venerdì 27 luglio 2018

Founders Frootwood

Dicembre 2016: il birrificio del Michigan Founders annuncia la nascita della Barrel Aged Series  dedicata agli invecchiamenti in botte. Sei birre che saranno rilasciate nel corso dell’anno con cadenza bimestrale; oltre alle classiche nonché immancabili KBS e Backwood Bastard dalla vastissima cantina di Founders arrivano interessanti inediti i cui prototipi erano occasionalmente stati presentati in anteprima solamente presso la taproom. 
La partnership (30%) con il birrificio industriale spagnolo Mahou San Miguel ha tolto nel 2014 a Founders lo status di “birrificio artigianale” secondo le linee guida dell’American Brewers Association, ma ha portato i fondi necessari per un ambizioso piano di espansione (700.000 ettolitri l’obiettivo fissato per il 2018) che ha coinvolto anche gli invecchiamenti in botte. Oggi sono oltre 7000 i barili che riposano nel sottosuolo di Grand Rapids, a 25 metri di profondità e ad una temperatura costante di 3-4 gradi centigradi: gli ambienti sono quelli di una vecchia cava di gesso, ora in disuso, che si trova a 5 chilometri di distanza dal birrificio.  Inaugurata nel 1890 dalla  Alabastine Mining Company, la miniera è stata utilizzata sino al 1943 quando la società fallì; nel 1957 il dedalo di corridoi e passaggi che si snodano per una decina di chilometri fu acquistato dalla Michigan Natural Storage Company ed è stato riconvertito in un magazzino di stoccaggio “naturalmente refrigerato” che viene utilizzato da numerose aziende, oltre che da Founders.  
La “cantina” di Founders non è visitabile, se non in rare occasioni speciali:  nonostante la temperatura delle cave sia bassa, le botti sono state collocate in una zona nella quale operano condizionatori d’aria che permettono di regolare anche l’umidità. I barili vengono riportati in superficie con un montacarichi, caricati su di un camion e consegnati al birrificio; dalle botti la birra viene trasferita in serbatoi d’acciaio e centrifugata per rimuovere i sedimenti.   
 
 
La birra.
Frootwood è la birra che inaugura a gennaio 2017  la nuova Barrel Aged Series di Founders; una “cherry ale”  dal contenuto alcolico piuttosto modesto (8%) se confrontato con le altre birre barricate del birrificio del Michigan ma,  ammette il birraio  Jeremy Kosmicki, “vogliamo provare a fare qualcosa di diverso..  non possiamo limitarci alle solite imperial stout.  Basta mettere la birra giusta nella botte giusta e si ottengono sapori davvero interessanti. Una birra “leggera” alla ciliegia sicuramente non è la prima cosa che viene in mente quando si pensa ad una birra passata in botte, ma a noi piace sorprendere la gente”.
Per l’occasione ritornano anche le bottiglie da 75: tutte le birre della Barrel Aged Series saranno infatti disponibili nel formato da 35.5 e da 75 centilitri. Le botti utilizzate sono le stesse della più famosa CBS,  ovvero ex-bourbon che avevano ospitato più di recente sciroppo d’acero.
Il suo colore è un bell’ambrato, luminoso e movimentato da intense venature ramate e rossastre; la schiuma biancastra è cremosa, compatta ed ha una buona persistenza. A quasi diciotto mesi dall’imbottigliamento la Frootwood ha un aroma ancora ricco e potente, ovviamente dolce: ciliegia sciroppata, vaniglia, bourbon, caramello e biscotto. In sottofondo accenni di sciroppo d’acero e di legno. La bevuta non è particolarmente impegnativa grazie ad un corpo medio ed una consistenza tattile poco ingombrante, ma indulge un po’ troppo sul dolce, seguendo con perfetta precisione l’aroma. L’alcool è ben dosato, parte in sordina  e aumenta progressivamente d’intensità asciugando un po’ il dolce per cercare di portare equilibrio, con il bourbon a regalare un retrogusto morbido e accomodante.  C’è un bel carattere “barricato” in questa  Frootwood, molto più definito rispetto ad altre Founders che mi è capitato d’incrociare di recente: pregevoli dettagli di vaniglia, legno e sciroppo d’acero. Quello che non mi convince troppo è la birra base, quella ciliegia sciroppata molto zuccherina, poco elegante e un po’ dozzinale che va “oltre” il mio gusto personale.  Chissà che un altro po’ di cantina non possa ammorbidirla ulteriormente.
Formato 35.5 cl., alc. 8%, imbott. 22/12/2016, prezzo indicativo 5.00 euro (beershop)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

giovedì 19 luglio 2018

Il Conte Gelo Lavalanga

Terzo incontro sul blog con il Birrificio Conte Gelo, operativo dal 2014 a Vigevano in Lomellina,  zona ad elevata concentrazione birraria: il nome che può sembrare alquanto particolare in realtà è  l’unione dei cognomi dei due proprietari, Paola e Andrea (Conte-Gelo). Entrambi appassionati birrofili e beer-hunter, hanno abbozzato a metà 2013 il progetto per aprire un proprio birrificio, idea che si è poi concretizzata ad ottobre 2014.  In sala cottura c’è Davide Marinoni, homebrewer (con alle spalle corsi di degustazione Unionbirrai  I° e II° livello) che è poi passato nel mondo dei professionisti con un periodo di apprendistato da Bad Attitude ed un’esperienza al BQ di Milano.  Dopo l’imperial stout Kamchatka e la Golden Ale Gragnola è il momento di stappare una bottiglia di  Lavalanga, la tripel della casa, prodotta dal 2014. 
L’ispirazione anche in questo caso non poteva essere che lei, la “madre di tutte le tripel”, ovvero sua maestà Westmalle:  zucchero candito, malti chiari e lievito trappist, 9.5% ABV.  Il rigore della tradizione è spezzato dall’aggiunta di un po’ di scorza d’arancia in bollitura, licenza “poetica” che il  Conte Gelo ha voluto prendersi.  In etichetta una caricatura di uno del proprietari del birrificio, Andrea Gelo, inseguito dalla massa nevosa della valanga. Una tripel può senz’altro riscaldarvi dal freddo, ma può anche essere una pericolosa slavina che si abbatte su di voi se esagerate nella quantità.

La birra.
Nel bicchiere è di un luminoso color arancio, leggermente velato; la schiuma è cremosa e compatta ed ha una buona persistenza. Al naso una delicata speziatura introduce profumi di biscotto e zucchero candito, frutta secca a guscio, frutta candita: c’è un buon livello di pulizia ma l’intensità non è particolarmente elevata.  Al palato è morbida e scorre abbastanza bene, nonostante una gradazione alcolica “pericolosa”:  qualche bollicina in più per il mio gusto personale le donerebbe maggior vitalità. Coerente con l’aroma, la bevuta ripropone biscotto, frutta sciroppata (albicocca, pesca) e candita, un tocco di miele: l’alcool non è nascosto in modo subdolo come nei migliori esemplari di scuola belga ma non alza mai la testa più del dovuto. Il finale è abbastanza secco, delicatamente speziato e con un leggerissimo tocco amaricante di scorza d’arancia. Buona interpretazione di stile per questa  Lavalanga, alla quale manca un po’ di espressività e, in alcuni passaggi, sembra procedere un po' con il freno a mano  tirato; a mio giudizio una maggiore secchezza e acidità  potrebbero donarle una quella freschezza e facilità di bevuta fondamentale per trasformare una tripel in una pericolosa arma di distruzione, come ad esempio questa.
Ringrazio il birrificio per avermi inviato una bottiglia d’assaggiare.
Formato 33 cl., alc. 9.5%, lotto 3217, scadenza 01/2019.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.