E siamo arrivati all'ultima birra del 2014, dopodiché il blog si prenderà una breve pausa defaticante e tornerà attivo con il nuovo anno. Mi sembra giusto chiudere l'anno in bellezza, approfittando delle festività per stappare una di quelle bottiglie che hai in cantina e che lasci sempre in attesa di un occasione speciale. Il freddo è (finalmente) arrivato e la scelta è caduta su una sostanziosa Nøgne Ø: si tratta della Dark Horizon numero 4, forse la birra più "famosa" del birrificio norvegese fondato nel 2002 da Kjetil Jikiun, ma la cui maggioranza (54%), da novembre 2013, è detenuta dalla Hansa Borg Bryggerier, il secondo maggior produttore norvegese, e non stiamo parlando di "craft" ma di marchi piuttosto commerciali come Hansa, Waldemars, Borg. L'Hansa Borg ha anche la licenza di produrre per il mercato domestico l'Heineken. A voi decidere se considerare ancora Nøgne un produttore artigianale o no.
In sala cottura nulla è cambiato, per il momento: vi è ancora Kjetil Jikiun, l'ex pilota della Scandinavian Airlines con l'hobby dell'homebrewing; il suo lavoro lo portava di frequente negli Stati Uniti, ed è là che Kjetil fu contagiato dalla craft beer revolution al punto da mollare gli aerei ed aprire un microbirrificio.
E sono proprio gli Stati Uniti l'ispirazione dietro alla nascita della Dark Horizon: Kjetil voleva infatti realizzare qualcosa di simile alla Mephistopheles Stout della Avery, una massiccia imperial stout. La prima edizione di sole 6000 bottiglie numerate viene realizzata nel 2007 e diventa in poco tempo un ricercato oggetto di culto per i beer-geeks e per i beer-raters scandinavi, regione in cui le imperial stout vanno fortissimo.
La Dark Horizon, commercializzata in un scatola dal design molto ricercato, è stata poi replicata nel 2008 e nel 2010, con alcune leggere modifiche. Kjetil aveva ideato la prima versione come una birra "globale": ispirazione statunitense, malti inglesi, bottiglie di vetro tedesche, zucchero Demerara dall'isola Mauritius, luppoli dal Pacifico, ceppo di lievito canadese e caffè colombiano. Ad una massiccia imperial stout, inizialmente fermentata con un "normale" lievito ad alta fermentazione, vennero poi aggiunti una mezza tonnellata di zucchero Demerara, estratto di caffè fatto in casa e lieviti da vino. Il risultato (37° P, 75 IBU, 16% alc./vol.) ottiene l'oro alla World Beer Cup 2008 di San Diego, nella categoria 12: "Other Strong Ale or Lager", in concorrenza con altre 28 birre. Una categoria molto "aperta", visto che l'argento andò alla Double Pilsner della Odell. Imperial Stout vs. Pilsner ?
Nell'agosto 2012 viene prodotta la quarta (ed ultima, sino ad oggi) edizione della Dark Horizon, che è poi commercializzata nella primavera 2013 in un'elegante confezione triangolare di cartone, con la bottiglietta incartata di viola all'interno.
Assolutamente nera, riesce a malapena a formare un dito di schiuma nocciola un po' grossolana e poco persistente, ma per una birra dal tenore alcolico così elevato non c'era d'aspettarsi molto di più. L'aroma è complesso, dolce e forte, e privilegia l'opulenza piuttosto che l'eleganza: passano in rassegna caffè, orzo tostato, cenere, tabacco, prugna, uvetta, liquirizia, rum e fruit cake. Al palato il corpo è meno pieno del previsto, sconfinando quasi nel medio; è praticamente piatta, non fosse per una finissima effervescenza che però non riesce ad emergere dalla grande viscosità di questa birra, che avvolge il palato con una morbida carezza quasi in contrasto con l'intensità e la potenza del suo gusto. Il percorso in bocca inizia molto dolce di uvetta, prugna, datteri, fruit cake, more e mirtilli; proprio quando inizi a pensare che sia troppo dolce, ecco che la Dark Horizon trova il suo equilibrio, grazie ad un evidente ma non invadente calore etilico ed all'acidità e all'amaro del caffè. La birra è massiccia ed impegnativa, ma si sorseggia senza troppi sforzi: alcool, caffè amaro e frutta dolce sono molto ben amalgamati tra di loro, e sono anche i protagonisti di un retrogusto praticamente infinito, morbido e caldo. Non so come sarà questa birra tra qualche anno quando il caffè sarà definitivamente scomparso: il rischio di un naufragio nel dolce è davvero concreto: se anche voi ne avete una bottiglia in cantina in attesa di una buona occasione per berla, il consiglio è di non far passare troppi anni. Al momento attuale Dark Horizon è ancora una gran bella bevuta, che impegna ma regala belle soddisfazioni, bevendola con calma dopocena, in poltrona, sul divano e potete aggiungere tutte le altre stereotipate immagini "meditative" che vi vengono in mente (caminetto? davanti alla finestra mentre fuori nevica?). Il formato da 25 cl. è quello giusto, considerato il contenuto alcolico: terminata la bottiglia, non ho avvertito la necessità di berne ancora. Potreste accompagnarla anche ad un pezzetto di cioccolato fondente (andate dal 70% in su), ma è una birra così sostanziosa e densa che si può quasi considerare lei stessa un dessert.
Apro una parentesi sul prezzo: non so se qualche bottiglia sia mai arrivata in Italia ed a che prezzo, ma in Norvegia, dove gli alcolici sono molto cari, viene venduta a 52 Euro al litro. La domanda inevitabile che ti poni a fine bicchiere è: "ne vale la pena"? La risposta arriva subito, nonostante la birra ispiri la cosiddetta meditazione: "no".
Formato: 25 cl., alc. 16%, IBU 100, lotto 857/858, 22/08/2012, scad, 22/08/2022, pagata 13.16 Euro (Vinmonopolet, Norvegia)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
In sala cottura nulla è cambiato, per il momento: vi è ancora Kjetil Jikiun, l'ex pilota della Scandinavian Airlines con l'hobby dell'homebrewing; il suo lavoro lo portava di frequente negli Stati Uniti, ed è là che Kjetil fu contagiato dalla craft beer revolution al punto da mollare gli aerei ed aprire un microbirrificio.
E sono proprio gli Stati Uniti l'ispirazione dietro alla nascita della Dark Horizon: Kjetil voleva infatti realizzare qualcosa di simile alla Mephistopheles Stout della Avery, una massiccia imperial stout. La prima edizione di sole 6000 bottiglie numerate viene realizzata nel 2007 e diventa in poco tempo un ricercato oggetto di culto per i beer-geeks e per i beer-raters scandinavi, regione in cui le imperial stout vanno fortissimo.
La Dark Horizon, commercializzata in un scatola dal design molto ricercato, è stata poi replicata nel 2008 e nel 2010, con alcune leggere modifiche. Kjetil aveva ideato la prima versione come una birra "globale": ispirazione statunitense, malti inglesi, bottiglie di vetro tedesche, zucchero Demerara dall'isola Mauritius, luppoli dal Pacifico, ceppo di lievito canadese e caffè colombiano. Ad una massiccia imperial stout, inizialmente fermentata con un "normale" lievito ad alta fermentazione, vennero poi aggiunti una mezza tonnellata di zucchero Demerara, estratto di caffè fatto in casa e lieviti da vino. Il risultato (37° P, 75 IBU, 16% alc./vol.) ottiene l'oro alla World Beer Cup 2008 di San Diego, nella categoria 12: "Other Strong Ale or Lager", in concorrenza con altre 28 birre. Una categoria molto "aperta", visto che l'argento andò alla Double Pilsner della Odell. Imperial Stout vs. Pilsner ?
Nell'agosto 2012 viene prodotta la quarta (ed ultima, sino ad oggi) edizione della Dark Horizon, che è poi commercializzata nella primavera 2013 in un'elegante confezione triangolare di cartone, con la bottiglietta incartata di viola all'interno.
Assolutamente nera, riesce a malapena a formare un dito di schiuma nocciola un po' grossolana e poco persistente, ma per una birra dal tenore alcolico così elevato non c'era d'aspettarsi molto di più. L'aroma è complesso, dolce e forte, e privilegia l'opulenza piuttosto che l'eleganza: passano in rassegna caffè, orzo tostato, cenere, tabacco, prugna, uvetta, liquirizia, rum e fruit cake. Al palato il corpo è meno pieno del previsto, sconfinando quasi nel medio; è praticamente piatta, non fosse per una finissima effervescenza che però non riesce ad emergere dalla grande viscosità di questa birra, che avvolge il palato con una morbida carezza quasi in contrasto con l'intensità e la potenza del suo gusto. Il percorso in bocca inizia molto dolce di uvetta, prugna, datteri, fruit cake, more e mirtilli; proprio quando inizi a pensare che sia troppo dolce, ecco che la Dark Horizon trova il suo equilibrio, grazie ad un evidente ma non invadente calore etilico ed all'acidità e all'amaro del caffè. La birra è massiccia ed impegnativa, ma si sorseggia senza troppi sforzi: alcool, caffè amaro e frutta dolce sono molto ben amalgamati tra di loro, e sono anche i protagonisti di un retrogusto praticamente infinito, morbido e caldo. Non so come sarà questa birra tra qualche anno quando il caffè sarà definitivamente scomparso: il rischio di un naufragio nel dolce è davvero concreto: se anche voi ne avete una bottiglia in cantina in attesa di una buona occasione per berla, il consiglio è di non far passare troppi anni. Al momento attuale Dark Horizon è ancora una gran bella bevuta, che impegna ma regala belle soddisfazioni, bevendola con calma dopocena, in poltrona, sul divano e potete aggiungere tutte le altre stereotipate immagini "meditative" che vi vengono in mente (caminetto? davanti alla finestra mentre fuori nevica?). Il formato da 25 cl. è quello giusto, considerato il contenuto alcolico: terminata la bottiglia, non ho avvertito la necessità di berne ancora. Potreste accompagnarla anche ad un pezzetto di cioccolato fondente (andate dal 70% in su), ma è una birra così sostanziosa e densa che si può quasi considerare lei stessa un dessert.
Apro una parentesi sul prezzo: non so se qualche bottiglia sia mai arrivata in Italia ed a che prezzo, ma in Norvegia, dove gli alcolici sono molto cari, viene venduta a 52 Euro al litro. La domanda inevitabile che ti poni a fine bicchiere è: "ne vale la pena"? La risposta arriva subito, nonostante la birra ispiri la cosiddetta meditazione: "no".
Formato: 25 cl., alc. 16%, IBU 100, lotto 857/858, 22/08/2012, scad, 22/08/2022, pagata 13.16 Euro (Vinmonopolet, Norvegia)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.