Eccoci ad un nuovo appuntamento con la “new wave” polacca ed uno dei suoi principali protagonisti: Browar Pinta con sede legale a Żywiec, nel sud est della Polonia e fondata da Ziemowit “Ziemek“ Fałat, Grzegorzem Zwierzyną e Marka Semlę. Si tratta in realtà di una beerfirm, uno status che riguarda la quasi totalità dei nuovi marchi che caratterizzano la “craft beer” polacca; un modello di business praticamente obbligato per chi proviene dall’homebrewing e non ha modo di reperire le risorse economiche necessarie per acquistare un impianto proprio. La produzione avviene principalmente presso la Browar na Jurze di Zawiercie e la Browar Zarzecze che ha sede nell’omonima città. Pinta possiede anche un ristorante a Poznań (Pinta Klepka) e ha inaugurato nel giugno 2014 il bar Viva la Pinta in centro a Cracovia. Il fondatore (e “birraio”) Ziemek è anche socio del sito Browamator che vende materiale per homebrewing e, da quanto leggo, autore di libri ed articoli su come fare la birra in casa.
Pinta testa il mercato nel 2010 con una Grodziskie, stile tipico della Polonia: 1666 bottiglie che vengono vendute nonostante il prezzo sia molto più alto di una classica birra industriale. E’ la prova che anche il bevitore polacco è disponibile a pagare di più per un prodotto di alta qualità. A marzo 2011 nasce ufficialmente la beerfirm, che diviene il primo produttore polacco a proporre un’American IPA chiamata Atak Chmielu, lo stile che in poco tempo andrà a monopolizzare o quasi l’avanguardia polacca. Sono anche i primi a realizzare una collaborazione all’estero, nel marzo 2014, con il birrificio irlandese Carlow/O’Hara.
Il portfolio di Pinta è oggi già piuttosto vasto e (fortunatamente) non include solamente IPA/DIPA/BIPA/WIPA; sfogliandolo con un po’ di pazienza di possono trovare anche sahti e alcuni stili “autoctoni” come la già citate Grodziskie e la Baltic Porter. Uno sguardo al beer-rating mostra che proprio l’interpretazione che Pinta fa di questo stile è attualmente secondo Ratebeer la miglior birra polacca, seguita dalla “Quatro”, una imperial IPA anch’essa prodotta da Pinta.
"L'imperatore del Baltico" (Imperator Bałtycki) è il suo nome, per una ricetta che prevede un ampio parterre di malti Weyermann ( Munich I, Pilsen, Vienna, Caramunich III, Caraaroma, Carafa Special I) e di luppoli (Amarillo, Ahtanum, Centennial, El Dorado, Mosaic, Zeus); il lievito è Saflager W-34/70.
Nel bicchiere si presenta scurissima e prossima al nero, con solo qualche sfumatura color ebano a portare un po’ di luce; la schiuma beige è cremosa ed abbastanza compatta, con una buona persistenza. L’aspetto è coerente con i parametri stilistici ma basta avvicinare un po’ il naso al bicchiere per restare spiazzati: è il luppolo a dominare, con resina, pepe, agrumi, marmellata d’arancia. Non c’è nulla che riconduca ad una porter, se non un lieve sentore di toffee in sottofondo, accompagnato da una note etilica, che s’avverte quando la birra si scalda. Bene il “mouthfeel” (corpo medio, poche bollicine e una morbidezza leggermente cremosa) ma anche al palato il gusto corre subito in territorio luppolato; l’imbocco regala qualche nota di pane nero, ma è solo un passaggio velocissimo che conduce ad un amaro resinoso e pungente che morde subito il palato e non lo lascia più. A cercare di controbattere c’è, oltre al caramello, qualche suggestione di ciliegia, un goccia in un mare di luppolo le cui ondate portano un retrogusto amaro, dove alcool e resina interagiscono a vicenda lasciando quasi una nota piccante a scaldare il corpo e lo spirito; fatela arrivare a temperatura ambiente se volete avvistare un remoto ricordo di cioccolato e caffè. Pinta sceglie di stravolgere completamente lo stile, realizzando una birra che alla fine risulta molto simile ad una luppolatissima american strong ale. Se cercate dunque una baltic porter fedele allo stile potete evitare di acquistarla, ne resterete delusi; se invece siete malati di luppolo e, come la maggior parte dei beer geeks polacchi lo mettereste anche nel caffè a colazione, allora godetevi questa birra intensa, pulita e ben fatta, da sorseggiare con calma perché l'alcool non si nasconde più di tanto.
Chiudo con una postilla su Ratebeer, sito che leggo sempre con grande divertimento: passi per il punteggio di 100/100 (de gustibus non est disputando) per quel che riguarda la birra "in sé", ma come si fa ad attribuirle anche 100/100 per quel che riguarda l'aderenza allo stile??
Chiudo con una postilla su Ratebeer, sito che leggo sempre con grande divertimento: passi per il punteggio di 100/100 (de gustibus non est disputando) per quel che riguarda la birra "in sé", ma come si fa ad attribuirle anche 100/100 per quel che riguarda l'aderenza allo stile??
Formato: 33 cl., alc. 9.1%, IBU 109, scad. 29/06/2016, pagata 4.00 Euro (beershop, Italia).
NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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