Della Trappistenbier De Achelse Kluis vi avevo già parlato dettagliatamente in questa occasione; il birrificio trappista del piccolo villaggio di Achel nel Limburgo belga, a pochi chilometri dal confine olandese, iniziò ad utilizzare la vendita di birra come fonte di sostentamento solamente verso la metà degli anni ’70 quando Pierre Celis fu incaricato di produrre nel suo birrificio la “Trappistenbier De Achelse Kluis” poi rinominata “Sint Benedict - Trappisten Abdij”, una birra scura dal contenuto alcolico del 6.5% per conto del monastero. Nel 1985 un incendio agli impianti di Celis pose fine della collaborazione ed i monaci si rivolsero al birrificio Sterkens che produsse sino all’inizio degli anni ’90 la Kluyserbier (6.4% ABV) poi sostituita dalla “’t Paterke” realizzata sino al 1995 dalla Brouwerij De Teut di Neerpelt.
E’ soltanto nel 1998 che la produzione di birra ripartì dentro le mura del convento, grazie al mezzo milione di dollari ricavato dalla vendita di alcuni terreni circostanti; nacque così quello che allora era il più giovane birrificio trappista, la Brouwerij der Trappistenabdij De Achelse Kluis, i cui primi passi furono guidati da Padre Thomas giunto da Westmalle assieme al birriaio Marc Knops. Furono elaborate le ricette per le prime tre birre di Achel, disponibili solo in fusto: Blond 4, Bruin 5 e Blond 6. Con il tempo rimasero in vita solo la Blond 5 e la Bruin 6. In aiuto di Padre Thomas, le cui condizioni di salute non gli consentivano più di supervisionare la produzione, giunse nel 2001 da Rochefort Padre Antoine che, assieme a Knops, elaborò le ricette di due birre più alcoliche volte a soddisfare le richieste del mercato che chiedeva anche le bottiglie. Sulla base di una Tripel che Knops già produceva per la Corporazione dei Birrai della Grand Place di Bruxelles nacque la Achel Blond 8 e l’esperienza di Padre Antoine con le “scure” di Rochefort portò la Achel Bruin 8.
La Tripel/Belgian Strong ale Achel 8 Blond fu commercializzata per la prima volta nel 2001 ma non ebbe un gran successo a causa del suo aspetto torbido derivante dalla mancata filtrazione. Una successiva rielaborazione della ricetta – a quanto leggo il lievito è fornito dal birrificio Van Steenberghe – introdusse la rifermentazione in bottiglia e l’aspetto attuale, quasi limpido. Il suo colore dorato un po’ carico è sormontato da un generoso cappello di schiuma fine, cremosa e compatta, dall’ottima persistenza. Al naso la delicatissima speziatura del lievito accompagna i profumi di miele, fiori e frutta candita; in secondo piano avverto lievi note di pera, biscotto, frutta secca. Il percorso continua senza nessuna deviazione in una bevuta piuttosto scorrevole e agile, sostenuta da vivaci bollicine che tuttavia non impediscono alla birra di essere ugualmente morbida in bocca. Biscotto, zucchero candito, miele, canditi e frutta sciroppata a pasta gialla compongono un gusto dolce perfettamente bilanciato da un’ottima attenuazione e da una lieve acidità che dona una sorprendente freschezza ad una birra dal contenuto alcolico (8%) non indifferente ma nascosto come (quasi) solo i belgi sanno fare. Un lieve e brevissimo accenno terroso amaro anticipa un bel finale ricco di canditi nel quale si avverte finalmente un timido tepore. Molto pulita, precisa e rigorosa, disciplinatamente monastica: nessuna sorpresa, solo certezze.
Se volete provarla anche voi, la potete trovare sul negozio Iperdrink.it che ringrazio per avermi inviato una bottiglia da assaggiareFormato: 33 cl., alc. 8%, lotto 13 00:26, scad. 02/10/2017, prezzo indicativo 2.85 Euro.
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Nessun commento:
Posta un commento