Azzecca una birra e poi moltiplicala più che puoi: è questa una delle strategie che hanno portato successo a Mikkel Borg Bjergsø, alias Mikkeller. E la sua Beer Geek Breakfast è oggettivamente un'ottima birra, soprattutto quando era prodotta presso la Nøgne Ø; le bottiglie attualmente realizzate alla Lervig mi sembrano ancora leggermente inferiori. Dopo essere finita in botte, l'imperial stout di Mikkeller ha iniziato a subire leggere variazioni o aggiunte di ingredienti speciali dando origine a svariate "Beer Geek": la Vanilla Shake (caffè, lattosio e vaniglia) e la Cocoa Shake (caffè, lattosio e fave di cacao), la Beer Geek Bacon (caffè e malti affumicati), la Flat White (caffè e lattosio) e la Beer Geek Dessert (cacao, vaniglia, caffè e lattosio). La maggior parte di loro è disponibile anche in svariate edizioni barricate. Se ci limitiamo al caffè, una variante della Beer Geek Breakfast è la Beer Geek Brunch Weasel, prodotta con il pregiato caffè indonesiano (isole di Sumatra, Giava, Bali e Sulawesi) "ca phe chon" ovvero Kopi Luwak o "Weasel Coffee".
Il Kopi Luwak, che leggo essere il caffè più costoso al mondo, viene prodotto con le bacche di caffè che vengono mangiate dal Luwak, uno zibetto delle palme che poi ne espelle i semi attraverso le feci.
Purtroppo la scarsa disponibilità di questo caffè ha fatto nascere allevamenti intensivi di zibetti che vengono tenuti in batterie di minuscole gabbie e alimentati forzatamente solo con bacche di caffè e privati degli altri alimenti (insetti, piccoli rettili, uova di uccelli) che in natura costituiscono la sua dieta. L'etichetta disegnata da Keith Shore raffigura per l'appunto un zibetto circondato dalle rosse bacche di caffè.
Beer Geek Brunch Weasel: assolutamente nera, forma un piccolo cappello di schiuma beige scuro, cremosa e compatta, dalla buona persistenza. Il caffè (espresso e chicchi) è assoluto protagonista dell'aroma, affiancato dai profumi dell'orzo tostato, del cuoio, della carne e da lievi sentori dolci di vaniglia; non impressiona tuttavia né per intensità che per eleganza. Le cose vanno molto meglio in bocca, a partire dal mouthfeel, pieno, poco carbonato, morbido e cremoso, molto appagante. Il gusto rispecchia fedelmente il colore, nero; sin dall'imbocco sono dominanti tostature e caffè, accompagnate da un lievissimo sottofondo di liquirizia, cioccolato fondente e, dolce, di caramello. La birra è molto pulita e bene fatta ma, bisogna dirlo, piuttosto monotematica ed incentrata sul caffè. I "gradi" sono quasi 11, ma l'alcool è dosato bene senza mai andare bruciare e contribuisce, assieme all'acidità dei malti scuri ed ai sentori amaranti di resina e di rabarbaro, a ripulire un po' il palato. Molto più bilanciato della bevuta il retrogusto, dove alcool, cioccolato amaro e caffè si dividono il palcoscenico in un finale molto lungo e intenso.
La sua parte migliore risulta senza dubbio la sensazione palatale, che dà forma ad una Imperial Stout molto potente e molto amara ma straordinariamente morbida, a tratti vellutata: i primi sorsi sorprendono e coinvolgono, mentre il resto della bottiglia si finisce sorseggiandola con qualche sbadiglio. Ottima, ma a piccole dosi.
Formato: 33 cl., alc. 10.9%, lotto VL 10:22, scad. 23/10/2018, 7.00 Euro (beershop, Italia)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Il Kopi Luwak, che leggo essere il caffè più costoso al mondo, viene prodotto con le bacche di caffè che vengono mangiate dal Luwak, uno zibetto delle palme che poi ne espelle i semi attraverso le feci.
Purtroppo la scarsa disponibilità di questo caffè ha fatto nascere allevamenti intensivi di zibetti che vengono tenuti in batterie di minuscole gabbie e alimentati forzatamente solo con bacche di caffè e privati degli altri alimenti (insetti, piccoli rettili, uova di uccelli) che in natura costituiscono la sua dieta. L'etichetta disegnata da Keith Shore raffigura per l'appunto un zibetto circondato dalle rosse bacche di caffè.
Beer Geek Brunch Weasel: assolutamente nera, forma un piccolo cappello di schiuma beige scuro, cremosa e compatta, dalla buona persistenza. Il caffè (espresso e chicchi) è assoluto protagonista dell'aroma, affiancato dai profumi dell'orzo tostato, del cuoio, della carne e da lievi sentori dolci di vaniglia; non impressiona tuttavia né per intensità che per eleganza. Le cose vanno molto meglio in bocca, a partire dal mouthfeel, pieno, poco carbonato, morbido e cremoso, molto appagante. Il gusto rispecchia fedelmente il colore, nero; sin dall'imbocco sono dominanti tostature e caffè, accompagnate da un lievissimo sottofondo di liquirizia, cioccolato fondente e, dolce, di caramello. La birra è molto pulita e bene fatta ma, bisogna dirlo, piuttosto monotematica ed incentrata sul caffè. I "gradi" sono quasi 11, ma l'alcool è dosato bene senza mai andare bruciare e contribuisce, assieme all'acidità dei malti scuri ed ai sentori amaranti di resina e di rabarbaro, a ripulire un po' il palato. Molto più bilanciato della bevuta il retrogusto, dove alcool, cioccolato amaro e caffè si dividono il palcoscenico in un finale molto lungo e intenso.
La sua parte migliore risulta senza dubbio la sensazione palatale, che dà forma ad una Imperial Stout molto potente e molto amara ma straordinariamente morbida, a tratti vellutata: i primi sorsi sorprendono e coinvolgono, mentre il resto della bottiglia si finisce sorseggiandola con qualche sbadiglio. Ottima, ma a piccole dosi.
Formato: 33 cl., alc. 10.9%, lotto VL 10:22, scad. 23/10/2018, 7.00 Euro (beershop, Italia)
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
250-300 €/kg verde per quanto riguarda il Kopi Luwak. Valore che tranquillamente raddoppia (o anche di più) una volta tostato!
RispondiEliminaNon male. Per fortuna che non sono un gran consumatore di caffè.
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