“Dallo gnomo al lupo cattivo”: con queste poche parole si potrebbe riassumere la storia della Brasserie Les 3 Fourquets, dietro la quale troviamo Chris Bauweraerts e il cognato Pierre Goubron, gli stessi che il 27 agosto del 1982 produssero i primi 50 litri (!) di “La Chouffe” birra d’esordio della Brasserie d'Achouffe, il cui logo è rappresentato da uno gnomo. Il birrificio raggiunse in un ventennio dimensioni importanti, arrivando a produrre più di 20.000 barili l’anno prima di essere ceduto nel settembre del 2006 alla Duvel-Moortgat.
Chiusa la parentesi Achouffe, Bauweraerts e Goubron, continuano comunque a produrre birra in un nuovo progetto che vuole essere di dimensioni più modeste e, soprattutto, dai ritmi produttivi meno frenetici di quelli richiesti dall’industria; negli edifici di proprietà a Gouvy (provincia del Lussemburgo belga), a soli 15 chilometri di distanza da Achouffe, aprono un ristorante affidandolo al talentuoso chef Gilles Poncin, proveniente dalla cucina del “La Pomme Cannelle" di Houffalize. Contestualmente nasce anche la Microbrasserie Les 3 Fourquets, inizialmente con lo scopo di produrre semplicemente i fusti di birra necessari per soddisfare il consumo della brasserie, per poi passare in un secondo tempo alle bottiglie. Ratebeer conta oggi circa una ventina di referenze, un numero abbastanza elevato per un birrificio guidato da due personaggi che – sin dai tempi dell’Achouffe - hanno sempre apertamente dichiarato di “odiare produrre birre nuove” preferendo invece continuare a perfezionare un numero ristretto di ricette.
La gamma Lupulus è quella che sino ad oggi ha dato notorietà a Les 3 Fourquets: birre dedicate al lupo che un tempo abitava la regione delle Ardenne, ma il riferimento è ovviamente anche al luppolo, ovvero Humulus Lupulus. Si va dalla flagship “Lupulus” (una Tripel anche in versione biologica “Organicus”) all’invernale “Hibernatus”, passando per le più leggere ”Lupulus Fructus”, “Lupulus HopEra” e “Lupulus Printemps”. La scura della casa, una sostanziosa strong ale, vivne chiamata semplicemente “Lupulus Brune” ed arriva (2010) un paio di anni dopo rispetto alla Tripel.
Il suo colore è il classico “tonaca di frate” arricchito da intensi riflessi rossastri; inappuntabile è anche la schiuma beige chiaro, cremosissima e abbastanza compatta, molto persistente. L’aroma, non particolarmente intenso o complesso, si compone di leggeri sentori di fiori e frutta secca, caramello, uvetta: i profumi sono puliti ma non c’è quell’eleganza capace di trattenere le narici sul bordo del bicchiere per diversi minuti. Meglio, molto meglio al palato, a partire da un “mouthfeel” abbastanza scorrevole che trova un ottimo compromesso tra morbidezza e presenza di bollicine. La partenza è dolce di biscotto, caramello e uvetta, prugna, forse frutta secca, con una delicatissima – quasi impercettibile – speziatura a fare da “collante” tra i vari elementi; l’alcool (8.5%) è nascosto con la tipica subdolerìa belga e la bevuta risulta agevolissima, con l’iniziale dolcezza bilanciata da un’elevata attenuazione. La chiusura è abboccata, con quella punta d’amaro strettamente necessaria a non renderla dolce. Devo però sottolineare che, almeno in questa bottiglia, la pulizia del gusto non è esente da pecche ed anche l’intensità è ben lontana dal soddisfare chi vorrebbe una calda compagna di fine serata con la quale magari rilassarsi in poltrona. Personalmente avverto un po’ la mancanza di calore etilico, avvertibile timidamente solamente quando la birra è a temperatura ambiente nel retrogusto, piuttosto corto, dove fa capolino un accenno di frutta sotto spirito. Complessivamente buona, ma mi aspettavo qualcosina di più.
Formato: 75 cl., alc. 8.5%, lotto D6, scad. 12/2017, pagata 3.99 Euro (supermercato, Belgio).NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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