Si parla tanto, spesso e comunque non abbastanza dei prezzi (alti!) della cosiddetta “birra artigianale”: non mi riferisco al consumo al pub, dove il delta costo tra una media “artigianale” e una industriale è minore. Mi riferisco in particolare al consumo in bottiglia casalingo: le “artigianali” che si trovano nei beershop, supermercati, enoteche e alimentari vari hanno un costo medio al litro che possiamo quasi moltiplicare quasi per cinque rispetto ad un’industriale.
Ma per stavolta lasciamo fuori “l’artigianale” e parliamo delle “birre del discount”: sono anche loro prodotti industriali, eppure costano sensibilmente meno (all’incirca la metà) dei noti marchi industriali. Avete sentito qualcuno lamentarsi che una lattina di Heineken al supermercato è cara perché costa il doppio di una birra discount? Ma questa differenza di prezzo è giustificata? Ci se ne accorge bevendole?
Ho voluto fare una prova "quasi" alla cieca, mettendo a confronto due birre industriali e due “discount” bevendole senza sapere che cosa ci fosse nel bicchiere; sono quattro Pils, o almeno questo è lo stile che i produttori dichiarano in etichetta. Le birre che ho scelto per questa prova sono le seguenti: dal discount Finkbräu Pils e Grafenwalder Pils; dal supermercato Warsteiner Premium Verum e Ceres Top Pilsner. Tutte e tre, per meglio renderle irriconoscibili, in formato 50 cl. e con il “lato superiore” della lattina di color argento. Le descriverò inizialmente facendo riferimento solamente al numero del bicchiere dal quale bevuto.
Aspetto.
Sono tutte e quattro identiche, limpide e dorate; forse la Nr.1 è appena un po’ più chiara. Tutte mostrano un bel cappello di schiuma bianca, compatta e cremosa, dalla buona persistenza: la ritenzione delle birre Nr.1 e Nr.4 è leggermente migliore, con una patina bianca che rimane sempre in superficie.
Aroma.
Bicchiere nr.1: avverto miele e cereali, crosta di pane, qualche sentore erbaceo. La fragranza non è certamente di casa, l’intensità non è granché ma per lo meno i profumi “giusti” ci sono.
Bicchiere nr.2: aroma assente, bisogna farla scaldare un po’ per far emergere un qualcosa dolciastro che mi ricorda un po’ il mais, ingrediente non citato sulla lattina. A temperatura ambiente mi sembra che ci sia anche un po’ di cartone bagnato.
Bicchiere nr.3: anche qui aroma nullo, con qualche lieve miglioramento a temperatura ambiente. Qualcosa di dolce simile al mais e ricordi di cereali che emergono quando la birra si scalda.
Bicchiere nr.4: pochissima intensità, ma almeno qualcosa c'è. E' una generale sensazione dolce di pane, forse miele, nella quale non c’è ovviamente traccia di fragranza ed eleganza.
Mouthfeel.
Ovviamente leggere, watery e mediamente carbonate. Un DNA che le accomuna tutte, con la componente “acquosa” un troppo marcata nel bicchiere nr.2.
Gusto.
Bicchiere nr.1: pane, cereali, accenno di miele. Non c’è una gran intensità ma – come per l’aroma - ci sono quasi tutti i descrittori tipici dello stile. Si finisce nell’amaro erbaceo, non particolarmente elegante ma tollerabile; l'amaro è molto più evidente che negli altri bicchieri, ma all'alzarsi della temperatura aumenta anche la percezione della sua modesta eleganza/piacevolezza. Meglio berla finché "fredda", in quanto risulta più bilanciata e più secca rispetto alle altre.
Bicchiere nr.2: quasi scarso, tendente al nullo. A birra fresca c’è una sensazione appena dolce che di nuovo mi ricorda quel mais non citato in etichetta e qualche suggestione di pane; la chiusura amara è poco intensa ma riesce ugualmente ad essere poco gradevole. Riscaldandosi migliora un po’ la parte dolce (pane e miele) ma peggiora quella amara; la bocca rimane sempre impastata da una patina dolcina, con la birra che alla fine non risulta neppure particolarmente rinfrescante.
Bicchiere nr.3: è una birra che rasenta l’acqua, in quanto all'assenza di sapori. Lievi accenni di pane e cereali, il solito timido finale erbaceo amaro un po’ sgraziato; nonostante la bassissima intensità riesce comunque a lasciare la bocca avvolta da una patina dolce poco rinfrescante. Anche riscaldandosi l’intensità non migliora di molto: aumenta un po’ la componente dolce, con il risultato che la nr.3 risulta essere la meno amara delle quattro; ma nonostante il basso livello d’amaro, quel poco che c’è è davvero poco elegante.
Bicchiere nr.4: rilevo pane, cereali, accenno di miele. L’intensità è bassina, e anche qui una patina dolce un po' appiccicosa rimane sul palato anche a fine bevuta, mentre ci vorrebbe un po’ più secchezza. L’amaro erbaceo finale è delicato ma ugualmente privo di eleganza e non esattamente gradevole; la sua bassa intensità lo rende comunque praticamente innocuo.
Indoviniamo?
Mi butto e abbino la Warsteiner Premium Verum al bicchiere nr. 1. E’ senza dubbio la birra “meno peggio” delle quattro; non la andrei a cercare, ha tutte le caratteristiche dell’industriale inoffensiva e noiosa ma tutto sommato decente, benchè priva di fragranza e/o freschezza. E’ pastorizzata, se non erro; ammetto di aver bevuto diverse volte la Warsteiner, in passato, ma era davvero tanto tempo fa. Il bicchiere nr.2 e nr. 3 mi sembrano molto simili, nella loro pochezza di gusto che rasenta l’acqua e in quell’amaro poco aggraziato che non ti lascia un piacevole ricordo anche di quel poco che c’è; mi gioco l’opzione discount su entrambe, ma non avendole mai bevute prima sarebbe inutile tentare di assegnare un numero a Finkbräu Pils o Grafenwalder. La nr.4 mi sembra un pochino meglio rispetto a queste due, per lo meno nell’intensità: scommetto sulla Ceres Top Pilsner, dopotutto c’è quel aggettivo “top” che mi fa pensare a qualcosa di qualità.
Il verdetto.
Scarto le lattine numerate, ecco cosa c'era nei bicchieri.Bicchiere nr.1 - Warsteiner Premium Verum
Bicchiere nr.2 - Finkbräu Pils
Bicchiere nr.3 - Ceres Top Pilsner
Bicchiere nr.4 - Grafenwalder Pils
E quindi?
Ho indovinato la Warsteiner, ma gli “avversari” erano forse troppo inferiori per non riuscirci; volendo guardare il prezzo, è anche la più cara del quartetto: 1.32 Euro (2,64 Euro/litro).
La sorpresa in negativo è la Ceres Top Pilsner, quella "in positivo" (se così si può dire) è la Grafenwalder che io avevo scambiato per la danese; prodotta dalla a me sconosciuta Frankfurter Brauhaus per una noto discount tedesco, si difende con onore nei confronti della famosissima Ceres e, elemento da non sottovalutare, costa esattamente la metà (0.59 invece di 1,19 Euro).
Innocua, e quindi nulla da dichiarare, sulla Finkbräu: discount nel prezzo e anche nel gusto. Sicuramente meglio una Warsteiner, anche se costa più del doppio; prendete ovviamente la parola "meglio" con le dovute cautele. Stiamo sempre parlando di prodotti industriali alquanto anonimi e con molto poco gusto.
Mi si perdoni infine il bicchiere fuori stile, ma era l'unico disponibile in quattro esemplari identici.
In via eccezionale pubblico anche la classifica utilizzando la scala di punteggi BJCP: Warsteiner Premium Verum (26/50), Grafenwalder Pils (23/50), Ceres Top Pilsner (20/50) , Finkbräu Pils (19/50).
Nel dettaglio:Warsteiner Premium Verum, formato 50 cl., alc. 4.8%, lotto 04 A 17, scad. 05/08/2016, prezzo 1.32 Euro.
Finkbräu Pils, formato 50 cl., alc. 4,9%, lotto A4 02:10, scad. 03/09/2016, prezzo 0.55 Euro.
Ceres Top Pilsner, formato 50 cl., alc. 4,6%, lotto H 0355, scad. 13/10/2016, prezzo 1.19 Euro.
Grafenwalder Pils, formato 50 cl., alc. 4,5%, lotto A4 02:40, scad. 20/08/2016, prezzo 0.59 Euro.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa lattina, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Che fegato!
RispondiEliminaFuori la Warsteiner, sarei in grado di riconoscere tutte e tre a occhi chiusi... dopo anni di università :)
Alla fine l'hai fatto il test in (quasi) cieco! Però come le pils del supermercato il risultato deludente era garantito in partenza, come già sapevi. Una prova per ulteriori test in cieco o un periodo autodistruttivo? Come mi sembra di aver letto in una tua precedente recensione, a quel punto meglio un succo di frutta.
RispondiEliminaPer fare un test in doppio cieco bisognerebbe essere in tre. Uno prepara i campioni, uno gestisce l'esperimento e il terzo assaggia. Secondo me due volontari li trovi facilmente se poi dividi con loro i campioni.
OT: sarebbe interessante per valutare la qualità delle birre, che i produttori diffondessero i dati sulla composizione chimica, mettendo in etichetta la concentrazione dei primi N costituenti in ordine di concentrazione, oltre alla concentrazione di altri composti significativi per determinarne la qualità (tipo aldeidi, esteri, proteine, pH, minerali, vitamine). Si fa per le acque minerali e ormai per quasi tutti i generi alimentari, si dovrebbe fare anche per la birra.
Forse non si fa perché le bottiglie sono ancora "vive"? e la composizione è in continua mutazione? In ogni caso si potrebbero mettere i dati medi di analisi fatte dopo un tempo standard dall'imbottigliamento.
Sulla composizione chimica cedo il passo... ho sempre odiato la chimica.
EliminaQui c'è una bella collezione di cieche, con divertenti risultati:
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