Il birrificio Ottakringer fu fondato nel 1837 nell’omonimo (Ottakring) sobborgo di Vienna, un tempo semplice agglomerato di un centinaio di case e oggi divenuto il sedicesimo distretto della capitale: nella sua storia ha cambiato innumerevoli proprietari, è sopravvissuto a due guerre, è stato più volte ricostruito ed è oggi l’unica azienda austriaca nel settore bevande ad essere quotata in borsa. La Ottakringer Getränke AG è posseduta al 94% dalle famiglie austriache Menz, Wenckheim, Trauttenberg e Pfusterschmid che nel 2009 hanno riacquistato un considerevoli numero di azioni dalla multinazionale Heinieken, operante in territorio austriaco con i marchi Zipfer, Gösser e Puntigamer attraverso la Brau Union. Birra propria, distribuzione di marchi altrui (Budweiser) e acqua minerale (Vöslauer) hanno consentito alla Ottakringer di fatturare nel 2018 circa 80 milioni di euro: la produzione di birra è di circa 500.000 ettolitri l’anno, con una quota di mercato domestico del 6%.
Per cercare di conquistare nuovi clienti anche Ottakringer, come altri grandi marchi austriaci, ha iniziato a fare l’occhiolino al craft, creando nel 2014 la propria divisione BrauWerk, uno spin-off dedicato a produrre piccoli lotti su impianto dedicato che vanno soprattutto al di fuori dalla tradizione austriaca. Al marchio BrauWerk, caratterizzato da grafiche moderne, è seguito il Beer Base Vienna, un locale che si trova in Ottakringer Plants, adiacente al birrificio. Definirlo solo un bar (aperto lo scorso aprile) sarebbe molto riduttivo: oltre alle spine e alle bottiglie da acquistare, il Beer Base Vienna promette di mostrarvi il mondo BrauWerk a 360 gradi con corsi di degustazione, visite guidate all’impianto e la possibilità utilizzarlo per produrre le proprie ricette. La gamma BrauWerk include attualmente numerose etichette stagionali ed alcune birre disponibili tutto l’anno: tra queste la Belgian Ale Sunbeam, la Big Easy Session IPA, la Porter Black & Proud, la Lager Native Tongue e la Pils alla menta Mint the Gap. Una Belgian Dubbel è invece stata utilizzata come base per i primi passaggi in botte denominati Barrel Born.
Per cercare di conquistare nuovi clienti anche Ottakringer, come altri grandi marchi austriaci, ha iniziato a fare l’occhiolino al craft, creando nel 2014 la propria divisione BrauWerk, uno spin-off dedicato a produrre piccoli lotti su impianto dedicato che vanno soprattutto al di fuori dalla tradizione austriaca. Al marchio BrauWerk, caratterizzato da grafiche moderne, è seguito il Beer Base Vienna, un locale che si trova in Ottakringer Plants, adiacente al birrificio. Definirlo solo un bar (aperto lo scorso aprile) sarebbe molto riduttivo: oltre alle spine e alle bottiglie da acquistare, il Beer Base Vienna promette di mostrarvi il mondo BrauWerk a 360 gradi con corsi di degustazione, visite guidate all’impianto e la possibilità utilizzarlo per produrre le proprie ricette. La gamma BrauWerk include attualmente numerose etichette stagionali ed alcune birre disponibili tutto l’anno: tra queste la Belgian Ale Sunbeam, la Big Easy Session IPA, la Porter Black & Proud, la Lager Native Tongue e la Pils alla menta Mint the Gap. Una Belgian Dubbel è invece stata utilizzata come base per i primi passaggi in botte denominati Barrel Born.
Lo ammetto: il nome Ottakringer non suscita in me particolari entusiasmi, anche se si tratta di un birrificio ancora indipendente e non posseduto da una multinazionale: le Ottakringer bevute nel corso di svariati viaggi in territorio austriaco non mi hanno mai lasciato nessun ricordo. Tentiamo la sorte con lo spin-off BrauWerk e la sua Big Easy Session IPA dallo scorso giugno disponibile anche in qualche supermercato italiano ad un prezzo piuttosto interessante se paragonato alle altre birre artigianali o presunte tali.
Di colore ambrato velato, forma una testa di schiuma ocra un po’ scomposta ma dalla buona resistenza. Biscotto, caramello, note resinose: l’aroma non è fresco né fragrante ma mostra comunque buona intensità e pulizia. E’ una birra che al palato dimostra molto più di quello che dichiara come contenuto alcolico (4.3%): non mi riferisco tanto alla percezione dell’alcool ma alla consistenza tattile, che ne penalizza un po’ la scorrevolezza in un paese dove la tradizione vuole che la birra sia leggera come l’acqua. La bevuta mostra perfetta corrispondenza con l’aroma, sviluppandosi in una struttura rigorosa e classica, lontana da qualsiasi moda e scandita dal dolce del caramello e del biscotto al quale fa seguito un amaro resinoso nel quale trova posto anche un po’ di frutta secca a guscio. Vale lo stesso discorso fatto riguardo all’aroma: per una session beer l’intensità è degna di nota ma fragranza e vivacità non sono le caratteristiche principali di questa lattina. Notevole anche la presenza di sedimento sul fondo, a testimoniare come alla Ottakringer abbiano davvero voluto fare un prodotto assimilabile al craft. Una IPA versione 1.0, simile a quelle che giravano dalle nostre parti 8-10 anni fa. Il risultato è ampiamente sufficiente ed anche gradevole, se volete fare un salto indietro nel tempo e non mettete la freschezza tra le vostre priorità: da Ottakringer mi aspettavo sinceramente di peggio.
Formato 33 cl., alc. 4.3%, IBU 47, Lotto 022282, scad. 01/02/2021, Prezzo indicative 1,99 euro (supermercato)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questo esemplare e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio
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