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lunedì 1 ottobre 2018

Whiplash / Wylam Do You Wanna Touch Me

Whiplash e Wylam, due nome “caldi” nella scena craft dei rispettivi paesi di provenienza, Irlanda e Inghilterra.  Whiplash è una beerfirm guidata da  Alex Lawes e Alan Wolfe, entrambi provenienti dalla Rye River Brewing Company, uno dei più grandi birrifici indipendenti irlandesi. Lawes, a quel tempo homebrewer,  vi era arrivato nel 2014 come apprendista e la sua permanenza doveva durare solamente un anno. Ma nel 2015 la Rye River si era trovata improvvisamente senza birraio e, dopo alcuni infruttuosi colloqui, Wolfe aveva implorato a Lawes di accettare il ruolo di head brewer offrendogli carta bianca sulle ricette e dandogli la possibilità di produrre sugli stessi impianti anche la propria neonata (2016) beerfirm Whiplash. Alla fine del 2017 i due hanno lasciato definitivamente la Rye River per lavorare a tempo pieno al progetto Whiplash:  le birre sono attualmente prodotte sugli impianti del birrificio Larkin di Wicklow. 
Il birrificio Wylam è invece operativo dal 2000 nel piccolo e omonimo villaggio del Northumberland  e  ha “cambiato pelle” nel 2010  grazie all’arrivo di  nuovi soci portatori di liquidità e capacità imprenditoriale: Dave Stone e Rob Cameron. I due sono proprietari di altrettanti gastropub a Newcastle e iniziano a collaborare con Wylam che li rifornisce di birra.  Nel 2015 la collaborazione si trasforma in una vera e propria partnership con la ristrutturazione del Palace of Arts dell’Exhibition Park di Newcastle nel quale trovano posto un impianto 35 ettolitri,  taproom con 12 spine e 6 casks, bar, beer-garden, ristorante ed un spazio per organizzare eventi, matrimoni, concerti. 
Lo ripeto ancora una volta: oggi “birra artigianale” coincide sempre più con il concetto di “novità”. Non bisogna fermarsi mai e offrire sempre qualcosa di nuovo da provare agli appassionati. In quest’ottica le collaborazioni tra birrifici sono uno strumento perfetto: si mettono assieme due nomi alla moda, si produce una IPA/DIPA magari apportando solo qualche modifica ad una ricetta pre-esistente, la si vende.

La birra.
Dall’incontro tra Whiplash e Wylam nasce Do You Wanna Touch Me, una Double IPA prodotta con malti Maris Otter e  Carapils, avena, zucchero candito belga, luppoli Vic Secret e Citra nel whirlpool, doppio dry-hopping di Citra, BRU-1, Vic Secret e Galaxy, lievito London Ale III.  Sul nome scelto non credo ci siano dubbi: Do You Wanna Touch Me? (1973) è stato uno dei successi di  Gary Glitter, glam rocker inglese dalla vita piuttosto turbolenta che sta attualmente scontando 16 di carcere per abusi sessuali nei confronti di tre minorenni avvenuti negli anni ’70. 
Il suo aspetto è quello di un torbido succo alla pera: piuttosto bruttina, ma così vuole il protocollo Hazy/Juicy/NEIPA. La schiuma è invece abbastanza compatta e persistente per lo stile.  L’effetto “succo di frutta” è presente anche al naso, sebbene con poca pulizia e finezza: il risultato è una generale sensazione tropicaleggiante (mango, papaia?) intensa ma un po’ cafona. Il mouthfeel è piuttosto gradevole: morbido e quasi cremoso, senza degenerare in consistenze troppo ingombranti che di fatto penalizzano troppo la bevibilità. La bevuta è tutta via molto meno fruttata di quanto l’aroma potesse far immaginare e, ahimè, abbastanza deludente: il tropicale è poco definito e confuso, l’alcool (8.4%) si sente anche più del necessario e di fatto costringe a rallentare drammaticamente il ritmo dei sorsi. Poteva questa Do You Wanna Touch Me farsi mancare il tipico “bruciore/effetto pellet” delle mediocri interpretazioni dello stile?  Certo che no ed ecco un finale amaro resinoso  e poco gradevole, fortunatamente di modesta intensità e durata. 
Collaborazione poco riuscita tra Whiplash e Wylam:  Double NEIPA confusa, noiosa, bevibile ma pesante da mandare giù.  Non si può nemmeno chiamare in causa l’età anagrafica: un mese al momento della bevuta. Se mi fidassi del beer-rating dovrei piuttosto invocare la teoria della “lattina sfortunata”.
Formato 44 cl., alc. 8,3%, lotto 3071, scad. 13/02/2019, prezzo indicativo 5.50-6.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio

venerdì 12 gennaio 2018

Whiplash Body Riddle

Da Kildare, venti chilometri ad ovest di Dublino, arriva la giovane beerfirm  Whiplash. A fondarla sono Alex Lawes e Alan Wolfe, entrambi fuoriusciti dalla Rye River Brewing Company, uno dei più grandi birrifici indipendenti irlandesi.  Lawes, un homebrewer,  vi arriva nel 2014 come assistente birrario: la sua permanenza doveva durare solamente un anno, tempo necessario per “imparare” il mestiere e mettersi poi in proprio. L’apprendimento passa anche dall’osservazione dell’attività di Alan Wolfe, attivo nella parte commerciale. 
Nel 2015 la Rye River si trova tuttavia improvvisamente senza birraio e, dopo alcuni infruttuosi colloqui, Wolfe offre a Lawes il ruolo di head brewer. Colui che era diventato ormai un amico e compagno di frequentazioni di festival birrari inizialmente rifiuta, per poi farsi convincere dalle sue promesse: “scegli tu le materie prime, riparti da zero, modifica le ricette esistenti, creane nuove, smetti di fare le birre che non ti piacciono, divertiti”.
A Lewes viene anche concesso di iniziare a produrre sugli stessi impianti le birre della sua nuova beerfirm, inizialmente chiamata White Label, non fosse che il nome era già utilizzato da un'altra azienda operante nel settore beverage; onde evitare problemi legali, decide di modificarlo in Whiplash e chiede a  Wolfe di aiutarlo nella parte commerciale. L’amico accetta, mettendo però in chiaro che lo farà nel tempo libero dai suoi impegni con la Rye River. 
Dopo due anni la Rye River arriva a produrre 2,3 milioni di litri all’anno al ritmo di 6-8 cotte al giorni su di un impianto da 2500 litri: Lawes vuole però concentrarsi sul suo progetto e, alla fine dello scorso dicembre, lui e Wolfe hanno lasciato la Rye per dedicarsi completamente alla Whiplash. La beerfirm aveva debuttato nell’aprile 2016 con due birre: la Scaldy Porter, una delle birre avevano ottenuto il maggior successo tra gli amici di Lewes quando ancora la produceva in casa, e la Double IPA Surrender to the Void. Oggi il portfolio ne annovera quasi una ventina.

La birra.
Body Riddle è secondo le intenzioni di Whiplash un’American Pale Ale moderna prodotta con malti Pale, Carapils e frumento maltato; la luppolatura include  Lemondrop, Galaxy, Simcoe e  Ekuanot, l’etichetta è opera della grafica Sophie De Vere. La sua presentazione avviene a giugno 2017 nel corso di un tap takeover alla Taphouse Ranelagh di Dublino.  
Il suo colore è un dorato piuttosto pallido e alquanto velato, la schiuma biancastra non è particolarmente generosa ed ha una discreta persistenza. L’aroma non è intenso ma c’è una buona pulizia che permette di apprezzare i profumi di arancia e pompelmo con qualche nota tropicale in sottofondo: mango, ananas e passion fruit sono i soliti imputati.  E’ un’American Pale Ale che si trova sulla soglia della sessionabilità (4.5%) e la sensazione palatale le permette di scorrere senza intoppi. Corpo medio, delicate bollicine, dal punto di vista tattile potrebbe essere forse ancora più leggera: al palato non c’è molta personalità ma è comunque una birra che fa il suo dovere, ossia dissetare e rinfrescare piacevolmente, senza richiedere grosse attenzioni. Il dolce della pesca e della polpa d’arancia guidano i passi iniziali di una bevuta che poi vira verso la scorza degli agrumi, chiudendo con un finale secco e delicatamente amaro tra lo zesty e il terroso.  Non posso dire se si tratti dello stesso lotto prodotto a giugno 2017 ma indubbiamente la fragranza del contenuto di questa lattina potrebbe essere migliore e questo va un po’ a penalizzare quella che sarebbe una APA onesta e semplice, dalla buona intensità, che non provoca grossi sussulti ma che si beve con piacere.
Formato: 33 cl., alc. 4.5%, IBU 26, lotto 17250, scad, 07/09/2018, prezzo indicativo 4.00-4.50 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.