mercoledì 23 gennaio 2019

Alchemist El Jefe

La bevuta di oggi è occasione di riflessione sulle mode alle quali la Craft Beer Revolution ci ha abituati; la  birra artigianale ha inventato nuovi stili/sotto-stili  ed ne ha riportato in vita alcuni che erano estinti, o quasi. Se prima il cambiamento era lento o quasi inesistente, oggi è fin troppo veloce. Prendiamo il fenomeno delle Cascadian Dark Ale o Black IPA, che per comodità vado ad accorpare. Nate verso la metà degli anni ’90 hanno poi vissuto il loro momento di gloria nel periodo 2009-2014 quando il loro successo aveva obbligato ogni birrificio o quasi a realizzarne una: mi riferisco agli Stati Uniti in primis, il nostro continente e la nostra nazione hanno come sempre seguito con qualche anno di ritardo. 
Nel 2009 la W’10 Pitch di Widmer Brothers fu la prima Black IPA ad ottenere una medaglia al Great American Beer Festival (GABF) nella categoria Out of Category-Traditionally Brewed Beer: l’anno successivo il GABF corse ai ripari introducendo per la prima volta la categoria American-Style Black Ale. Dopo un quinquennio le Black IPA hanno iniziato la loro parabola discendente ed oggi la maggior parte dei birrifici americani ha smesso di produrle. In verità non vi è mai stato un vero e proprio hype sulle Black IPA, credo che nessun beergeek abbia mai fatto ora di file davanti ad un birrificio per acquistarle. Ma erano altri tempi  e c'era meno isterismo:  fossero di moda oggi forse assisteremo alle stesse cose che circondano le Juicy / New England IPA. 
Del birrificio del Vermont The Alchemist vi avevo già parlato in più di un’occasione. E no, non è stata una Black IPA a renderlo famoso. E’ tuttavia curioso notare che le Black IPA sembrano essere nate proprio in Vermont; era il dicembre del 1994 e Greg Noonan, birraio del Vermont Pub & Brewery, aveva  creato la Blackwatch IPA. Qualcuno a quel tempo parlò  anche di “Vermont Porter”. La birra venne poi replicata l’anno successivo quando al Vermont Pub era arrivato come assistente birraio John Kimmich, poi fondatore di The Alchemist nel 2003. 
Quella birra fu ovviamente l’ispirazione per la prima Black IPA di The Alchemist, che non tardò  ad arrivare al brewpub; la moglie lo convinse a chiamarla come il loro gatto (El Jefe), grasso e grosso, una cui foto natalizia divenne anche l’ispirazione per l’etichetta. “La birra si è evoluta negli anni,racconta Johnall’inizio era quasi tutta basata sul Simcoe in quanto volevo che dominassero gli aghi di pino, reminiscenti del periodo natalizio nel quale la birra veniva prodotta. Da allora quasi ogni anno ho utilizzato diverse varietà di luppolo.  El Jefe non è completamente nera ma non è una Hoppy Porter; mi piace chiamarla Dark IPA”. Nel 2014 i protagonisti furono Simcoe & Galaxy, nel 2016 il Mosaic e nel 2017 Kimmich ha deciso di ritornare alle origini utilizzando solo Simcoe ma cambiando il mix di malti.

La birra.
Effettivamente non è nera ma poco ci manca: la schiuma è cremosa e compatta e mostra ottima persistenza. Non conosco i luppoli scelti per l’edizione 2018 di El Jefe ma da quanto ho nel bicchiere deduco che il Simcoe sia stato ancora una volta scelto come protagonista. Gli aghi di pino ed il resinoso creano un aroma quasi balsamico nel quale s’intravede qualche profumo terroso e di pompelmo; curiosamente i profumi sono molto più forti e definiti annusando il foro della lattina che il bicchiere. E’ una birra piuttosto semplice ma molto pulita e ben definita: l'impressione è d'incamminarsi in una foresta di conifere, anche al palato dominano gli aghi di pino e il resinoso, il cui amaro caratterizza la bevuta dall’inizio alla fine. In sottofondo qualche nota di caramello e di agrumi, nel finale qualche nota terrosa, qualche accenno di tostatura e persino una lontana suggestione di cioccolato. Una birra che mantiene fede al suo nome (Dark IPA) e agli standard qualitativi del birrificio del Vermont, pulizia e precisione e facilità di bevuta in primis. E' semplice, batte sempre sugli stessi tasti ma riesce ugualmente a non stancare il palato, a non risultare mai noiosa e a soddisfare in pieno la vostra voglia d'amaro. 
Formato 47,3 cl., alc. 7%, lotto e scadenza non riportati.

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

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