Nel giugno del 1794 una decina di monaci francesi si stabiliscono nei boschi di Kempen, sulla vecchia strada che collegava Anversa con Turnhout, con il progetto di costruire un’abbazia basata sul progetto di Notre Dame de la Grande Trappe. L’imminente rivoluzione francese li costrinse però all’esilio in Germania sino al 1802, quando fecero ritorno a Westmalle per iniziarne la (ri)costruzione; l’inizio della produzione di birra sembra risalire al 1836, con la nomina di Padre Bonaventura Hermans – un ex farmacista e quindi esperto di erbe - come birraio. Al solito la birra era riservata inizialmente per il consumo dei frati e degli ospiti del monastero, e solo a partire dal 1860 iniziano le occasionali vendite all’esterno; nel corso della prima guerra mondiale i tedeschi s’appropriarono di tutti gli impianti del birrificio, che fu ricostruito solamente nel 1920. In questo periodo Westmalle produceva due birre scure chiamate Extra Gersten e Dubbel Bruin; alcuni problemi di qualità su quest’ultima avevano spinto i frati a chiedere la consulenza di Hendrik Verlinden, ingegnere birrario e proprietario del birrificio Drie Linden.
Verlinden viene considerato da Michael Jackson come l'artefice della prima "tripel" belga, lanciata nel 1932 con il nome di Witkap Pater. Facile ipotizzare che ci sia la sua mano anche dietro alla ricetta della Westmalle Tripel, una strong ale “chiara” la cui ricetta viene abbozzata assieme al frate Thomas a partire dal 1931 per poi debuttare nel 1934 durante i festeggiamenti per l’inaugurazione del nuovo birrificio del monastero. La ricetta fu sensibilmente ritoccata negli anni ’50, quando fu leggermente aumentata la quantità di luppolo utilizzato; oggi la Tripel ha scalzato la scura Dubbel ed è diventata la birra più venduta dai monaci di Westmalle, occupando il 60% della produzione.
Attualmente i monaci continuano a supervisionare la produzione della birra e tre di loro sono membri del consiglio direttivo; in sala cottura non è più presente il fratello Thomas – ritiratosi all’età di 70 anni - che ha passato il testimone al birraio Jan Adriaensen, collaboratore di Westmalle sin dagli anni ’80 e anche di St. Sixtus-Westvleteren ed Achel.
La Tripel di Westmalle (la “madre” di tutte le Tripel, non me ne voglia la Witkap) ha oggi 81 anni, ma non li dimostra affatto e continua a splendere nel suo luminoso color dorato, leggermente velato, sul quale si forma un solidissimo “cappello” di schiuma bianca e cremosa, compatta, molto persistente. Perfetta nella sua sobrietà. L’aroma mantiene il rigore monastico, lontano da quelle esplosioni di profumi (spesso un po’ cafone) che spesso incontriamo oggi. Un’eleganza fragrante e quasi discreta, fatta di fiori bianchi, zucchero candito, cereali, miele, arancia e pesca candita, un tocco di fieno, una delicatissima speziatura proveniente dal lievito. Al palato si presenta perfetta, con corpo medio ed un vivace carbonatazione che non preclude assolutamente una sensazione quasi morbida in bocca. La bevuta inizia con una freschezza fruttata sorprendente per una Tripel dal contenuto alcolico elevato (9.5%), per passare poi al dolce della frutta candita (albicocca, arancia e pesca), del pane e del miele sino alla delicatissima chiusura amaricante che oscilla tra l'erbaceo ed il terroso; il tutto all'insegna dell'equilibrio più assoluto. Impressionano sia la secchezza che il modo in cui l'alcool è nascosto quasi sino alla fine, consentendo una bevuta agile e quasi "veloce" per poi rallentare il tempo nel retrogusto, un caldo abbraccio etilico ricco di frutta sotto spirito. Pulitissima e fragrante, caratterizzata da una facilità di bevuta quasi omicida, la Tripel di Westmalle non si può altro che definire un classico senza tempo, ancora attuale, ancora straordinario, ancora da prendere a modello ogni qualvolta abbiate voglia di bere (o di realizzare tra le mura domestiche) una tripel.
Formato: 33 cl., alc. 9.5%, lotto 3 030472, scad. 05/08/2017, 1.45 Euro (supermercato, Belgio).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Capolavoro di Birra!
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