venerdì 28 ottobre 2011

Baladin Birra Lurisia 8

Gamma di birre prodotta dal birrificio Baladin per il noto marchio di acqua minerale; la sorgente poi denominata Santa Barbara venne scoperta per caso, nel 1910, da un minatore che mentre si trovava al lavoro nella grotta del Nivolano colpì accidentalmente una vena surgiva. I minatori utilizzarono da subito l'acqua per dissetarsi e per pulire le proprie piaghe, accorgendosi che si rimarginavano in tempi molto rapidi. Questo fenomeno "miracoloso" (così riporta il sito ufficiale Lurisia) venne anche studiato da medici e chimici che effettivamente attestarono le qualità benefiche e medicamentose dell'acqua. Quali siano, esattamente, non ci è dato saperlo. Il passo successivo più ovvio è quello dello sfruttamente della sorgente per un complesso termale, che puntualmente viene infatti inaugurato nel 1940. La stessa acqua viene utilizzata anche per la produzione delle birre Lurisia, tutte denominate con dei semplici numeri a ricordare le grandi birre trappiste belghe. Per questa "8" viene anche utilizzata la radice di genziana. All'aspetto è di un nebuloso color ambra; la schiuma, modesta, è ocra e molto poco persistente, anche se rimane sempre un pizzo nel bicchiere. Il naso è vinoso, leggermente aspro, con sentori di frutti di bosco rossi (soprattutto ribes, ma anche lampone), lieviti ed una leggera "terrosità". Decisa virata al palato, con un imbocco dolce ricco di caramello, zucchero, biscotto e frutta secca; una calda nota di frutta sotto spirito accompagna tutta la bevuta, sino al finale abboccato, caratterizzato da una nota terrosa amaricante. Il corpo è medio, e nel retrogusto c'è un bel ritorno di frutta sotto spirito a riscaldare. Una birra ben fatta ed abbastanza complessa, dalla buona bevibilità ma che abbiamo però trovato in una bottiglia troppo poco carbonata che la ha probabilmente tolto un po' di vitalità. Formato: 33 cl., alc. 7.2%, lotto 142/100, scad. 04/2012, prezzo 3.50 Euro.

_______________
english summary: .
Brewery: Birrificio Baladin, Piozzo (Cuneo) Italy
Appearance: cloudy amber with a small diminishing creamy off-white head. Aroma: light sour and wine-like nose with red berries, yeast, some earthiness. Mouthfeel: medium body, low carbonation, oily texture. Taste: rich and sweet malty caramel, brown sugar, biscuit and dried fruits. Smooth and warm to the palate with a gentle alcoholic note. Bittersweet aftertaste, with some earthy bitterness and a fruity (raisins) alcoholic touch. Overall: beer brewed with gentian root. A good Belgian strong ale, complex yet well drinkable. Alcohol is well hidden. A bottle lacking in carbonation. Bottle: 33 cl., 7.2% ABV, batch 142/100, BBE 04/2012, 3.50 Euro.

giovedì 27 ottobre 2011

Cotleigh Monument

La Cotleigh Brewery nasce nel 1979 nei vecchi locali della fattoria Cotleigh, vicino a Tiverton, nel Devon inglese. L'impiantino da cinque barili si rivela però ben preso insufficiante a soddisfare la richiesta, obbligando il fondatore Ted Bishop a trovare una nuova location; il trasloco avviene già l'anno successivo, il 1980. Il birrificio si sposta nel Somerset inglese, a Wiveliscombe, a poche decine di metri da un altro birrificio già esistente; Exmoor Ales. Se passate da quella parti, non avrete problemi nel passare un pomeriggio a degustare differenti birre da due produttori che usano la stessa acqua e materie prime simili. A metà degli anni '80 Ted vende il birrificio a John e Jenny Aries, una coppia che aumenta ulteriormente la capacità produttiva portandolo a 150 barili la settimana. L'ultimo passaggio di consegne avviene nel 2003 primi anni 90, quando lo svedese Fred Domeloff lo acquista assieme al socio in affari Steve Heptinstall; alla produzione di birra si affianca anche quella di sidro e di bibite analcoliche. Le etichette - ed i nomi delle birre - fanno quasi tutte riferimento ad uccelli; probabilmente questa Monument è una delle poche eccezioni; è prodotta con malti Pale e Crystal, e luppoli Fuggles, Northdown e Cascade. Viene brassata appositamente per il Food Festival che si tiene ogni anno nella città di Wellington del quale la Cotleigh Brewery è uno degli sponsor. L'obelisco ritratto in etichetta si trova sulle colline di Blackdown, eretto a commemorare la storica disfatta del 1815, a Waterloo, che il Duca di Wellington, anche lui in etichetta, inflisse alle truppe di Napoleone. La birra è di colore oro antico, leggermente velato. La schiuma è bianca, abbastanza fine e né molto generosa né persistente; rimane comunque un "pizzo" nel bicchiere. Il naso è molto poco pronunciato; poche tracce del Cascade tanto evocato in etichetta; ci sono leggeri sentori d'agrumi (polpa d'arancio), miele, e sentori polverosi di cantina. In bocca è poco carbonata, corpo leggero e decisamente watery. C'è una base di malto, crosta di pane, note di cereali, marmellata d'arancia. A fine corsa emerge una leggera nota amaricante erbacea, ma anche di cartone bagnato. Una ale molto modesta, dal gusto poco intenso e con qualche difettuccio. Incomprensibile la scelta della bottiglia completamente trasparente. Formato: 50 cl., alc. 4%, Lotto 1966, scad. 09/2012, prezzo 3,31 Euro.

________________
english summary:
Brewery: Cotleigh Brewery, Wiveliscombe, Somerset, England.
Appearance: hazy golden color with a spare diminishing white head. Aroma: light citrus, mostly orange pulp, honey, musty. Mouthfeel: light body, low carbonation, watery texture. Taste: bready malt, cereals, orange jam. Finish is grassy bitter, with some cardboard. Overall: a golden ale supposedly brewed with Cascade hops, but we didn’t realize about that. Light taste and aroma and some faults makes this a quite mediocre beer. But why on earth using a transparent bottle ? Format: 50 cl., 4% ABV, batch 1966, BBE 09/2012, price 2.88 GBP

martedì 25 ottobre 2011

Hoppin Frog Mean Manalishi

Nel 1910, nella zona di Cleveland (Ohio) c'erano circa 26 birrifici; la crisi economica ed il progressivo dominio della birra industriale portarno alla chiusura anche dell'ultimo birrificio rimasto, nel 1984. Ad inizio degli anni '90 riapre la Great Lakes Brewing Company, ma ci vuole quasi una decina d'anni per far rinascere dalle proprie ceneri la produzione di birra artigianale. Fred Karm inizia a sperimentare le prime ricette a casa propria nel 1994, e nel 1996 ottiene il primo impiego come mastro birraio in un brewpub. La sua carriera dura una decina d'anni, sino alla chiusura, nel 2005, del brewpub Thirsty Dog dove lavorava. Fred decide finalmente di mettersi in proprio; le banche però non gli concedono molto e quindi, invece di riaprire un brewpub come sperava, con il prestito ottenuto riesce solamente ad acquistare il vecchio impianto del Thirsty Dog e far nascere, per lo meno, la Hoppin' Frog Brewery. Non ci mette molto però a guadagnare le prime medaglia ai Great American Beer Festival ed alla World Beer Cup; la filosofia di Fred è semplice: birre robuste, quasi estreme, con gradazione alcolica quasi sempre sostenuta e generosissime luppolature. Non fa certo eccezione questa imperial India Pale Ale chiamata Mean Manalishi; non sappiamo esattamente cosa ci sia alla base del nome scelto, ma un "mean manalishi", nello slang metropolitano, sarebbe più o meno "un cafone con un portafoglio pieno di verdoni che non perde occasione per sventolarli". O, se preferite, Green Manalishi era una canzone degli anni 70 dei Fleetwood Mac, e sarebbe anche il nome di un tipo di LSD molto popolare a quel tempo. Ma passiamo a questa muscolosa birra, che dichiara in etichetta 168 IBUs e 8.2% di gradazione alcolica. Di un opaco color ambra, con una generosa schiuma ocra, fine e cremosa, persistente. Al naso leggeri sentori di pino ma sopratutto resina, frutta tropicale (mango, passion fruit), marmellata d'arancia. In bocca è massiccia, mediamente carbonata, con una consistenza oleosa. Molto equilibrata, con una solidissima base di malto caramello, leggermente tostato, ed alcool a sostenere l'abbondante luppolatura. E' una birra che riempe subito il palato, lo scalda, lo punge con note resinose e vegetali; la bevibilità però non ne viene minimamente intaccata. Non si può certo definire una session beer ma si riesce ugualmente a bere con relativa facilità; ci sono anche note fruttate che ricordano marmellata di agrumi. Lascia un lungo retrogusto intenso e molto amaro, vegetale, con una morbida ma pronunciata nota etilica di malto a portare equilibrio anche qui. Birra poderosa ma molto ben bilanciata; l'unico rimpianto e di non averne a disposizione una bottiglia più fresca per poter godere appieno della generosissima luppolatura. Accontentiamoci così. Formato; 65 cl., alc. 8.2%, 168 IBUs, lotto e scadenza sconosciuti, prezzo 15,80 €.

______________
English summary:
Brewery: Hoppin' Frog Brewery, Akron, Ohio, USA.
Appearance: cloudy amber with a big creamy off-white head. Aroma: light pine, mostly resinous hops, mango, passion fruit, orange jam. Mouthfeel: a full bodied and medium carbonated beer. Oily texture. Taste: a very well balanced brew. A solid caramel malty base, slightly roasted. Massively hopped, this beer immediately fills your palate up with spicy herbal and resinous bitterness and an alcoholic warm touch. Surely not a session beer, but definitely drinkable. There’s some fruitiness too (citrus). Long deep bitter aftertaste, herbal and alcoholic.Overall: a big beer, well balanced and tasty. We only have wished for a fresher bottle to enjoy all these hops at their best. Bottle: 65 cl., 8.2% ABV, 168 IBUs, 15,80 Euro.

lunedì 24 ottobre 2011

Otter Bitter

Oggi ospitiamo un altro birrificio del Devon inglese e precisamente la Otter Brewery di Luppitt, un'anonimo paesino sul quale non abbiamo praticamente trovato nessuna informazione rilevante. Viene fondato nel 1990 da David ed Ann McCaig, marito e moglie, già da tempo operanti in ambito brassicolo. David iniziò nel 1965 alla Stroud Brewery, dove incontrò e sposà Ann, la figlia del direttore generale. La crisi e la conseguente chiusura di numerosi birrifici obbligano la famiglia a numerosi spostamenti fino a quando, con la chiusura della Liverpool Brewery nel 1982, David decide di averne abbasrtanza. Con i loro quattro figli si ritirano nella campagna del Devon, aprendo prima un bed and breakfast, poi una pensione per animali domestici ed infine si dedicano a lavorare il legno. Nel 1990 la decisione di dare vita ad un microbirrificio che utilizza l'acqua proveniente dalle sorgenti del vicino fiume Otter ed i malti prodotti dal poco distante Tucker Maltings, l'unica malteria ancora esistente in Inghilterra. Gli impianti vengono poi ammodernati ed ampliati nel 2005, anno in cui anche il figlio Patrick inizia a lavorare nel birrificio. Prodotto con malti Halcyon, Maris Otter e Crystal, e con luppoli Challenger e Fuggles, la Otter Bitter è la session beer per definizione del birrificio. Di colore oro antico, trasparente, ha una cappello di schiuma color ocra, fine e cremosa, mediamente persistente. L'aroma è dolce, con sentori di toffee e miele d'acacia. Scarsamente carbonata, ha un corpo leggero e ci sorprende per la sua morbidezza al palato, una cremosità che idealmente ci porta seduti al bancone di un pub con in mano una pinta servita direttamente dal cask. In bocca note di nocciola e caramello, che accompagnano la bevuta sino al finale amaricante ed erbaceo. Bitter molto semplice e beverina, dal gusto non molto intenso ma ugualmente capace di trasportarci con il pensiero al bancone di un pub del Devon inglese. Formato: 50 cl., alc. 3.6% , scad. 13/04/2012, prezzo 2.53 Euro.

________________
english summary:
Brewery: Otter Brewery, Luppitt, Devon, England.
Appearance: clear dark golden color with creamy off-white head. Aroma: sweet toffee malt, hints of honey. Mouthfeel: low carbonation, light body, creamy texture. Taste: nutty malt and caramel; grassy bitter finish. Overall: a simple and sessionable bitter with a tasty creaminess almost resembling a cask ale. Bottle: 50 cl., 3.6% ABV, BB 13/04/2012, price 2.20 GBP.

sabato 22 ottobre 2011

Thornbridge Kipling

Anche la tradizionalista Inghilterra non si è rivelata immune dall'utilizzo, sempre più frequente, di luppoli provenienti da paesi cosiddetti "esotici", termine da intendersi in senso lato come "inusuali". E' il caso del Nelson Sauvin, una varietà creata una decina di anni fa dai laboratori di ricerca Neozelandesi. Gli oli essenziali estratti da questa varietà di luppolo ricorderebbero l'aroma di uva spina, una caratteristica tipica del vitigno Sauvignon Blanc; da qui, la scelta di denominare appunto questa nuova varietà di luppolo Nelson Sauvin. La Kipling prodotta dalla Thornbridge è un'American Pale Ale single hop o forse, come più appropriatamente riporta l'etichetta, di una South Pacific Pale Ale, una categoria nuova (?) che forse varrebbe la pena di iniziare a considerare seriamente visto l'utilizzo sempre più frequente di luppoli proveniente da queste regioni del nostro emisfero. All'aspetto è di colore dorato, leggermente velato; la schiuma è abbastanza fine e cremosa, bianca, buona la persistenza. Bel naso dolce e fruttato con sentori di frutta tropicale (mango, passion fruit), polpa di agrumi (arancio, pompelmo rosa) ed uva bianca. Anche al palato si rivela subito una birra molto elegante ed estremamente pulita; la consistenza watery le dona anche un'ottima facilità di bevuta. Il corpo è medio; c'è una bella base di malto (crosta di pane) e un generoso fruttato tropicale che però non è mai eccessivo. Molto ben bilanciata, è abbastanza secca e lascia il palato ben pulito, regalando un retrogusto amaro vegetale dove ritorna una nota di mango. Birra molto ben fatta, semplice ma assolutamente beverina e gustosa, da non farsi scappare. Formato: 50 cl., alc. 5.2%, scad. 12/01/2012, prezzo 3.67 €.

________________
english summary:
Brewery: Thornbridge Brewery, Bakewell, Derbyshire, England
Appearance: hazy golden color with a lasting creamy white head. Aroma: rich nose with tropical fruits (mango, passion fruit), citrus (orange and grapefruit), white grape. Mouthfeel: medium body, watery texture, medium carbonation. Taste: very well balanced between bready malt and sweet tropical fruits. Dry mouthfeel, finish is grassy and bitter with a touch of mango. Overall: a very clean and tasty APA or, as the label suggests, South Pacific Pale Ale as it is brewed with Nelson Sauvin hops from New Zealand. Well done and dangerously drinkable, very good stuff. Bottle: 50 cl., 5.2% ABV, BB 12/01/2012, price 3.19 GBP.

venerdì 21 ottobre 2011

Red Rock Lighthouse

La Red Rock Brewery nasce nel 2006; John Parkes, homebrewer di lunga data, convince l'amico Geoff a convertire in microbirrificio un vecchio fienile nella sua fattoria del Devon inglese, precisamente a Bishopsteignton. All'avventura prende subito parte anche il figlio di John, Lewis, con alcune esperienze da birraio alle spalle. Si parte con un impianto da circa 4 barili; John Parkes è forse a qualcuno più noto per aver pubblicato un libr(icin)o sull'homebewing (Self-Sufficiency Home Brewing, 2009), tradotto e pubblicato in italiano con il titolo Birra fatta in casa (Ed. Il Castello, 2010). Oggi la Red Rock ha una gamma di circa un decina di birre, tra le quali anche questa Lighthouse, che reca in copertina una foto del faro della vicina cittadina di Teignmouth. Di colore oro pallido, leggermente velato; schiuma bianca, fine e cremosa, buona persistenza. Naso abbastanza rustico; c'è predominanza di frutta (soprattutto agrumi, ma anche pera) e una leggera nota acidula e polverosa, con sentori di paglia. In bocca l'imbocco è di malto (crosta di pane) ed anche qui troviamo una nota acidula; il resto della bevuta è caratterizzato da scorza di agrumi, soprattutto limone, che le donano un profilo amaro e rinfrescante. Molto secca e leggera, ha una consistenza acquosa ed una carbonatazione media. Ancora scorza di agrumi nel retrogusto amaro. Abbastanza improbabile come IPA (vedi etichetta), questa Lighthouse è una bitter (almeno fu presentata in questa categoria alla festival del South Devon organizzato dallla CAMRA nel 2009) con qualche difettuccio ed una leggera infezione che, per questa volta, non abbiamo trovato particolarmente disturbante. Anzi, paradossalmente le ha donato un inatteso tocco rustico e appena acidulo che l'ha resa ancora più rinfrescante. Promossa, con (molta) riserva. Formato: 50 cl., alc. 3.9%, lotto 857, scad. 05/2012, prezzo 2.53 €

________________
english summary:
Brewery: Red Rock Brewery, Bishopsteignton, Devon, England.
Appearance: Hazy pale golden with a creamy white head. Aroma: citrus, pear, straw and some funkiness. Light acidity. Mouthfeel: light body, medium carbonation, watery texture. Dry palate. Taste: bready malt with a soft acidity; after the first sip there’s a zesty/citrusy bitterness going on. Bitter zest aftertaste. Overall: not quite an IPA as the label would suggest, this is rather a bitter (or blonde ale ?) with an unusual funky touch. There’s a small infection going on yet the result is somehow tasty and gives the impression of a real farmhouse ale. Not sure if this was intentional tough. Bottle: 50 cl., 3.9% ABV, batch 857, BBE 05/2012, price 2.20 GBP.

giovedì 20 ottobre 2011

Birra Pasturana Minotauro

La storia di Birra Pasturana è prima di tutto storia di collezionismo birrario; è Sandro Merlano, trasferitosi a Pasturana (piccolo centro abitato a pochi chilometri da Novi Ligure, Alessandria) a reperire uno spazio adeguato che possa ospitare tutti i suoi cimeli. A poco a poco, iniziano incontri con altri appassionati per scambi, chiaccherate, ed anche degustazioni private. Il passo successivo è dotare gli ambienti anche di un piccolo impianto per la mescita, e quello ulteriore di creare un'associazione con un nome ufficiale (La confraternita della Grande Schiuma); ma le cose non finiscono qui; arriva in seguito anche un festival annuale di birre artigianali (Arte Birra). I locali che ospitavano un tempo la collezione di Sandro sono oggi diventati la sede del microbirrificio Birra Pasturana. Cinque "soci" lo fondano nel 2005, ed in sala cottura finisce Simone Sparaggio. Oggi il birrificio produce una gamma di circa otto birre, tutte ad alta fermentazione, tutte più o meno rivelanti l'amore per la tradizione brassicola belga. Non fa eccezione neppure questa Minotauro, una stout lontana dalla tradizione e dalla morbidezza delle sorelle anglosassoni. Bel colore ebano scuro, con una schiuma color cappuccino fine e ma molto, troppo prorompente che ci costringe a rabboccare il bicchiere per ben tre volte prima di riuscire a versarne un contenuto soddisfacente. Bel naso che evidenzia un'elegante tostaura di malti, cioccolato e soprattutto molta liquirizia; c'è anche qualche sentore di affumicatura. In bocca arriva molto carbonata, con una consisteza oleosa ed un corpo medio. E' una stout abbastanza ruvida al palato; malto tostato, liquirizia, cioccolato ed una nota alcolica abbastanza presente. Finisce secca, lasciando un retrogusto amaro di tostatura, nè particolarmente intenso nè lungo, nel quale ritorna anche una nota di affumicato. Una stout discreta, non pulitissima in bocca; quello che però ci ha più disturbato durante la degustazione è stata l'elevata carbonatazione. Formato: 75 cl., alc. 7%, lotto 44/2010, scad. 12/2013, prezzo 8 €.

________________
english summary:
Brewery: Birra Pasturana, Pasturana (Alessandria), Italy.
Appearance: nearly back color with a huge and lasting frothy dark head. Aroma: roasted malt, chocolate, lots of licorice, smoky. Mouthfeel: high carbonation, oily texture, medium body. Taste: roasted malt, licorice, chocolate with a warm alcohol presence. Dry finish, roasted short aftertaste with a smoked touch. Overall: a Belgian-inspired stout, lacking the smoothness of a irish/English one. The high carbonation sort of annoyed us. Nice aroma, not very clean taste. Average. Bottle: 75 cl., 7% ABV, batch 44/2010, BBE 12/2013, price: 8 Euros.

mercoledì 19 ottobre 2011

St. Ives Boilers

St. Ives è una delle località più pittoresche della Cornovaglia sud-occidentale, e che senz'altro vi consigliamo di visitare. Rimase pressochè isolata sino al 1877 quando iniziarono i lavori della Great Western Railway che collegarono la rete ferroviaria locale - a scartamento più ampio - a quella del resto dell'Inghilterra. Da allora St.Ives divenne una frequentata località costiera di villeggiatura; numerosi furono anche i pittori che vi trovarono residenza, ispirati dai romantici quadri realizzati da William Turner nel corso della sua visita in Cornovaglia del 1811. Oggi St.Ives ospita anche una filiale della Tate Gallery di Londra; suggestive sono le ampie fluttuazione delle maree che regalano ampi tratti di spiaggia adatti sia ad un tranquillo turismo di famiglia che ai surfisti. Da pochi mesi St. Ives ha anche un proprio microbirrificio, aperto da Marco Amura (Italia ?) che in precedenza gestiva il bar al Queens Hotel di St.Ives. Il birrificio si trova all'interno della Mushroom Farm di Halestow, poco lontano. La Boilers è la loro golden ale di debutto, di un limpido color oro. La schiuma è abbastanza fine e cremosa, bianca, persistente. Al naso sentori di cereali, miele e leggermente fruttati (agrumi). E' una birra che vuole essere molto beverina, con un corpo molto leggero ed una consistenza molto acquosa. In bocca note di malto (pane) seguite da un amaro erbaceo. Molto pulita e secca, lascia un retrogusto amaricante delicato, erbaceo, molto gradevole. L'idea di Marco era creare un prodotto alternativa - ad alta fermentazione - alle lager industriali normalmente commercializzate in Cornovaglia. La birra è indubbiamente molto beverina, e aderisce bene al concetto di session beer. Quello che ancora forse manca è un po' d'intensità, sopratutto in bocca, dove a tratti ci è sembrata un po' troppo debole. Formato: 50 cl., alc. 4%, scad. 30/08/2012, prezzo 3.05 €


________________
english summary:
Brewery: St. Ives Brewery, Halestow, Cornwall, England.
Appearance: clear golden color with a creamy white head. Aroma: cereals, honey, citrus. Mouthfeel: light body, low carbonation, watery texture. Ta
ste: mostly bready malt which brings to a nice grassy hoppy finish. Dry palate. Overall: A very simple and drinkable session beer, perhaps too much on the weak side. Anyhow, a good debut from a brand new local microbrewery. Bottle: 50 cl., 4% ABV, bb. 30/08/2012

martedì 18 ottobre 2011

Meantime India Pale Ale

Ieri abbiamo brevemente parlato di una rinascita brassicola di Londra, e di come uno dei pionieri sia stata, una decina di anni fa circa la Meantime Brewing Company, fondata sulle rive del Tamigi, a Greenwich. Il birrificio nasce a fine 1999 dall'idea di Alastair Hook, londinese che ha studiato alla Heriot-Watt di Edimburgo ed ha poi svolto un tirocinio all’università birraia di Weihenstephan, a Monaco di Baviera. La sua formazione si completa con una viaggio negli Stati Uniti e con le letture dei libri di Michael Jackson. Dopo qualche anni in cui la Meantime opera principalmente a livello locale, nel 202 arriva la svolta: Alastair stringe un accordo con la catena di supermercati Sainsbury's, creando un’apposita gamma di birre (“Taste the difference”) che immediatamente godono di una enorme distribuzione nazionale. Nel 2003 viene inaugurata un’innovativa linea d’imbottigliamento (dal costo di 600.000 sterline) che consente alla Meantime non solo di abbattere alcuni costi, ma anche per imbottigliare per conto della Greene King (la IPA e la Beer to Dine For) e sfruttare al massimo la capacità del nuovo impianto. Nel 2004 la Meantime è l’unico birrificio inglese a portarsi a casa una medaglia dalla World Beer Cup di San Diego. L’anno successivo avviene la completa rivisitazione di logo, brand e packaging di tutte le birre; nascono - primo birrificio in Inghilterra a produrle - le bottiglie da 75 cl. con tappo di sughero. Nel 2006 arriva dalla World Beer Cup un’altra medaglia (oro, per la Coffee Porter) e nel 2007 vengono definiti nuovi accordi commerciali con i supermercati Waitrose. Gli spazi produttivi iniziano però ad essere stretti e nel 2009 partono i progetti di ricerca di una seconda nuova location. L’occasione – irripetibile – si presenta sotto forma del Old Royal Naval College di Greenwich. Una sezione dell’edificio aveva già ospitato un birrificio dal 1450 al 1860 e la Meantime – leggiamo – diventa il secondo birrificio al mondo ad avere una sede all’interno di un edificio tutelato dall’Unesco. Il risultato – birrificio, bar e ristorante annessi - lo potete vedere qui: http://www.oldbrewerygreenwich.com/ .
La gamma della Meantime è oggi reperibile abbastanza facilmente in Italia, anche se dobbiamo riscontrare che la distribuzione italiana non è molto premurosa con queste birre; le abbiamo spesso trovate in condizioni poco dignitose ed anche questa India Pale Ale, acquistata presso Eataly a Bologna non è stata un’eccezione. Il colore è rame/arancio, opalescente; la schiuma, ocra, è fine e cremosa ed abbastanza persistente. Naso praticamente morto, con quasi totale assenza di luppoli; rimane qualche sentore di lievito ed erbaceo. In bocca le cose migliorano appena un po’: solida base di malto e caramello, luppolatura stanca che apporta un amaro erbaceo un po’ pepato. Secca, dal corpo medio e mediamente carbonata. Lascia un retrogusto amaro vegetale con una nota alcolica che riscalda. Difficile giudicare una birra che sembra aver passato quasi un’estate al caldo. Peccato. Formato: 75 cl., alc. 7.5%, lotto 100627. scad. 03/09/2012, prezzo 8,40 Eur.


________________
english summary:
Brewery: Meantime Brewing Co., Greenwich, Greater London, England.
Appearance: cloudy copper/orange color with a creamy off-white head. Aroma: dead hops. Yeast on the nose, very light hints of grass. Mouthfeel: medium body, medium carbonation. Taste: a solid malty caramel backbone. The only hop flavor left is some herbal spices. Dry on the palate, leaves a hoppy bitter herbal aftertaste with a warm alcoholic touch. Overall: not really the best bottle in the world. Looks like a beer that has suffered of some high temperature. Difficult to judge this one properly. Bottle: 75 cl., 7.5% ABV, batch 100627, bb. 03/09/2012, price 8,40 Eur.

lunedì 17 ottobre 2011

The Kernel India Pale Ale CCA

Fino a pochi anni fa Londra non poteva certo considerarsi un paradiso della craft beer; tralasciando il discorso dei pub, dove qualche isola felice è sempre esistita, per i birrifici la situazione era terrificante. Basta dare un'occhiata a questa pagina della Brewery History Society per accorgersi di quante vittime ci siano state nella città che, nel diciannovesimo secolo, era la capitale mondiale della produzione di birra. Alla fine degli anni 90, l'unico superstite era la storica Fuller’s; da allora fino a pochi anni fa l'unico tentativo di produrre birra a Londra ancora in piedi è quello della Meantime di Greenwich, aperta nel 2000.
Gli inglesi, in campo musicale, hanno spesso fatto appello all concetto di "new wave"; da quella storica, a cavallo tra gli anni 70 ed 80, alla "new wave of the new wave" della metà degli anni 90. Non c'è (quasi) decennio che passa senza che si parli di una qualche nuova ondata. Senza ombra di dubbio è arrivata anche per Londra la rinascita brassicola, ovvero una new wave di microbirrifici che da qualche anno stanno cercando di riportare birra di qualità in una città con un impressionante potenziale di estimatori. Al momento ce ne sono circa venti. E' anche nata un'associazione, la London Brewers Alliance, e su questa pagina trovate l'elenco di tutti i microbirrifici in attività nella Greater London. Forse non possiamo ancora parlare di "paradiso" della craft beer, ma senza dubbio l'inferno brassicolo a Londra è terminato. La Kernel Brewery è una delle realtà più interessanti, guidata da Evin O'Riordain, un irlandese di 36 anni che ha cominciato – dicono – come homebrewer neppure tre anni fa. Ma è un viaggio “brassicolo” negli Stati Uniti, attraverso la loro craft beer revolution, a far scattare in lui la decisione di aprire un microbirrificio. Ad inizio 2010 lascia il suo impiego come venditore di formaggio al vicino Borough Market per la Neal’s Yard Dairy e, aiutato da Chrigl Luthy e Toby Munn affitta un piccolo spazio sotto le arcate della ferrovia a Bermondsey, poco lontano dal London Bridge. L’ispirazione per le birre “chiare” è dichiaratamente Americana, ma per le birre “scure” Evin rivendica l’importanza del luogo in cui ha scelto di fondare la Kernel Brewery. Con gli alti costi d’affitto del suo piccolo locale nella capitale londinese avrebbe potuto tranquillamente scegliersi una location più ampia e comoda nella tranquilla campagna nel sud inglese. Ma secondo Evin le porters e le stouts da lui brassate non sarebbero potute nascere altro che qui, in un piccolo spazio dal pavimento umido che risuona delle vibrazioni dei treni che ogni trenta secondi circa passano sopra la sua testa in direzione London Bridge, dieci ore al giorno, per sei giorni la settimana. Evin definisce oggi la Kernel come una realtà appena un po’ più grossa di un semplice homebrewer; le bottiglie sono tutte imbottigliate, incapsulate ed etichettate a mano, con etichette minimali, grezze: una semplice striscia di carta sulla quale viene “timbrata” a mano il nome della birra. E ne ha prodotte moltissime, Evin, in poco più di un anno di attività; Ratebeer ne lista già circa 90. Si tratta per lo più di piccole variazioni della stessa ricetta: decine di IPA “single hop” o con leggeri cambiamenti nel mix dei luppoli usati sono affiancate da alcune ricette dal passato (una Export India Porter che degusteremo nelle prossime settimane). Praticamente impossibile dire se vi siano birre fisse, birre stagionali o birre “one shot”. Per scoprirlo, potete andarlo a trovare: la Kernel è aperta al pubblico tutti i sabati, dalle 9 del mattino alle 4 del pomeriggio al 98 di Druid Street (Greater London, SE1 2HQ). La maggior parte delle birre prodotte dalla Kernel indicano solitamente in etichetta le principali materie prime utilizzate. La India Pale Ale CCA è infatti brassata utilizzando i luppoli Columbus, Citra ed Apollo. All’aspetto è di color arancio, velato. Schiuma leggermente ocra, fine e cremosa, persistente. Bel naso fresco ed elegante, ricco di aghi di pino e frutta tropicale (ananas, mango, polpa di pompelmo). In bocca è mediamente carbonata, corpo medio. E’ una IPA che si rivela quasi dolce, straripante di frutta tropicale e agrumi; c’è qualche nota di malto/caramello e l’amaro, vegetale, arriva solo a fine corsa, quasi sottovoce, a portare equilibrio ed a lasciare un retrogusto erbaceo con un ritorno fruttato di mango. Lo splendido bouquet olfattivo forse crea troppe aspettative in bocca, che rimangono inevitabilmente un po’ deluse; rimane comunque una IPA “tranquilla”, mediamente amara e dal gusto pulito. Avercene, così. Formato: 33 cl., alc. 6.7%, scad. 17/06/2013, prezzo 4,03 Eur.

________________
english summary:
Brewery: The Kernel Brewery, London, England.
Appearance: hazy orange color with a creamy and long lasting off-white head. Aroma: wonderful fresh hoppy aroma; rich tropical fruits (pineapple, mango), grapefruit pulp, pine. Mouthfeel: medium body, medium carbonation. Taste: there’s a caramel malty backbone here but lots of fruits (citrus and tropical). It’s almost sweet, something you would not expect in an IPA. Grassy bitterness comes only in the finish as to balance this beer. A fruity (mango) bitter grassy aftertaste follows. Overall: An IPA brewed with Columbus, Citra and Apollo hops (CCA). Its rich aroma brings lots of tasting expectations which are slightly disappointed. A soft and easy drinking IPA with not too much bitterness going on. But still a very clean, tasty and assertive beer (if you know what we mean),. Good stuff. Bottle: 33 cl., 6.7% ABV, bb. 17/06/2013, price 3.50 GPB.

domenica 16 ottobre 2011

Oakleaf Blake’s Gosport Bitter

Il microbirrificio Oakleaf Brewing Company viene fondato nel 2000 a Gosport (Hampshire, Inghilterra, di fronte a Portsmouth) da Dave Pickersgill e dal suo figliastro Ed Anderson (mastro birraio con alla spalle un'esperienza nella catena dei brewpub Firkin). Le loro birre hanno ovviamente una distribuzione principalmente locale, sia per quel che riguarda i pub che i beershops. La Blake's Gosport Bitter è una strong ale per la Good Beer Guide del CAMRA, una special bitter per Ratebeer. Di colore marrone opaco, con riflessi rubino; la schiuma è poco generosa e non molto fine, beige, poco persistente. Si tratta di una birra commemorativa della defunta Blake's Brewery, chiusa a Gosport nel 1926. Al naso sentori di biscotto, malto tostato ed esteri fruttati. Rifermentata in bottiglia, scarsamente carbonata ed un corpo leggero. L'imbocco è un po' troppo acquoso, a seguire troviamo malti tostati, leggere note fruttate (pera cotta), caramello. Una bitter che non eccelle per pulizia di gusto ed incontra un po' troppa acqua nella sua corsa. Si salva in extremis lasciando un retrogusto leggermente amaro ma elegante, dove convivono note erbacee e di tostatura. Formato: 50 cl., alc. 5.2%, lotto GYLE 0461, scad. 23/12/2011, prezzo: 2.29 Eur.


________________
english summary:
Brewery: Oakleaf Brewing Company, Gosport, Hampshire, England.
Appearance: very deep amber, nearly brown, with ruby tones. Small and quickly disappearing beige head. Aroma: biscuit and roasted malt, fruity esters. Mouthfeel: light body, low carbonation, watery texture. Taste: roasted malt, hints of fruit (pear), caramel. Lots of water going on. But there’s a nice roasted and grassy bitter aftertaste. Overall: a strong ale according to CAMRA’s Good Beer Guide, or a Special Bitter according to Ratebeer. A kind sweetish brew with light taste and aroma. Easy drinkable, but weak. Bottle conditioned, but perhaps this one would better taste on cask ? Bottle: 50 cl., 5.2% ABV, batch GYLE 0461, bb. 23/12/2011, price 1.99 GBP

sabato 15 ottobre 2011

Birra Adepta

Come sapete, questo è un blog di "bevute" e non siamo soliti parlare di altri argomenti che riguardano il mondo brassicolo. Questa volta non abbiamo resistito e per una volta infrangiamo la regola che ci siamo dati. Questo post è di una "non-bevuta". Siamo capitati davanti ad una bottiglia di Birra Adepta, italiana. L'etichetta ci aveva colpito subito: un elegante quadrato di ceramica nera con sovrainciso il nome della birra: Black. Poi il nosto occhio si è spostato un po' più in basso, sul prezzo: 65 € la bottiglia da 75 cl (la White costa leggermente meno, 60 €). Fanno esattamente 86,67 € al litro. L'etichetta non riporta nessun ingrediente raro o prezioso, ma solamente: acqua, malto, luppolo, lieviti. Va bene che il prezzo lo fa sempre il mercato ma, per la cronaca, con 65 € potreste acquistare 24 bottiglie di Westvleteren 12 (51 €, inclusa la cauzione per il vetro e per la cassa di legno, e vi avanzano persino 15 €) oppure, se preferite la scuola anglossassone, 16 bottiglie di Pliny the Elder della Russian River, giusto per citare due birre considerate "le migliori al mondo". Stiamo ovviamente scherzando visto che entrambe queste due birre non le potete "ufficialmente" trovare in Italia (anche se spendendo intorno ai 15 € qualche bottiglia di Westvleteren riuscite a scovarla, in qualche beershop italiano). Ma tornando alla nostra esosa birra, il sito ufficiale la descrive così: "Adepta è stile ed appartenenza, una scelta di campo che privilegia la personalità ed il carattere. Dobbiamo mettere cuore nelle nostre scelte, senza compromessi. Adepta va oltre i limiti, con metodo e passione dona ad un pubblico d’elite le fragranze di una birra artigianale di alta classe (www.adepta.it)". Purtroppo il sito non ci fa sapere il nome del produttore di questa birra e, se non ricordiamo male, l'etichetta citava solo una partita IVA. Ma la cosa più inquietante, in tutto questo, non è tanto il prezzo. E' l'adesivo che è stato attaccato sul retro di tutte le bottiglie che abbiamo visto, e che abbiamo indicato con una freccia rossa. Se allargate la foto, potete leggere chiaramente: " NON BERE. DO NOT DRINK".
E allora, che cosa dovremmo farci, di questa esosa Adepta ?

Spaten Oktoberfestbier

La Spaten-Brauerei è uno dei sei birrifici autorizzati a presenziare l’Oktoberfest di Monaco di Baviera, secondo l’antica ordinanza che permetteva appunto la mescita di birra durate i festeggiamenti solamente ai birrifici della città della Baviera. Dal 2002 però il marchio è stato ceduto alla multinazionale InBev, che ha esordito chiudendo dopo poco tempo lo storico impianto di Marsstraße a Monaco causa riduzione di volumi prodotti. Ovviamente anche la Spaten ha una propria Oktoberfestbier. Di colore dorato, limpido, ha un cappello di schiuma pannosa, fine, persistente. Sentori floreali e di pane ne caratterizzano l’aroma. Birra da festa giustamente snella e semplice, ha un corpo abbastanza leggero ed una carbonatazione poco vivace che ne incrementa la bevibilità ma che, abbinata ad una consistenza “watery”, la rende anche un po’ troppo spenta in bocca. Il gusto è dominato dai malti, con note di crosta di pane e miele. C’è un po’ di amaro, a rivitalizzare un po’ il finale ed a caratterizzare il retrogusto assieme ad un leggero calore alcolico. Confrontandola con l’Augustiner Okotberfest, bevuta qualche giorno fa, la Spaten regala una maggiore secchezza che lascia il palato più pulito dopo ogni sorso. Ci è sembrata anche più beverina dell’Augustiner, che dal canto suo offriva però un gusto più intenso e mercato ed una maggiore vitalità (carbonatazione) in bocca. Bisognerebbe forse fare un “blend” delle due birre, per ottenere una migliore Oktoberfestbier. Formato: 50 cl., alc. 5.9%, imbott. il 28/07/2011, scad. 07/2012, prezzo 1.49 €.

________________
english summary:
Brewery: Spaten-Franziskaner-Bräu (InBev), Munich, Germany.
Appearance: clear golden color with a frothy white head. Aroma: bready malt, flowery hops. Mouthfeel: medium-light body, low carbonation, watery texture. Taste: bready malt, honey. A light bitter grassy hoppy notes in the finish; hint of warm alcohol in the aftertaste. Overall: a simple Oktoberfest bier which is extremely drinkable but also very thin. Not very interesting; just a pleasant thing to drink as you are talking around. Bottle: 50 cl, 5.9% ABV, bottled on 28/07/2011, bb. 07/2012, price 1.49 Eur.

giovedì 13 ottobre 2011

Magic Rock Cannonball

Per una breve introduzione alla Magic Rock Brewery vi rimandiamo qui, quando abbiamo degustato la High Wire. Sul sito del birrificio, e precisamente qui potete invece trovare il diario di “cotta” di questa Cannonball IPA. Si tratta di una India Pale Ale d’estrazione americana, di colore rame velato, con un cappello di schiuma bianca, fine, cremosa, persistente. Elegante naso fruttato (pompelmo, mango e leggera “macedonia” tropicale) con sentori di aghi di pino ed anche una nota rinfrescante che ricorda la menta. Ha un corpo solito, medio-pieno, ed una consistenza oleosa. In bocca la base di malto è molto presente, con note di caramello e toffee; anche l’amaro vegetale è piuttosto intenso e pungente; una IPA che non ha certamente il pregio della beverinità. Anche l’alcool (7.4%) non fa sconti, rincarando la dose. Riesce comunque a rimanere abbastanza secca, lasciando un retrogusto amaro, leggermente pepato, ed una nota d’alcool che riscalda. Birra abbastanza pulita e buona ma troppo muscolosa e monotona; le migliori IPA americane sono ben altra cosa. Formato: 33 cl., alc. 7.4%, batch 2620, scad, 01/2012, prezzo 3.32 Eur.

________________
english summary:
Brewery: Magic Rock Brewery, Huddersfield, West Yorkshire, England
Appearance: hazy copper color with a creamy white head. Aroma: grapefruit, tropical fruits, piney hops and a fresh minty touch. Mouthfeel: medium-full bodied, medium carbonation, oily texture. Taste: there’s a solid malt profile with caramel, toffee and alcohol. Grassy resinous hops. Bitter resinous aftertaste. Overall: an US-style IPA brewed in England. Alcohol (7.4%) is not hidden at all and drinkability is limited. A 33 cl. bottle will be just fine. It has a clean taste but compared to the best US IPAs this Cannonball still needs some improvements. Bottle: 33 cl., 7.4% ABV, batch 2620, bb. 01/2012, price 2.89 GBP.

Goose Island India Pale Ale

Goose Island è il nome dato ad un’isola artificiale sul fiume che attraversa Chicago. A metà del 1800 fu creato un breve canale parallelo al fiume per l’estrazione di argilla e la produzione di mattoni; per favorire il trasporto fluviale, il canale fu successivamente allargato per permettere il passaggio delle navi da trasporto. Si venne così a creare un’isola di terra tra il naturale corso del fiume Chicago e i due sbocchi (nord e sud) del canale artificiale. L’omonimo birrificio americano prende appunto il nome da questa isola, anche nel 1988, all’inizio della storia, il brewpub aperto da John Hall si chiamava Clybourn. Il birrificio vero e proprio viene inaugurato nel 1995. Da allora una crescita esponenziale dei volumi prodotti tale da costringere al birrificio ad “appaltare” all’esterno la produzione di alcune birre destinate ad alcune zone (vedi Honker's Ale e IPA) per problemi di capacità. A questa crescita ha senz’altro contribuito l’utilizzo come partner distributivo del gigante Anheuser-Busch/InBev, scelta che pare provocò – a suo tempo – l’esclusione dalla American Brewers Association. Ma l’evento che ha “sconvolto” la scena brassicola artigianale americana è accaduto lo scorso Marzo. La InBev diviene infatti proprietaria del 58% della società, con in programma la rapida acquisizione anche del restante 42% nelle mani della Craft Brewers Alliance LLC. Il terremoto successivo è la dipartita dello storico mastro birraio Greg Hall, che lascia azienda di famiglia per un futuro da produttore di sidro: http://virtuecider.com/. L’attuale headbrewer è Brett Porter a capo di un team di 4 persone direttamente coinvolte nella produzione. In un articolo del 2005 Roger Protz definiva la Goose Island IPA come una delle birre più amare del mondo, "grazie ai suoi 55 IBU". In un periodo in cui siamo quasi abituati a mostri luppolati da quasi ed oltre 100 IBU, la sua considerazione oggi fa forse un po’ sorridere. Prodotta con malto Pale, luppoli Styrian, Fuggle, Cascade e Centennial. Tra i tanti premi vinti nella rispettiva categoria; citiamo una medaglia d’oro alla World Beer Cup (2010) e diverse medaglie d’argento al GABF. All’aspetto è di colore arancio, velato, con un piccolo cappello di schiuma leggermente ocra, fine e cremosa. Naso non molto pronunciato, con sentori di pompelmo, limone, pino ed erbacei. Mediamente carbonata, in bocca rivela di aver subito qualche maltrattamento nel viaggio dagli Stati Uniti all’Inghilterra, dove l’abbiamo trovata. Il fruttato donato dai luppoli è un po’ “collassato” e risulta simile ad una marmellata di agrumi; c’è un corpo, medio, di malto caramello. L’amaro arriva a fine corsa, lasciando un retrogusto vegetale, leggermente pepato. Una bottiglia non proprio memorabile, per una birra che viene solitamente valutata piuttosto positivamente. Difficile da giudicarla appropriatamente, in questo caso. Formato 35.5 cl., alc. 5.9%, 55 IBUs, scad. 01/06/2012, prezzo 2.36 €

_____________
english summary:
Brewery: Goose Island, Chicago, Illinois, USA.
Appearance: orange color with a small creamy off-white head. Aroma: light citrus, grapefruit and grassy hops. Mouthfeel: medium body, medium carbonation. Taste: citrus jam, caramel, grassy hops. Dry finish, grassy bitter aftertaste. Overall: a quite “tired” bottle with a fainting hop character. This beer usually gets good rates so we would need to try another one to make a proper review. Bottle: 35.5 cl., 5.9% ABV, 55 IBUs, bb. 01/06/2012, price 2.05 GBP

martedì 11 ottobre 2011

Harveys India Pale Ale

Lewes, Sussex inglese: siamo a poche miglia dalla costa di Brighton o, se preferite, un centinaio di chilometri a sud di Londra. la Harveys Brewery (rigorosamente senza apostrofo prima della "s") è il birrificio più antico del Sussex, con una storia che inizia nel 1790. La famiglia John Harvey ed i successivi discendenti (settima generazione) mantengono ancora il controllo del birrificio anche se oggi il mastro birraio è un “esterno”, Miles Jenner. Molto bello l'edificio, una costruzione in mattoni rossi che risale all'epoca georgiana e costruita dal fondatore John, come riporta Roger Protz nel suo interessante libro "Country Ales and Breweries" (1999); lo potete vedere qui. Nel 1881 i lavori d'ampliamento aggiungono una "classica" torre vittoriana e delle finestre ad arco tondo con una bella impalcatura in legno bianco. La Harveys & Sons oggi è una bella realtà locale che impiega una settantina di persone, controlla circa 48 pubs nel Sussex e svolge anche un’attività come grossista di sidro, vini e liquori. Le loro birre che hanno ottenuto più riconoscimenti sono la Old Ale e la Best Bitter. Noi abbiamo invece degustato una deludente India Pale Ale che è in realta una bitter dalla modesta gradazione alcolica (3.2%). La versione in bottiglia è filtrata e pastorizzata. Di colore ambrato, carico; la schiuma, non molto generosa, è ocra, abbastanza fine e cremosa, mediamente persistente. Naso molto dolce, con sentori metallici, caramello e frutta secca. E' molto beverina grazie ad un corpo snello e ad una consistenza fin troppo acquosa; anche il gusto è poco intenso. Leggero malto tostato, frutta secca, caramello, note metalliche e saponose a fine corsa. La carbonatazione molto bassa la rende ulteriormente priva di vita, in bocca. Retrogusto amaricante, erbaceo ma con sempre un velo di sapone a farci compagnia. Improponibile non solo come IPA, ma anche come bitter, il risultato finale è quasi di una brown ale annacquata, non esente da qualche difetto. Da provare in cask, se proprio vi capita a tiro. Formato: 50 cl, alc. 3.2%, lotto BIN, scad. 06/2012.

________________
english summary:
Brewery: Harveys, Lewes, Sussex, England.
Appearance: clear deep amber color with a small creamy off-white head. Aroma: nutty malt, caramel, metallic. Mouthfeel: light body, watery texture, low carbonation. Taste: light nutty malt, dried fruits, caramel, metallic. Kind of bitter aftertaste with a soapy touch. Overall: definitely not an IPA, and perhaps not even a decent bitter. The bottled version is filtered and pasteurized. Looks like a bland brown ale. We would not drink this again, bottled. Any better in cask? Who knows. Bottle: 50 cl., 3.2% ABV, batch BIN, bb. 06/2012, price; 1,99 GBP.

domenica 9 ottobre 2011

Moor Somerland Gold

Della Moor Beer Company abbiamo brevemente parlato qui, come introduzione alla (splendida) Revival. Birrificio inglese, nel cuore del Somerset, fondato nel 1996 da Arthur ed Annette Frampton; le birre riscuotono un buon successo ma la limitata capacità produttiva costringe il birrificio a contrattare la produzione ad altri, con un conseguente declino di qualità e di reputazione. I costi derivati dai piani di ampiamento degli impianti non vanno molto d'accordo con il calo delle vendite, e c'è bisogno, nel 2007, di nuova linfa che arriva dagli americani (ma da 10 anni in Inghilterra) Justin e Maryann Hawk. Justin si è formato come birraio a San Francisco e porta alla Moor una bella ventata di novità e ricette che vogliono fondono la tradizione brassicola classica inglese (soprattutto le session beer a bassa gradazione alcolica) con la "craft beer revolution" americana. La Moor Somerland Gold non è proprio una session beer (alc. 5.5%, in bottiglia) e si presenta di colore arancio pallido, velato. La schiuma, bianca, è abbastanza fine e cremosa, con buona persistenza. Aroma piuttosto pronunciato, con un bel fruttato elegante che regala sentori di pesca e di agrumi (mandarino), ma anche vaniglia. Queste ottime premesse sono mantenute solo parzialmente in bocca, dove invece è il malto a dominare, con note di pane e di cereli; rimane qualche lontano accenno di agrumi. Dal corpo medio e mediamente carbonata, termina abbastanza secca e lascia un retrogusto elegante, amaro, erbaceo. Brassata con malto Pale, frumento, luppoli Perle e Hallertauer Northern Brewer. Una golden ale ben fatta e pulita, che si rivela ugualmente beverina. Delude un po' in bocca con un gusto che risulta essere un po' meno intenso dello splendido aroma. Formato: 66 cl., alc. 5.5%, scad. 30/08/2012, prezzo 5.27 €.

________________
english summary:
Brewery: Moor Beer Company, Langport, Somerset, England.
Appearance: hazy pale orange with a creamy white head. Aroma: beautiful pronounced nose filled with peach and tangerine, hints of vanilla. Mouthfeel: medium bodied with medium carbonation; watery texture. Taste: bready malt, cereals, light citrusy note. Nice and elegant bitter grassy aftertaste. Overall: a golden ale with a sumptuous aroma which builds up too many expectations. Taste is good but less intense than aroma. Despite this, it's a clean and well done beer. Bottle: 66 cl., 5.5% ABV, bb. 30/08/2012, price 4.05 GBP.

sabato 8 ottobre 2011

Old Dairy Sun Top

Microbirrificio nel cuore del Kent inglese, a Cranbrook, la Old Dairy Brewery è attualmente guidata da Ed Wray. Ed risponde ad un annuncio a dicembre del 2009; Mick, il fondatore del birrificio, deve ritornare in Australia dalla propria famiglia ed è alla ricerca di un birraio a cui affidare gli affari. Ed si presenta al birrificio un giorno in cui è prevista una cotta; l’intervista si trasforma in una partecipazione di sei ore alle operazioni in corso che sfocia nell’assunzione. Un passato da microbiologo alle spalle, una lunga militanza da homebrewer ed un diploma in “brewing and distilling” alla Heriot-Watt University. La Sun Top è la produzione estiva del birrificio. Una pale ale prodotta con malto Maris Otter Extra Pale e luppolo Amarillo. L’aspetto non è il suo miglior biglietto da visita; di colore giallo pallido, velato, colpisce per la quasi assenza di schiuma; quel poco che si forma è molto grossolana e svanisce praticamente subito. Naso poco pronunciato, con sentori di scorza di limone, erbacei e di cereali. In bocca è molto leggera e watery, scarsamente carbonata; c'è una leggerissima base di malto (biscotto) ma il gusto è caratterizzato da un amaro leggero ed elegante che regala note di agrumi ed erbacee. Finisce secca, lascia il palato ben pulito e un retrogusto amaro erbaceo con una nota di scorza d'agrumi. La bella etichetta bucolica recita la frase "da bere fino a quando le mucche non tornano a casa"; ed è propria una birra da gustare in pieno sole, accaldati. Semplice e rinfrescante, si fa perdonare un corpo fin troppo esile e "acquoso" con un bel profilo luppolato, agrumato, che lascia un bel ricordo in bocca. Rifermentata in bottiglia. Formato: 50 cl, alc. 3.6%, lotto sconosciuto, scad. 21/01/2012.

________________
english summary:
Brewery: Old Dairy, Cranbrook, Kent, England.
Appearance: hazy pale yellow color with almost no head. A white foam is quickly dissipating into glass leaving no lace. Aroma: zesty and grassy hops, cereals. Mouthfeel: light body, low carbonation, watery texture. Taste: very light biscuity malt; bitter zest, citrus, grassy hops. Dry finish with a bitter zesty aftertaste. Overall: seasonal brew (summer) from this small kentish brewery. The nice label says "drink it til the cows come home" and it's exactly that. This is a light and simple but refreshing summer ale to quench your thirst under the sun. Bottle (conditioned): 50 cl., 3.6% ABV, bb. 21/01/2012.

venerdì 7 ottobre 2011

Augustiner Oktoberfest Bier

A modo nostro “celebriamo” anche noi l’Oktoberfest 2011, terminata lo scorso weekend al Theresienwiese di Monaco di Baviera. Un megaevento turistico e caotico che dal punto di vista brassicolo ha forse ormai come unica rilevanza la possibilità di assaggiare le stagionali Oktoberfestbieren; oggi le cose sono un po’ cambiate e c’è qualche multinazionale di mezzo, ma secondo la tradizione tedesca la vera Oktoberfestbier può essere prodotta solamente dai birrifici di Monaco, che sono poi anche gli unici a poter partecipare all’Oktoberfest stessa. Il nome non deve trarre in inganno, in quanto in origine (parliamo di circa 500 anni fa) queste birre erano un “residuo” primaverile. I mastri birrai tedeschi non conoscevano molto i batteri ed i microbi, ma avevano imparato con l’esperienza che le birre prodotte durante l’estate diventavano acide ed erano praticamente imbevibili. Le migliori birre restavamo quelle brassate all’incirca dall’inizio dell’autunno alla primavera. Erano quindi soliti rimboccarsi le maniche e produrre grosse quantità di birra nel ultimo periodo “utile”, a Marzo (da qui il nome dello stile brassicolo Märzen), aumentando la quantità di luppolo e la gradazione alcolica per aumentare i loro effetti preservanti nel tempo. La birra veniva poi messa in freddi scantinati o nelle grotte delle vicine alpi che erano state accuratamente riempite di ghiaccio ed di tanto in tanto prelevata per il consumo estivo. Ad Ottobre le temperature consentivano di ricominciare a produrre birra "nuova" e quindi c’era una nuova necessità, quella di svuotare al più presto tutte le botti riempite con la vecchia birra prodotta la primavera precedente per accogliere quella fresca. Quale scusa migliore, quindi, per organizzare una bella Oktoberfest e far “evaporare” tutto il residuo? Ovviamente il progresso tecnologico ha poi cambiato sia le modalità di la produzione di queste Oktoberfestbier che il significato dell’Oktoberfest stessa, il cui inizio generalmente si fa coincidere con il 1810. Per chi volesse approfondire, segnaliamo questo interessante articolo, in inglese. L’Augustiner-Bräu è ovviamente uno dei birrifici che ha il diritto di presenziare l’Oktoberfest, con questa birra celebrativa di un limpido colore dorato. Schiuma bianca, fine, mediamente persistente. Al naso sentori floreali, camomilla, miele, leggermente erbacei. Mediamente carbonata, ha un corpo da medio a leggero ma una texture watery che ne garantisce un’ottima bevibilità. In bocca crosta di pane e miele; non è senz’altro una birra secca, ed il palato rimane sempre un po’ “appiccicoso” e legato dal sorso successivo. Verso fine corsa arriva una leggera nota erbacea amaricante; il retrogusto è di malto, riscaldato da una leggera nota alcolica. E’ davvero una pericolosa birra da fest(a), da bere in grandi quantità senza (quasi) accorgersene. La gradazione alcolica (6%) non è certo quella di una “session beer” e qualche maß di questa Oktoberfest Bier potrebbero far terminare la vostra Oktoberfest prima del previsto. Formato: 50 cl., alc. 6%, lotto 1208011, scad. 04/2012, prezzo 2.60 €.

________________
english summary:
Brewery: Augustiner-Bräu, Munich, Germany
Appearance: clear golden with a frothy white head. Aroma: flowery and grassy hops, honey, chamomile. Mouthfeel: light-medium body, medium carbonation, watery texture. Taste: bready malt and honey. Light grassy hops in the finish, malty aftertaste with a warm alcohol touch. Overall: Augustiner Oktoberfest beer will leave your palate a bit sticky but can be a drinkable danger. With a 6% ABV this is surely not a session beer, and you can find yourself easily “happy” with a couple of german maß (1 liter big glass). A simple and easy celebrative brew. Bottle: 50 cl., 6% ABV, batch 1208011, bb. 04/2012, price 2.60 €.


giovedì 6 ottobre 2011

Beer Engine Piston Bitter

L’edificio che oggi ospita il microbirrificio e brewpub The Beer Engine fu costruito a metà del 1800; per lungo tempo ha funzionato come albergo della stazione ferroviaria di Newton St Cyres, qualche miglio a nord di Exeter, Inghilterra. Nel 1983 avviene la conversione in brewpub, uno dei più anziani nella regione del Devon. Gli attuali proprietari sono Mike Tutty e sua moglie Jan; Mike faceva il cuoco nell’esercito, e leggiamo sul sito che ha anche cucinato per la Regina d’Inghilterra. Va in pensione nel 1998, e l’anno dopo rileva un pub nella Foresta di Dean (Glouchestershire). Nel 2005 la decisione di vendere il pub e rilevare il Beer Engine, iniziando anche a produrre birra. Gli impianti vengono parzialmente rinnovati, e Ian Sharp viene assunto come mastro birraio a tempo pieno. Il birrificio è nella cantina del brewpub e sono organizzate delle visite guidate. “Aiuta a vendere – dice Mike – la gente vede che la nostra birra è un prodotto vivo, fatto qui e il loro interesse aumenta”. Le gamma di birre è disponibile,in bottiglia ed anche in polypins da 10 e 20 litri che pare, siano molto apprezzati per i matrimoni e le festività natalizie. Molto carina l’etichetta di questa Piston Bitter, rappresentante un po’ lo stereotipo (?) dell’impiegato inglese che alle sei di sera abbandona in tutta fretta bombetta ed ombrello per correre al pub e godersi una pinta di birra. Il nome trae un po’ in inganno; non si tratta di una bitter classica, qui siamo molto vicini alla categoria delle brown ale. Di colore ambrato, carico, velato, con un cappello persistente di schiuma fine e cremosa, color ocra. Naso dolce, con caramello, nocciola, zucchero e sentori vinosi. La carbonatazione è scarsa, il corpo è leggero. L’imbocco rimane dolce, c’è sostanziale corrispondenza con l’aroma: nocciola, melassa, leggere note di frutta rossa. Finale che vira leggermente verso l’amaro, erbaceo e tostato. E’ una birra molto beverina ma un po’ scarsa di gusto; forse la bottiglia non le rende troppa giustizia, sicuramente la morbidezza più accentuata del cask dovrebbe renderla un po’ più interessante. Formato: 50 cl., alc. 4.2%, lotto sconosciuto, scad. 30/11/2011, prezzo 2.70 €.

________________
english summary:
Brewery: The Beer Engine Pub and Brewery, Newton St Cyres, Exeter, England.
Appearance: deep amber color with a creamy off-white head. Aroma: nutty malt, sugar, winy. Mouthfeel: low carbonation, light body, watery texture. Taste: sweet molasses, nutty malt, red fruits. Finish is slightly roasted and grassy bitter. Overall: not quite a bitter as the name might suggest; this is almost a brown ale. Good drinkability but kind of light taste. Surely on cask this beer should taste smoother and better. Bottle: 50 cl., 4.2% ABV, bb. 30/11/2011, price 2.35 GBP @ Darts Farm Shop, Topsham, Exeter.

martedì 4 ottobre 2011

Gadds No 3

Seconda birra della Ramsgate Brewery degustata, dopo la Black Pearl Oyster Stout di cui abbiamo parlato qui ( ); le dicerie raccontano che Eddie Gadd, birraio alla Ramsgate, all’inizio della sua avventura scegliesse il nome delle birre secondo il numero di pinte che doveva bere per sentirsi “felice”. Ne basterebbero dunque “solamente” tre, di questa pale ale dal contenuto alcolico del 5%; il record spetta invece alla bitter n.7, dalla gradazione più modesta (3.8%). All’aspetto è di color arancio pallido, velato. La schiuma. abbastanza fine, è bianca, e mediamente persistente. Naso fruttato, con arancio e pesca in evidenza; qualche sentore metallico ed erbaceo. Brassata per la prima volta nel 2002, utilizzando solamente il luppolo Goldings; la ricetta dovrebbe essere aver subito qualche variazione, soprattutto nell’aggiunta del luppolo Fuggles, raccolto nel Kent. C’è anche una percentuale di frumento. In bocca è watery e snella, con una carbonatazione sostenuta. La base è di malto (crosta di pane), ma a condurre la danza c’è un bell’amaro erbaceo con una nota molto pronunciata di scorza di limone/pompelmo, che continua anche nel retrogusto. Birra pulita, semplice e molto beverina, rifermentata in bottiglia. Bene così. Formato: 50 cl., alc. 5%, lotto 032304, imbottigliata il 08/06/2011, scad. 08/12/2011, prezzo 2.88 Eur.

________________
english summary:
Brewery: Ramsgate Brewery, Broadstairs, Kent, England.
Appearance: hazy pale orange with a creamy white head. Aroma: orange, peach, grassy hopes. Light metallic notes. Mouthfeel: light body, lively carbonation, watery texture. Taste: a thin bready malt backbone, with zesty bitter hops. Dry finish, zesty bitter aftertaste. Overall: a simple, clean and massively drinkable English pale ale. Crisp and refreshing. Good. Bottle (conditioned): 50 cl., 5% ABV, batch 032304, bottled on 08/06/2011, bb. 08/12/2011, price 2.50 GBP.

sabato 1 ottobre 2011

Magic Rock High Wire

E’ nata solamente pochi mesi fa a Huddersfield (West Yorkshire, Inghilterra) la Magic Rock Brewery. L’idea è dei fratelli Richard e Jonny Burhouse, gestori del noto beershop online mybrewerytap; da poco terminato un corso di homebrewer, forse non si sentono ancora confidenti delle proprie capacità e coinvolgono nel loro progetto anche Stuart Ross, giovane ma già esperto birraio con esperienze alla Kelham Island, alla Acorn ed alla Crown Brewery. Lo spazio per gli impianti viene ricavato all’interno degli edifici del business di famiglia, una ditta che si occupa di importazione e vendita all’ingrosso di cristalli e pietre naturali; a quest’ultime, appunto, s’ispira il nome “Magic Rock”. La gamma delle birre in produzione riflette l’amore che i tre avventurieri hanno per gli stili e per le generose luppolature americane; troviamo già ad esempio una IPA, Imperial IPA e questa High Wire, una West Coast American Pale Ale. Nel bicchiere è di uno splendido colore dorato, appena velato, con un cappello bianco di schiuma fine e cremosa, molto persistente. Naso davvero elegante e ricco di frutta tropicale (ananas, mango), pompelmo e lychee. Al palato una bella base maltata (crosta di pane) supporta una bella luppolatura erbacea e resinosa, con note fruttate di pompelmo. Texture oleaosa, mediamente carbonata e dal corpo medio, rivela una bella pulizia in bocca ed un gradevole finale secco. Lascia un retrogusto amaro abbastanza lungo, erbaceo, dove ritorna una nota di pompelmo. APA molto beverina e ben fatta, davvero gustosa. Birrificio giovanissimo che promette già davvero molto bene. Formato: 33 cl., 5.5% ABV, lotto 2619. scad. 01/2012, prezzo 3,16 Eur.