belga"; 32 Via dei Birrai, che utilizza per tutte le birre solamente luppolo belga, è così il primo birrificio non belga ad aver ricevuto questo riconoscimento. Per stappare une della loro bottiglie dovrete prima rimuovere la capsula termoretraibile, poi il tappo a corona ed infine il particolare tappo in silicone che riporta il logo del birrificio. Atra è una birra che il birrificio definisce "da meditazione"; la definizione non ci piace molto, ma proseguiamo. E' di color marrone tonaca di frate con sfumature rossastre, opaco; la schiuma è beige chiara, non molto fine, poco persistente. Il naso, pulito e fine, si apre con sentori di toffee, liquirizia, frutta secca, pane nero ed una leggera speziatura. In bocca c'è una buona corrispondenza con l'aroma: leggere tostature, liquirizia, note di cioccolato e di prugna; non c'è purtroppo la stessa pulizia. La birra ha un corpo da medio a leggero, con una carbonazione molto bassa che rende la bevuta un po' piatta; a peggiorare un po' le cose è il finale, leggermente astringente, nel quale la birra viene un po' a mancare invece che lasciare un persistente ricordo di sè. Il retrogusto, corto e poco intenso, è leggermente tostato. Bottiglia che non ci sembra molto in forma, per una birra poco rotonda ed abbastanza slegata in bocca; la consistenza watery la rende molto facile da bere ma molto poco "meditativa". Per raggiungere questo ipotetico "scopo", ci vorrebbe un po' più di corpo ed un po' più di calore etilico: o, in una parola, carattere. Formato: 75 cl., alc. 7.3%, lotto 411, scad. 30/09/2013, prezzo 9.50 Euro (gastronomia, Italia).
domenica 10 febbraio 2013
Summer Wine Rouge Hop
La Summer Wine Brewery viene fondata nel 2008 da James Farran, Andy Baker e Meyrick Kirk; il birrificio si trova a Holmfirth, nello Yorkshire, un paese noto agli inglesi soprattutto per essere stata la location di una famosissima sitcomedy, andata in onda per 31 stagioni dal 1973 al 2009, e chiamata Last of the Summer Wine. Il birrificio non si è ovviamente lasciato sfuggire l'occasione scegliendo un nome ispirato alla serie televisiva; nonostante i richiami alla tradizione, Summer Wine è un birrificio "moderno" guidato dal giovane birrario (ha iniziato a dicassette anni) James Farran che, a parte poche eccezioni, sembra più ispirato dalle innovazioni (e dai luppoli) statunitensi che dai classici britannici. Ratebeer elenca ormai quasi un centinaio di birre che sono state prodotte in circa quattro anni. Questa Rouge Red Hop Ale vede ad esempio un'abbondante luppolatura di Centennial e Simcoe. Si presenta di color ambrato velato, con sfumature rossastre; c'è una bella testa di schiuma color ocra, quasi pannosa, molto persistente. L'aroma è pulito ed elegante, sprigiona ancora una buona freschezza: c'è tanta frutta, soprattutto pompelmo, ma anche mandarino, ananas e frutta tropicale. Dal colore della birra ci aspettavamo un ingresso in bocca maltato/caramellato; c'è invece solo un velocissimo passaggio di biscotto, e poi è nuovamente una danza di luppoli, con un crescendo di scorza di pompelmo. Finale abbastanza intenso, con un bel taglio secco leggermene astringente ed un retrogusto, lungo ed appagante, ricco (ancora!) di scorza di pompelmo e di lime. Amber Ale abbastanza atipica, con tanti luppoli e poco malto, ma molto profumata e molto pulita. Facilissima da bere, abbiamo chiuso gli occhi ed abbracciato la licenza stilistica che si è preso il birraio, e ce la siamo proprio goduta. Formato: 33 cl., alc. 5.8%, scad, 30/06/2013.
sabato 9 febbraio 2013
Civale Imperiosa
Imperiosa è l'imperial stout del birrificio Civale di Alessandria; prodotta con zucchero di canna grezzo, malti Pilsner, Maris-Otter, Biscuit, CaraMunich, Chocolate, Roasted Barley. I luppoli sono Magnum, E.K.Golding, Cascade e Centennial; negli ultimi due anni ha sempre ottenuto la medaglia d'argento al concorso di Birra dell'Anno nella categoria "birre scure, alto grado alcolico, d'ispirazione angloamericana". Nel 2011 dietro alla Castigamatt del Birrificio Rurale e l'anno scorso dietro la Montinera del Piccolo Birrificio Clandestino. Nel bicchiere è completamente nera; si forma mezzo centimetro di schiuma color nocciola, che svanisce quasi subito. Il naso è chiuso, impiega qualche minuto ad aprirsi: emergono tostature, sentori di mirtilli ma soprattutto caffè (liquido). Discreta la pulizia, scarsa l'intensità. Al palato arriva completamente "piatta", priva di qualsiasi "bollicina"; il corpo è medio. In bocca c'è predominanza di frutta sotto spirito (prugne e mirtilli) con il caffè e le tostature relegate in secondo piano; non c'è l'atteso "crescendo" finale. La birra, già di sé poco viva(ce) per l'assenza totale di carbonazione, si spegne ulteriormente e, invece dell'atteso finale amaro, ricco di caffè/tostature/cioccolato, lascia un retrogusto abboccato di frutta sotto spirito. Difficile giudicare una bottiglia così penalizzata dall'assenza di carbonazione e dall'aroma abbastanza sotto tono. Speriamo di poterla tornare ad assaggiare presto in una forma migliore. Formato: 33 cl., alc. 10%, lotto IM01210, scad. 10/06/2014, prezzo 5.20 Euro (beershop, Italia).
venerdì 8 febbraio 2013
BFM Cuvée Alex le Rouge 2010
Secondo incontro con la Brasserie des Franches Montagnes (BFM), il birrificio svizzero guidato dal birraio Jérôme Rebetez. Il primo incontro-scontro è avvenuto in questa occasione, con una La Meule palesamente infetta; ci abbiamo riprovato con la Cuvée Alex le Rouge Jurassian Imperial Stout, ma anche questa volta ci è andata male. Si apre con un bel gushing, ma fortunatamente il bicchiere è a portata di mano e la "fontana" si scarica nel posto giusto. Purtroppo l'aroma è un trionfo d'aceto, ed anche il gusto non fa eccezione; rimane giusto qualche remota nota di caffè. Non ci resta che descriverne l'aspetto (torbido ebano scuro, enorme schiuma beige, cremosa, molto persistente) prima di offrirla al lavandino. E' prodotta con acqua, malto, luppolo, zucchero di canna, lievito, pepe Serawak, tè russo, vaniglia Bourbon. Ci restano ancora due BFM in cantina, speriamo di riuscire a bere qualcosa di decente prossimamente. Formato: 33 cl., alc. 10.276%, lotto 5 (2010), prezzo 5.70 Euro (food market, Svizzera).
giovedì 7 febbraio 2013
Früh Kölsch
La Cölner Hofbräu P. Josef Früh viene fondata a Colonia nel 1908, in pieno centro storico, a pochi passi dalla cattedrale; il birrificio è ancora oggi di proprietà dei discendenti (quinta generazione) del fondatore Peter Josef Früh. Nello storico edificio centrale, quasi completamente distrutto da un incendio provocato dai bombardamenti aerei del Febbraio 1944, hanno oggi sede gli uffici amministrativi ed un pub - forse il più frequentato a Colonia, aiutato anche dalla posizione - dove potete gustare alla spina l'unica specialità del birrificio. Gli spazi sono progressivamente aumentati, con l'apertura progressiva, nel corso degli anni, di altri piani dell'edificio dedicati alla ristorazione ed alla mescita. La produzione è stata invece trasferita nella periferia Nord di Colonia, un passo necessario per aumentare i volumi e soddisfare tutta la richiesta, che oggi si attesta all'incirca sui 450.000 ettolitri l'anno. La Früh esiste anche in versione analcolica, radler e sprizz (48% di arancia); lasciamo perdere le ultime tre deviazioni e dirigiamo la nostra attenzione sulla creazione originale. All'aspetto è di colore oro pallido, limpido; la schiuma è bianca e cremosa ed ha una buona persistenza. Il naso è abbastanza sottile, con sentori floreali, di agrumi e di paglia. La bottiglia (50 cl.) evapora molto in fretta: corpo leggero, carbonazione medio-bassa. L'imbocco è di pane e cereali, segue una parte centrale con note di agrumi che richiamano l'aroma, si chiude con una nota amaricante erbacea (e leggermente saponosa). Una bottiglia poco fragrante e poco fresca, leggera e delicata, che si spegne un po' a fine corsa in un'acquosità un po' eccessiva. Una discreta bevuta, che ci piacerebbe provare anche direttamente alla fonte, in quel di Colonia. Formato: 50 cl., alc. 4.8%, lotto 20110:32, scad. 16/05/2013, prezzo 0.85 Euro (supermercato, Germania).
mercoledì 6 febbraio 2013
Gulden Draak
Le birre "scure" sono storicamente sempre state la specialità del birrificio belga Van Steenberge; non sorprende quindi che a metà degli anni '90, quando il birrificio decise di concentrarsi sull'esportazioni all'estero, la strong ale Gulden Draak fu scelta come "apripista". Una decisione che fu ripagata dal giudizio datole nel 1998 dall'American Culinary Institute: miglior birra al mondo. Ma il "Dragone d'oro" è soprattutto quella scultura che domina la torre centrale (91 metri d'altezza) della chiesa Sint Niklaas di Gent, nelle Fiandre. Ha la forma di una nave vichinga, con la prua stilizzata a forma di testa di drago; la scultura fu in origine donata nel 1111 dal re di Norvegia Sigrid Magnusson all'imperatore di Costantinopoli e destinata alla sommità della cupola della basilica di Santa Sofia. Un secolo dopo, nel corso della quarta crociata, Baldovino IX, Conte delle Fiandre, durante il saccheggio della odierna Istanbul riportò la statua in Belgio, nel suo piccolo paese natale di Biervliet. Ma i vicini cittadini di Bruges, invidiosi del fatto che un paese così piccolo avesse una statua così bella, se la portarono a casa alla prima occasione (leggi "conflitto"). Gent non fu da meno, ed approfittò della battaglia di Beverhout contro Brugge del 1382 per sottrarre il dragone d'oro ai rivali e collocarlo, in bella vista, in cima alla cattedrale della loro città. La Gulden Draak da bere arriva invece in un'insolita bottiglia plastificata di bianco; fu prodotta per la prima volta all'inizio degli anni '80. E' di colore marrone scuro, con intensi riflessi rosso rubino visibili in controluce; la schiuma, molto persistente e cremosa, è beige chiaro. L'aroma sprigiona profumi di pane nero, melassa, fruit cake, zucchero di canna, frutta candita e spezie. Ha un imbocco meno "massiccio" del previsto (ABV 10,5%), con un corpo medio ed una carbonazione molto sostenuta che tuttavia non le preclude una buona morbidezza palatale. C'è toffee, liquirizia, spezie, ma soprattutto molta frutta (prugne e datteri), con un inizio di bevuta dolce che è bilanciato da una seconda parte più aspra, ricca di note di prugna acerba. E' preludio ad un finale secco e ripulente, seguito da un retrogusto abboccato, morbido, caldo ed etilico (frutta e liquirizia). Strong Ale molto solida con l'alcool nascosto in maniera esemplare; decisamente meglio in bocca che al naso, si rivela una bevuta appagante, ben equilibrata e molto "sostanziosa". Formato: 33 cl., alc. 10.5%, scad. 20/10/2013.
martedì 5 febbraio 2013
Hibu VaiTrà
Secondo assaggio di Hibu, giovane birrificio brianzolo che abbiamo incontrato per la prima volta ad inizio anno con la propria birra Natalizia. VaiTrà è invece il nome dato alla American Pale Ale. E' di un bell'ambrato carico, velato, con un ampio "cappello" di schiuma color ocra, fine, cremosa, discretamente persistente. Il naso non è molto pronunciato ma c'è un buon livello di finezza; si apre con leggeri sentori di aghi di pino, tanto pompelmo, un po' di frutta tropicale dolce. Al palato c'è l'atteso ingresso di caramello, ma è poi il pompelmo (frutta e scorza) a prendere il controllo della situazione. Il corpo, medio, la rende meno leggera del previsto e la bevuta è un po' appesantita da una leggera presenza invasivi dei lieviti che ne sporcano un po' il gusto. Ha comunque una buona morbidezza al palato, con una consistenza watery che viene in soccorso alla "beverinità". Gusto tutto giocato tra caramello e pompelmo, con un finale di scorza di agrumi (pompelmo, ma soprattutto lime) e vegetale. American Pale Ale che rispetta i canoni stabiliti del protocollo ma che, come per la precedente birra di Natale, difetta un po' di personalità e, nel caso di questa bottiglia in particolare, di una pulizia non proprio impeccabile (lieviti). Birrificio di recente apertura, c'è tutto il tempo per lavorare ancora sul prodotto, comunque già di buon livello. Formato: 33 cl., alc. 6.3%, scad. 04/07/2013, prezzo 3.00 Euro (stand birrificio).
lunedì 4 febbraio 2013
Lost Abbey Judgment Day
Di Tomme Arther e di Lost Abbey abbiamo già parlato molto dettagliatamente in questa occasione; dopo la Serpent's Stout, entriamo nel territorio prediletto del marchio Lost Abbey, ovvero il Belgio. Un altro nome biblico (Judgement Day) per una birra che s'ispira alle grandi birre trappiste; sì, non sbagliate se pensate al numero 10 (Rochefort) o al 12 (Westvleteren). La ricetta include malti Two Row, Medium e Dark English Crystal, Special B, Chocolate e frumento; i luppoli sono Challenger ed E.K. Golding. Completano la ricetta il lievito proprietario e l'aggiunta nel mosto di destrosio ed uvetta. Sul retro etichetta, il solito lunghissimo "sermone" scritto da Tomme a corredo della birra; il riferimento è ovviamente al giorno del giudizio, ponendo al lettore/bevitore la domanda fondamentale: "credi che ci sarà un Giorno del Giudizio? Hai mai pensato a cosa starai facendo quando arriveranno i quattro cavalieri dell'apocalisse? Forse starai bevendo questa Quadrupel belga. Ma siccome non abbiamo idea di quando finirà il nostro tempo, ti diamo un semplice consiglio: vivi una vita ispirata. Cerca opportunità in ogni cosa. Sfida te stesso a seguire le tue passioni con costanza, e vivi la vita con motivazione. In modo che quando arriverà il Giorno del Giudizio, te ne andrai sapendo che hai vissuto la tua vita nel modo in cui volevi viverla, e nessuno potrà portarti via quello". Ma la Judgment Day costituisce anche la base per un'altra splendida birra di Lost Abbey: nel mosto vengono aggiunte amarene e poi, dopo la fermentazione, viene messa ad invecchiare in botti di Bourbon per un anno, assieme ad altre amarene ed a Brettanomiceti. Nasce così la Cuvée de Tomme, della quale però parleremo in un'altra occasione. La Judgment Day arriva nel bicchiere di colore marrone/rosso rubino, torbido; si forma un centimetro scarso di schiuma, a bolle grosse, che svanisce immediatamente lasciando solamente un piccolo pizzo sui bordi del bicchiere. Il naso offre subito un caldo benvenuto alcolico, ammorbidito da frutta sotto spirito (uvetta e prugne), leggerissimi sentori di fruit cake e di toffee. Pensando all'ispirazione trappista di questa birra ci aspettavamo un po' più di complessità, ma l''aroma è comunque pulito ed intenso. Non ci sono grosse variazioni in bocca, in un gusto dominato dalla frutta sotto spirito (ancora uvetta e prugne/datteri) con l'alcool che è sempre presente pur non andando mai sopra le righe; ci sembra di avvertire anche qualche nota di vaniglia. Il corpo è pieno, la carbonazione è molto bassa; la birra è morbida in bocca, con una consistenza oleosa. Il finale secco chiude bene il percorso dolce, rimane un retrogusto morbido e caldo, ricco di frutta sotto spirito. Purtroppo sulla bottiglia non è riportato l'anno di produzione di questa Judgment Day; Tomme Arthur la descrive come una birra ideale per essere lasciata in cantina, ma ci sembra che il tempo non abbia fatto molto bene a questo esemplare arrivato in Italia. Birra massiccia ma abbastanza monotematica, quasi priva di carbonazione, priva di quelle caratteristiche aromatiche e gustative che ci si attenderebbe dal lievito di una birra ispirata alle "grandi" trappiste. Rimane molta frutta sotto spirito ed alcool, per una bevuta un po' stanca e solo parzialmente soddisfacente. Formato: 75 cl., alc. 10.5%, lotto e scadenza sconosciuti, prezzo 14.10 Euro (beershop, Italia).
domenica 3 febbraio 2013
Diekirch Grand Cru
Seconda birra lussemburghese dopo la Diekirch Reserve bevuta poche settimane fa; sempre Brasserie de Luxembourg Mousel-Diekirch, con una altro nome "nobile": Grand Cru. E' di un limpido color ambra, con una schiuma a bolle grosse color ocra, discretamente persistente. Al bel colore contribuisce anche il colorante caramello E150, proprio quello che in California compare tra le sostanze potenzialmente cancerogene, al punto che Coca Cola e Pepsi hanno deciso di rimuoverlo dalla ricetta, piuttosto che riportare sull'etichetta dei loro prodotti l'avviso del rischio cancro. Ma torniamo alla birra, dove il naso è abbastanza pronunciato: caramello e toffee, burro, sentori di frutta rossa, soprattutto ciliegia. Aroma forte che però svanisce assieme alla schiuma. Il percorso in bocca è assolutamente coerente, con caramello, toffee ed un fruttato dolce che a tratti ricorda lo sciroppo di ciliegia, ma non quello naturale; a bilanciare una bevuta abbastanza dolce c'è un finale amaro erbaceo non esattamente gradevole, che sconfina in una sensazione di gomma bruciata man mano che la temperatura della birra si alza. Un finale molto poco memorabile per una birra che potete tranquillamente lasciare sullo scaffale dei supermercati del Lussemburgo. Formato: 33 cl., alc. 5.1%, scad. 09/2013, prezzo 0.95 Euro (grande distribuzione, estero).
sabato 2 febbraio 2013
Nøgne Ø / Bridge Road India Saison
Era da un po' che non stappavamo una bottiglia di Nøgne Ø, l'ottimo birrificio norvegese aperto nel 2002 da Kjetil Jikiun; l'avevamo da un po' sulla nostra wishlist e finalmente siamo riusciti ad afferrarla, questa "India Saison", una collaborazione tra Nøgne ed il birrificio australiano Bridge Road, del quale purtroppo non abbiamo ancora assaggiato nulla. Si tratta di una saison prodotta con malto pilsner e frumento maltato, lievito belgian ale ed una luppolatura che viene, ovviamente, dall'Australia: galaxy e stella. La stessa birra viene anche brassata nell'emisfero australe, presso gli impianti della Bridge Road, e commercializzata con un'etichetta leggermente diversa. Prodotta per la prima volta nel 2011, ha un colore arancio pallido, opaco; la schiuma bianca è generosa, fine e quasi pannosa, molto persistente. Ma lo splendido biglietto da visita di questa India Saison è l'aroma: pulitissimo, elegante, ancora pungente, carico di frutta. Moltissimi agrumi, con note aspre che richiamano la scorza del pompelmo, lime e mapo, ed altre più dolci di mandarino e polpa d'arancio; c'è una leggera acidità che ben contrasta con dei sentori più dolci e nascosti di frutta tropicale. All'ingresso in bocca c'è una leggera nota di pane e di cereali, ma il gusto è nuovamente caratterizzato da una massiccia presenza di agrumi, polpa e scorza, che richiamano in toto l'aroma. Molto vivace, dal corpo leggero, con una leggera acidità che la rende molto rinfrescante; la sensazione durante la bevuta è a volte quella di avere nel bicchiere una spremuta d'agrumi (pompelmo e lime), senza molti altri elementi a bilanciare. Chiude ovviamente con una leggera astringenza e con un retrogusto carico di scorza d'agrumi ed una leggera nota pepata. Birra che risulta stupefacente per i primi sorsi, ma che alla lunga batte un po' troppo sul tasto dell'agrume con il rischio saturazione/noia che si fa molto concreto; è pulitissima, e paradossalmente questo ci è sembrato un difetto. Le manca un po' di quel carattere agreste di una "Farmhouse Ale", un po' di quello "sporco" (buono) che le donerebbe un po' di complessità portando qualche variazione alla spremuta di agrumi. Facilissima da bere, acquisto ed assaggio senz'altro consigliato. Formato: 50 cl., alc. 7.5%, 40 IBU, imbottigliata il 29/03/2012, lotto 782, scad. 29/03/2014, prezzo 6.40 Euro (beershop, Italia).
venerdì 1 febbraio 2013
Doppio Malto Old Jack
Del birrificio Doppio Malto di Erba (Como) abbiamo già parlato dettagliatamente in questa occasione; saltiamo quindi il cappello introduttivo e passiamo direttamente all'assaggio della Old Jack, una chocolate stout dall'etichetta retro che si è guadagnata la medaglia d'argento al CIBA del 2008 nella categoria Porter-Stout e quella di bronzo all'International Beer Challenger 2011 nella categoria Old Ale. Ebano scurissimo, ai confini del nero, schiuma beige, fine e cremosa, molto persistente. Si parte molto bene, con un aroma molto pulito e fine: orzo tostato, caffè, mirtilli, cioccolato amaro, qualche leggero sentore di cenere. L'approdo in bocca è abbastanza morbido; non è un classica stout cremosa anglosassone, la consistenza watery assicura una grande facilità di bevuta, il corpo è medio, la carbonazione bassa. Il gusto ricalca le orme dell'aroma, ma non è altrettanto pulito: troviamo caffè, tostature e liquirizia, attraversate da una leggera acidità che pulisce bene il palato ad ogni sorso. Il finale è leggermente astringente, preludio ad un retrogusto che ci riporta ai livelli dell'aroma, con la giusta intensità e pulizia: tostature, caffè, liquirizia. Birra che coniuga molto bene intensità di gusto e facilità di bevuta, senza sacrificare nessuna delle due componenti essenziali che (quasi) ogni birra dovrebbe avere; sicuramente meglio al naso che in bocca, dove una maggiore pulizia la renderebbe meritevole di un ipotetico podio. Formato: 75 cl., alc. 6.3%, IBU 35, lotto 12 4535 (?), scad. 30/07/2013, prezzo 7.00 Euro (stand birrificio).
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