Arriva anche il debutto sul blog della Brasserie de Bastogne, e che debutto! Ma procediamo con calma; il fondatore è Philippe Minne, ingegnere meccanico che dopo alcuni anni passati ad esercitarsi in garage con pentole e cotte da 50 litri si sente abbastanza pronto per lanciarsi nel mondo dei professionisti con l’aiuto della moglie Catherine, che s’incarica di seguire la parte commerciale e amministrativa.
Per Philippe si tratta di riprendere una tradizione di famiglia che si era bruscamente interrotta da una generazione: il suo bisnonno era infatti proprietario della Brasserie Saint-Antoine, mentre suo nonno Joseph Minne aveva lavorato come birrario alla Brasserie De Beco.
La birra d'esordio è la “blonde” Trouffette la cui prima cotta da 1 hl viene realizzata il 26 gennaio del 2008 presso la Brasserie de Rulles. Nel frattempo Philippe lavora all’adattamento e all'installazione del proprio impianto, acquistato di seconda mano proprio da Rulles, che trova posto presso la fattoria biologica di Philip Meurisse, un agricoltore nonché ex-compagno di scuola che s’imbarca nell’avventura del birrificio: ci troviamo a Belleau (o Belle-Eau) una località vicino a Sibret, comune di Vaux-sur-Sûre, provincia del Lussemburgo belga, non lontano dalla città di Bastogne.
La gamma delle Trouffette, così chiamate in onore di un personaggio folkloristico di Bastogne, è a tutt'oggi quella di maggior successo del birrificio, disponibile anche nelle declinazioni "Rousse" e "Brune" e "Strong". Ma è quando Philippe decide di portare qualche novità all'interno della tradizione che arrivano le birre più interessanti: un utilizzo discreto e per niente sfacciato (dopo tutto siamo in Belgio) del luppolo americano fa nascere la Bastogne Pale Ale, seguita poi dalla Ardenne Stout e, l'ultima nata (2014) Ardenne Saison. Probabile che dietro a questa svolta "americana" ci sia anche stavolta Christine Celis, figlia del "mitico" Pierre (Hoegaarden), residente in Texas ma assidua frequentatrice e conoscitrice della scena brassicola della terra natia. E' lei che, attraverso l'importatore Authentic Beverage Management, organizza le prime spedizioni verso il continente a stelle e strisce. In un periodo in cui nella scena "craft" americana vanno molto di moda le Saison e le Farmhouse Ales ispirate al Belgio, sarebbe un peccato non sfruttare un realtà produttiva che ha sede proprio all'interno di un'azienda agricola (Farmhouse) e che ha da poco iniziato a produrre una Saison rifermentata con i tanto amati Brettanomiceti. Aggiungente al tutto una luppolatura euro-americana (Hallertauer Mittelfrüh e Cascade), ed il gioco è fatto.
Dorata e velata, con qualche sconfinamento nell'arancio e un'esuberante schiuma bianca, dannosa e compatta che impiega diversi minuti prima di affondare nel bicchiere. I profumi sono molto freschi, pulitissimi e molto ben assemblati in un bouquet che comprende una delicata speziatura (pepe bianco, ricordi di coriandolo), eleganti sentori floreali e di frutta tropicale (ananas, mango, pompelmo), scorza di limone ed un carattere rustico che parla di paglia, fieno, cantina. Eccellenti premesse che sono mantenute, se non addirittura superate, al palato. Perfetto il mouthfeel, vivacemente carbonato e con un corpo medio-leggero: la scorrevolezza è scattante senza tentativi di fuga, la bevibilità è straordinaria. Delicata la base malata di pane e crackers, con il dolce del miele che introduce il dolce della frutta (ananas, mango/pesca, banana, arancia) subito bilanciato dall'acidità lattica e dall'amaro della scorza d'agrumi. E' una Saison molto secca e piacevolmente acidula, ergo definitivamente rinfrescante e dissetante, che ha un contenuto alcolico modesto (5.5%), scorre come fosse acqua ma mostra una bella intensità di profumi e sapori. Scaldandosi emergono delle sorprendenti note di uva bianca, mente il retrogusto non pretende un ruolo da protagonista ma si congeda abbastanza rapidamente con il suo amaro zesty, erbaceo e, terroso, un tocco di pepe.
Birra semplice, pulitissima e magistralmente eseguita, con tutti gli elementi al posto giusto, in un equilibrio quasi miracoloso tra eleganza e rusticità, dolce e amaro; assolutamente non invasivo l'utilizzo dei luppoli americani ma, soprattutto, ci sono reminescenze di Orval e di Fantôme, altri due birrifici del Lussemburgo Belga.
Splendida saison, che definirei assolutamente da comprare senza "se" e senza "ma". Eppure c'è una postilla da fare per chi non ha mai sentito parlare di "lieviti selvaggi: si tratta di una Saison "brettata", con un'acidità piuttosto pronunciata. Tenetelo a mente prima di rimproverarmi : "avevi detto che era buonissima ma a me ha fatto quasi schifo".
Formato: 75 cl., alc. 5.5%, scad. 03/2017, 4.50 Euro (drink store, Belgio)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
provata questa settimana da Lambiczoon. Eccellente.
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