Da Kildare, venti chilometri ad ovest di Dublino, arriva la giovane beerfirm Whiplash. A fondarla sono Alex Lawes e Alan Wolfe, entrambi fuoriusciti dalla Rye River Brewing Company, uno dei più grandi birrifici indipendenti irlandesi. Lawes, un homebrewer, vi arriva nel 2014 come assistente birrario: la sua permanenza doveva durare solamente un anno, tempo necessario per “imparare” il mestiere e mettersi poi in proprio. L’apprendimento passa anche dall’osservazione dell’attività di Alan Wolfe, attivo nella parte commerciale.
Nel 2015 la Rye River si trova tuttavia improvvisamente senza birraio e, dopo alcuni infruttuosi colloqui, Wolfe offre a Lawes il ruolo di head brewer. Colui che era diventato ormai un amico e compagno di frequentazioni di festival birrari inizialmente rifiuta, per poi farsi convincere dalle sue promesse: “scegli tu le materie prime, riparti da zero, modifica le ricette esistenti, creane nuove, smetti di fare le birre che non ti piacciono, divertiti”.
A Lewes viene anche concesso di iniziare a produrre sugli stessi impianti le birre della sua nuova beerfirm, inizialmente chiamata White Label, non fosse che il nome era già utilizzato da un'altra azienda operante nel settore beverage; onde evitare problemi legali, decide di modificarlo in Whiplash e chiede a Wolfe di aiutarlo nella parte commerciale. L’amico accetta, mettendo però in chiaro che lo farà nel tempo libero dai suoi impegni con la Rye River.
Dopo due anni la Rye River arriva a produrre 2,3 milioni di litri all’anno al ritmo di 6-8 cotte al giorni su di un impianto da 2500 litri: Lawes vuole però concentrarsi sul suo progetto e, alla fine dello scorso dicembre, lui e Wolfe hanno lasciato la Rye per dedicarsi completamente alla Whiplash. La beerfirm aveva debuttato nell’aprile 2016 con due birre: la Scaldy Porter, una delle birre avevano ottenuto il maggior successo tra gli amici di Lewes quando ancora la produceva in casa, e la Double IPA Surrender to the Void. Oggi il portfolio ne annovera quasi una ventina.
Body Riddle è secondo le intenzioni di Whiplash un’American Pale Ale moderna prodotta con malti Pale, Carapils e frumento maltato; la luppolatura include Lemondrop, Galaxy, Simcoe e Ekuanot, l’etichetta è opera della grafica Sophie De Vere. La sua presentazione avviene a giugno 2017 nel corso di un tap takeover alla Taphouse Ranelagh di Dublino.
Il suo colore è un dorato piuttosto pallido e alquanto velato, la schiuma biancastra non è particolarmente generosa ed ha una discreta persistenza. L’aroma non è intenso ma c’è una buona pulizia che permette di apprezzare i profumi di arancia e pompelmo con qualche nota tropicale in sottofondo: mango, ananas e passion fruit sono i soliti imputati. E’ un’American Pale Ale che si trova sulla soglia della sessionabilità (4.5%) e la sensazione palatale le permette di scorrere senza intoppi. Corpo medio, delicate bollicine, dal punto di vista tattile potrebbe essere forse ancora più leggera: al palato non c’è molta personalità ma è comunque una birra che fa il suo dovere, ossia dissetare e rinfrescare piacevolmente, senza richiedere grosse attenzioni. Il dolce della pesca e della polpa d’arancia guidano i passi iniziali di una bevuta che poi vira verso la scorza degli agrumi, chiudendo con un finale secco e delicatamente amaro tra lo zesty e il terroso. Non posso dire se si tratti dello stesso lotto prodotto a giugno 2017 ma indubbiamente la fragranza del contenuto di questa lattina potrebbe essere migliore e questo va un po’ a penalizzare quella che sarebbe una APA onesta e semplice, dalla buona intensità, che non provoca grossi sussulti ma che si beve con piacere.
Formato: 33 cl., alc. 4.5%, IBU 26, lotto 17250, scad, 07/09/2018, prezzo indicativo 4.00-4.50 euro (beershop)NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
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