In Danimarca, in un vecchio mulino del 1962 nei pressi di Kerteminde, è operativa dalla fine del 2013 la Munkebo Mikrobryg che tuttavia, a dispetto del nome, non dispone ancora di impianti produttivi propri; la città di Odense si trova ad una quindicina di chilometri, Copenhagen a 160. A fondarla è Claus Christensen, laureato in biologia e un dottorato di ricerca in Scienze della Salute all’Università di Copenhagen: dopo una breve esperienza nel ramo commerciale di una multinazionale, Claus ha lavorato come assistente birraio presso i danesi della Midfyn, spostandosi poi in Germania alla Camba Bavaria dove è rimasto per 7 mesi. A luglio 2013 è rientrato in Danimarca per dare vita al progetto Munkebo, che prende il nome dall’omonimo sobborgo un cui si trova: nei campi che circondano il mulino Christensen ha iniziato anche a coltivare luppolo e, da ex-biologo, ha egli stesso isolato da un ape quattro ceppi di lievito.
Ad aiutarlo ci sono Marie-Louise Pulawska Legh-Smith, che si occupa della parte amministrativa, e il grafico Thomas Bjerregaard Bonde. Non c’è molta chiarezza sul dove vengono prodotte le birre ma mi sembra di capire che sino al 2016 Christensen si è appoggiato alla Grauballe Bryghus di Silkeborg, per poi “delocalizzare” la produzione in Polonia presso il birrificio ReCraft: sono una cinquantina le etichette realizzate in tre anni d’attività.
Ægir, nome mitologico scandinavo del gigante re del mare e nventore della birra secondo la mitologia nordica: parola già nota ai birrofili in quanto nome di un birrificio scandinavo. Ecco invece un link per chi volessere approfondire l'argomento "vichinghi e birra".
La Ægir di Munkebo è una imperial stout la cui ricetta prevede malti Vienna, Monaco, Special B, orzo tostato, Cara 120 e Black; luppoli Northern Brewer e E.K. Goldings, lievito american ale. La bottiglia in questione credo sia datata 2015 e la birra si presenta nera, con un discreto cappello di schiuma cremosa e abbastanza compatta. L’aroma non è molto intenso e non brilla per eleganza, ma regala ugualmente dolci profumi di fruit cake e prugna disidratata, sciroppo di frutti bosco, liquirizia; in sottofondo leggeri accenni di carne e salsa di soia. Quando si parla di Imperial Stout scandinave si pensa spesso ad un liquido denso e viscoso che ricorda l’olio motore, ma non è questo il caso: il corpo è medio, poche bollicine, la consistenza è morbida e “leggera”, quasi vellutata. Pane nero, melassa, fruit cake, prugna e quell’immancabile liquirizia tanto amata nel nord dell’Europa disegnano una bevuta che parte dolce per poi essere bilanciata un finale amaro, di buona intensità, nel quale s’incontrano caffè e tostature, ricordi di cioccolato fondente, terra e tabacco/cenere. L’alcool è abbastanza ben nascosto e apporta solo un delicato tepore, la bevuta mostra ampi margini di miglioramento per quel che riguarda eleganza e pulizia ma è nel complesso abbastanza soddisfacente, se non si hanno grosse aspettative.
Formato 33 cl., alc. 9.4%, IBU 80, lotto 15.131, scad. 01/12/2020.NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.
Nessun commento:
Posta un commento