Avevamo scoperto il birrificio olandese De Moersleutel lo scorso anno proprio quando era in procinto di traslocare nella nuova sede di Alkmaar. U business di famiglia, quello degli Zomerdijk: padre, quattro figli e in parte anche la madre che si dedicano a produrre la birra. Il padre gestiva il microbirrificio Vriendenbier e i figli hanno utilizzato l’impianto per il proprio marchio De Moersleutel, ovvero “la chiave inglese”: pare sia stato lo strumento usato dal genitore per assemblare l’impianto da due ettolitri che è andato in pensione a giugno del 2018.
I giovani Pim, Tom, Rob e Max, tutti nati tra il 1990 e il 1998, seguono le mode e sanno quello che vogliono i beergeeks: IPA e Imperial Stout, possibilmente in lattina, al ritmo incessante di una novità dietro l’altra. Poco importa se le birre siano leggere variazioni della stessa ricetta, l’importante è che ci sia qualcosa di nuovo da commercializzare. Detto fatto: il cambio d’impianto ha quadruplicato la capacità produttiva ed ha permesso di abbandonare le bottiglie. L’obiettivo dichiarato, per i primi cinque anni, è di arrivare a produrre 15.000 ettolitri all’anno.
E non è neppure mancato il crowfunding online ad accompagnare il lancio del nuovo birrificio: bicchieri, magliette e quattro birre speciali passate in botte (un barley wine e tre imperial stout) venivano offerte in diversi pacchetti da acquistare direttamente online sul sito del birrificio. E dopo aver raggiunto l’obiettivo ecco le cinque birre di ringraziamento (Barley Wine, Double IPA, Porter, IPA e Imperial Stout) della serie “We Helped Building the Brewery with this..”
La birra.
Sembrerebbe difficile orientarsi tra le quasi cinquanta (!) Imperial Stout / Porter prodotte in poco più di due anni di attività da De Moersleutel, ma in verità il compito è piuttosto semplice. Si tratta quasi sempre “one-shot”, quindi la maggior parte non è più in produzione ma sostituite da altre: ricette migliorate, varianti, aggiunta di vari ingredienti o diversi affinamenti in botte. Non credo faccia grossa differenza: quello che trovate sugli scaffali dei beershop oggi può tranquillamente sostituire quello che c’era l’anno scorso. Se ad esempio non riuscite più a trovare le imperial stout/porter al caffè Je Moer op de Koffie o Motorolie Koffie, lo scorso ottobre ne sono arrivate altre due in collaborazione con la torrefazione Brandmeester's di Amsterdam: una con la varietà Lintong proveniente dall’isola di Sumatra (Indonesia) e una quella etiope chiamata Sidamo.
Versiamo nel bicchiere la Double Roast Brandmeester’s Lintong Sumatra (10%): su di un lucido specchio nero si forma un piccolo cappello di schiuma un po' grossolana e non molto persistente. Caffè, caffè, caffè: intenso, pulito, dominatore assolto dell'aroma. Bisogna concentrarsi per scovare in secondo piano qualche nota terrosa, torrefatta e di cacao. Realtà? Fantasia? Difficile dirlo perché il tempo per riflettere manca: la bevuta è di fatto un caffè in tutto e per tutto, potenziato dal morbido calore etilico. Bisogna di nuovo affidarsi alle suggestioni: un velo di caramello dolce in sottofondo, liquirizia, orzo tostato, cioccolato. Sono piccoli frammenti, non aspettatevi alternanza, profondità, equilibrio. L'eleganza non è la caratteristica principale di questa imperial porter in un certo senso estrema: forse non mi era mai capitata una birra così caratterizzata dal caffè. I giovani ragazzi armati di chiave inglese sono esuberanti e mostrano di volerci dar dentro, ma un po' di giudizio non guasterebbe. L'acidità è comunque ben controllata, l'alcool scalda senza bruciare e nel complesso la bevuta è piacevole: certo, sarebbe meglio se il caffè lasciasse un po' di spazio ad altri elementi. Perché dopo tutto si tratta di una imperial porter al caffè e non di un caffè all'imperial porter.
Dedicata a chi vuol far colazione con la birra o a chi vuole restare sveglio tutta la notte.
Formato 44 cl., alc. 10%, lotto 104, scad. 08/2023, prezzo indicativo 8.00-10.00 euro (beershop)
Nessun commento:
Posta un commento