lunedì 3 febbraio 2014

Sierra Nevada Torpedo Extra IPA

Sierra Nevada (Chico, California) è uno dei pionieri del movimento “Craft”, essendo attivo dal 1980; eppure è uno di quei birrifici che, almeno nel corso delle prime tue trasferte in territorio americano, tendi un po’ a snobbare. Le sue birre le trovi quasi ovunque, persino nelle stazioni di servizio più sperdute o in quei regni delle multinazionali che sono gli scaffali dei supermercati Walmart;  inevitabile che finisci col ricercare altro, con il tuo taccuino di beer-hunter pieno di nomi di birre che in Italia non arriveranno (probabilmente) mai e che, nella maggior parte dei casi, non riesci poi a trovare neppure nei beershop Americani, se non dopo un po' di chiacchiere con il proprietario che decide - se gli risulti simpatico - di estrarre dal suo retrobottega qualche bottiglia che non era stata messa sugli scaffali. Dal 1980 al 2008 Sierra Nevada ha avuto un nucleo stabile di birre prodotte durante tutto l’anno; si sono aggiunte molte produzioni stagionali, molte “one-shot” e molti altri esperimenti, spesso disponibili solo in fusto. Ma, per ventotto anni, le birre disponibili tutto l’anno sono state sempre le solite: Pale Ale, Porter, Stout, Old Chico e Kellerweis. Per questo ha fatto abbastanza clamore l’annuncio, a Novembre 2008,  di una nuova birra disponibile tutto l’anno: la Torpedo Extra IPA. Il nome fa riferimento ad una modalità di effettuare il dry-hopping inventata e brevettata, credo, dal birraio Ken Grossman.
L'Hop Torpedo è un grande contenitore cilindrico d’acciaio che è stato progettato per “estrarre” gli oli essenziali del luppolo, ma non l’amaro; funziona in pratica come una macchina per il caffè espresso. Un filtro d’acciaio (a forma di cestino) viene riempito di coni di luppolo, ed immesso dentro al contenitore d'acciaio e poi sigillato; il contenitore viene poi a sua volta sospeso all'interno dei tank di fermentazione. La birra viene fatta passare attraverso questa "colonna" di coni di luppoli (all'interno del Torpedo) e poi ritorna all'interno del fermentatore; attraverso questo "circuito" è possibile controllare la velocità, la temperatura e la durata della fase di dry-hopping. Ma la Torpedo vede anche un'altra novità, ossia l'utilizzo (era l'inizio del 2009) di una nuova varietà di luppolo, il Citra; la ricetta prevede infatti malti Two-Row Pale e Caramel, luppolo Magnum per l'amaro, Magnum, Crystal e Citra per l'aroma. 
Il birrificio la definisce Extra IPA in quanto sarebbe a metà strada tra una IPA ed una Imperial IPA; all'aspetto è di colore dorato, molto carico, con riflessi ramati, e la schiuma è biancastra, fine e cremosa, dalla persistenza media. L'aroma è spento, privo di freschezza e vitalità, lontano ricordo di un abbondante dry-hopping; marmellata (dolce) di agrumi, soprattutto pompelmo, caramello, qualche lieve sentori di aghi di pino. Lo scenario si ripete anche in bocca, con mancanza di equilibrio e di freschezza: si passa dal dolce del caramello e della marmellata di agrumi (con qualche lieve nota di frutta tropicale) all'amaro resinoso e vegetale che "picchia" duro e rallenta inevitabilmente la bevuta. La birra ha perso la sua armonia ed il suo bilanciamento, risultando stanca, pesante, molto sbilanciata sulla parte amara/vegetale che non trova più il suo contraltare dato da quelle note di "frutta fresca" tipiche dei luppoli ancora freschi. In bocca è comunque gradevole, con un corpo medio ed una carbonazione ben dosata, risultando morbida e ben scorrevole. Il finale ha un bel taglio secco, ma subito dopo è di nuovo un ritorno di note amare, vegetali e resinose, che tendono a saturare abbastanza in fretta il palato di chi beve. Spenta e poco fresca, arrivata in condizioni simili a quelle di  tante altre sue sorelle a stelle e strisce (ma non solo).
E qui devo aprire una breve postilla.
Ci sono delle occasioni in cui il bevitore può ritenersi co-responsabile di una bevuta non particolarmente soddisfacente; sovente questo avviene quando ci si orienta all’acquisto di birre molto luppolate che provengono da altri continenti, Stati Uniti in primis. I quattro (a volte sei) mesi di tempo che molti produttori considerano il limite entro il quale bere una IPA “fresca”, in ottime condizioni, sarebbero già un buon deterrente all’acquisto per i prodotti che vengono dall’altra parte del mondo; ci sono tuttavia ancora (ridotte) opportunità di bere un’ottima India Pale Ale o un American Pale Ale americana importata in Italia, ma dovete essere molto accorti (o fortunati) ad avere tra le mani quella che è stata importata e poi stoccata nel modo appropriato, possibilmente riducendo il numero dei passaggi di mano dall'importatore a voi. In Italia non sono molti quelli che importano direttamente dagli Stati Uniti e poi rivendono direttamente al pubblico; tolti questi casi, sarà molto elevata la probabilità che andiate a stappare una birra che ha perso la maggior parte della propria freschezza ed anche del proprio equilibrio, che ha attraversato l’oceano su una nave in container (probabilmente) non refrigerati e che è stata poi stoccata in magazzini da qualche parte in Europa (o Italia), prima di arrivare, con uno o più passaggi di mano (ed altrettante soste in magazzini) sugli scaffali di un beershop. Ipotizzate anche che l'importatore abbia trasportato le birre con tutta la necessaria attenzione: è sufficiente che il furgone dell'ultimo anello della catena, il corriere che le porta a casa vostra o sugli scaffali del beershop, sia stato parcheggiato per un paio di ore a 35 gradi sotto il sole di Luglio ed ecco che le vostre birre avranno subito un bel colpo di caldo che le rovinerà per sempre.  Dovete quindi almeno sperare che tutti i passaggi di mano siano avvenuti in inverno o in autunno, quando le temperature sono ancora accettabili; il freddo non preserverà la vostra IPA americana per sempre, ma ne allungherà un po' la vita o, meglio, ne rallenterà l'inevitabile deperimento.
Considerati tutti questi elementi, quante possibilità avete di stappare una birra americana luppolata ancora fresca, fragrante e dall'aroma pungente? Poche. Ciò non toglie che la birra possa ugualmente piacervi, ma se siete andati negli Stati Uniti e vi è capitato di bere delle IPA/APA  a poche settimane dal loro imbottigliamento, difficilmente riuscirete poi a berle con soddisfazione in Italia, perchè la differenza sarà abissale. Se proprio volete bere americano, spesso conviene orientarsi su stili meno “delicati”, che non abbiano il luppolo come protagonista e che meglio sopportino il viaggio oceanico: stout, porter, dubbel, quadrupel, barley wine, o acide, c’è davvero ormai l’imbarazzo della scelta.
Nel caso di questa birra, la colpa dell'insoddisfazione è solamente mia; era da lasciare sullo scaffale, ma l'averla trovata ad un prezzo tutto sommato basso (2.58 Euro) mi ha spinto ad un'acquisto con poche aspettative che sono poi state prontamente deluse.
Formato: 35.5 cl., alc. 7.2%, IBU 70, scad. 28/05/2014.

6 commenti:

  1. condivido in pieno quello che dici, la sto degustando al momento e sinceramente è una birra un pò spenta in bocca secondo me e anche slegata!!!Noto anche una massiccia carbonazione tipo Cola!!!Mi ha deluso effettivamente, secondo me in Italia al momento abbiamo microbirrifici che sanno tirar fuori delle IPA fantastiche!!!!

    RispondiElimina
  2. Birra spenta in bocca? Ma che stai dicendo?! Porca miseria è fantastica, è un esplosione di sapori e di aromi fantastici. Non so quali guesti tu abbia, ma definirla spenta è una bestemmia. Io la trovo fantastica. Puoi dire che non ti piace, ma non svalutarla in questo modo dai.
    Scende non difficilmente, l'aroma intenso è favoloso, un gusto ricco.. La amo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. con le birre che arrivano dagli USA è sempre un rischio.
      le motivazioni sono state ben spiegate nell'articolo sopra. Se sei stato negli USA e hai bevuto IPA americane fresche ti accorgi della differenza subito.
      Non dico che sia impossibile bere IPA americane buone in Italia, ma il rischio di avere nel bicchiere birre stanche che sono solo un lontano ricordo di quello che erano in origine è molto alto.

      Se l'hai trovata ottima sei stato fortunato ad aver trovato una bottiglia ben conservata e - immagino - d'importazione piuttosto recente

      Elimina
  3. Eppure sapevo che il luppolo fa da conservante e nelle Ipa di luppolo c'è ne

    RispondiElimina
  4. Indian sta per coloniale birre ad alta conservazione grazie al luppolo e prodotte per le colonie inglesi

    RispondiElimina
  5. una birra magnifica, senza dubbio.

    RispondiElimina